CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 10 novembre 1999 n. 1673 - Pres. Catallozzi, Est. La Medica - Comune di Busto Arsizio (Avv.ti Lucchetti e Manzi) c. Galli (Avv.ti Scrosati e Corselli) - (conferma TAR Lombardia, Sez.III 10 giugno 1994 n. 400).
E' illegittimo un intervento ablatorio che si fonda su un piano di edilizia economica e popolare superato da una difforme e successiva strumentazione urbanistica generale (1).
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(1) Cons. Stato, Sez. IV, 9 aprile 1999 n. 609.
FATTO
Il Comune di Busto Arsizio propone appello avverso la sentenza del T.A.R. della Lombardia (Sez III) 10 giugno 1994, n.400, che, accogliendo in parte il ricorso di Giuseppe Galli ha disposto l'annullamento del decreto sindacale di occupazione d'urgenza in data 9 luglio 1992 (destinato alla concreta attuazione del P.E.E.P.), nonché della delibera della giunta comunale 16 maggio 1990, n.920 (localizzazione nel P.E.E.P. dell'intervento di edilizia residenziale pubblica progettato dalla s.p.a Valdadige Costruzioni), della delibera del consiglio comunale 17 febbraio 1992, n. 44 (assegnazione dell'area in questione in diritto di superficie alla predetta società) e delle ulteriori delibere di variante del P.E.E.P.
A fondamento dell'appello vengono formulati i seguenti motivi:
1) Errata indicazione del legale del Comune di Busto Arsizio nella sentenza impugnata - nullità della sentenza per indeterminatezza delle parti.
L'errata indicazione del nome del legale Comune sulla sentenza (avv. Caielli invece dell'avv. Lucchetti) legittima il dubbio, ad avviso dell'appellante, della invalidità della sentenza per la presenza di un errore sostanziale, ben diverso dall'errore materiale.
2) Vizi della sentenza impugnata nella parte in cui accoglie il terzo motivo di ricorso in primo grado; errore di diritto - travisamento e difetto di motivazione.
La sentenza accoglie il ricorso ritenendo sussistente il contrasto degli atti espropriativi impugnati con le destinazioni urbanistiche delle aree interessate.
Sostiene, invece, il Comune appellante che l'intervento, pur nella sua evoluzione urbanistica, risulta nella sostanza inserito nel P.E.E.P. originario, anche in considerazione dell'operatività del programma pluriennale di attuazione relativo al triennio 1988/1991; la destinazione impressa all'area è, comunque, compatibile (parte a rete stradale e parte a zona di espansione residenziale) con l'intervento di P.E.E.P.
Si è costituito in giudizio l'appellato Giuseppe Galli che, con controricorso depositato in data 13 gennaio 1995, ha contestato il fondamento dell'appello, concludendo per la conferma della sentenza ex adverso impugnata.
In data 18 giugno 1999, il Comune ha depositato una memoria
In data 25 maggio 1999, anche l'appellato ha depositato una memoria.
Nell'imminenza dell'udienza, lo stesso appellato ha depositato un'altra memoria.
All'udienza del 6 luglio 1999, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio deve, anzitutto, esaminare l'eccezione di nullità della sentenza impugnata, sollevata dall'appellante Comune di Busto Arsizio sul rilievo che il nome del legale dello stesso Comune, nella sentenza in questione, viene erroneamente indicato in quello dell'avv. Caielli, invece dell'avv. Lucchetti.
L'eccezione è infondata.
Nella sentenza le parti sono state esattamente individuate ed altrettanto deve dirsi per l'oggetto dell'impugnativa.
Il fatto che non la parte, ma il suo legale sia stato erroneamente indicato si appalesa del tutto irrilevante, in quanto il cennato errore non ha inciso sulla esatta individuazione delle stesse parti e degli atti sui quali il T.A.R. si è pronunciato; devesi, quindi, escludere che, nella specie, si sia verificata alcuna indeterminatezza delle parti.
In ogni caso, l'indicazione, nella sentenza impugnata, dell'avv. Romano Cajelli, quale difensore del Comune di Busto Arsizio, va corretta con quella dell'avv. Daniele Lucchetti.
2. A conclusioni del pari negative occorre pervenire in ordine alle censure rivolte alla sentenza appellata che ha annullato gli atti impugnati con il ricorso di primo grado, ritenendo fondate le doglianze dedotte con il terzo motivo relative alla incompatibilità del procedimento ablatorio in questione con lo strumento urbanistico.
Peraltro, proprio l'infondatezza dell'appello induce a non esaminare, per motivi di economia processuale, le eccezioni di inammissibilità dello stesso appello per la mancata notifica alla società assegnataria del terreno in questione e per la genericità dei motivi formulati.
Il Comune contesta la pronuncia del Giudice di primo grado, sostenendo che la prevista modifica tipologica degli erigendi edifici è consentita, a norma dell'art. 34 della l. 22 ottobre 1971, n. 865, a condizione, nella specie non verificatasi che l'intervento non venga ad incidere sul dimensionamento degli standards; inoltre, l'intervento progettato (sede stradale e zona di espansione residenziale) è compatibile con la destinazione impressa all'area del P.RG. e sua variante.
