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Giurisprudenza
n. 4-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 19 aprile 1999 n. 654 - Pres. Iannotta, Est. Lamberti - Regione Veneto c. Anaao (Associazione nazionale assistenti aiuti ospedalieri) ed altri - (conferma T.A.R. Veneto, sentenze 16 gennaio 1992 n. 3 e n. 4).

Igiene e sanità - Servizio sanitario nazionale - Convenzione con Università - Affidamento ai professori universitari delle direzioni di divisioni o servizi ospedalieri delle U.S.L. rimasti vacanti in vigenza di convenzione - Illegittimità.

E' illegittima, poiché viola l'articolo 39 lettera a) della legge 833/1978, la disposizione della convenzione tra una Regione e l'Università, che prevede l'affidamento a un professore universitario di prima o di seconda fascia e in possesso dell'idoneità primariale della direzione di divisioni o servizi ospedalieri dell'Unità sanitaria locale resisi vacanti nel corso di operatività della convenzione, anche se a condizione che questi sia titolare dell'insegnamento della materia corrispondente o affine.

Invero, la citata disposizione finisce per creare - in violazione dell'art. 102 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 - una sperequazione a favore del personale docente, che si trova in evidente posizione di favore, una volta acquisito lo status di direttore di una divisione o di un servizio ospedaliero, dato che tale personale rimane preposto alle funzioni di direzione, senza il superamento di qualsivoglia concorso e regole di progressione di carriera, a tutto detrimento dei medici che hanno sempre svolto funzioni nell'ambito della struttura, cui rimangono definitivamente precluse le aspettative di conseguire le funzioni apicali.

 

 

FATTO: 1. Con delibera del 9 giugno 1989, n. 913/2267 il Consiglio Regionale del Veneto ha approvato la Convenzione con l'Università degli Studi di Verona, ai sensi dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1978 n. 833 relativa alle attività del Servizio Sanitario Nazionale.

La delibera è stata impugnata con ricorso n. 2220/90 innanzi al TAR Veneto dai dottori Carlo Vivenza, Michele Farina e Mario De Benedetti, in servizio, quali aiuto presso la USSL n. 25 - Ospedale civile di Verona, il dott. Vivenza, la USSL n. 8 il Dott. Farina e la USSL n. 6 il Dott. De Benedetti, quali appartenenti ad unità operative convenzionate con l'Università degli Studi di Verona e dall'ANAAO; gli uni perché vedono nella suddetta convenzione un pregiudizio alla loro carriera, l'altra quale associazione sindacale maggiormente rappresentativa della categoria.

II. Con ricorso n. 2221/89 i sigg. Carlo Bocci, Augusto Colle, Giorgina Vaselli, Giuseppe Ongaro e Baldassane Licata in quanto medici dipendenti dalle UU.SS.LL. n. 21, n. 10 e n. 20 di Padova e l'ANAAO in quanto associazione maggiormente rappresentativa delle categorie, hanno impugnato innanzi al TAR del Veneto la deliberazione del Consiglio Regionale 9 giugno 1989 n. 912 di approvazione di analoga convenzione fra la Regione e l'Università degli Studi di Padova ai sensi dell'art. 39 della L. 833/78, deducendo i medesimi pregiudizi esposti dai sanitari proponenti il precedente ricorso.

III. Premesso che le predette convenzioni sono state adottate sulla base dello schema-tipo predisposto dal Ministero della sanità con DM 9 novembre 1982 per le convenzioni fra regione e università e fra università e USSL, i cui criteri generali, quanto allo stato giuridico del personale universitario e al suo utilizzo nell'attività assistenziale sono disciplinati dall'art. 102 D.P.R. n. 382/80, i ricorrenti hanno opposto le seguenti censure in merito alle norme delle convenzioni:

1) quanto all'art. 3: violazione dell'art. 39 della legge n. 833/78 e dell'art. 102 del D.P.R. 382/80 nonché dello schema-tipo di cui al DM 9 novembre 1982.

