CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 2 dicembre 1999 n. 1769 - Pres. de Lise, Est. Saltelli - C.E.I. Costruzioni Edili Industriali S.n.c.(Avv. Lorusso) c. Comune di Ruvo di Puglia (Avv. Caputi Jambrenghi) ed altri (n.c.) - (conferma TAR Puglia-Bari, Sez. II, 1° marzo 1996 n. 82).
Giustizia amministrativa - Procedimento giurisdizionale - Riunione dei ricorsi - Presupposti - Individuazione.
Edilizia ed urbanistica - Piano di lottizzazione - Ha natura attuativa - Conseguenze - Rigetto del Pdl nel caso di contrasto con lo strumento urbanistico generale - Legittimità.
Edilizia ed urbanistica - Strumenti urbanistici generali - Vincoli a contenuto espropriativo - Nozione - Previsione di una determinata tipologia edilizia - Non costituisce vincolo.
La riunione dei ricorsi che costituisce espressione di un potere del giudice tutto insindacabile, presuppone esclusivamente la ricorrenza di motivi di economia processuale che rendono opportuna la decisione contemporanea di più controversie (1), senza tuttavia incidere sull'autonomia dei singoli ricorsi (2) e senza implicare necessariamente l'accertamento di un nesso teleologico fra i provvedimenti impugnati (3).
Il piano di lottizzazione è notoriamente un piano attuativo che appartiene al secondo livello della pianificazione urbanistica e presuppone pertanto l'esistenza e la vigenza di un piano regolatore generale; deve pertanto ritenersi illegittimo il piano di lottizzazione se adottato in mancanza di uno strumento urbanistico di primo livello (4) e che esso decade se prima della sua realizzazione entra in vigore un nuovo piano regolatore generale (5).
Proprio in quanto strumento attuativo di un piano urbanistico di primo livello, il piano di lottizzazione non può porsi in contrasto col primo ed anche le concessioni edilizie da rilasciarsi per l'attuazione del piano di lottizzazione non possono porsi in contrasto, a pena di illegittimità, con le previsioni del P.R.G. E' pertanto legittima una delibera, con cui è stato rigettato un progetto di variante al piano di lottizzazione sotto il profilo che le unità abitative da realizzare erano in contrasto con le previsioni di piano.
I vincoli di piano, cui si applica il principio della decadenza quinquennale ex art. 2 della L. 19.11.1968 n. 1187, sono soltanto quelli che incidono su beni determinati, assoggettandoli a vincoli preordinati all'espropriazione od a vincoli che ne comportano l'edificabilità e dunque svuotano il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio (6). Ciò è confermato dal fatto che tale decadenza si verifica qualora entro il quinquennio non siano approvati i piani particolareggiati o non siano autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati (7). Per converso tutte le altre determinazioni che limitano l'attività edilizia, che non sono preordinate all'espropriazione e che consentono al titolare del bene di utilizzarlo, non costituiscono altro che espressione del potere di pianificazione al fine di programmare l'ordinato sviluppo urbanistico del territorio (8).
In particolare, la previsione di una determinata tipologia urbanistica non è assolutamente un vincolo preordinato all'espropriazione o comportante l'inedificabilità assoluta, trattandosi invece di una prescrizione diretta a regolare concretamente l'attività edilizia, inerendo alla potestà confermativa propria dello strumento urbanistico generale, la cui validità è a tempo indeterminato, come espressamente stabilito dall'art. 11 della legge 17 agosto 1942 n. 1150.
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(1) C.d.S., V, 17 gennaio 1994 n. 30.
(2) C.d.S., V, 23 marzo 1995 n. 464.
(3) C.d.S., VI, 30 novembre 1995 n. 1349.
(4) C.d.S., V, 1.9.1986 n. 426; 30.10.1997 n. 1225.
(5) C.d.S., IV, 11.5.1982 n. 278.
(6) Corte Costituzionale 20.1.1996 n. 6; C.d.S., V, 24.11.1997 n. 1357; IV, 7.2.1991, n. 102; 13.3.1991 n. 181.
(7) C.d.S., IV, 11.12.1993 n. 1068, Cass. I, 29.11.1989 n. 5214.
(8) C.d.S., V, 22.3.1995 n. 451.
