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n. 11-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 23 novembre 1999 n. 1742 - Pres. De Lise, Est. Lamberti -  Campeggi ed altri (avv.ti Magrone Furlotti e d'Amelio) c. il Ministero delle Finanze (Avv.ra Stato) - (annulla TAR Lazio, Sez. II, sent. 16 gennaio 1998, n. 76).

Giurisdizione e competenza - Imposte e tasse - Atti dell'esattore - Diritto del contribuente di ricorrere all'Intendente di Finanza - Controversie relative agli atti esecutivi ed alla vendita del bene esecutato - Giurisdizione del G.A. - Sussiste.

Nell'attribuire al contribuente esecutato e ai suoi successori nonché al responsabile d'imposta esecutato il diritto di ricorrere all'Intendente di finanza contro gli atti dell'esattore, l'art. 53 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 configura una vera e propria clausola generale di tutela amministrativa, sorretta dal contraddittorio che l'Intendente è tenuto a garantire e dalla potestà di sospensione degli atti esecutivi che egli può esercitare. Ancorché formalmente limitata dal primo comma dell'art. 53 agli "atti esecutivi dell'esattore" la tutela va intesa in senso generalizzato e va estesa all'insieme degli atti dell'amministrazione propedeutici alla vendita del bene esecutato (o comunque alla sua alienazione dal patrimonio del debitore) e investe sia gli atti propri dell'esattore che gli atti dell'amministrazione, concorrenti con quelli nell'aggredire il bene del debitore per realizzare coattivamente la pretesa tributaria.

D'altra parte, l'Intendente di finanza .. "ha cognizione su tutte le istanze relative all'esistenza del titolo esecutivo o alla regolarità degli atti successivi ... finché la procedura non sia completata. Cognizione le cui risultanze non possono essere sottratte al sindacato giurisdizionale, per non imporre al debitore un sacrificio sproporzionato rispetto alle finalità dell'ente creditore e per non realizzare - in considerazione degli effetti di "irreversibilità" tipici dei processo esecutivo - una inammissibile limitazione della tutela alla proponibilità di sole iniziative risarcitorie; queste possono corrispondere alla specificità ed all'intensità della tutela giurisdizionale dei diritti, postulata dall'art. 24. Cost., solo se inserite in un più ampio quadro di garanzie, quale si delinea per le entrate tributarie (1).

E' pertanto illegittima la decisione di un tribunale amministrativo che ha declinato la propria giurisdizione in materia senza previamente accertare se si fosse regolarmente svolta la fase amministrativa dell'esecuzione, i cui provvedimenti, essendo sottratti al giudice ordinario, sono assoggettati al vaglio dell'Amministrazione finanziaria, sulle cui determinazioni viene esercitato il sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

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(1) Corte di Cassazione, sentenza n. 3574 del 1988; Corte cost., 13 luglio 1995, n. 318; Corte cost. 18 luglio 1997 n. 239; Corte cost. 21 novembre 197, n. 359.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6217/98, proposto dai sigg.ri Floriana Malvezzi Campeggi, Elisabetta Sofio, in proprio e nell'interesse dei coeredi Silveria Malvezzi Campeggi e Alfonso Malvezzi Campeggi tutti credi beneficiari indivisi di Roberto Malvezzi Campeggi, rappresentati e difesi dagli avv.ti Livia Magrone Furlotti e Piero d'Amelio, con domicilio in Roma, presso lo studio del secondo in via Giovanbattista Vico n. 29 giusta mandato in, margine all'atto d'appello

contro

‑ il Ministero delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliato presso i suoi Uffici, in via dei Portoghesi 12 Roma;

‑ l'Intendenza di finanza di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliato presso i suoi Uffici, in via dei Portoghesi 12 Roma;

e, nei confronti

dell'Esattoria comunale di Roma, Monte dei Paschi di Siena, in persona del legale rappresentante pro tempore e di Lucio Malvezzi Campeggi, non costituitisi in giudizio;.