L'art. 3 comma nono, nel prevedere che le strutture e unità operative ospedaliere ed extraospedaliere adibite a direzione non universitaria ma utilizzate per la didattica, possano venire affidate ad un professore di prima o addirittura di seconda fascia su determinazione della regione, in caso di vacanza della posizione apicale, espropria le USSL del potere di provvedersi in base al pubblico concorso, pone in essere un regime di affidamento ad personam e modifica lo schema-tipo di convenzione approvato dal Ministero.

L'art. 3 comma decimo della convenzione precisa poi che l'affidamento di tali strutture ne determina la "clinicizzazione" temporanea e condizionata; l'art. 3 comma undicesimo prevede poi che l'affidamento al docente universitario della struttura cesserà solo nel caso di cambiamento del titolare dell'insegnamento con conseguente cessazione anche della clinicizzazione.

Ad avviso dei ricorrenti, le norme pongono in essere un regime di affidamento e "clinicizzazione" di durata praticamente perpetua, consentendo l'utilizzo di professori associati in modo ordinario, senza neppure individuare l'organo regionale competente.

2) Quanto all'art. 3 commi nono e dodicesimo: violazione dell'art. 39 della legge n. 833/78, dell'art. 102 del DPR n. 382/80 e dello schema-tipo di convenzione.

Secondo tale disposizione, la Regione, sentita l'Università, può stabilire che le Divisioni e i Servizi ospedalieri, affidati con responsabilità primariale a medici ospedalieri di ruolo, qualora questi ultimi, nel corso della convenzione, siano nominati professori di ruolo della materia, ordinari e associati, rimangano affidati agli stessi, con i medesimi effetti dei commi precedenti, fermo restando, per i professori di I fascia già in possesso dei requisiti di cui all'art. 6 della legge n. 336/64, la possibilità di espletamento delle funzioni primariali, su parere conforme della facoltà e fino al collocamento a riposo e comunque non oltre il settantesimo anno di età.

Si prevede ancora una volta una "clinicizzazione personale" di unità operativa in tabella C, cioè interamente ospedaliere, nell'ipotesi di vittoria concorsuale universitaria del primario ospedaliero. L'unità operativa segue infatti la condizione del suo apicale in base al criterio del cuius regio eius et religio. E' evidente, l'illegittimità sia della norma con riferimento all'ordinamento ospedaliero che con riguardo a quello universitario.

Ancora una volta la responsabilità apicale dell'associato diventa ordinaria, anziché eccezionale. La "clinicizzazione" è ad personam e comunque definitiva, in quanto nessuna disposizione disciplina la scadenza temporale dell'affidamento.

Ad avviso dei ricorrenti, il complesso delle disposizioni dei commi nono, decimo, undicesimo e dodicesimo dell'art. 3 della convenzione squilibra in modo pesantissimo il rapporto Università-Regione a favore dell'Università, con pregiudizio dei medici ospedalieri.

2/a) Quanto all'art. 13 comma settimo: violazione dell'art. 102 del DPR n. 382/80. Carenza di presupposti, travisamento dei fatti e sviamento.

La norma prevede che "in rapporto alla disponibilità di posti vacanti nelle strutture assistenziali a direzione universitaria previste negli allegati A, B e C della presente convenzione, fatto salvo quanto previsto all'allegato D dello schema-tipo di cui al D.M. 9/11/82, ai professori associati, agli assistenti e ai ricercatori possono essere attribuite ai fini assistenziali qualifiche di livello immediatamente superiore a quelle sopra richiamate".

La disposizione consente l'utilizzazione del personale universitario nel livello funzionale superiore, in modo sistematico, ordinario e non eccezionale, come invece vorrebbe la disciplina contenuta nei commi quinto e sesto dell'art. 102 del D.P.R. n. 382/80.

2/b) Quanto all'art. 7, commi nono e decimo: eccesso di potere per disparità di trattamento, sviamento, violazione e falsa applicazione dell'art. 32 del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 e dell'art. 16 del D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270.