FATTO
I.1. L'amministrazione comunale di Ruvo di Puglia, con delibera consiliare n. 75 del 16.5.1983, approvava in via definitiva il piano di lottizzazione del comprensorio in località Calendano, le cui aree erano classificate dal vigente piano regolatore generale come zona di espansione C/5; detto piano prevedeva la realizzazione di gruppi di edifici sistemati a "grappolo" e classificati in quattro tipi (A, B, C e D).
In data 18.6.1984 veniva quindi stipulata con la S.n.c. C.E.I. anche la convenzione per la relativa attuazione, nella quale all'art. 1 si precisava che l'attuazione del progetto sarebbe avvenuto in conformità alle norme contenute nella convenzione stessa e agli elaborati del progetto e con l'osservanza delle prescrizioni del P.R.G. e del regolamento edilizio; gli edifici avrebbero dovuto rispettare la forma, l'ubicazione, la volumetria ed il numero dei piani fuori terra previsti dal piano di lottizzazione.
I.2. Con delibera n. 48 del 27.2.1989 veniva poi adottato il progetto di variante al predetto piano di lottizzazione presentato sempre dalla predetta S.n.c. C.E.I., riguardante la sostituzione di 15 unità trifamiliari e di 4 unità bifamiliari con un complesso polifunzionale da adibire a ristorante, sala conferenze, centro congressi etc., comprendente in particolare la realizzazione, oltre che del predetto centro polifunzionale, anche di n. 10 unità abitative trifamiliari e di una zona sportiva condominiale e manufatto per servizi, spogliatoi e minimarket.
Tale progetto, ottenuti i pareri favorevoli anche dell'ufficio tecnico comunale e della commissione edilizia, veniva definitivamente approvato con la deliberazione n. 144 del 12.7.1989, ove nella parte dispositiva si precisava anche che veniva approvato il relativo schema di convenzione.
I.3. La S.n.c. C.E.I., con istanza in data 26.5.1993, protocollata in data 1.6.1993, presentava un altro progetto di variante al piano di lottizzazione del comprensorio Calendano, limitato al terzo intervento (per il quale assumeva essere già stata realizzata la struttura polifunzionale di servizio destinata ad attività commerciali, di ristorazione, ritrovo, etc., la cabina di trasformazione ENEL ed alcune strutture sportive) concernente in sostituzione di una tipologia edilizia di tipo T con una di tipo B (fermo restando il numero dei corpi di fabbrica, con diminuzione complessivo del numero delle unità abitative da 53 a 52), con modeste variazioni della viabilità interna ed un lieve incremento delle aree destinate ad attività sportive condominiali, rispettando tuttavia il totale delle volumetrie realizzate e a realizzarsi secondo le previsioni di piano.
I.4. Con delibera consiliare n. 11 del 19.1.1994 l'amministrazione comunale di Ruvo di Puglia respingeva però il progetto di variante presentato dalla S.n.c. C.E.I. sulla scorta dei motivi esposti nella relazione tecnica e della commissione comunale edilizia, secondo i quali la previsione progettuale e rispettosa della normativa del P.R.G. per la zona C/5 avrebbe consentito solo la realizzazione di "tipi edilizi unifamiliari - case singole".
La Sezione Decentrata Provinciale di Controllo di Bari chiedeva chiarimenti su detta delibera, essendo stata presentata un'opposizione proprio dalla s.n.c. C.E.I.; il Sindaco forniva le controdeduzioni con nota 4848 del 26.4.1994, a seguito della presa d'atto delle quali da parte del predetto organo di controllo la delibera in argomento diveniva esecutiva.
I.5. Con altra delibera consiliare n. 46 del 19.4.1994 il Comune di Ruvo di Puglia, avendo rilevato che, sebbene nella delibera n. 144 fosse contenuta la dichiarazione dell'approvazione dello schema di convenzione inerente al progetto di variante al piano di lottizzazione contestualmente approvato, tale schema non solo non era stato allegato per quanto di esso non vi era traccia neppure nella delibera n. 48 del 27.2.1989 (con la quale il progetto di variante era stato adottato) e che occorreva quindi procedere effettivamente all'approvazione di tale schema, anche in considerazione della diffida presentata dalla S.n.c. C.E.I., approvava effettivamente lo schema di convenzione predisposto dalla ripartizione Tecnica Comunale per l'attuazione della variante alla lottizzazione approvata con la delibera consiliare n. 144 del 12.7.1989.
