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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 12 settembre 2000 n. 4829 - Pres. Catallozzi, Est. Saltelli - Ministero delle Finanze e Ministero di Grazia e Giustizia (Avv.ra Stato) c. Corona (Avv.ti Di Santo e Pietro Piccirillo) - (annulla TAR Campania, sez. I, 9 ottobre 1996 n. 425).

Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Indennità giudiziaria ex art. 3 della L. febbraio 1981 n. 27 - Inapplicabilità agli ufficiali ed agli agenti di polizia giudiziaria assegnati alle sezioni di polizia giudiziaria - Ragioni.

L'indennità istituita dall'articolo 3 della legge febbraio 1981 n. 27, per i magistrati ordinari (e poi estesa con gli artt. 1 e 2 della L. 22 giugno 1988, n. 221, a decorrere dal 1° gennaio 1988, al personale dirigente e qualifiche equiparate delle cancellerie e segreterie giudiziarie e al personale delle qualifiche funzionali dei ruoli di detti uffici nonché - con l'art. 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51 - al personale amministrativo del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, della Corte dei Conti, dell'Avvocatura dello Stato e dei tribunali militari, nonché al personale civile dell'Amministrazione della Difesa, inquadrato nella IV e V qualifica funzionale distaccato temporaneamente, in attesa dell'istituzione di appositi ruoli organici, a prestare servizio presso gli uffici giudiziari della giustizia militare, limitatamente ad un contingente massimo di 129 unità) non può ritenersi applicabile all'attività svolta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria assegnati alle sezioni di polizia giudiziaria presso gli uffici giudiziari.

L'indennità istituita dall'articolo 3 della legge febbraio 1981 n. 27 e poi estesa ad alcune particolari categorie di personale non ha natura retributiva, in quanto, pur trovando la sua fonte diretta ed immediata nel rapporto di lavoro che lega il dipendente alla struttura amministrativa dell'organizzazione giudiziaria, non è finalizzata a compensare direttamente, ed esclusivamente tale prestazione, ma intende in modo speciale indennizzare solo il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie del particolarmente intenso, delicato ed ininterrotto servizio prestato per l'esatto e ordinato funzionamento degli uffici giudiziari, condizione indispensabile per la corretta ed ordinata amministrazione della giustizia.

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(1) Ha osservato in particolare la Sez. IV che l'attività svolta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria assegnati alle sezioni di polizia giudiziaria presso gli uffici giudiziari, "in quanto finalizzata a rendere possibile il promovimento dell'azione penale da parte del Pubblico Ministero, presuppone una indispensabile collaborazione col magistrato inquirente, ma non è punto assimilabile all'attività svolta dal personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie. Infatti, mentre tale ultima attività ha una valenza esclusivamente amministrativa, del tutto esterna ed estranea alla funzione giurisdizionale propriamente detta, l'attività investigativa, di ricerca delle prove, propria della polizia giudiziaria, invece, non è un'attività amministrativa, bensì un'attività immediatamente propedeutica all'esercizio dell'azione penale e dunque è in qualche modo "paragiurisdizionale". Il Pubblico Ministero non può che avvalersi della polizia giudiziaria, per esempio, per la ricerca della prova, per ascoltare le persone informate sui fatti di causa, per assicurare le fonti di prova ovvero per delegare l'esecuzione di accertamenti ed ispezioni anche su registri tenuti da pubblici uffici.

Si tratta di un'attività - quindi - che in modo diretto ed immediato influenza l'esercizio dell'azione penale e che non si esaurisce nella più generale esigenza di assicurare il corretto ed ordinato funzionamento dell'apparato amministrativo della Giustizia, cui attende il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie".

 

 

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello iscritto al NRG 1197 dell'anno 1997 proposto da MINISTERO DELLE FINANZE E MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, in persona dei rispettivi ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano ope legis in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

contro

CORONA ROBERTO, rappresentanto e difeso dagli avv. Roberto Di Santo e Pietro Mauro Piccirillo, con i quali è elettivamente domiciliati in Roma, via dei Gracchi n. 78, presso lo studio dell'avv. Emilio Capoano;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. 1^, n. 425 del 9 ottobre 1996 -

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Corona Roberto;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza dell'11 luglio 2000 la relazione del consigliere Carlo Saltelli;

Uditi l'avvocato dello Stato Bachetti per le amministrazioni appellanti e l'avv. D'Avino, su delega dell'avvocato DiSanto, per gli appellati;

ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale delle Campania Corona Roberto, appartenente al corpo della Guardia di Finanza, assegnato alla sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica presso la Pretura circondariale di Napoli, evocava in giudizio il Ministero delle Finanze e il Ministero di grazia e giustizia per l'accertamento del diritto a percepire l'indennità giudiziaria di cui all'art. 2, comma 1, della legge 22 giugno 1988, n. 221, avendo l'amministrazione di appartenenza respinto in via amministrativa la sua richiesta.