Al riguardo, osserva il Collegio che il Comune con delibera della giunta 16 maggio 1990, n. 920, aveva assegnato provvisoriamente, tra l'altro, alla s.p.a. "Valdadige costruzioni", in diritto di superficie, un lotto individuato, ai sensi dell'art. 50 della citata l. n.865 del 1971, nel piano delle zone per l'edilizia economica e popolare - quartiere "Beata Giuliana" - approvato con delibera di giunta regionale 27 settembre 1983, n. 3. Lo stesso Comune, con delibera del consiglio 17 febbraio 1992, n. 44, assegnava definitivamente in diritto di superficie all'anzidetta società il terreno di proprietà dell'appellato sig. Giuseppe Galli di cui alla partita 19108, mappali 1029 c e 20973, e determinava le aree investite dalle opere di urbanizzazione primaria, nelle quali ricadeva in parte il terreno in argomento.
Nella suddetta delibera n. 44 del 1992 viene precisato che l'intervento edilizio urbanistico in questione prevede: "...b) la realizzazione di n. 2 edifici pluripiano (condomini con la denominazione DAI-DA aventi una conformazione ad L)...c) l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e di allacciamento funzionale dell'intervento....ai pubblici servizi".
Siffatta destinazione residenziale, riaffermata nella nota del Capo dell'ufficio tecnico comunale 11 novembre 1992, si rivela in contrasto con la specifica previsione del P.RG. all'epoca vigente (adottato con delibera del consiglio comunale 19 novembre 1984, n.700 e approvato dalla Regione Lombardia con delibera 27 gennaio 1987, n.4117119), che vincola l'area in questione ad attrezzature di interesse comune e solo per una limitatissima estensione a ristrutturazione urbanistica.
Si deve, poi, osservare che dagli atti risulta che la deliberazione del consiglio comunale 17 marzo 1990, n. 164, di variante al P.R.G., nella quale la destinazione delle zone risultava mutata nel senso indicato dal Comune, peraltro giammai trasmessa alla Regione, e stata revocata con la deliberazione 2 aprile 1992, n. 91, avente ad oggetto l'approvazione del provvedimento di controdeduzione alle osservazioni presentate alla variante generale adottata dal consiglio comunale.
Comunque, neppure quest'ultima delibera che aveva adottato una variante può essere utilmente invocata dal Comune, in quanto è successiva agli atti deliberativi impugnati.
Torna, pertanto, ad emergere che al momento in cui l'intervento edilizio in argomento è stato deliberato con il provvedimento n. 920 del 1990, era vigente il P.RG. del 1987 le cui previsioni erano incompatibili con l'intervento stesso.
Per conseguenza, si deve ribadire l'illegittimità di un intervento ablatorio che si fonda su un piano di edilizia economica e popolare superato da una difforme e successiva strumentazione urbanistica generale (Cons. Stato, sez. IV, 9 aprile 1999, n.609).
3. Né possono essere condivise le considerazioni svolte dal Comune nel secondo motivo d'appello, secondo cui la delibera del consiglio comunale 17 febbraio 1992, n. 44, con il richiamo all'art. 34 della l. n.865 del 1971, permetterebbe la "modifica tipologica" degli erigendi edifici non avendo inciso sul dimensionamento degli standards; inoltre, l'intervento in questione sarebbe compatibile con la destinazione impressa all'area del P.R.G. e della variante.
In disparte la questione dell'ammissibilità della nuova prospettazione avanzata in questa sede, mentre il giudizio di primo grado era circoscritto al contrasto dell'intervento edilizio con le previsioni del P.R.G., si deve osservare che la predetta delibera modifica esclusivamente la tipologia dei fabbricati e la destinazione di uso degli stessi; non indica, però, le ragioni che hanno indotto l'amministrazione a superare le previsioni del P.RG. e ad utilizzare l'area del ricorrente per una destinazione diversa da quella riportata nella strumentazione generale.
Contrariamente a quanto sostiene il Comune, l'intervento progettato si rivela in pieno contrasto con la destinazione dell'area prevista dal P.R G. e dalla variante.
E' stato già rilevato sopra il contrasto con lo strumento urbanistico generale vigente all'epoca delle delibere in questione.
Tale contrasto non è venuto meno con le successive varianti.
Quella adottata con la delibera consiliare 17 marzo 1990, n. 164, invero, è stata esplicitamente revocata con la deliberazione dello stesso consiglio 2 aprile 1992, n. 91.
L'altra variante adottata con quest'ultima delibera è successiva agli atti impugnati e, quindi non può costituire legittimo fondamento di un intervento che al momento in cui è stato deliberato era in contrasto con la disciplina urbanistica vigente.
4. In base alle pregresse considerazioni, l'appello del Comune di Busto Arsizio deve essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Sezione IV) respinge l'appello proposto dal Comune di Busto Arsizio, come in epigrafe.
Condanna lo stesso Comune alle spese di giudizio di Lire 3.000.000 (tremilioni) in favore dell'appellato sig. Giuseppe Galli.