I.6. Con due separati ricorsi, entrambi notificati il 4.8.1994 ed entrambi depositati presso la segreteria del TAR Puglia, sede di Bari, il 25.8.1994, ai quali venivano assegnati rispettivamente i numeri di R.G. 1594/94 e 1595/94, la C.E.I. - Costruzioni Edili Industriali S.n.c. impugnava sia la delibera del Consiglio Comunale di Ruvo di Puglia n. 46 del 19.4.1994 concernente l'approvazione dello schema di convenzione per l'attuazione della variante lottizzatoria approvata con la delibera consiliare n. 144 del 12.7.1989, in uno con gli atti relativi (ivi compresa la delibera della Giunta Municipale n. 482 del 30.5.1984), sia la delibera del Consiglio Comunale n. 11 del 19.1.1994 di rigetto del progetto di variante della lottizzazione "Calendano" presentato dalla stessa S.n.c. C.E.I., in uno con gli atti presupposti e connessi tra cui la nota sindacale prot. 4848 del 26.4.1994, con cui venivano forniti i chiarimenti richiesti dall'organo di controllo, e la successiva decisione tutoria n. 4553 del 17.5.1994.
L'Amministrazione Comunale si costituiva in entrambi i giudizi, eccependo l'infondatezza dei gravami di cui chiedeva il rigetto.
I.7. L'adito TAR Puglia, sede di Bari, sezione II, con la sentenza segnata in epigrafe, riuniva i ricorsi per ragioni di connessione e li respingeva.
Quanto al primo ricorso, i primi giudici osservavano che, sebbene dalla delibera n. 144 del 12.7.1989 risultava che il Comune di Ruvo di Puglia aveva approvato il progetto di variante del suolo in contrada "Calendano", unitamente allo schema di convenzione, quest'ultimo non era stato esaminato e valutato dall'Amministrazione, con la conseguenza che la predetta approvazione della variante, proprio nella parte relativa alla convenzione, doveva ritenersi priva di oggetto. In ogni caso, non poteva ritenersi precluso all'autorità locale né di predisporre lo schema di convenzione, quantunque essa accedesse ad un piano di lottizzazione privata; né di inserire in uno schema di convenzione predisposto dal privato aggiustamenti e rimaneggiamenti utili e necessari per l'assetto degli interessi pubblici; né di ritornare su di un proprio precedente provvedimento di approvazione di convenzione urbanistica.
Quanto al secondo ricorso, poi, i primi giudici dopo aver rilevato che nel caso di specie non vi era alcun vincolo specifico, come erroneamente sostenuto dalla ricorrente, con la conseguenza della attualità, validità ed efficacia delle indicazioni contenute nel piano regolatore generale, ritenevano infondate sia le censure riguardanti la presunta omessa valutazione delle osservazioni giuridiche proposte dalla società ricorrente, in quanto inconferenti al caso di specie; sia quelle attinenti alle controdeduzioni all'organo di controllo, fornite dal Sindaco invece che dal Consiglio Comunale, dal momento che il capo dell'amministrazione avrebbe fornito meri chiarimenti di carattere tecnico.
I.8. Avverso tale sentenza è insorta la C.E.I. S.n.c. con atto di appello notificato il 17.6.1996, denunciando l'assoluta erroneità della decisione e chiedendone la integrale riforma.
In particolare, dopo una puntuale esposizione motivi di ricorso proposti in primo grado, il gravame è articolato su tre fondamentali gruppi di gravame.
Col primo viene lamentata l'esistenza di errori di procedura e di giudizio commessi dai primi giudici, i quali, secondo l'appellante, avrebbero esaminato i ricorsi in argomento senza rispettare l'ordine temporale degli atti impugnati e così facendo avrebbe in effetti travisato la realtà dei fatti e non avrebbero colto il nesso logico sussistente fra gli atti impugnati, pervenendo quindi ad una decisione errata ed aberrante; con gli altri due, poi, riferiti ai singoli ricorsi proposti in primo grado, si evidenziano le specifiche illegittimità in cui sarebbero incorsi i primi giudici, riproponendo all'attenzione del Collegio i singoli motivi di censura disattesi dai primi giudici.