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Seconda Sezione, in data 14 maggio 1997 ‑ 16 gennaio 1998, n. 76.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione dell'Amministrazione;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 26 ottobre 1999 la relazione del Consigliere Lamberti e uditi, altresì, l'avv. D'Amelio per i ricorrenti e l'avvocato dello Stato Guida per l'Amministrazione;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso n. 13395/94 sono stati impugnati innanzi al TAR del Lazio i seguenti provvedimenti le dichiarazioni di surroga dell'esattoria comunale di Roma in data 22 marzo 1977; la nota dell'Intendente di finanza di Roma in data 12 dicembre 1977, autorizzativa del terzo incanto; l'ordinanza del pretore di Roma in data 16 dicembre 1977, dichiarativa della devoluzione; la nota dell'Intendente di finanza di Roma prot. n. 43605 di determinazione del prezzo di devoluzione.

Gli esponenti hanno premesso che, con atto del 10 aprile 1964, n. 74430, Paolo Blumesthil aveva ceduto pro indiviso la nuda proprietà dell'immobile sito in Roma via Vittoria Colonna n. 1, ai nipoti Roberto e Lucio Malvezzi Campeggi e l'usufrutto alla propria consorte Vittoria Malvezzi Campeggi. Deceduti coniugi Blumesthil Malvezzi Campeggi, i nipoti Roberto e Lucio sono divenuti eredi universali e hanno acquistato la piena proprietà indivisa del palazzo Blumesthil. Dall'anno 1970, le loro quote indivise e, successivamente, l'intero stabile sono stati assoggettati a procedure esecutive - poi riunite in un'unica procedura di esecuzione mobiliare - innanzi al Tribunale di Roma. Per il recupero dei crediti nei confronti di Roberto e Lucio Malvezzi Campeggi, personalmente e in solido, l'Esattoria Comunale di Roma procedeva a dichiarazione di surroga ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973. I crediti vantati nei confronti dei coeredi consistevano in alcuni titoli successivamente revocati o dichiarati nulli, e in un'ipoteca iscritta sull'intero immobile per un mutuo fondiario di lire 163.872 950 a favore della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde. Nonostante il bene esecutato fosse indiviso e la procedura fosse unificata, nella trasmissione alla Cancelleria del Pretore vennero formati due fascicoli, l'uno riguardante Lucio Malvezzi Campeggi per la somma di lire 431.856.000 e l'altro riguardante Roberto Malvezzi Campeggi per la somma di lire 517.827.000.

Causa l'esistenza. dei due atti di surroga, furono poste all'asta separatamente due quote ideali indivise del palazzo Blumesthil. L'ufficio tecnico erariale valutò l'immobile in complessivi 2..670.000.000, ripartendo i valori a base da asta per ciascuna esecuzione, in due quote di lire 1.335.000.000. Tali quote indivise non trovarono acquirenti nei primi due incanti, sicché, con nota del 4 ottobre 1977, l'Esattoria chiedeva all'Intendenza di finanza di Roma di essere autorizzata a esperire un terzo incanto ad un prezzo base ulteriormente ridotto, con conseguente devoluzione allo Stato dell'immobile in caso di mancata vendita. Tale proposta fu assentita dal comune di Roma e dagli Uffici finanziari, quello delle imposte dirette e l'Intendenza di finanza di Roma.

Andato deserto anche il terzo incanto, venne dichiarata, con ordinanza del 16 dicembre 1977, ai sensi dell'articolo 90 del D.P.R. n. 602 del 1973, la devoluzione a favore dello Stato delle quote ideali indivise di Roberto e Lucio Malvezzi Campeggi. Il prezzo di devoluzione delle due quote del palazzo veniva determinato dall'Intendenza di finanza di Roma con la.nota di prot. n., 43605, ove si specificava che l'Ufficio, nell'effettuare il pagamento delle due quote del fabbricato, avrebbe dovuto attenersi al prezzo indicato nell'atto di vendita del terzo incanto, relativamente alla procedura carico di Roberto Malvezzi Campeggi. Per quanto riguardava la quota già appartenente a Lucio Malvezzi Campeggi, la somma da liquidare quale prezzo di devoluzione doveva essere costituita dalle imposte personale dovute dal debitore dal residuo carico tributario dovuto in solido con il fratello e rimasto insulto nella prima procedura immobiliare. Il prezzo globalmente determinato è stato, pertanto, pari a lire 501.399.000, da corrispondere alla massa esecutiva e da ridistribuire tutti creditori intervenuti ivi compresa l'Esattoria comunale, cosi suddiviso: lire 445.334.000 per base da asta, lire 19.674.123 per debito personale di Lucio Malvezzi Campeggi e lire 36.395.000 per conguaglio.