Le disposizioni dei commi nono e decimo dell'art. 7 demandano il controllo originario dell'attività assistenziale resa dai medici universitari esclusivamente alla direzione (universitaria) dell'unità di appartenenza «con le modalità stabilite dall'ordinamento universitario» e con successivo obbligo per la direzione di trasmettere mensilmente con suo "visto per conferma" alla USSL la "documentazione riguardante gli orari di servizio effettuati". Le disposizioni accordano al personale ospedaliero un ingiustificato privilegio sia quanto all'orario normale che circa il plus-orario.

Si sono costituiti nei giudizi innanzi al TAR la Regione Veneto e le Università degli Studi di Verona e di Padova, con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato.

La Regione eccepiva in via pregiudiziale l'inammissibilità del ricorso perché notificato nella propria sede legale e non presso l'Avvocatura dello Stato e in quanto unica a dover essere intimata e sotto il profilo della carenza d'interesse perché la convenzione non aveva alcun carattere vincolante. Nella memoria la Regione opponeva poi la carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti e d'interesse dell'ANAAO.

Anche l'Università ha eccepito il difetto di legittimazione dei ricorrenti ed ha chiesto nel merito il rigetto delle avverse censure.

IV. Con le decisioni n. 3 e n. 4 rese entrambe il 14 novembre 1991-16 gennaio 1992, il TAR del Veneto ha disatteso le eccezioni di difetto di legittimazione attiva dei sanitari ricorrenti, ha estromesso dal giudizio l'ANAAO ed ha respinto le ulteriori eccezioni di inammissibilità per difetto di motivazione della Regione e di improcedibilità per carenza d'interesse attuale al ricorso. Nel merito accoglieva le censure dei ricorrenti.

Ad avviso del TAR, lo scopo precipuo dell'art. 39 della legge n. 833/78 non consente di "clinicizzare" le unità operative definite come ospedaliere, affidandone la direzione ai professori universitari.

Le strutture ospedaliere indicate in convenzione rimangono a direzione ospedaliera e svolgono attività didattica integrativa di quella universitaria mediante l'apporto di personale ospedaliero.

Da tale disegno ispiratore è difforme la convenzione approvata dalla Regione Veneto, che prevede al contrario la espressa possibilità di "clinicizzazione" delle strutture delle UUSSLL e di preposizione alle medesime di personale universitario anziché ospedaliero. Tale riserva autoattribuitasi dalla Regione può squilibrare un sistema che il legislatore vorrebbe invece unitario ed integrato tra Regione ed Università, perseguendo l'art. 39, secondo comma della legge n. 833/78 il "fine di realizzare un idoneo coordinamento delle rispettive funzioni istituzionali": si prefigura infatti la concreta eventualità di una consistente espansione delle funzioni delle Università a tutto danno di quelle svolte dalle strutture ospedaliere, che lungi dal concorrere autonomamente e in via integrativa all'attività didattica svolta dall'Università, verrebbero semplicemente assorbite e fagocitate da quest'ultima, di fatto perpetuata nel suo ruolo di titolare unica dell'attività didattica in campo sanitario. Oltre al primo motivo, il TAR accoglieva il secondo, riconoscendo le disposizioni dell'art. 3 della convenzione pregiudizievoli per i medici ospedalieri, a vantaggio di quelli appartenenti ali'università.

Il TAR respingeva invece il terzo e il quarto motivo del ricorso (sub 2/a e 2/b). A suo avviso, le disposizioni ivi censurate - art. 13 comma sesto e art. 7 commi nono e decimo della convenzione - rispondono sostanzialmente all'art. 102 del DPR n. 382/80 sia con riferimento al trattamento economico del personale universitario in servizio presso le cliniche e gli ospedali di ricovero e cura convenzionati, che con riguardo alla potestà della direzione universitaria di appartenenza di controllare l'attività assistenziale svolta dai medici universitari con obbligo di trasmettere mensilmente i dati alle UU.SS.LL.