Resiste all'appello il Comune di Ruvo di Puglia, che ha chiesto il rigetto del gravame per assoluta infondatezza.
All'udienza pubblica del 13.7.1999, dopo la rituale discussione, la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
II. Con il primo motivo di appello la C.E.I. S.n.c. ha denunciato l'erroneità della impugnata sentenza adducendo la superficiale valutazione del materiale probatorio in atti che avrebbe determinato una falsa ricostruzione e rappresentazione dei fatti posti a base dei provvedimenti del Comune di Ruvo di Puglia impugnati con i ricorsi di primo grado.
Ad avviso dell'appellante, infatti, i primi giudici, dopo aver riunito i ricorsi proposti in primo grado, si sarebbero acriticamente limitati ad esaminarli separatamente, secondo l'ordine cronologico di iscrizione nel registro generale, senza accorgersi che il secondo ricorso, incardinato col numero 1595/94, riguardava l'impugnazione di un provvedimento (delibera del Consiglio Comunale n. 11 del 19.1.1994) temporalmente e logicamente precedente a quello impugnato col ricorso n. 1594/94 (delibera n. 46 del 19.4.1994), con la conseguenza che esso andava esaminato per primo per priorità temporale e logica.
Infatti solo esaminando i due provvedimenti nella loro sequenza temporale si sarebbe potuto effettivamente e correttamente comprendere la complessa vicenda urbanistica, sulla quale si erano inseriti gli atti impugnati, e apprezzare adeguatamente le censure mosse.
II.1. La censura in esame non ha pregio.
Ad avviso del Collegio gli atti impugnati con i ricorsi incardinati in primo grado con il numero di ruolo generale rispettivamente n. 1594/94 e 1595/94 sono tra loro del tutto autonomi ed indipendenti, non sussistendo (né essendo stata provata) alcuna relazione di interdipendenza per pregiudizialità, presupposizione, accessorietà o consequenzialità.
Infatti con la delibera consiliare n. 11 del 19.1.1994 (oggetto del ricorso RG. 1595/94) è stato rigettato il progetto di variante alla lottizzazione di suoli in località Calendano presentato dall'appellante S.n.c. C.E.I. in data 26.5.1993, mentre con la delibera n. 46 del 19.4.1994 (oggetto del ricorso RG. 1594/94) il Comune di Ruvo di Puglia ha approvato lo schema di convenzione per l'attuazione della variante di lottizzazione in località Calendano, già approvata con delibera consiliare n. 144 del 12.7.1989.
L'indipendenza ed autonomia dei due provvedimenti impugnati in prime cure, la mancanza cioè di qualsiasi legame giuridico e/o logico tra di essi risulta evidentemente proprio dalla diversità (anche temporale) dei fatti che ne costituiscono il rispettivo substrato materiale, non essendo sufficiente a radicare la pretesa interdipendenza la semplice identità delle parti.
II.2. Né la relazione di interdipendenza, insussistente sul piano logico-giuridico, può ritenersi realizzata per effetto della riunione dei ricorsi disposta dai giudici di primo grado.
È noto infatti che la riunione dei ricorsi che costituisce espressione di un potere del giudice di primo grado del tutto insindacabile, presuppone esclusivamente la ricorrenza di motivi di economia processuale che rendono opportuna la decisione contemporanea di più controversie (C.d.S., V, 17.1.1994 n. 30), senza tuttavia incidere sull'autonomia dei singoli ricorsi (C.d.S., V, 23.3.1995 n. 464) e senza implicare necessariamente l'accertamento di un nesso teleologico fra i provvedimenti impugnati (C.d.S., VI, 30.11.1995 n. 1349).
D'altra parte, contrariamente a quanto adombrato dell'appellante, non risulta dalla lettura della impugnata sentenza che i primi giudici abbiano disposto la riunione dei ricorsi per l'accertata esistenza di un rapporto di dipendenza tra gli atti impugnati: essi infatti hanno richiamato (genericamente) ragioni di connessione, determinata evidentemente dall'identità delle parti (connessione soggettiva) e fondata dunque su evidenti ragioni di economia processuale.
