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n. 7-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 8 luglio 1999 n. 1178 - Pres. Catallozzi, Est. Barra Caracciolo - Giocoli e altro c. Comune di Potenza e altri.

Edilizia residenziale pubblica - Programmi costruttivi - Delibera di indicazione delle aree effettuata ai sensi dell'art. 51 L. 22 ottobre 1971 n. 865 - Termine per l'impugnazione - Decorrenza - Dalla data di notifica delle delibere ai singoli proprietari.

Edilizia residenziale pubblica - Programmi costruttivi - Assegnazione alloggi popolari - Omesso accertamento del possesso dei requisiti da parte dei soci delle cooperative - Illegittimità.

Edilizia residenziale pubblica - Programmi costruttivi - Delibera di localizzazione dell'intervento - Su aree già rientranti nell'ambito delle zone residenziali - Necessità - Localizzazione in area agricola - Illegittimità.

(L. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 51)

Poiché l'indicazione delle aree effettuata ai sensi dell'art. 51 L. 22 ottobre 1971 n. 865 comporta la dichiarazione di pubblica utilità di tutte le opere che sulle stesse devono essere eseguite e di urgenza e indifferibilità dei relativi lavori (art. 51, comma 8, introdotto dalla L. 27 giugno 1974, n. 247), il termine per l'impugnazione rispetto ai proprietari degli immobili compresi nel piano decorre non dalla mera pubblicazione, bensì dalla notificazione, nella forma delle citazioni, eseguita nei confronti di ciascuno di essi. In mancanza di quest'ultima formalità, il termine per l'impugnazione non decorre.

E' illegittima una delibera di assegnazione di alloggi popolari allorché non sia stato effettuato alcun accertamento in ordine alla sussistenza, in capo ai soci delle cooperative istanti, dei requisiti della legge per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, come invece prescrive, quale essenziale momento legittimante nell'ambito della procedura di assegnazione, l'art. 10 della legge 167 del 1962, quale modificato dall'art. 35 della legge n. 865 del 1971.

L'art. 51 della legge n. 865 del 1971, consente alle relative delibere di localizzare gli interventi costruttivi soltanto sulle aree già rientranti nell'ambito delle zone residenziali previste dagli strumenti urbanistici vigenti, potendo apportarsi solo limitate varianti relative a densità, altezza, distanza tra fabbricati, previste nelle zone che comunque devono essere già a destinazione residenziale, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 51. E' pertanto illegittima la localizzazione effettuata su terreni che, secondo le previsioni dello vigente strumento urbanistico sono a destinazione agricola, potendosi pervenire ad una variante di tale portata solo con un strumento di piano ex lege n. 167 del 1962 sottoposto ad approvazione regionale.

 

 

FATTO

Con la sentenza di cui sopra il TAR della Basilicata ha accolto il ricorso proposto dai proprietari interessati Giocoli Emilio ed altri, avverso i decreti dei Presidente della Giunta regionale della Basificata in data 28 maggio 1985 e 19 luglio 1985 di autorizzazione all'occupazione d'urgenza dei loro stessi fondi a favore delle cooperative indicate in epigrafe e dei Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, ma ha dichiarato irricevibile l'altro ricorso, contestualmente deciso previa riunione, avverso le deliberazioni n. 678 del 23 settembre 1983, n. 985 e dei 27 dicembre 1984 e n. 535 del 27 marzo 1985, con cui il consiglio comunale di Potenza ha riadottato il piano costruttivo di cui alla delibera della giunta Municipale 23 luglio 1981, n. 977 (ex art. 2-bis d.l. n. 75/1981, convertito nella L. n. 219/1981) ed ha proceduto all'assegnazione, a favore delle medesime cooperative e dell'anzidetto Ministero, dei citati lotti di terreno di proprietà dei ricorrenti. L'irriceviblità del gravame è stata dichiarata, altresì, rispetto agli atti presupposti e cioè alla deliberazione consiliare 10 luglio 198 1, n. 81 ed a quella della Giunta del 23 luglio 1981, n. 977, nonché al decreto dei Presidente della giunta regionale 2 settembre 1981 n, 1621, e sottostanti deliberazioni comunali.

