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n. 11-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 11 novembre 1999 n. 1671 - Pres. Catallozzi, Est. Saltelli - Provincia autonoma di Bolzano (Avv. Pedrazzoli e Valeri) c. Bocher ed altri (n.c.) - (conferma Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sez. autonoma per la provincia di Bolzano, sent. 8 novembre 1993 n. 221).

Il diritto alla riservatezza rientra nei c.d. diritti inviolabili dell'uomo, che hanno il loro fondamento positivo nell'art. 2 della Costituzione, norma di cui non si mette più in discussione la natura precettiva piuttosto che programmatica, indipendentemente dal valore politico della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo (laddove, invece, non potrebbe negarsi valore giuridico alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottata a Roma il 4.11.1950, entrata in vigore il 3.9.1953 e ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955 n 848). Il diritto alla riservatezza, in particolare, si configura come una specificazione, alla pari del diritto al segreto e del diritto all'immagine, del diritto all'intimità privata, inteso come esigenza dell'uomo al godimento, pieno ed esclusivo, della intimità della propria persona e delle proprie azioni.

Poiché il bene giuridico tutelato dal diritto alla riservatezza è proprio la dignità della persona umana, la violazione del diritto alla riservatezza può aversi anche quando il soggetto, indipendentemente dalla pubblicazione o divulgazione dei fatti afferenti alla sua vita privata, sia, comunque, costretto a fornire notizie o elementi attinenti la propria sfera sentimentale, affettiva, lavorativa e/o sanitaria, che possano comportargli turbamenti psichici o possano farlo sentire diminuito proprio nella sua dignità di persona, subendo cioè un'intrusione ingiustificata nella sfera della propria intimità.

E' illegittimo un test preselettivo allorchè risulti che alcune domande (nella specie, 23 subdomande della domanda 15 del test utilizzato) riguardino argomenti rientranti nella sfera intima dei candidati, protetta dal diritto alla riservatezza.

 

 

FATTO

Con delibera n. 3162 del 9.6.1992 la Giunta provinciale di Bolzano indiceva un corso-concorso, riservato ai dipendenti già iscritti nella sezione B dell'albo degli aspiranti dirigenti della Provincia, per la copertura di 15 posti della sezione A del medesimo albo e per la copertura mediante chiamata di strutture dirigenziali vacanti.

Nel bando di concorso allegato a tale delibera, veniva stabilito, tra l'altro, che alla frequenza del corso sarebbero stati ammessi non più di venti e, comunque, non meno di 12 candidati e che, qualora fossero pervenute più di venti domande di partecipazione, sarebbe stata eseguita una preselezione, articolata in due parti: la prima imperniata sullo svolgimento di un test per accertare il potenziale del candidato ad assolvere i compiti e soddisfare i requisiti del dirigente ;la seconda concernente la valutazione delle esperienze maturate a livello dirigenziale e delle qualifiche per assumere incarichi dirigenziali.

Essendo effettivamente pervenute più di venti domande di partecipazione e dovendosi, quindi, procedere alla prese1ezione con delibera n. 4486 del 10.8.1992, la Giunta provinciale di Bolzano provvedeva al noleggio del materiale occorrente per la prova di preselezione, secondo il test denominato D.N.L.A.

Veniva, quindi, espletata la preselezione alla quale partecipavano, tra gli altri, anche i dottori Bocher Guido, Elirhard Einrich, Haller Alois, Misfatto Oscar, Jellici Gianfranco, Profanter Paul e Schopf Martin, i quali si classificavano rispettivamente al 52, 33, 76, 56,43, 61 e 75 posto, tutti oltre il ventesimo posto, utile per l'ammissione al corso-concorso, dal quale venivano perciò esclusi. Il dott. Weissteiner Martin veniva, invece, escluso per non aver completato la compilazione del test.

Con separati ricorsi notificati il 13.11.1992 i predetti dottori Bocher, Ehrhard, Haller, Misfatto, Jellici, Profanter, Schopf e Weissteiner impugnavano: la graduatoria per l'ammissione al corso di cui all'art. 4 del bando; i provvedimenti di ammissione al corso-concorso di cui al capo II del bando, i provvedimenti concernenti la rispettiva esclusione dal corso - concorso, tutti gli atti presupposti e propedeutici e, in particolare, la delibera n. 3162 del 9.6.1992 della Giunta provinciale di indizione del corso-concorso ed il relativo bando, nonché la successiva delibera n. 4486 del 10.8.1992 concernente il noleggio del materiale necessario allo svolgimento della preselezione.