V. Avverso le decisioni ha proposto appello la Regione, ribadendo l'eccezione d'inammissibilità del ricorso perché proposto contro un atto preparatorio e chiedendo nel merito la riforma della sentenza nella parte in cui annulla i commi nono, decimo e dodicesimo dello schema di convenzione.

In entrambi gli appelli si sono costituite, chiedendo il rigetto dei ricorsi l'ANAAO-SIMP-Associazione Nazionale Assistenti Aiuti Ospedalieri e l'ANAAO ASSOMED Regionale del Veneto.

Gli appelli sono stati congiuntamente chiamati nel corso della pubblica udienza del 27 ottobre 1998 e spediti in decisione.

 

DIRITTO: 1. In accoglimento della prima e della seconda censura proposte nei relativi ricorsi (n. 2220/89 e n. 222U89) innanzi al TAR del Veneto, le decisioni in epigrafe hanno annullato i commi settimo, nono e decimo nonché il comma undicesimo dell'art. 3 delle Convenzioni con le Università degli Studi di Verona e di Padova stipulate ai sensi dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 ed approvate dal Consiglio Regionale del Veneto, rispettivamente con delibere del 9 giugno 1989, n. 913 e n. 912.

Sono stati disattesi i motivi (proposti nel corso della seconda censura sub 2/a e 2/b della narrativa) avverso gli artt. 7 e 13 delle convenzioni.

Entrambe le convenzioni sono state adottate sulla base dello schema-tipo predisposto dal Ministero della sanità con DM 9 novembre 1982 per le convenzioni fra regione e università e fra università e USSL, secondo gli indirizzi contenuti nell'art. 102 DPR n. 382/80 con riferimento alla disciplina dello stato giuridico del personale universitario e al suo utilizzo nell'attività assistenziale e concernono il concorso della facoltà di medicina ai fini del Servizio Sanitario Nazionale con le proprie strutture indicate all'allegato "A" delle delibere del 9 giugno 1989, n. 913 e n. 912 e ai medesimi fini con le unità operative a direzione universitaria nelle strutture delle USL n. 25 di Verona e delle USL di Padova, indicate all'allegato "B" delle rispettive delibere e nelle strutture delle altre USL di Padova e Verona indicate negli allegati "D" ed "E".

2. Negli appelli nei confronti delle predette decisioni aventi identico contenuto, la regione Veneto ha riproposto l'eccezione d'inammissibilità dei ricorsi per carenza d'interesse attuale, considerato che i provvedimenti impugnati si risolvono in mere proposte di convenzioni la cui approvazione è intervenuta solo il 20 novembre 1989 ed ha ribadito, nel merito, l'infondatezza delle censure accolte dai primi giudici, che, a suo dire, non avrebbero valutato adeguatamente i contenuti precettivi dell'art. 39 della legge n. 833 del 1978, del quale l'art. 3 della convenzione rappresenta, a sua volta, attuazione.

Ad avviso dell'Avvocatura, la sentenza non avrebbe tenuto conto che l'art. 3 delle Convenzioni subordina l'autorizzazione dell'affidamento della direzione di divisioni o di servizi ospedalieri a professori universitari di prima o di seconda fascia in possesso d'idoneità primariale solo a seguito di proposte anche delle USL oltre che delle Università; avrebbe poi apoditticamente affermato che l'attrazione della struttura ospedaliera in quella universitaria è connessa direttamente allo sbocco universitario della carriera dei primari ad essa preposti, senza considerare la necessità dell'assenso dell'università avrebbe infine concluso per l'esproprio ai danni della USL delle strutture ospedaliere in favore delle università, senza valutare che tale necessità risulta direttamente dalla ratio dell'art. 39 della legge e che l'affidamento della struttura ai docente dell'università ha carattere provvisorio e temporaneo.