Appellano alcuni dei proprietari, Giocoli Emilio e Giocoli Anna, in proprio e quali credi di Giocoli Michele, contestando anzitutto la statuizione di irricevibilità in quanto, contrariamente al convincimento dei TAR, per gli atti relativi all'adozione del piano costruttivo per le zone terremotate non sarebbe sufficiente la pubblicazione dei piano stesso, ai fini della decorrenza del termine per impugnare nei confronti dei proprietari espropriandi, ma occorrerebbe la notificazione individuale. Lo stesso ordine di censure è esteso anche alle delibere consiliari n. 678 del 1983, n. 984 del 1984 e n. 535 del 1985, nella misura in cui si tratta di attiche hanno imposto vincoli specifici su terreni di proprietà individuale.

Rimossa la statuizione di irricevibilità gli appellanti chiedono l'esame e l'accoglimento dei motivi dedotti col ricorso di primo grado, così intitolati:

A) Per gli atti di assegnazione.

a-1  Violazione arti. 35, comma I I e 51, L. 22 ottobre 1971, n. 865. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

a-2  Violazione artt. 51, comma 2, L. n. 865/1971 e 3 L. 27 giugno 1974, n. 247. Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e sviamento.

a-3  Violazione art. 5 1, comma 8, L. n. 865/1971.

a-4  Erronea e falsa applicazione dell'art. 51 stesso. Eccesso di potere per sviamento.

a-5  Violazione art. 13 L. 28 gennaio 1977, n. 10, L.r. 6 luglio 1978, n. 28, arti. 16 e 17.

a-6  Illegittimità derivata dagli atti di localizzazione da quella afferente alle deliberazioni del consiglio comunale n. 81 del 10 luglio 1981 e di giunta n. 977 del 23 luglio 1981.

B) Relativamente alle deliberazioni dei consiglio lo luglio 1981 n. 81 e di giunta 23 luglio 1981 n. 977.

b-1  Incompetenza.

b-2  Violazione di legge n. 219/1981, art. 2-bís. Difetto di motivazione.

b-3  Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti di fatto e ulteriore profilo di difetto di motivazione.

b-4  Violazione di legge per mancata prefissione dei termini per il compimento dei lavori e delle espropriazioni.

C)  Relativamente al decreto del Presidente della giunta regionale 2 settembre 1981, n. 1621, sottostante alla deliberazione di Giunta. Illegittimità derivata da quella relativa alle citate deliberazioni comunali nn. 81 e 977 del 1981. Il decreto presidenziale sarebbe affetto, altresì, da incompetenza se adottato in mancanza della sottostante delibera della Giunta regionale.

D)  Per le deliberazioni consiliari n. 984 del 27 dicembre 1984 e n. 535 del 27 marzo 1985.

d-1  Illegittimità derivata dalle deliberazioni precitate 10 luglio 1981 n. 81 e 23 luglio 1981, n. 977, che le deliberazioni sub D) assumono a loro presupposto.

d-2  Violazione artt. 8 L. 18 aprile 1962, n. 167 ed artt. 2 e 3 L. 27 luglio 1979, n. 23.

d-3 Violazione 3 arti. 6 e 7 L. 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni.

Nessuno si è costituito in appello per le Cooperative appellate, mentre il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni si è costituito senza svolgere particolari difese.