Con sette articolati motivi di gravame, i ricorrenti lamentavano, innanzitutto, che l'Amministrazione provinciale di Bolzano aveva macroscopicamente violato l'art. 16 della L.P. 23.4.1992, n. 10, a norma della quale al corso-concorso doveva essere ammesso un numero di candidati doppio rispetto a quello dei posti disponibili (quindi trenta e non venti). Peraltro, essi evidenziavano anche che il test per la preselezione - la cui scelta, neppure preceduta da opportune indagini comparative con altri test circa la sua effettiva idoneità ed adeguatezza, era stata anche affidata incomprensibilmente ad una società commerciale che nessuna garanzia aveva fornito circa la sua segretezza - non poteva essere utilizzato come mezzo di selezione concorsuale, tanto più che, nel caso di specie, non si trattava di scelta per il primo accesso all'impiego, bensì di un avanzamento di carriera. Inoltre, dopo aver contestato anche la incongruità della previsione del punteggio da attribuirsi ai titoli posseduti rispetto a quello da attribuirsi al test e dopo aver anche evidenziato la violazione di norme procedurali durante lo stesso svolgimento del test.

I ricorrenti denunciavano la violazione del diritto alla riservatezza con riferimento a 23 subdomande contenute nella domanda 15 del test somministrato.

L'Amministrazione provinciale di Bolzano resisteva al gravame e ne chiedeva il rigetto, deducendone l'infondatezza e la tardività in relazione alle censure appuntate nei confronti di alcune norme del bando, le cui prescrizioni - autonomamente lesive, erano state conosciute dai ricorrenti ben prima degli esiti della preselezione. Con la sentenza segnata in epigrafe il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, sezione autonoma per la provincia di Bolzano, ritenute tardive le censure avanzate contro le impugnate prescrizioni del bando di concorso, rigettava tutti i motivi di censura ad eccezione del quinto motivo, sul rilievo che effettivamente le 23 subdomande della domanda 15 del test somministrato nelle operazioni di preselezione violavano il diritto alla riservatezza, a nulla rilevando che le relative risposte fossero immediatamente cancellate dalla memoria del computer.

Con atto notificato in data 1.4.1994 la Provincia autonoma di Bolzano ha proposto appello avverso tale decisione, affidandolo a due motivi.

Con il primo, rubricato "Violazione e falsa applicazione dell'art 12 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dell'art. 8 della dichiarazione europea dei diritti dell'uomo, dell'art. 2 della Costituzione. Eccesso di potere per erronea identificazione dei presupposti, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta, totale carenza di motivazione", l'appellante amministrazione sottolinea l'erroneità della decisione impugnata, sostenendo che, contrariamente a quanto deciso dai primi giudici, le 23 subdomande contenute nella domanda 15 del test somministrato per la preselezione non avevano arrecato alcuna violazione alla riservatezza dei concorrenti. Infatti, non solo la domanda n. 15 del test non era obbligatoria, per quanto essa era addirittura irrilevante ai fini della determinazione del punteggio di merito e non conteneva alcun elemento che potesse incidere negativamente sulla sfera intima dei candidati: a conferma di ciò era stato anche prodotto certificato dell'Ispettorato del lavoro circa il pieno rispetto da parte del test dell'art. 8 della 1.5.1970 n. 300. L'Amministrazione provinciale evidenziava, quindi, che i primi giudici non avevano tenuto presente che le norme contenute nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo, invocate dai ricorrenti, erano prive di valore giuridico.

Con il secondo motivo, rubricato "violazione e falsa applicazione dell'art. 100 c.p.c.", l'appellante ha dedotto anche che i ricorrenti erano privi del necessario interesse a ricorrere, in quanto le contestate 23 subdomande della domanda 15 del test non avevano in alcun modo influenzato il punteggio attribuito complessivamente al test, cosi che, essendosi i ricorrenti classificati nella preselezione ben oltre il 20° posto, ultimo utile per essere ammessi al corso-concorso, essi non potevano neppure conseguire alcun vantaggio dall'eventuale annullamento del provvedimento impugnato.

Gli originari ricorrenti ed il controinteressato non si sono costituiti in giudizio.

