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n. 5-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 20 maggio 1999 n. 858 - Pres. Catallozzi, Est. D'Agostino - Castellano (Avv. Valla) c. Comune di Bitonto (Avv. Schettino), Regione Pugliaed altri (n.c.) - (annulla T.A.R. Puglia - sede di Bari, Sez. II, 21 giugno 1995, n. 512).

Edilizia economica e popolare - PEEP - Adozione - Valutazione del fabbisogno abitativo calcolato per il decennio successivo alla sua formazione - Necessità - Mancanza - Illegittimità - Fattispecie.

Ai sensi dell'art. 3, c. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 167, il dimensionamento di un piano per l'edilizia economica e popolare deve essere rapportato al fabbisogno abitativo calcolato per il decennio successivo alla sua formazione sia per i nuovi piani, sia per le varianti, adottate ai sensi della legge 22 ottobre 1971, n. 865, di ampliamento del perimetro originariamente interessato, ovvero comportanti nuove localizzazioni (1).

E' pertanto illegittimo l'atto con il quale, nell'approvare un nuovo PEEP, si dimensiona il fabbisogno abitativo in relazione al decennio anteriore (nella specie, il PEEP era stato riadottato solo nel 1987 ma faceva riferimento al fabbisogno valutato per il periodo 1977/1986)

Invero, come ribadito dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (dec. 3 luglio 1997, n. 12), le operazioni di dimensionamento, per quanto regolate dalla manifestazione di potere discrezionale delle amministrazioni interessate, debbono comunque fondarsi su valutazioni attendibili e razionali. Certamente fuoriesce da questo canone di sicura coerenza nella cura degli interessi pubblici la determinazione del Comune che non calcola in modo adeguato e per il futuro il fabbisogno abitativo.

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27 luglio 1987, n. 452; Sez. IV, 23 febbraio 1990, n. 113; Sez. IV, 11 giugno 1992, n. 608; Sez. IV, 9 novembre 1995, n. 893; nonché, seppure relativamente a fattispecie in parte diversa, Sez. IV, 10 aprile 1997, n. 369. Ha aggiunto il Consiglio di Stato con la sentenza in rassegna che "La ratio legis (dell'art. 3, c. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 167) è, infatti, chiaramente protesa a una doverosa valutazione, da parte delle amministrazioni interessate, alla necessità di abitazioni per il futuro e non certo per il passato, rispetto al quale il nuovo piano di zona non presenterebbe utilità alcuna per quanti non hanno goduto di un alloggio".

 

 

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello il sig. Pasquale Castellano ripropone il quarto motivo del ricorso di primo grado n. 520/90 R.G. diretto contro gli atti di formazione del piano di zona per l'edilizia economica e popolare di Bitonto.

Il Castellano aveva denunciato violazione dell'art. 3 L. n. 167 del 1962, e eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, osservando che nella relazione generale al piano di parola, adottato nel 1981 e nei successivi atti di formazione del cennato strumento urbanistico non vi sarebbe traccia alcuna dei criteri seguiti per la determinazione del fabbisogno abitativo. Nel preambolo della delibera consiliare n. 156/1981 di adozione del piano sono solo citate le precedenti delibere consiliari n. 311 del 5 agosto 1977, con cui era stata programmata l'anzidetta adozione n. 205 del 5 novembre 1979, di perimetrazione delle aree da includere nel piano medesimo. Tali atti, tuttavia, ammesso pure che contengano la indicazione del fabbisogno abitativo, non solo non apparterrebbero al procedimento di formazione di tale strumento urbanistico ma riguardano un decennio anteriore a quello di efficacia dello stesso.

Il Comune, in fase di adozione, nel 1981, e di riadozione, nel 1987, del P.E.E.P., avrebbe dovuto specificare con congrua motivazione il fabbisogno abitativo, se determinato con delibere riferite al decennio anteriore. Oltretutto la Regione, in sede di approssimazione non risulterebbe avere esaminato le due delibere del 1977 e del 1979.

1.1. Il T.A.R. ha respinto tale censura, osservando che il Comune nel determinare il fabbisogno abitativo avrebbe ottemperato alle disposizioni ministeriali, tenendo conto degli incrementi demografici dell'ultimo decennio; il calcolo sarebbe riferito al decennio 1980-1990 e non sarebbe, ad avviso del T.A.R., contraddetto dal ricorrente con elementi certi.

1.2. L'appellante critica la decisione del T.A.R. sul rilievo che negli atti di formazione del P.E.E.P., acquisiti in giudizio, vi sarebbe solo un vago e generico riferimento al fabbisogno abitativo del decennio 1980-1990, ma non sarebbe dato rinvenire alcun elemento concreto in base al quale sarebbe stato determinato il dimensionamento del piano. Il ricorrente in primo grado, avendo denunciato il difetto di motivazione e di istruttoria, non aveva alcun onere di confutare dati ed elementi del tutto inesistenti nel procedimento di formazione del piano; e, invero, la sentenza appellata non specificherebbe in quali atti sarebbe contenuto il calcolo del fabbisogno abitativo e gli elementi posti a base di tale presunto calcolo.