Ciò premesso i ricorrenti hanno sostenuto la natura amministrativa dei provvedimenti incorsi fra l'Esattoria e gli Uffici finanziari e fra gli stessi Uffici. 1 provvedimenti sono stati impugnati innanzi al TAR del Lazio, previa istanza di concessione dell'errore scusabile per i seguenti motivi:

‑ violazione falsa applicazione degli artt. 45 e 50 del D.P.R, 29 settembre 1973, n. 602; carenza di motivazione.

L'esattore non può surrogarsi solo parzialmente negli atti esecutivi già iniziati. Lo sdoppiamento della procedura aveva il fine di provocare l'abbattimento del prezzo e avvantaggiare la devoluzione.

‑ violazione falsa applicazione dell'art. 79 del D.P.R. n. 602 del 19732 eccesso di tutela delle ragioni dell'amministrazione. L'esecuzione eccedeva il doppio del valore dell'immobile e pertanto non poteva essere esperita la terza vendita.

‑ violazione dell'art. 90 del D.P.R. n. 602 del 1973; incertezza negli atti. L'esattoria e l'Intendenza di finanza non hanno mai.chiarito come imputare il prezzo da versare alla massa espropriativa ed hanno leso la possibilità dei debitori escussi di esercitare il riscatto.

‑ travisamento dei fatti e manifesta ingiustizia. L'amministrazione finanziaria ha proceduto coattivamente per debiti d'imposta caduti in successione su un bene venduto ai fratelli Malvezzi Campeggi nell'erronea convinzione che non si potesse attendere la liquidazione del residuo patrimonio relitto. La rapidità dell'esecuzione fiscale costituisce sintomi della finalizzazione dell'azione amministrativa non tanto alla soddisfazione di crediti erariali quanto all'acquisizione del palazzo Blumesthil a favore dell'amministrazione finanziaria.

L'Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio, chiedendo, nel merito, il rigetto delle ricorso ed eccependo, in via pregiudiziale, la sua tardività e il difetto di giurisdizione del giudice adito.

Con la decisione impugnata, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, richiamando il principio dell'irretrattabilità dell'esito della procedura esecutiva esattoriale, che consente esclusivamente l'eventuale azione di risarcimento del danno nei confronti dell'Esattore nel caso di irregolarità dell'azione esecutiva. Il Tribunale osservava, inoltre che l'esattore non ha alcuna discrezionalità circa l'avvio della procedura e l'esperimento del terzo incanto, la cui autorizzazione non aveva neppure prodotto l'effetto della devoluzione. In proposito il Tribunale richiamava la piena immunità da vizi della procedura ritenuta dal Giudice ordinario in tre gradi di giudizio, sia quanto alla surroga che quanto alla duplicità dei provvedimenti di vendita.

Nei confronti della decisione hanno proposto appello gli eredi Malvezzi Campeggi. Resiste l'amministrazione con memoria.

La causa viene in decisione all'udienza del 26 ottobre 1999.

DIRITTO

A seguito della sentenza del 25 maggio 1992, n. 1562/92 della Corte d'appello di Roma, che ha affermato l'insindacabilità da parte del Giudice ordinario degli atti amministrativi posti in essere in concreto nell'ambito della procedura esecutiva esattoriale, i sigg.ri Malvezzi Campeggi hanno adito il Tribunale amministrativo regionale del Lazio assumendo l'illegittimità delle determinazioni dell'Amministrazione finanziaria, per effetto dalle quali è stata pronunziata la devoluzione a favore dello Stato delle quote ideali indivise della proprietà dell'immobile sito in Roma, via Vittoria Colonna, 1, denominato palazzo Blumesthil.