Con ordinanza 859 del 5.7.1994 questa Sezione ha respinto l'istanza incidentale di sospensione della sentenza impugnata, in considerazione della mancanza del danno grave ed irreparabile.

Per l'udienza di discussione l'amministrazione appellante ha prodotto una memoria illustrativa, in cui, tra l'altro ha sottolineato l'attualità dell'interesse alla decisione, benché nel frattempo, l'art. 39 della legge provinciale 11.8.1998, n. 9 abbia modificato radicalmente la procedura per l'iscrizione nella sezione dell'albo degli aspiranti dirigenti.

All'udienza del 6.7.1999 la causa, dopo la discussione, è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio di dover esaminare, per esigenze di sistematicità e per priorità logica, il secondo motivo di appello, con il quale l'Amministrazione provinciale di Bolzano ha chiesto la riforma dell'impugnata sentenza eccependo che i ricorrenti sarebbero stati privi di interesse a ricorrere.

In effetti, secondo la prospettazione dell'appellante, la presunta violazione del diritto alla riservatezza dei ricorrenti appellati, accertata dai primi giudici, riguarderebbe le subdomande contenute nella domanda 15 del test somministrato in occasione delle operazioni di preselezione; detta domanda, tuttavia, sarebbe stata irrilevante ai fini dell'attribuzione del punteggio n. 15, in quanto finalizzata esclusivamente all'accertamento dei valori di stress. Pertanto, poiché i ricorrenti avrebbero conseguito al test un punteggio complessivo (escluso quello relativo alla domanda 15) tale da non essere stati classificati fra i primi venti, tanti essendo i posti utili per l'ammissione al corso-concorso, essi non potrebbero conseguire alcun vantaggio dall'annullamento del test.

Il motivo non è fondato.

1.1. E' noto che l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. deve avere le caratteristiche della concretezza e dell'attualità e deve consistere in una utilità pratica che il ricorrente può ottenere con la rinuncia che si chiede.

Tale utilità, come ha chiarito la giurisprudenza (C.d.S., IV, 20.6.1989, n. 424), non deve necessariamente essere considerata come immediata utilità finale del provvedimento richiesto, ben potendo consistere anche in una semplice utilità strumentale, quale il fatto che il rapporto controverso venga rimesso in discussione.

Infatti, l'interesse a ricorrere sussiste non solo quando l'annullamento dell'atto lesivo è di per sé idoneo a realizzare l'interesse diretto ed immediato del singolo, ma anche quando detto annullamento comporti per l'Amministrazione l'obbligo di riesaminare la situazione e di adottare altri provvedimenti eventualmente idonei a garantire ad un determinato soggetto un risultato favorevole (C.d.S., V, 18.7.1995, n. 754).

Alla luce di tali considerazioni deve ritenersi che effettivamente, nel caso di specie, sussiste l'interesse dei ricorrenti ad ottenere l'annullamento del provvedimento impugnato sul presupposto dell'asserita violazione del diritto alla riservatezza per effetto delle 23 subdomande contenute nella domanda 15 del test, somministrato in occasione della preselezione.

Infatti, l'annullamento della procedura concorsuale per i denunciati vizi attinenti alla fase della preselezione comporterebbe necessariamente la ripetizione della selezione stessa, quanto meno depurando il test già somministrato della domande ritenute lesive della riservatezza dei candidati.

Appare utile evidenziare al riguardo che il problema della rilevanza delle 23 subdomande della domanda 15 del test in argomento, ai fini dell'approntamento della graduatoria per l'ammissione al corso-concorso bandito dalla Provincia di Bolzano, argomento su cui si incentra sostanzialmente la tesi dell'appellante per escludere qualsiasi interesse dei ricorrenti all'impugnazione, attiene in realtà al profilo del merito della controversia e dunque riguarda il primo motivo di appello.

Pertanto anche a tacere della contraddittorietà della presunta irrilevanza di una domanda che, tuttavia, è stata effettivamente somministrata nel test di preselezione, non può negarsi l'interesse dei candidati a non essere sottoposti a domande o a test che riguardano la propria sfera individuale privata e che non presentano alcuna utilità in ordine all'accertamento delle capacità professionali, secondo la stessa prospettazione dell'amministrazione appellante.

Con il primo motivo di appello la Provincia di Bolzano si duole che i primi giudici avrebbero erroneamente ritenuto che le 23 subdomande della domanda 15 del test somministrato nel corso della preselezione violassero il diritto alla riservatezza dei candidati.