Correttamente dunque i ricorsi di primo grado sono stati esaminati secondo l'ordine di ruolo generale ad essi assegnato all'atto del deposito presso la segreteria del TAR.
III. Si può dunque procedere all'esame degli altri due motivi di appello, per i quali il Collegio ritiene di seguire l'ordine di trattazione proposto dall'appellante, dal momento che tale ordine, sia pur diverso da quello seguito dai primi giudici in quanto fondato sulla priorità logico-giuridica del ricorso 1595/94, risulta ininfluente ai fini della decisione per le considerazioni fin qui già svolte.
III.1. Con il secondo motivo di appello, riferito al ricorso 1595/94 e concernente perciò l'impugnativa della delibera consiliare n. 11 del 19.1.1994 (con cui è stato rigettato il progetto presentato il 26.5.1993 di variante al piano di lottizzazione del comprensorio di Calendano) nonché della nota sindacale 4848 del 26.4.1994 e della decisione tutoria n. 4553 del 17.5.1994, l'appellante ha sottolineato che i primi giudici avrebbero esaminato in modo superficiale le puntuali censure svolte in primo grado, interpretandole in modo equivoco e riduttivo e le ha pertanto sostanzialmente riproposte.
La S.n.c. C.E.I. ha dedotto infatti che la decisione dell'amministrazione comunale di rigettare la richiesta di variante al piano di lottizzazione del comprensorio Calendano presentata il 26.5.1993, motivata sul contrasto della tipologia edilizia che si intendeva realizzare con quella prevista nel P.R.G. e nella convenzione di lottizzazione stipulata il 18.6.1994, sarebbe illegittima in quanto detta difformità, pur effettivamente esistente, aveva riguardato anche le unità abitative già realizzate nel comprensorio, per le quali era stata rilasciata senz'altro la relativa concessione edilizia.
Sotto altro profilo l'appellante ha evidenziato che, in ogni caso, le previsioni di tipologie abitative contenute nel piano, in quanto vincoli di piano, dovevano considerarsi decadute per effetto del decorso del termine quinquennale dall'approvazione dello strumento urbanistico e che, comunque, le significative deduzioni giuridiche svolte a tal riguardo, con un apposito parere legale, non erano state neppure esaminate dall'amministrazione comunale.
Inoltre non potevano considerarsi legittime le controdeduzioni fornite dall'Amministrazione comunale alla richiesta di chiarimenti avanzata dall'organo di controllo, in quanto a tanto non avrebbe potuto provvedere il sindaco bensì lo stesso organo, cioè il Consiglio Comunale, che aveva assunto la deliberazione oggetto della richiesta di chiarimenti.
Le censure, che si prestano ad una trattazione unitaria, non meritano accoglimento.
III.1.1. Deve innanzitutto precisarsi l'effettivo ambito della controversia. Infatti non è in discussione che le previsioni del P.R.G. e quelle della convenzione di lottizzazione prevedevano nel comprensorio Calendano, classificato come zona di espansione C/5, solo la realizzazione di "tipi edilizi unifamiliari - case singole"; e neppure è contestato che nel progetto di variante al piano di lottizzazione presentato il 26.5.1993 dalla S.n.c. C.E.I. è prevista la realizzazione di unità immobiliari contrastanti con le previsioni di piano: il punto effettivamente controverso consiste nella pretesa dell'appellante di ottenere, ciò nonostante, l'approvazione del nuovo progetto di variante al piano di lottizzazione della località Calendano.
L'appellante sostiene che l'amministrazione comunale, avendo già rilasciato per lo stesso comprensorio oggetto della convenzione di lottizzazione concessioni edilizie per la realizzazione di unità abitativa di tipologia edilizia contrastante con le previsioni contenute negli strumenti urbanistici, avrebbe ormai accettato tale diversa configurazione edilizia (che sarebbe stata "acclarata", secondo la sua dizione), così che il rigetto della variante di lottizzazione fondata proprio su tale contrasto delle realizzande costruzioni con le previsioni di piano sarebbe evidentemente illegittimo, per contraddittorietà.
