CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 23 novembre 1999 n. 1732 - Pres. Catallozzi, Est. De Francisco - Croce (Avv. Luigi Napolitano) c. Consiglio superiore della magistratura (Avv.ra Stato) - (conferma T.A.R. Lazio, I Sezione, 21 febbraio 1994, n. 263).
Pubblico impiego - Magistrati - Promozione - Parere del Consiglio giudiziario distrettuale - Va preso in considerazione - Omessa valutazione - Illegittimità.
Pubblico impiego - Magistrati - Promozione - Parere del Consiglio giudiziario distrettuale - Non ha carattere vincolante per il CSM - Potere di decidere in difformità - Sussiste.
Il parere del Consiglio giudiziario distrettuale -
sulla cui base, ai sensi dell'art. 2 della legge 20 dicembre 1973, n. 831, il
C.S.M. procede alla valutazione per la promozione dei magistrati alla qualifica
di magistrato di cassazione - pur non essendo vincolante, rappresenta il punto
di partenza della valutazione; è pertanto illegittimo l'operato del C.S.M.
allorquando non effettui una valutazione compiuta del parere reso dal Consiglio
giudiziario e non si esprima, per disattenderli, sugli elementi posti in
evidenza nel parere stesso (1).
Il parere di Consiglio giudiziario, sulla cui base,
ai sensi dell'art. 2 della legge 20 dicembre 1973, n. 831, il C.S.M. procede
alla valutazione per la promozione dei magistrati, non ha carattere vincolante,
potendo l'organo di autogoverno decidere in difformità, ove le considerazioni
svolte nel parere possano essere superate solo con argomenti che si rivelino
pertinenti, puntuali e basati su riscontri obiettivi e documenti (2).
-------------------
(1) Cons. Stato, Sez. IV, 2 novembre 1993, n. 960.
(2) Cons. Stato, Sez. IV, 13 luglio 1998, n. 1089; alla stregua del principio nella
specie è stato ritenuto legittimo il provvedimento negativo del CSM, atteso
che, tra l'altro, quest'ultimo aveva accertato nella specie che "numerose
sentenze (redatte dall'interessato: n.d.r.) conservano le caratteristiche di
"carenza di accuratezza" e di " argomentazione frettolosa"
(se non addirittura inesistente) già lamentate nel parere del 1988".
"Tale analitico modus procedendi - ha
osservato il CdS - lungi
dall'essere illegittimo, è al contrario del tutto corretto, oltre che utile
alla migliore verifica degli standard qualitativi del servizio giustizia;
tanto che, se un accertamento analogo fosse svolto nei confronti di tutti i
magistrati, le conclusioni cui si perverrebbe sarebbero quanto mai utili per il
miglioramento quanti-qualitativo della giustizia".
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2823 proposto da Croce
Giuseppe Renato, rappresentato e difeso dall'Avv. Luigi Napolitano, presso cui
è elettivamente domiciliato in Roma, viale Angelico 38;
contro
il Consiglio superiore della magistratura, in persona
del Presidente pro tempore, ed il Ministero di grazia e giustizia, in
persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi 12;
per
l'annullamento
della sentenza del T.A.R. Lazio, I Sezione,
21.2.1994, n. 263.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle
Amministrazioni intimate;
Viste le memorie difensorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore, all'udienza del 6 luglio 1999, il
Consigliere Ermanno de Francisco;
Uditi l'avv.to Sarcina - per delega dell'avv.to
Napolitano - per l'appellante e l'avv.to dello Stato Greco, per le
amministrazioni appellate;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue:
FATTO
Viene in decisione l'appello avverso la sentenza
indicata in epigrafe, con la quale sono stati respinti, previa riunione, i due
ricorsi proposti dal dott. Giuseppe Renato Croce - all'epoca Magistrato
d'appello - per l'annullamento, rispettivamente, del provvedimento del Consiglio
superiore della magistratura in data 27 luglio 1989 dichiarativo dell'inidoneità
del ricorrente ad essere ulteriormente valutato per la nomina a magistrato di
Cassazione e del provvedimento adottato nella seduta del 16 gennaio 1992, con il
quale l'anzidetto Consiglio superiore ha nuovamente dichiarato la perdurante
medesima inidoneità del ricorrente.
All'odierna udienza la causa è stata ritenuta in
decisione.
DIRITTO
L'appellante, già magistrato di appello, come
risulta dalla narrativa in fatto che precede, è stato per due volte, nel 1989 e
nel 1992, dichiarato dal C.S.M. inidoneo ad essere ulteriormente valutato per la
nomina a magistrato di cassazione.
Successivamente, come si apprende dalla memoria
depositata il 14 giugno 1999, "nelle more della trattazione del ricorso in
appello, il dr. Croce è stato favorevolmente valutato per la nomina a
magistrato di Cassazione.
Non di meno sussiste l'interesse del ricorrente alla
definizione del gravame chiamato in decisione, sotto il profilo della decorrenza
della dichiarazione di idoneità, per gli evidenti riflessi che essa comporta
sulla carriera del ricorrente".