Oltre al fatto che le norme internazionali invocate a sostegno di tale presunta violazione non avrebbero alcun valore giuridico, l'appellante amministrazione ha dedotto che le domande di cui si discute erano solo facoltative e non obbligatorie. Inoltre esse erano irrilevanti ai fini dell'attribuzione del punteggio complessivo del test e non contenevano, comunque elementi idonei a violare la riservatezza dei candidati, atteso che le relative risposte, immediatamente cancellate dalla memoria del computer dopo la valutazione del questionario, non sarebbero mai state rese pubbliche o altrimenti utilizzate.

A conforto di tale tesi è stato prodotto, fin dal primo grado, un certificato dell'ispettorato del lavoro della provincia di Bolzano, secondo il quale nel test di selezione DNLA non risulterebbero violazioni dello Statuto dei Lavoratori (1.5.1970, n. 300, art. 8). Anche tale motivo di doglianza non è fondato.

11.1. Osserva il Collegio che le asserite facoltatività (o non obbligatorietà) e irrilevanza della domanda 15 non trova alcun riscontro nella documentazione in atti, rimanendo, pertanto, una mera affermazione di stile, generica e priva di prova.

Dall'esame del questionario somministrato ai candidati non risulta, infatti, né nelle avvertenze e informazioni di carattere generale, né nelle specifiche avvertenze relative alla domanda 15, alcun cenno circa la sua presunta facoltatività.

Peraltro, dal verbale in data 2.9.1992 della Commissione per l'espletamento delle prove concorsuali previste dall'art. 16 della L.P. 23.4.1992 n. 10 risulta che un candidato, il dott. Martin Weissteiner, non è stato incluso nella graduatoria di merito formata sulla base del punteggio attribuito al test perché il modulo del suo questionario non era compilato in tutte le risposte, ragion per cui il computer non aveva potuto effettuare alcuna valutazione.

Tale circostanza smentisce evidentemente la tesi della facoltatività della domanda 15, atteso che la mancata indicazione di un (qualsiasi) punteggio ad essa relativo avrebbe comportato la impossibilità della valutazione del test da parte del computer.

Equivoca appare, poi, la deduzione della irrilevanza della domanda 15, in quanto se è vero che il punteggio attribuito alle risposte contenute nelle 23 subdomande era ininfluente ai fini del calcolo del punteggio finale attribuito al test, le risposte effettivamente date non erano altrettanto irrilevanti ai fini della valutazione del candidato.

Nell'opuscolo informativo ed illustrativo del funzionamento del test prescelto (profilo del test DNLA), infatti, si legge che "dalla struttura della risposta dei candidati è possibile verificare se il livello richiesto dall'azienda per un determinato fattore di competenza è stato raggiunto ovvero se il potenziale presente è sufficiente". Inoltre, nelle specifiche avvertenze alla domanda 15, significativamente rubricata "livello di stress", viene precisato che i valori del test sono sensibili al grado di stress e che le domande ivi riportate tendono a stabilire il livello di stress cui si trova attualmente sottoposto il candidato.

In realtà, quand'anche un candidato avesse inserito come risultato finale relativo alla domanda 15 il punteggio "zero", quest'ultimo non sarebbe mai stato un valore neutro, rappresentando anche lo zero un indicatore specifico e rilevante dello stato generale del candidato, corrispondente in particolare all'assenza di qualsiasi tipo di stress.

E' palese, dunque, l'assoluta inconsistenza della prospettazione difensiva svolta sul punto dall'Amministrazione appellante.

11.2. Anche la deduzione circa la asserita incapacità delle 23 subdomande contenute nella domanda 15 del test di arrecare lesione al diritto alla riservatezza dei candidati appare priva di pregio.

11.2.1. Il diritto alla riservatezza rientra nei c.d. diritti inviolabili dell'uomo, che hanno il loro fondamento positivo nell'art. 2 della Costituzione, norma di cui non si mette più in discussione la natura precettiva piuttosto che programmatica, indipendentemente dal valore politico della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo (laddove, invece, non potrebbe negarsi valore giuridico alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottata a Roma il 4.11.1950, entrata in vigore il 3.9.1953 e ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955 n 848).

Il diritto alla riservatezza, in particolare, si configura come una specificazione, alla pari del diritto al segreto e del diritto all'immagine, del diritto all'intimità privata, inteso come esigenza dell'uomo al godimento, pieno ed esclusivo, della intimità della propria persona e delle proprie azioni.