Alla pubblica udienza del 16 marzo 1999 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L'appello va preliminarmente esaminato nella parte in cui contesta l'irricevibilità dichiarata dal giudice di prime cure con riguardo ad una serie di delibere il cui oggetto è così sinteticamente determinabile:

a) delibere di adozione del "piano costruttivo" ai sensi dell'art. 2-bis del d.l. 19 marzo 1981, n. 75, come introdotto dalla legge di conversione legge 14 maggio 1981, n. 219 (v. anche l'art. 28 della stessa legge): queste sono la delibera del consiglio comunale di Potenza, 10 luglio 1981, n. 81, laddove sono individuate «le aree nelle quali dovrà essere realizzato il piano costruttivo di cui all'art. 3 della legge 14 maggio 1981, n. 219», (rectius: art. 28), nonché la conseguente delibera di giunta comunale 23 luglio 1981, n. 977, che adotta il piano stesso secondo localizzazioni in deroga al P.R.G. ed in applicazione dell'art. 51 della L. 22 ottobre 1971, n. 865;

b) il decreto del Presidente della giunta regionale della Basilicata 2 settembre 1981, n. 162 1, con cui il detto piano è stato approvato limitatamente alle aree concorrenti per la realizzazione del 1° programma costruttivo a sua volta approvato con ordinanza del commissario straordinario per le zone terremotate 16 giugno 1981, n. 623, escludendone perciò le aree di proprietà dei ricorrenti attuali appellanti;

c) delibera del consiglio comunale di Potenza del 23 settembre 1983, n. 678, che ribadiva la volontà di realizzare l'intervento di edilizia residenziale pubblica nel comparto c/9, già enunziata e precisata nella precedente delibera n. 977/1981, provvedendo all'assegnazione di lotti in favore di una serie di cooperative istanti;

d) delibere consiliari n. 984 del 27 dicembre 1984, nonché n. 535 dei 27 marzo 1985, rispettivamente di adozione e di approvazione della variante planovolumetrica della zona, anch'esse recanti assegnazioni di lotti nel comprensorio c-19.

Per tutti questi atti, lesivi della posizione degli appellanti, in quanto comportanti localizzazioni di interventi costruttivi sulle loro proprietà e perciò implicanti l'assoggettamento delle medesime a procedura espropriativa, il Tribunale ha dichiarato l'irricevibilità del ricorso originario, notificato il 13, 14, 15 novembre 1985, rilevando che il termine per l'impugnazione delle delibere stesse avrebbe dovuto decorrere dalla rispettiva pubblicazione. Ciò per le delibere sub a) (e di riflesso sub b) in quanto non prevista dalla legge n. 219/1981 una notificazione individuale ai proprietari interessati, e per le altre delibere, in quanto trattavasi di «atti di pianificazione urbanistica» per i quali il termine decorre dalla pubblicazione protrattasi per 15 giorni sull'albo pretorio comunale.

La questione va, però, diversamente valutata.

Con riguardo alle originarie delibere del 1981, nn. 81 del 10 luglio 1981 e n. 977 del 23 luglio 1981, si è rilevato come per esse sia mancata l'approvazione regionale, nella parte concernente il comparto c/9, laddove sono appunto ricompresi gli immobili degli appellanti, con la conseguenza che le predette delibere non hanno rispetto ai medesimi interessati conservato un'effettiva e perdurante capacità lesiva. La circostanza che il contenuto delle stesse, relativamente alle aree escluse a suo tempo dal decreto regionale, sia richiamato dalla successiva delibera consiliare 23 settembre 1983, n. 678, come esattamente evidenzia il T.A.R., non vale a conferire in parte qua nuova efficacia alle dette delibere.

Queste, invero, servono soltanto, nella misura in cui sono richiamare nella relazione che accompagna la delibera n. 678/1983, da punto di riferimento fattuale per determinare il contenuto di nuove localizzazioni, la cui efficacia costitutiva va però fatta esclusivamente risalire alla successiva delibera del 1983.

In buona sostanza, il richiamo contenuto nella delibera del 1983 e quella del 1981 ha l'effetto novativo-sostitutivo (di quest'ultima) che è proprio dell'atto di "conferma", conseguente a rinnovate ed attuali valutazioni in fatto ed in diritto di una fattispecie regolata da un precedente atto, nel caso, ormai privo di efficacia. Va, infatti, sottolineato che tale effetto novativo, per l'appunto, concerne un atto che aveva perso la sua efficacia, nega parte qui in rilievo, a seguito (lei decreto regionale sopra citato, sicché noli tanto la novazione ha agito sul piano della prosecuzione in sanatoria degli effetti di un atto ritenuto illegittimo quanto, come s'è detto, in termini di relatio de facto, cioè di recupero del contenuto di un atto, interno al procedimento di approvazione dello strumento urbanistico, già per suo conto divenuto inefficace a seguito del fisiologico svolgersi dell'ulteriore corso del procedimento in senso preclusivo.