III.1.2. Il Collegio osserva al riguardo che il piano di lottizzazione è notoriamente un piano attuativo che appartiene al secondo livello della pianificazione urbanistica e presuppone pertanto l'esistenza e la vigenza di un piano regolatore generale: non a caso il piano di lottizzazione viene considerato illegittimo se adottato in mancanza di uno strumento urbanistico di primo livello (C.d.S., V, 1.9.1986 n. 426; 30.10.1997 n. 1225) ed addirittura decade se prima della sua realizzazione entra in vigore un nuovo piano regolatore generale (C.d.S., IV, 11.5.1982 n. 278).
Proprio in quanto strumento attuativo di un piano urbanistico di primo livello, il piano di lottizzazione non può porsi in contrasto col primo ed anche le concessioni edilizie da rilasciarsi per l'attuazione del piano di lottizzazione non possono porsi in contrasto, a pena di illegittimità, con le previsioni del P.R.G.
Sotto tale profilo dunque la impugnata deliberazione n. 11 del 19.1.1994, con cui è stato rigettato il progetto di variante al piano di lottizzazione in quanto le unità abitative da realizzare erano in contrasto con le previsioni di piano è sicuramente legittima.
Né inficia tale legittimità la circostanza, peraltro pacifica, in quanto riconosciuta dallo stesso ente locale nella memoria difensiva, secondo cui effettivamente per il passato sarebbero state rilasciate concessioni edilizie non conformi alle previsioni di piano.
Infatti, non può non osservarsi che la situazione di evidente illegittimità creatasi, ammessa dallo stesso ente locale, non può creare nessun legittimo affidamento al successivo rilascio di altre concessioni edilizie difformi dalle vigenti previsioni urbanistiche; né sussiste quella situazione obiettiva di buona fede del richiedente su cui solo può fondarsi l'affidamento incolpevole, in quanto la società appellante è ben consapevole e cosciente della situazione di illegittimità.
Per altro verso, lo stesso ente locale, ammettendo la "anomalia" della situazione, ha correttamente osservato che mentre il diniego dell'approvazione del progetto di variante per la constatata difformità rispetto al piano regolatore generale si imponeva in omaggio ai fondamenti principi di legalità ed imparzialità dell'azione amministrativa, quegli stessi principi hanno imposto di non procedere all'annullamento d'ufficio delle concessioni edilizie già rilasciate, in quanto l'illegittimità sarebbe emersa quando i lavori di realizzazione delle unità abitative difformi erano già terminati ed essendo quindi prevalente l'interesse pubblico alla conservazione dello status quo su quello al mero ripristino della legalità.
III.1.3. Neppure fondato è il secondo rilievo formulato dall'appellante secondo cui le tipologie contenute nel piano regolatore generale, in quanto vincoli, dovevano ormai considerarsi scaduti per decorso del termine quinquennale dell'approvazione del piano regolatore generale con la conseguenza che essi non potevano essere posti a fondamento del diniego.
Al riguardo si osserva che, per giurisprudenza consolidata, i vincoli di piano, cui si applica il principio della decadenza quinquennale ex art. 2 della L. 19.11.1968 n. 1187, sono soltanto quelli che incidono su beni determinati, assoggettandoli a vincoli preordinati all'espropriazione od a vincoli che ne comportano l'edificabilità e dunque svuotano il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio (Corte Costituzionale 20.1.1996 n. 6; C.d.S., V, 24.11.1997 n. 1357; IV, 7.2.1991, n. 102; 13.3.1991 n. 181).
Ciò è confermato dal fatto che tale decadenza si verifica qualora entro il quinquennio non siano approvati i piani particolareggiati o non siano autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati (C.d.S., IV, 11.12.1993 n. 1068, Cass. I, 29.11.1989 n. 5214).
Per converso tutte le altre determinazioni che limitano l'attività edilizia, che non sono preordinate all'espropriazione e che consentono al titolare del bene di utilizzarlo, non costituiscono altro che espressione del potere di pianificazione al fine di programmare l'ordinato sviluppo urbanistico del territorio (C.d.S., V, 22.3.1995 n. 451).
Giustamente quindi i primi giudici hanno respinto la censura prospettata al riguardo dalla S.n.c. C.E.I., dal momento che la previsione di una determinata tipologia urbanistica non è assolutamente un vincolo preordinato all'espropriazione o comportante l'inedificabilità assoluta, trattandosi invece di una prescrizione diretta a regolare concretamente l'attività edilizia, inerendo alla potestà confermativa propria dello strumento urbanistico generale, la cui validità è a tempo indeterminato, come espressamente stabilito dall'art. 11 della legge 17 agosto 1942 n. 1150.