3. Gli appelli, da riunire per evidenti motivi di connessione e in accoglimento dell'istanza dell'ANAAO, devono essere respinti, sia con riferimento all'inammissibilità dei ricorsi riproposta nella presente sede, che con riguardo al merito delle addotte censure.

4. Il Collegio ritiene anzitutto di condividere la conclusione dei primi giudici, che hanno affermato l'attualità della lesione degli interessi dei ricorrenti derivante dai provvedimenti impugnati, sia perché autorizzatori delle successive convenzioni da stipulare fra il Consiglio regionale del Veneto e le Università, sia perché pregiudizievoli delle aspettative di carriera dei ricorrenti, sanitari dipendenti delle strutture di pertinenza delle USL cui verrebbe precluso l'affidamento della direzione di divisioni o servizi ospedalieri, una volta trasferiti al titolare della clinica universitaria.

4.1. La relazione di dipendenza individuata dall'Avvocatura dello Stato fra la convenzione prevista dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e il provvedimento del consiglio regionale che ne approva la stipulazione, non vale a conferire a quest'ultimo il carattere di atto endoprocedimentale, o comunque privo di rilevanza esterna e pertanto non suscettibile di arrecare alcuna lesione ai portatori di interessi diversi o con esso contrastanti.

Nell'ambito dei rapporti tra regioni ed università relativamente alle attività del servizio sanitario nazionale, la norma del citato art. 39 si limita a prevedere i possibili oggetti ed obiettivi del rapporto convenzionale ed a stabilire il rinvio ad uno schema-tipo per la determinazione delle singole clausole, senza peraltro attribuire alle stesse carattere provvedimentale, che rimane limitato all'ano regionale di approvazione della stessa.

Con l'emanazione di quest'ultimo si esaurisce pertanto il momento autoritativo o comunque discrezionale rimesso all'Amministrazione che, nel prosieguo, esercita le stesse libertà e prerogative attribuite a qualsivoglia soggetto dell'ordinamento nella stipulazione dei rapporti negoziali, che non esulano dalia stretta considerazione privatistica.

Tanto basta ad escludere l'esistenza di una relazione di presupposizione rilevante ai fini della qualificazione degli effetti lesivi del provvedimento fra la convenzione e la sua approvazione, data la diversità di ambito in cui operano. Diversità che invece non esiste nell'atto presupposto, data la sua natura meramente preparatoria rispetto al provvedimento finale che rappresenta espressione del momento autoritativo e non certo negoziale.

4.2. Sono, parimenti, da respingere le ulteriori eccezioni dell'Amministrazione più strettamente inerenti l'attualità dell'interesse leso, sia perché la convenzione non era ancora stata eseguita al momento dell'emanazione degli atti di approvazione, sia perché il pregiudizio allegato dalle organizzazioni rappresentative dei sanitari ospedalieri si risolverebbe in una mera aspettativa ad occupare posizioni di lavoro.

Sono il profilo negoziale il vincolo nascente dalla convenzione comporta l'attualità dell'obbligo delle parti ad eseguirne i contenuti indipendentemente dal momento in cui interviene la loro concreta attuazione. Ne deriva l'attualità della lesione degli interessi che si assumono pregiudicati dalla convenzione stessa, indipendentemente dal momento in cui il pregiudizio si verifica in concreto, essendo quest'ultimo rimesso alla libera scelta delle parti convenzionate, sulla quale i ricorrenti non hanno influenza alcuna.

Considerata inoltre la loro posizione di dipendenti di strutture ospedaliere di pertinenza delle unità sanitarie locali, appare innegabile la situazione di portatori di un interesse qualificato ad occuparne le posizioni apicali in capo a costoro (e pertanto alle loro organizzazioni rappresentative), interesse che verrebbe compromesso con l'affidamento ai docenti universitari di prima e di seconda fascia delle strutture ospedaliere convenzionate con le cliniche universitarie di Verona e di Padova, secondo quanto prevedono le convenzioni oggetto delle impugnative in discorso.