Ciò chiarito, occorre rilevare l'inammissibilità dell'impugnazione relativa a tali delibere, inammissibilità per carenza di interesse che è pienamente rilevabile a fronte della contestazione del punto irricevibilità contenuta in appello, e che fa preferire la connotazione, operabile anche d'ufficio, della non lesività per sopravvenuta inefficacia in parte qua delle delibere, piuttosto che la pronunzia di irricevibilità, che implica un'errata percezione, da parte del primo giudice, del preliminare aspetto della decorrenza del termine per impugnare, riferibile solo ad un procedimento di pianificazione con localizzazioni espropriative che possa dirsi completato ed efficace, e quindi lesivo, nei confronti degli immobili di proprietà dei ricorrenti.

1.1. E' allora da affrontare il problema della irricevibilità della delibera stessa n. 678 del 1983, concretamente ed 9tualmente lesiva, nonché delle delibere consiliari n. 1984/84 e n. 1535/85, che il Tribunale qualifica come atti di pianificazione urbanistica di carattere generale, la cui impugnabilità comincia a decorrere dal compimento di 15 giorni dalla pubblicazione mediante deposito presso il Comune (momento rispetto al quale la notifica del ricorso risulterebbe pacificamente tardiva).

Il problema può trovare soluzione individuando, anzitutto, la natura della delibera 678 del 1983. Su tale profilo si deve andare di diverso avviso da quanto ha ritenuto il giudice di prime cure. 

Certamente, la qualificazione giuridica della fattispecie considerata è resa più difficile dalla intrinseca, se non plateale, contraddittorietà del contenuto di detta delibera, riflettente analoghe distorsioni logiche della richiamata delibera n. 977/81. il punto è se il richiamo, contenuto in dette delibere, all'art. 51 della legge n. 865 del 1971 abbia un pieno valore individuativo del tipo di provvedimento adottato, ovvero se, come ritenuto dal TAR, detto richiamo avrebbe solo la funzione di determinare «la disciplina da seguire nel procedimento di individuazione delle aree, ma non certo per realizzare una localizzazione ai sensi e per gli effetti di cui alla legge n. 167 del 1962».

Orbene, se si può concordare che la disciplina introdotta dalla legge 14 maggio 1981, n. 219, e quella ex art. 51 L. n. 865/1971, riguarda due istituti distinti, onde sarebbe incompatibile l'utilizzazione cumulativa di entrambe le tipologie di poteri pianificatori previsti dalle dette norme, nondimeno, quello che interessa è la sfera essenziale di effetti che l'Amministrazione risulta voler obiettivamente conseguire.

Alla luce degli effetti perseguiti si può allora individuare un criterio logico e sostanziale idoneo a dirimere le incertezze derivanti dalle contraddizioni contenutistiche degli atti de quibus.

Si è già evidenziato come la delibera consiliare n. 678/83 non sia meramente confermativa di quella di Giunta n. 977/81 a cui fa rinvio, operandosi appunto un richiamo contenutistico di valore fattuale, onde non è decisivo tale richiamo per fare coincidere finalità ed effetti delle due delibere, come invece ritiene il Tribunale nel qualificare anche la seconda come adozione di piano ed individuazione delle aree necessarie all'intervento edilizio da finanziare ai sensi della legge n. 219 del 1981.