Con l'impugnata decisione, il Tribunale ha dichiarato il difetto di giurisdizione a conoscere dei provvedimenti, richiamato il principio dell'irretrattabilità dell'esito della procedura esattoriale, che consente unicamente il risarcimento del danno nei confronti dell'esattore, dopo l'accertamento dell'irregolarità dell'azione esecutiva. Ad avviso del Tribunale, l'effetto finale dell'esecuzione sarebbe del tutto insensibile rispetto alla dichiarazione dell'Esattore di volersi surrogare ai creditori procedenti, nonché all'autorizzazione al terzo incanto dell'Intendenza di finanza di Roma: la devoluzione è infatti connessa ex lege alla mancata aggiudicazione del bene nei due precedenti esperimenti d'asta, che l'Esattore non poteva esimersi dal compiere in forza di precise norme inderogabili, a fronte del mancato soddisfacimento dell'obbligazione tributaria. Ribadita la totale carenza di potestà dell'amministrazione a sindacare gli eventuali vizi della procedura, dai quali peraltro scaturisce la sola sospensione degli atti esecutivi, il primo giudice ha richiamato l'intero iter processuale svoltosi innanzi al giudice ordinario, che ne aveva dichiarato la regolarità, sia quanto alle modalità con cui l'esecuzione era proseguita dopo la surroga ‑ per quote separate dei due fratelli ad un prezzo pari alla metà della stima peritale e non per l'intero ‑ che quanto al procedimento seguito nella successione degli incanti, culminato nell'acquisizione allo Stato del palazzo Blumesthil.

Nell'appello proposto avverso la suddetta decisione, i ricorrenti eccepiscono che l'attività dell'amministrazione finanziaria nell'ambito della procedura esattoriale, anche se non sorretta da ampia discrezionalità in senso proprio, non è svincolata dalla giurisdizione amministrativa, pienamente competente a sindacare l'attività posta in essere in concreto allorché sia difforme dal modulo normativo. A tali conclusioni indurrebbe la sentenza 7 aprile 1988 n. 3574 della Corte di Cassazione, che avrebbe riconosciuto definitivamente la responsabilità dell'Esattoria comunale di Roma per l'uso scorretto della procedura esecutiva in danno dei sigg.ri Malvezzi Campeggi, declinando il giudizio sulla domanda di annullamento della devoluzione di palazzo Blumesthil, i cui provvedimenti sarebbero assoggettati ‑ nel regime degli artt. 52 e 53 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 esclusivamente all'Intendenza di finanza e conseguentemente al sindacato del giudice amministrativo in forza degli artt. 113 e 103 della Costituzione.

Sulla scorta di quanto già statuito dalla Sezioni Unite (Cass. SS.UU.19 dicembre 1990, n. 12032) circa l'irretrattabilità della procedura esattoriale, la citata sentenza n. 3574 del 1988 della Corte di Cassazione ne ha precisato il carattere di ... "procedura amministrativa sottratta, finché è in corso di espletamento, alla giurisdizione del giudice ordinario, e i cui eventuali vizi ... si risolvono, allorché sussista comunque il diritto dell'esattore a iniziare o proseguire ... gli atti esecutivi, in ragioni d'illegittimità; rispetto a tali vizi il potere del giudice ordinario ritrova capacità di esplicazione solo dopo il compimento dell'esecuzione esattoriale allorché si ripristina il diritto soggettivo del debitore esecutato alla tutela risarcitorio.