Tale esigenza si manifesta in modo più evidente nel diritto di escludere gli altri soggetti anche dalla mera conoscenza dei fatti riguardanti la sfera familiare, affettiva, professionale e sanitaria del titolare, comportando quindi il divieto di intrusione nella vita privata di detto titolare e quello di pubblicazione e di diffusione dei suoi fatti privati.

Non può negarsi, tuttavia, che, poiché il bene giuridico tutelato dal diritto alla riservatezza è proprio la dignità della persona umana, la violazione del diritto alla riservatezza può aversi anche quando il soggetto, indipendentemente dalla pubblicazione o divulgazione dei fatti afferenti alla sua vita privata, sia, comunque, costretto a fornire notizie o elementi attinenti la propria sfera sentimentale, affettiva, lavorativa e/o sanitaria, che possano comportargli turbamenti psichici o possano farlo sentire diminuito proprio nella sua dignità di persona, subendo cioè un'intrusione ingiustificata nella sfera della propria intimità.

Orbene, nel caso di specie, non sembra possa fondatamente dubitarsi che l'oggetto delle 23 subdomande della domanda 15 del test utilizzato per la preselezione riguardassero argomenti rientranti nella sfera intima dei candidati, protetta dal diritto alla riservatezza.

Come correttamente osservato dai primi giudici, infatti, le notizie richieste dalla domanda 15 riguardavano effettivamente i rapporti sentimentali e familiari di ciascun candidato, la sua condizione patrimoniale, il suo atteggiamento nei confronti dell'attività lavorativa svolta ed anche le sue condizioni di salute.

Tali notizie, poi non erano neppure raccolte a fini meramente statistici o classificatori (e ciò a prescindere dalla eventuale legittimità di tali finalità), ma erano assolutamente rilevanti e decisive proprio ai fini dell'accertamento della potenzialità del candidato ad attendere alle funzioni dirigenziali che avrebbe dovuto svolgere in caso di superamento del corso-concorso. Infatti, come già più sopra evidenziato, tali risposte avrebbero costituito un indicatore del livello di stress cui ogni candidato era attualmente sottoposto, indicatore necessario per calibrare la valutazione delle risposte alle altre domande del test, cosi come si ricava agevolmente dalla lettura delle avvertenze premesse proprio alla domanda 15.

11.2.2. Proprio tali considerazioni circa la decisiva rilevanza delle notizie richieste con la domanda 15, quali indicatori di stress, esclude che le domande di cui si discute e le relative risposte possano essere considerate legittime, sotto il profilo della dedotta violazione del diritto alla riservatezza, con riferimento all'art. 8 della 1.20.5.1970, n. 300.

Quest'ultimo, in effetti, stabilisce che "è fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose e sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini dell'attitudine professionale del lavoratore". Le notizie richieste, in realtà, oltre a riguardare la sfera intima e riservata di ogni candidato, non avevano alcuna rilevanza ed attinenza per l'accertamento dell'attitudine professionale al lavoro, da intendersi come obiettiva capacità, intellettiva e/o manuale, di svolgere un'attività lavorativa.

L'eventuale esistenza di fattori di stress, infatti, può incidere, peraltro temporaneamente, sulla modalità di svolgimento di una mansione, ma non sulla capacità intellettiva e/o manuale di svolgere una funzione o una mansione: cosi che le notizie richieste non potevano ritenersi giustificate neppure con riguardo all'eventuale accertamento delle attitudini professionali dei selezionandi.

II.2.3. Il Collegio, pertanto, è dell'avviso che effettivamente le ventitré subdomande contenute nella domanda 15 del test somministrato per le operazioni di preselezione abbiano violato il diritto alla riservatezza dei candidati, avendo a questi imposto di fornire notizie circa la propria sfera affettiva, sentimentale, lavorativa e sanitaria, capaci di comportare un degradamento della dignità della persona umana, facendoli sentire turbati e sminuiti nella propria personalità: ciò indipendentemente dalla possibile divulgazione o meno delle notizie stesse.

III. In conclusione, l'appello va respinto con conferma della impugnata sentenza.

Non vi e' luogo a pronuncia sulle spese, stante la mancata costituzione in giudizio degli appellati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta) respinge l'appello proposto della Provincia autonoma di Bolzano e conferma l'impugnata sentenza.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

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