In tal senso non può ritenersi chiarificatore il richiamo a quest'ultima disciplina da parte della più risalente delle due delibere, posto che nella stessa la finalità di ricostruzione connessa al terremoto era più consapevolmente enunciata, se non altro, anche per il momento in cui la stessa era stata adottata, e resa evidente dall'estensione anche ad altre aree del territorio comunale complessivamente considerato, e limitata al comparto c/g. Ma fiori soltanto, anche la delibera n. 977/81 conteneva un, richiamo all'art. 51 citato, oltretutto incompatibile cori la lettera della disciplina della legge n. 219/81, che consentiva non l'adozione di piatti ai sensi dell'art. 51 stesso, ma del «piano di zona redatto ai sensi della L. 18 aprile 1962, n. 167, nel rispetto degli indirizzi di assetto territoriale fissati dalla Regione».

Dunque, il richiamo all'art. 51 era equivoco e contraddittorio già nella delibera del 1981, anche se poi, in quel contesto, l'aporia diventava molto più nominalistica in virtù dei comportamento successivo dell'amministrazione comunale, che aveva inviato alla Regione per l'approvazione il piano cosi adottato, passaggio necessario laddove, come nel caso, fossero state introdotte varianti di aree rispetto alle previsioni del vigente strumento urbanistico, così come prevede sia l'art. 28 della legge n. 219/1981 sia lo stesso art. 8 della legge n. 167/1962.

Ne discende che se detto comportamento procedimentale seguito dal Comune rendeva di scarsa rilevanza il richiamo all'art. 51, non altrettanto si può dire per la successiva delibera del 1983, qui considerata. Con essa, a prescindere dalla parte esplicativa e giustificativa costituita dall'annessa relazione (che contiene la "novazione" della delibera del 1981), si assegnano direttamente aree alle Cooperative istanti ovvero si accolgono favorevolmente altre richieste di assegnazione, delegandosi la Giunta Ala individuazione delle aree da assegnare, il tutto, poi, all'interno del comparto c/9.

Questa parte dispositiva mostra un ben diverso intento oggettivo dell'amministrazione, nel senso che si attribuisce operatività immediatamente e, anzi, contestualmente attuabile alla delibera adottata secondo un contenuto in precedenza, oggetto di rilievo da parte della Regione, e non si ritiene di attendere, appunto, l'approvazione regionale. il richiamo all'art. 51 diviene allora ben più significativo e di capacità connotate decisiva, degradandosi a mero passaggio enfatico, non seguito da una coerente condotta attuativa sul piano procedimentale, l'invito, contenuto nella relazione allegata alla delibera stessa, (come pure ha evidenziato il TAR, attribuendogli però una valenza di segno Opposto), ricolto alla Regione «a sciogliere la riserva di cui al DPGR n. 1621 del 2 settembre 1981 e, quindi, ad approvare il progetto di localizzazione degli interventi (art. 51 legge del 1971 n. 865)» (cfr. pagg. 23 e 27 della citata relazione).

La spiegazione più logica e naturale di tale comportamento comunale risiede probabilmente nella convinzione, suscitata dal sovrapporsi di normativa emergenziale a quella, già di per sé complessa, in materia di piani di edilizia popolare, che fosse possibile l'adozione di piani di edilizia appunto economica e popolare ai sensi dell'art. 51 anche in variante degli strumenti urbanistici, senza necessità di quella approvazione regionale che in precedenza, pure, era stata preclusiva di un certo assetto.

Tale convinzione non ha basi normative precise ed univoche, ma è probabilmente attribuibile ad un'imprecisa percezione della portata, tra l'altro, di provvedimenti extra ordinem quali l'ordinanza n. 10 del 1981 del Commissario straordinario per la Basilicata e la Campania, che consentiva la deroga ai vigenti strumenti urbanistici, senza necessità di approvazione regionale, per la «urgente realizzazione di alloggi da locare agli abitanti rimasti privi di abitazione per effetto del sisma».

Sul punto il TAR ha giustamente evidenziato come tale ordinanza, non soltanto non risultasse richiamata nella delibera del 1983, come pure sarebbe stato legittimamente necessario, ma neppure si applicasse al caso di specie, dove il programma costruttivo mirava alla realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica a cura e spese delle cooperative edilizie interessate, denotando un presupposto di fatto ed una finalità ben diverse da quelle considerate dall'ordinanza medesima.