5. Tratto comune della censura sulla quale si basano gli appelli della Regione Veneto, è che il regime dell'art. 3 delle convezioni oggetto dell'approvazione regionale sarebbe diretta espressione dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, inquadrandosi nella diretta finalità della norma di realizzare un idoneo coordinamento delle rispettive funzioni istituzionali. Nel che l'illegittimità delle sentenze del TAR Veneto, che avrebbe annullato i commi ottavo, nono e decimo dell'art. 3 della convenzione, in accoglimento del primo motivo del ricorso, senza valutare la necessità dell'intesa anche della USL interessata all'affidamento ai professori universitari delle direzioni di divisioni o servizi ospedalieri delle USL rimaste vacanti. La sentenza avrebbe inoltre dichiarato illegittimo il comma undicesimo dell'art. 3 della convenzione, in accoglimento del secondo motivo, senza valutare l'esigenza espressa dalla riforma sanitaria di porre a disposizione dell'Università reparti ospedalieri a fini di ricerca, senza che questi perdano la loro fisionomia di luogo di ricovero e cura.

Ambedue i profili di censura sono da disattendere.

5.1. L'interpretazione dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 contenuta nella decisione del TAR che assegna alla convenzione il compito di disciplinare attività definite "di reciproco sconfinamento" fra i compiti assistenziali delle strutture ospedaliere e quelli di didattica e ricerca delle strutture universitarie, e ravvisa il contrasto della norma con la "clinicizzazione" delle strutture delle unità sanitarie locali, appare al Collegio la più aderente al suo spirito, ove l'apporto in chiave didattica delle strutture ospedaliere conserva carattere integrativo di quello universitario, senza ad esso sovrapporsi, come si realizzerebbe inevitabilmente allorché alla loro direzione venisse preposto un docente dell'università.

A tale risultato è sicuramente estranea la facoltà della regione prevista dal comma 8 dell'art. 3 della convenzione di affidare ad un professore universitario di prima fascia o di seconda fascia in possesso d'idoneità primariale la direzione resasi vacante nel corso di operatività della convenzione di divisioni o servizi ospedalieri allorché questi sia titolare dell'insegnamento della materia corrispondente o affine.

Siffatta estraneità non viene meno in ragione della necessità della Regione di sentire le proposte dell'università e delle USL e dell'obbligo di motivazione dell'affidamento in ragione delle specifiche necessità clinico-assistenziali, secondo quanto l'Avvocatura sostiene nel proprio atto di appello.

La disposizione convenzionale non assoggetta, invero, la regione ad uniformarsi al parere della USL allorché contrario all'affidamento, né prevede alcuna potestà della USL ad opporsi ai proposto affidamento, risolvendosi il potere dell'unità sanitaria locale in un mero assenso o nulla osta all'operato regionale, il dissenso nei cui confronti non avrebbe alcun effetto impeditivo dell'affidamento.

Sempre secondo il comma ottavo dell'art. 3 della convenzione, l'affidamento determina l'effetto di inserire la struttura nell'allegato "B" sub 2 della convenzione, che comprende le unità operative a direzione universitaria della USL, e pertanto la relativa "clinicizzazione" della struttura che a mente del successivo comma 9: la clinicizzazione, a sua volta, cessa solo in caso di cambiamento di titolare dell'affidamento stesso.

Tanto basta a disattendere anche l'ulteriore aspetto di censura dell'amministrazione regionale, che sostiene la temporaneità della clinicizzazione stessa, perché espressamente condizionata alla permanenza del titolare d'insegnamento universitario in posizione di direttore.