Da ciò discende che le osservazioni svolte dalla C.E.I. con l'apposito parere legale, imperniate essenzialmente proprio sulla scadenza quinquennale dei vincoli del piano regolatore, di cui è stato lamentato il mancato esame da parte dell'amministrazione comunale, erano del tutto inconferenti e non pertinenti ai fatti di causa, così che sono state giustamente disattese dall'Amministrazione Comunale.
III.1.4. Anche in ordine alla censura di incompetenza del Sindaco a fornire, com'è invece concretamente avvenuto, in luogo del consiglio comunale i chiarimenti richiesti dall'organo di controllo, ritiene il Collegio corretta la statuizione dei primi giudici.
Dalla lettura congiunta dei motivi dell'opposizione presentata dalla S.n.c. C.E.I. all'organo di controllo e del contenuto della nota sindacale impugnata, risulta evidente che il capo dell'amministrazione comunale non si è sostituito all'organo consiliare manifestando una nuova volontà amministrativa, anche al solo fine di integrare, emendare o correggere quella contenuta nella delibera n. 11 del 19.1.1994, essendosi al contrario egli limitato a riportare precisazioni di carattere esclusivamente tecnico già contenute nella delibera stessa e negli atti presupposti nella stessa richiamata.
D'altra parte i motivi di opposizione inerivano proprio al contrasto del programma edilizio da realizzare con le previsioni del piano regolatore generale e alla presunta scadenza quinquennale dei vincoli di piano, questioni sulle quali nessuna ulteriore manifestazione di volontà poteva intervenire, non potendosi intendere il potere di richiesta di chiarimenti dell'organo di controllo come invito al riesame dell'atto sottoposto a controllo.
IV. Il terzo motivo di appello della S.n.c. C.E.I. è diretto a censurare la impugnata decisione per la parte in cui è stato respinto il ricorso (R.G. 1594/94) avverso la delibera consiliare n. 46 del 19.4.1994, di approvazione del nuovo schema di convenzione relativa alla variante al piano di lottizzazione approvata con la delibera n. 144 del 12.7.1989 ed avverso la delibera di G.M. n. 482 del 30.5.1994, con cui è stato designato il funzionario incaricato della stipulazione, sottolineandosi l'esistenza dei vizi di travisamento di fatti, contraddittorietà e difetto di motivazione.
Secondo l'appellante, in particolare, i primi giudici non avrebbero correttamente individuato l'oggetto dell'impugnativa che concerneva l'esistenza di uno schema di convenzione già approvato (e dunque l'illegittimità di un nuovo schema da parte dell'Amministrazione Comunale) e non già la questione circa la effettiva conoscenza e valutazione da parte dell'amministrazione dello schema già approvato con la delibera n. 144 del 12.7.1989; inoltre, richiamando un indirizzo giurisprudenziale corretto ma non pertinente al caso di specie, i primi giudici non avrebbero considerato che l'approvazione di un nuovo schema di convenzione di lottizzazione per l'attuazione di un piano di lottizzazione ad iniziativa privata non poteva prescindere proprio dall'intervento e dall'adesione ad esso da parte del privato interessato; infine il nuovo schema conteneva delle previsioni assolutamente inaccettabili ed inammissibili, frutto evidentemente della predisposizione unilaterale.
IV. 1. Anche tali censure, ad avviso del Collegio, sono infondate.
IV.1.1. Dalla lettura della delibera n. 144 del 12.7.1989 emerge che con essa venne approvato il progetto di variante al piano di lottizzazione del suolo posto in contrada Calendano presentato della C.E.I. S.n.c., già adottato con delibera consiliare n. 48 del 27.2.1989, esecutiva a norma di legge, "unitamente allo schema di convenzione approvato con il medesimo provvedimento".