Inoltre, il T.A.R. non si sarebbe pronunciato sulla censura secondo cui la Regione non ha esaminato, in sede di approvazione del P.E.E.P., le delibere consiliari del 1977 e del 1979, e sulla censura secondo cui il citato piano si riferisce, per il calcolo del fabbisogno abitativo, ad un decennio anteriore a quello sua efficacia.

1.3. Il motivo è fondato, così come emerge dall'esame dei documenti acquisiti in esito alla decisione interlocutoria di questa Sezione 5 maggio 1998, n. 746.

Risulta, infatti, che il Comune di Bitonto, in sede di approvazione del PEEP comprensori A su via Sarago e B su via Balice delle zone di espansione C/1, di cui alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 638 del 30 agosto 1988 fondava il dimensionamento degli stessi sulla base di quanto già individuato in sede di precedente adozione di PEEP, contenuto nella deliberazione consiliare n. 311 del 5 agosto 1977.

1.4. Ora, mentre relativamente alla deliberazione da ultimo citata il dimensionamento era coerente ai precetti normativi, in quanto il decennio preso in considerazione dalla relazione dell'Ufficio Tecnico Comunale (unità all'atto n. 311 del 5 agosto 1977) era esattamente quello futuro rispetto al periodo di adozione, cioè il periodo 1977/1986, altrettanto non può affermarsi per i successivi provvedimenti di adozione e approvazione presi negli anni 1987 e 1988 e impugnati avanti il TAR pugliese.

Infatti, tali nuovi strumenti urbanistici di edilizia economica e popolare sono ordinati in funzione del medesimo fabbisogno abitativo individuato in relazione al previgente Piano di Zona.

In sintesi: i nuovi PEEP sono stati dimensionati per il fabbisogno abitativo relativo al periodo 1977/1986.

1.5. Così operando, il Comune di Bitonto ha sicuramente violato il disposto dell'art. 3, c. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 167, la cui logica interpretazione implica che il dimensionamento di un piano per l'edilizia economica e popolare sia rapportato al fabbisogno abitativo calcolato per il decennio successivo alla sua formazione sia per i nuovi piani, sia per le varianti, adottate ai sensi della legge 22 ottobre 1971, n. 865, di ampliamento del perimetro originariamente interessato, ovvero comportanti nuove localizzazioni (C.d.S., IV, 27 luglio 1987, n. 452; IV, 23 febbraio 1990, n. 113; IV, 11 giugno 1992, n. 608; IV, 9 novembre 1995, n. 893; nonché, seppure relativamente a fattispecie in parte diversa, IV, 10 aprile 1997, n. 369).

1.6. La ratio legis è, infatti, chiaramente protesa a una doverosa valutazione, da parte delle amministrazioni interessate, alla necessità di abitazioni per il futuro e non certo per il passato, rispetto al quale il nuovo piano di zona non presenterebbe utilità alcuna per quanti non hanno goduto di un alloggio.

1.7. D'altro canto, come ribadito dalla Adunanza Plenaria di questo Consiglio, le operazioni di dimensionamento, per quanto regolate dalla manifestazione di potere discrezionale delle amministrazioni interessate, debbono comunque fondarsi su valutazioni attendibili e razionali (A.P. 3 luglio 1997, n. 12). Certamente fuoriesce da questo canone di sicura coerenza nella cura degli interessi pubblici la determinazione del Comune che non calcola in modo adeguato e per il futuro il fabbisogno abitativo.

2. Questo rilievo, comportando l'accoglimento del mezzo, comporta altresì l'assorbimento di tutte le doglianze rivolte avverso gli atti che direttamente promanano dall'approvazione del PEEP e che sono travolti dall'annullamento dell'atto presupposto per illegittimità derivata.

2.1. Ne consegue che deve ritenersi assorbito anche il secondo motivo d'appello, con cui si lamentava la violazione dell'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 per omessa indicazione dei termini di inizio e ultimazione dei lavori connessi all'esecuzione del predetto piano di zona.

3. Con il terzo motivo di appello il Castellano ripropone:

- il primo motivo del ricorso di primo grado n. 520/90, con cui lamentava che il P.E.E.P. non poteva comprendere l'area di sua proprietà su cui insisteva il manufatto realizzato abusivamente, perché in relazione allo stesso era stata presentata nel 1986 domanda di condono edilizio rispetto alla quale, in assenza di espressi provvedimenti, si era formato sin dal 1988 il silenzio assenso;

- il primo, secondo e terzo motivo del ricorso di primo grado n. 559/92 proposto avverso il provvedimento espresso di rigetto dell'istanza di condono edilizio, del 1992, con cui si lamentava: 1) violazione dell'art. 35 L. n. 47 del 1985 ed eccesso di potere, per essersi già formato il silenzio - accoglimento sull'istanza di condono presentata nel 1986; 2) violazione dell'art. 40 L. n. 47 del 1985 ed eccesso di potere, perché il Comune, per escludere che si fosse formato il silenzio - accoglimento, avrebbe dovuto dimostrare che la domanda di condono era dolosamente infedele; 3) eccesso di potere, violazione dei principi generali in materia di autotutela e violazione dell'art. 11 L. n. 47 del 1985, perché, intervenuto il silenzio - accoglimento, il Comune avrebbe al più potuto annullare di ufficio il provvedimento formatosi attraverso il meccanismo del silenzio, ma con l'osservanza delle regole valevoli per i procedimenti di autotutela.