Così come intesa dall'art. 3, commi 9 e 10 della convenzione, la temporaneità non è legata a fata oggettivi, quali la scadenza di precisi termini o la persistenza delle esigenze clinico-assistenziali che ne avevano determinato l'affidamento, ma alla permanenza della persona del titolare: la norma convenzionale, pertanto, lega l'affidamento della direzione della divisione o del servizio ospedaliero a vicende puramente personali del titolare, ancora diversamente dagli obiettivi dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

La finalità ivi indicata alla lett. b) del comma 1 di assicurare il miglior funzionamento dell'attività didattica e di ricerca mediante l'utilizzazione del personale docente delle facoltà di medicina e l'apporto all'insegnamento di personale ospedaliero laureato e di altro personale laureato e qualificato sul piano didattico, implica per la regione il solo onere di indicare "...le strutture a direzione universitaria e quelle a direzione ospedaliera alle quali affidare funzioni didattiche integrative di quelle universitarie" e non già di sostituire il personale ospedaliero con quello di estrazione universitaria per tutta la durata dell'affidamento a quest'ultimo della divisione o dei servizi ospedalieri.

5.2. Non meno ineccepibili appaiono le considerazioni svolte dalla sentenza impugnata nei confronti del successivo comma undicesimo dell'art. 3 della convenzione, in forza del quale s'innesterebbe un meccanismo di "clinicizzazione automatica" delle strutture ospedaliere sottratto a qualsiasi controllo della USL. La convenzione prevede infatti la possibilità per la regione di affidare le divisioni e i servizi ospedalieri ai medici ospedalieri di ruolo ivi preposti con responsabilità primariale anche quando vengano nominati nel corso della convenzione professori ordinari o associati.

L'assunto dell'Avvocatura dello Stato che tale meccanismo richiederebbe l'assenso della regione se pur coerente con il testo dell'art. 3 comma undicesimo della convenzione, non sottrae la disposizione alle conclusioni cui la sentenza perviene circa lo squilibrio, non giustificato dalla legge, del rapporto fra università ed unità sanitarie locali, tutto a favore di quest'ultima, con grave pregiudizio della carriera dei medici ospedalieri.

6. Infondate sono infine le considerazioni dell'appello circa la conformità delle disposizioni convenzionali in esame all'art. 39 della legge n. 833 del 1978, che contemplerebbe, nel caso di convenzione, il passaggio dalla direzione ospedaliera a quella universitaria sulla scorta di scelte che competono alle amministrazioni stipulanti, cioè regione e università, non potendo in tale caso rivestire carattere di assolutezza l'obbligo del concorso ospedaliero.

Anche a voler prescindere dall'estraneità delle predette considerazioni al testo dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, va precisato che lo stesso articolo 6 del D.M. 9 novembre 1982 - recante lo schema-tipo di convenzione tra regione e università e tra università e unità sanitaria locale - specifica che l'esigenza di affidamento di funzioni didattiche integrative di quelle universitarie comporta per il personale universitario, in servizio presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati, gli stessi diritti e doveri che, per la parte assistenziale, caratterizzano il personale ospedaliero, fra i quali non può certo annoverarsi quello alla conservazione delle funzioni ove cambi la qualifica da medico ospedaliero a medico universitario.

Tanto tenuto conto dell'art. 102 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 secondo cui il personale docente universitario e i ricercatori che esplicano attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura anche se gestiti direttamente dalle università, convenzionati ai sensi dell'art. 39, L. 23 dicembre 1978, n. 833, assumono per quanto concerne l'assistenza i diritti e i doveri previsti per il personale di corrispondente qualifica del ruolo regionale, è evidente la sperequazione a favore del personale docente, che si trova in evidente posizione di favore, una volta acquisito lo status di direttore di una divisione o di un servizio ospedaliero.

Indipendentemente da ogni mutamento del loro stato giuridico, essi rimangono preposti alle funzioni di direzione, senza il superamento di qualsivoglia concorso e regole di progressione di carriera, a tutto detrimento dei medici che hanno sempre svolto funzioni nell'ambito della struttura, cui rimangono definitivamente precluse le aspettative di conseguire le funzioni apicali.

7. L'appello deve conclusivamente essere respinto anche se ricorrono i giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunziando sui ricorsi in premessa - siccome riuniti - li respinge.

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