Lamenta in sostanza l'appellante che la sentenza di
primo grado - nel ritenere la legittimità dei provvedimento impugnati con i due
ricorsi originari, e segnatamente quello del 1992 - non avrebbe fatto corretta
applicazione dei principi di diritto posti, in fattispecie analoga, dalla
decisione di questa Sezione 2 novembre 1993, n. 960.
L'appello è infondato e deve essere respinto.
E' certo che, così come affermato dalla citata
decisione, "il parere del Consiglio giudiziario distrettuale - sulla cui
base, ai sensi dell'art. 2 della legge 20 dicembre 1973, n. 831, il C.S.M.
procede alla valutazione per la promozione dei magistrati alla qualifica di
magistrato di cassazione - pur non essendo vincolante, rappresenta il punto di
partenza della valutazione"; e che, "pertanto, è illegittimo
l'operato del C.S.M. allorquando non effettui una valutazione compiuta del
parere reso dal Consiglio giudiziario e non si esprima, per disattenderli, sugli
elementi posti in evidenza nel parere stesso".
Peraltro, come chiarito dalla decisione di questa
Sezione 13 luglio 1998, n. 1089, "il parere di Consiglio giudiziario, sulla
cui base, ai sensi dell'art. 2 della legge 20 dicembre 1973, n. 831, il C.S.M.
procede alla valutazione per la promozione dei magistrati, non ha carattere
vincolante, potendo l'organo di autogoverno decidere in difformità", ove
le "considerazioni svolte nel parere possano essere superate solo con
argomenti che si rivelino pertinenti, puntuali e basati su riscontri obiettivi e
documenti.
La Sezione ritiene, appunto, che quest'ultima è la
situazione fattuale verificatasi nel caso in esame.
Il provvedimento del 1992 - l'unico, tra quelli
originariamente impugnati, sul quale sostanzialmente si appuntano le censure
svolte nell'atto di appello - "attesa l'ovvia irretroattività della legge
n. 17/1982" (giova ricordare, in punto di fatto, che al dr. Croce era stata
in precedenza irrogata la sanzione disciplinare della censura per la sua
accertata partecipazione alla loggia massonica P2), si fa opportunamente carico
di elaborare "un principio giuridico che, in tema di progressione nella
carriera, da un lato recepisca il giudizio di profondo disvalore racchiuso nelle
norme della legge anzidetta, e dall'altro non produca l'insanabile, categorico e
perpetuo diniego ad ogni progressione" (doc. 5, pag.1029): "un
criterio di tal genere può essere individuato nella pretesa del decorso di un
tempo successivo così esteso da offrire le massime garanzie possibili circa il
recupero di una piena integrità morale ed istituzionale, ed altresì connotato
da elementi così spiccatamente ed esclusivamente positivi da offrire la
certezza di una piena riabilitazione (ivi).
In sostanza, il C.S.M. non ha affatto pretermesso la
considerazione delle risultanze emergenti dal parere del Consiglio giudiziario,
ma - come è suo pieno potere, pena il trasferimento dell'Organo distrettuale
del potere decisorio - ne ha legittimamente tratto conclusioni più rigorose di
quelle proposte nel citato parere.
Nel far ciò, il C.S.M. non ha neppure omesso la
confutazione del parere esaminato, rilevando che questo "mette [bensì] in
risalto laboriosità, impegno, preparazione, capacità organizzativa ed altre
positive qualità [del dr. Croce]; ma non può evidentemente sottrarsi al debito
di confrontarsi con un parere diametralmente opposto redatto appena due anni
addietro, all'umanità" (pag. 104).
Tanto che, "al fine di chiarire tale apparente
discordanza, [il] Consiglio Superiore ha ritenuto opportuno richiedere, in data
22 giugno 1991, i provvedimenti del dott. Croce esaminati dal Consiglio
giudiziario in data più recente, ed altresì altri provvedimenti a campione
redatti negli anni 1988-1990" (ivi); accertando così che "numerose
sentenze conservano le caratteristiche di "carenza di accuratezza" e
di " argomentazione frettolosa" (se non addirittura inesistente) già
lamentate nel parere del 1988 (pag. 105).
Tale analitico modus procedendi, lungi
dall'essere illegittimo, è al contrario del tutto corretto, oltre che utile
alla migliore verifica degli standard qualitativi del servizio giustizia;
tanto che, "se un accertamento analogo fosse svolto nei confronti di tutti
i magistrati" (doc. cit., pag. 109), le conclusioni cui si perverrebbe
sarebbero quanto mai utili per il miglioramento quanti-qualitativo della
giustizia.
In conclusione, l'appello deve essere integralmente
disatteso.
Si ravvisa, tuttavia, la sussistenza di giusti motivi
per disporre la compensazione integrale delle spese del giudizio tra le parti
costituite.
P.Q.M
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale -
Sezione IV - respinge l'appello, compensando le spese del presente grado del
giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 6 luglio 1999, dalla
Sezione Quarta del Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, in camera di
consiglio con l'intervento dei signori:
Walter Catallozzi- Presidente
Stefano Baccarini
- Consigliere
Domenico La Medica -
Consigliere
Cesare Lamberti -
Consigliere
Ermanno De Francisco - Consigliere estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA
IN CANCELLERIA IL 23 NOVEMBRE 1999