Ne discende ‑ad avviso del Collegio‑ che il tribunale amministrativo non poteva declinare la giurisdizione senza previamente accertare se si fosse regolarmente svolta la fase amministrativa dell'esecuzione, i cui provvedimenti, essendo sottratti al giudice ordinario, sono assoggettati al vaglio dell'Amministrazione finanziaria, sulle cui determinazioni viene esercitato il sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

Nell'attribuire al contribuente esecutato e ai suoi successori nonché al responsabile d'imposta esecutato il diritto di ricorrere all'Intendente di finanza contro gli atti dell'esattore, l'art. 53 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 configura una vera e propria clausola generale di tutela amministrativa, sorretta dal contraddittorio che l'Intendente è tenuto a garantire e dalla potestà di sospensione degli atti esecutivi che egli può esercitare.

Ancorché formalmente limitata dal primo comma dell'art. 53 agli "atti esecutivi dell'esattore" la tutela va intesa in senso generalizzato e va estesa all'insieme degli atti dell'amministrazione propedeutici alla vendita del bene esecutato (o comunque alla sua alienazione dal patrimonio del debitore) e investe sia gli atti propri dell'esattore che gli atti dell'amministrazione, concorrenti con quelli nell'aggredire il bene del debitore per realizzare coattivamente la pretesa tributaria.

Al proposito la ricordata sentenza n. 3574 del 1988 della Corte di Cassazione ha infatti precisato che l'Intendente di finanza .. "ha cognizione su tutte le istanze relative all'esistenza del titolo esecutivo o alla regolarità degli atti successivi ... finché la procedura non sia completata. Cognizione le cui risultanze non possono essere sottratte al sindacato giurisdizionale, per non imporre al debitore un sacrificio sproporzionato rispetto alle finalità dell'ente creditore e per non realizzare ‑ in considerazione degli effetti di "irreversibilità" tipici dei processo esecutivo ‑ una inammissibile limitazione della tutela alla proponibilità di sole iniziative risarcitorie queste possono corrispondere alla specificità ed all'intensità della tutela giurisdizionale dei diritti, postulata dall'art. 24. Cost., solo se inserite in un più ampio quadro di garanzie, quale si delinea per le entrate tributarie (Corte cost. ‑13 luglio 1995, n. 318; Corte cost. 18 luglio 1997 n. 239; Corte cost. 21 novembre 197, n. 359).

Pertanto, anche se la dichiarazione di devoluzione di cui all'art. 87 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 rappresenta un effetto automatico della diserzione del terzo incanto, appare indubbio che, nella specie non potessero essere sottratti al giudice della legittimità degli atti dell'Amministrazione l'autorizzazione ad esperire il terzo incanto sull'immobile ex art. 85 secondo comma del citato decreto presidenziale n. 602 del 1973, la relativa determinazione del prezzo 'da parte dell'Intendente di finanza di Roma e le dichiarazioni di surroga dell'Esattoria comunale.

La possibilità del giudice ordinario di disapplicare gli atti dell'esecuzione richiamata dalla decisione del Tribunale amministrativo presuppone infatti il completamento della procedura esattoriale, prima del quale la contestazione della legittimità dì quegli atti si risolve nella domanda del loro annullamento, di competenza del giudice adito, che dovrà conoscerne secondo i più generali principi della tempestività e dell'interesse.

Il ricorso deve essere conseguentemente accolto ed annullata la decisione impugnata, con rimessione della causa al Tribunale amministrativo regionale del Lazio ai sensi dell'art. 35 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

La particolarità della fattispecie giustifica la compensazione fra le parti delle spese di causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente decidendo sul ricorso in premesse, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Seconda Sezione, in data 14 maggio 1997 ‑ 16 gennaio 1998, n. 76, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo.

Dispone la rimessione degli atti causa al Tribunale amministrativo regionale del Lazio ai sensi dell'art. 35 della legge 6 dicembre.1971, n. 1034.

Compensa fra le parti le spese dì giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addi' 26 ottobre 1999 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ‑ Sezione Quarta - riunito in Camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:

PASQUALE DE LISE  Presidente

SERGIO SANTORO Consigliere

DOMENICO LA MEDICA Consigliere

KLAUS DUBIS Consigliere

CESARE LAMBERTI Consigliere

Depositata il 23 novembre 1999.

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