3.1. Il T.A.R. ha respinto tali censure osservando che il manufatto abusivo sarebbe stato realizzato dopo il 1° ottobre 1983, data entro cui, in base alla L. n. 47 del 1985, dovevano essere ultimate le opere abusive per poter beneficiare del condono edilizio, di talché non poteva formarsi il silenzio - assenso.

3.2. L'appellante critica la decisione del T.A.R., osservando secondo un orientamento della V^ sezione del Consiglio di Stato, ai fini della formazione del silenzi - assenso sulle domande di condono edilizio, non è necessario che le opere abusive siano ultimate entro il 1° ottobre 1983, salvo il potere dell'Amministrazione di rimuovere, in via di autotutela, il provvedimento tacito di condono.

3.3. Anche il terzo motivo si rivela fondato alla stregua delle acquisizioni istruttorie. Infatti, come emerge dai rilievi aerofotogrammetrici offerti in comunicazione dal resistente Comune, sull'area di proprietà del Castellano risultava realizzato ancorché non ultimato, nel giugno 1984, un fabbricato.

L'area in questione, infatti, è delimitata da linea tratteggiata e non è completamente bianca, come sarebbe stato se nessuna attività edificatoria avesse avuto luogo.

3.4. In base a tale accertamento in fatto deve ritenersi applicabile al caso di specie l'indirizzo giurisprudenziale su richiamato ai sensi del quale si configura un'ipotesi di silenzio accoglimento anche per le domande dirette alla concessione di costruzione in sanatoria relative a opere compiute oltre la data del 1° ottobre 1983, essendo il compimento delle opere abusive entro la predetta data requisito necessario ai fini del rilascio di provvedimento ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ma non per il mero edificarsi della fattispecie complessa di silenzio accoglimento (C.d.S., V, 14 aprile 1993, n. 496, 26 ottobre 1994, n. 1385, 7 dicembre 1995, n. 1672, 24 marzo 1997, n. 286).

3.5. Il silenzio assenso così formatosi può essere rimosso solo mediante l'esercizio del potere di annullamento di ufficio da parte del Comune (C.d.S., V, 24 marzo 1997, n. 286), misura di autotutela che consente di contemperare il ripristino della legalità con l'esigenza, pure avvertita dal legislatore, di rendere effettivamente praticabile l'istituto del silenzio accoglimento (C.d.S., V, 7 dicembre 1995, n. 1672).

3.6. Nel caso di specie, non risulta essere stato adottato alcun provvedimento di annullamento di ufficio del silenzio assenso formatosi sulla domanda di concessione in sanatoria presentata dal signor Castellano il 22 marzo 1986. Il provvedimento dell'Assessore all'Urbanistica del Comune di Bitonto adottato il 14 gennaio 1992, prot. 987 è di poco meno di sei anni successivo all'istanza di sanatoria.

3.7. Si deve perciò concludere che il provvedimento reiettivo è stato adottato quando oramai si era consumato il relativo potere statuitorio, soggetto a decadenza biennale ex art. 35 c. 12 L. 28 febbraio 1985, n. 47, nel mentre non risulta essere stato emanato l'atto di annullamento d'ufficio in relazione alla carenza, nel merito, della domanda 22 marzo 1986 dell'odierno appellante (mancata ultimazione opere al 1° ottobre 1983).

4. Le osservazioni che precedono consentono di accogliere anche il quarto motivo d'appello, specificamente diretto avverso il diniego espresso di condono edilizio (motivo secondo del ricorso di primo grado n. 552/1992).

5. Concludendo: la formazione del PEEP è illegittima per mancata previsione del fabbisogno abitativo relativo al decennio 1987/1996 e la domanda di concessione edilizia in sanatoria proposta dal Castellano, anche se relativa a opere non completate entro il 1° ottobre 1983, deve ritenersi assentita a seguito del formarsi del silenzio accoglimento per decorso del biennio prescritto dall'art. 35 della legge n. 47 del 1985.

Le spese, per effetto della soccombenza vanno poste a carico del Comune e della Regione e si liquidano come in dispositivo.

Possono, invece, compensarsi nei confronti delle altre parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), in totale riforma della sentenza del TAR Puglia - sede di Bari, Sez. II, 21 giugno 1995, n. 512, accoglie l'appello e, per l'effetto, annulla tutti i provvedimenti impugnati in primo grado con i ricorsi nn. 520/90, 1159/90 e 559/92.

Condanna in solido il Comune di Bitonto e la Regione Puglia al pagamento - a favore del sig. Pasquale Castellano - delle spese di lite, che liquida in complessive £. 5.000.000 (cinquemilioni). Compensa le spese medesime nei confronti delle due Cooperative edilizie intimate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

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