Tuttavia nella parte dispositiva della richiamata delibera n. 48 del 27.2.1989 non vi è alcuna traccia dello schema di convenzione e tanto meno della sua approvazione: il predetto deliberato infatti si articola su sue punti, l'uno relativo all'adozione del piano di lottizzazione e l'altro in cui si dà atto che detta variante non comportava modifiche di indici volumetrici o fondiari, rispettava le previsioni del P.R.G., aveva ottenuto i pareri favorevoli dell'ufficio tecnico comunale, della commissione comunale per l'edilizia e dell'ingegnere incaricato del Comune.
Risulta dunque per tabulas l'inesistenza di uno schema di convenzione approvata, in quanto la formula approvativa contenuta nella delibera n. 144 del 12.7.1989 faceva rinvio ad altro atto (la delibera n. 48 del 27.2.1989) in cui non esisteva alcuno schema di convenzione.
Doverosamente, dunque, l'Amministrazione ha provveduto all'approvazione dello schema di convenzione necessario per poter rendere efficace l'autorizzazione alla lottizzazione (C.d.S., V, 1.2.1989 n. 82), approvazione che peraltro era stata sollecitata dalla stessa S.n.c. C.E.I. come risulta dalla documentazione in atti.
Risulta pertanto smentita la tesi dell'appellante secondo cui l'Amministrazione avrebbe approvato un nuovo schema di convenzione, dal momento che in realtà non è mai esistito, prima di quello approvato con la impugnata delibera n. 46 del 19.4.1994, alcun altro schema di convenzione, approvato dall'amministrazione, per l'attuazione della variante al piano di lottizzazione approvato con la delibera 144 del 12.7.1989.
IV.1.2. Inoltre viene di conseguenza esclusa anche la rilevanza della censura circa la presunta illegittimità dello schema di convenzione approvato per violazione delle norme procedimentali relative all'adozione del contrarius actus, per la considerazione che, nel caso di specie, non esisteva un precedente atto, revocato o rinnovato e rispetto al quale si fossero potute consolidare posizioni di legittima aspettativa da parte della società appellante.
In realtà l'approvazione dello schema di convenzione si rendeva necessario per la stipula della convenzione, senza la quale il piano non avrebbe potuto trovare giuridica attuazione (C.d.S., V, 8.7.1997 n. 772) con evidenti gravi conseguenze sullo stesso ordinato assetto urbanistico del territorio.
Proprio per tale ultimo rilievo, relativo all'interesse pubblico alla concreta attuazione della pianificazione urbanistica, non può ritenersi, come prospetta l'appellante, che l'approvazione di uno schema di convenzione di lottizzazione predisposto unilateralmente dall'amministrazione trasformerebbe la lottizzazione privata in lottizzazione d'ufficio.
Il progetto di lottizzazione nel caso di specie è stato predisposto dal privato e su di esso non incide l'approvazione di uno schema predisposto dall'Amministrazione, in considerazione del fatto che in mancanza della convenzione la lottizzazione non avrebbe potuto trovare esecuzione; peraltro non può non rilevarsi che lo schema di convenzione può essere considerato una proposta contrattuale che la controparte può non accettare e che può essere oggetto anche di trattative.
IV.1.3. Le doglianze relative al contenuto dello schema di convenzione sono prive di fondamento perché non tengono conto che l'esecuzione delle opere previste nel piano di lottizzazione deve avvenire nel termine massimo di dieci anni dall'approvazione del piano stesso, che nel caso di specie risale alla delibera n. 144 del 12.7.1989.
Riportata la questione nei suoi giusti limiti temporali è del tutto evidente che lo schema di convenzione non poteva prevedere una efficacia della stessa superiore al termine di durata del piano di lottizzazione, così la richiesta delle necessarie concessioni edilizie non poteva essere prevista oltre l'anno dalla stipula della convenzione, al fine di non violare i termini di validità del piano di lottizzazione con riferimento all'art. 3 della L. 10/1977.
V. In conclusione l'appello va respinto e di conseguenza va confermata la impugnata sentenza.
Alla soccombenza segue la condanna al pagamento delle spese di giudizio che sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), respinge l'appello proposto dalla C.E.I. - Costruzioni Edili Industriali S.n.c. avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di Bari, sez. II, n. 82/96 dell'8.2/1.3.1996.
Condanna l'appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Ruvo di Puglia che liquida complessivamente nella misura di L. 4.000.000 (quattromilioni).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.