Dalle considerazioni che precedono discende che è obiettivamente preferibile qualificare la delibera de qua come adottata in base alla disciplina dell'art. 51, al quale viene operato un rinvio che non avrebbe senso qualificare come meramente procedurale, posto che l'integrale regime (Ii tale norma risulta applicato ed attuato, anche nei suoi effetti di regime sostanziale delle aree e nella proiezione in chiave espropriativa delle sue determinazioni di assegnazione alle cooperative istanti.

Sul piano della ricevibilità dell'impugnazione, da quanto premesso deriva che, poiché l'indicazione delle aree effettuata ai sensi dell'art. 51 comporta la dichiarazione di pubblica utilità di tutte le opere che sulle stesse devono essere eseguite e di urgenza e indifferibilità dei relativi lavori (art. 51 comma 8, introdotto dalla L. 27 giugno 1974, n. 247), il termine per l'impugnazione rispetto ai proprietari degli immobili compresi nel piano decorre non dalla mera pubblicazione, bensì dalla notificazione, nella forma delle citazioni, eseguita nei confronti dr ciascuno di essi (art. 8 della legge 18 aprile 1962, n. 167, cosi come richiamato dall'art. 51, ai quinto comma). In mancanza di quest'ultima formalità il termine non può dirsi spirato onde il ricorso proposto dagli attuali appellanti non può ritenersi irricevibile.

2. Nel merito il ricorso stesso è fondato, anzitutto, nel primo motivo, sub a), dell'appello, laddove si deduce che non è stato effettuato alcun accertamento in ordine alla sussistenza, in capo ai soci delle cooperative istanti, dei requisiti della legge per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica.

Non risulta, infatti, dalle delibere impugnate quali siano stati gli accertamenti espletati, non rinvenendosi neppure un rinvio ad eventuali precedenti atti di individuazione delle qualificazioni soggettive dei soci delle cooperative medesime, come invece prescrive, quale essenziale momento legittimante nell'ambito della procedura di assegnazione, l'art. 10 della legge 167 del 1962, quale modificato dall'art. 35 della legge n. 865 del 1971.

2.1. E', altresì, da condividere la doglianza sub a-2, con cui si censura la violazione dell'art. 51 della legge n. 865 del 1971, nella parte in cui consente alle relative delibere di localizzare gli interventi costruttivi soltanto sulle aree già rientranti nell'ambito delle zone residenziali previste dagli strumenti urbanistici vigenti, potendo apportarsi solo limitate varianti relative a densità, altezza, distanza tra fabbricati, previste nelle zone che comunque devono essere già a destinazione residenziale, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 51.

L'aspetto in questione è stato in sostanza già trattato nella parte relativa alla qualificazione della delibera n. 678/1983, onde basta sul punto ribadire che laddove la localizzazione, come, nel caso, sia avvenuta su terreni che per il vigente strumento urbanistico erano a destinazione agricola, essa si rivela illegittima, potendosi pervenire ad una variante di tale portata solo con un strumento di piano ex lege n. 167 del 1962 sottoposto ad approvazione regionale.

2.2. L'accoglimento dei due profili di illegittimità sopra esaminati determina non solo la caducazione della delibera in questione, ma anche delle successive delibere di parziale modifica della medesima ai fini di variante "planivolumetrica" (delibere n. 984/84 e n. 535/85, sopra citate, strettamente dipendenti nel contenuto dalla n. 678/83), nonché degli stessi decreti di autorizzazione all'occupazione d'urgenza, ritenuti dal TAR illegittimi, con statuizione non impugnata, ma dipendente per necessità logica dal punto controverso dedotto in appello, per mancanza dell'approvazione regionale della delibera n. 678/83, e qui, invece, travolti dall'annullamento in toto di quest'ultima.

L'appello va, pertanto, accolto, nei termini sopra precisati, con la riforma parziale della sentenza impugnata, che risulta confermata, con diversa motivazione, nella rimanente parte.

La complessità e controvertibilità della fattispecie giustificano la compensazione delle spese tra le parti costituite sia per il primo grado di giudizio, che nella presente sede.

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