Deduceva che le attività da esso espletate quotidianamente presso gli uffici della sezione di Polizia Giudiziaria, ai quali era formalmente assegnato, rientravano tra quelle per il cui espletamento era stata prevista in favore del personale delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie la corresponsione della cennata indennità.

Sosteneva, quindi, che era ingiustificato, illogico e contraddittorio il diniego di riconoscimento di detto compenso, che ingenerava, a suo danno, una non consentita disparità di trattamento tra il personale addetto agli stessi uffici.

Le Amministrazioni statali, deducevano l'inammissibilità e l'infondatezza delle pretese avanzate e chiedevano il rigetto del ricorso.

L'adito TAR, con sentenza n. 425 del 9 ottobre 1996, accoglieva il ricorso, condannando le amministrazioni resistenti al pagamento dell'indennità giudiziaria, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi.

Con atto notificato il 1° febbraio 1997 i Ministeri delle Finanze e di grazia e giustizia e hanno proposto appello, lamentando l'erroneità della decisione di prime cure.

In particolare, le appellanti amministrazioni hanno negato che l'attività svolta nelle sezioni di Polizia Giudiziaria dai militari con qualifica di polizia giudiziaria ad esse assegnati sia riconducibile a quella espletata dal personale dell'amministrazione giudiziaria nelle segreterie e cancellerie giudiziarie, trattandosi di compiti specificamente demandati dagli articoli 55 e seguenti del c.p.p. alle sezioni medesime.

L'appellato, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto dell'appello.

Con ordinanza n. 744 del 22 aprile 1997 questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata.

All'udienza dell'11 luglio 2000 la causa è stata introitata per la decisione.

D I R I T T O

I. E' controversa tra le parti la spettanza al personale con la qualifica di polizia giudiziaria, assegnato alle sezioni di polizia giudiziaria istituite presso le Procure della Repubblica, della indennità giudiziaria prevista dalla legge 22 giugno 1988, n. 221.

Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. 1^, con la sentenza n. 425 del 9 ottobre 1996, ha riconosciuto fondate le pretese del ricorrente, appartenente al corpo della Guardia di Finanza, in servizio nella Sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso la Pretura circondariale di Napoli, ed ha condannato il Ministero delle Finanze ed il Ministero di grazia e giustizia a corrispondergli loro la indennità anzidetta e gli accessori.

Le appellanti amministrazioni statali hanno impugnato la sentenza, rilevando che l'attività svolta dal personale assegnato alle sezioni di polizia giudiziaria non potrebbe essere assimilata a quella svolta dal personale amministrativo nelle segreterie e nelle cancellerie giudiziarie e per il cui espletamento - in ragione della peculiarità delle mansioni è stata prevista l'indennità ex legge n. 221/1988.

II. L'appello è fondato.

Al riguardo il Collegio osserva quanto segue.

II. 1. La L. 22 giugno 1988, n. 221 ha attribuito, a decorrere dal 1° gennaio 1988, al personale dirigente e qualifiche equiparate delle cancellerie e segreterie giudiziarie (art.1) e al personale delle qualifiche funzionali dei ruoli di detti uffici (art. 2) l'indennità istituita dall'articolo 3 della legge febbraio 1981 n. 27, per i magistrati ordinari.

L'art. 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51, poi, ha esteso l'attribuzione dell'indennità in argomento al personale amministrativo del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, della Corte dei Conti, dell'Avvocatura dello Stato e dei tribunali militari, nonché al personale civile dell'Amministrazione della Difesa, inquadrato nella IV e V qualifica funzionale distaccato temporaneamente, in attesa dell'istituzione di appositi ruoli organici, a prestare servizio presso gli uffici giudiziari della giustizia militare, limitatamente ad un contingente massimo di 129 unità.

L'indennità trova, peraltro, il suo fondamento logico-giuridico nell'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (come testualmente si ricava dalla lettura dell'art. 1 della legge . 221/1988), che aveva istituito in favore dei magistrati ordinari una speciale indennità pensionabile in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività.

II.2. Sulla base di tale delineato fondamento, ad avviso del Collegio, può apprezzarsi la natura giuridica e la ratio giustificativa della indennità giudiziaria in esame.

In realtà, essa non ha natura retributiva, in quanto, pur trovando la sua fonte diretta ed immediata nel rapporto di lavoro che lega il dipendente alla struttura amministrativa dell'organizzazione giudiziaria, non è finalizzata a compensare direttamente, ed esclusivamente tale prestazione, ma intende in modo speciale indennizzare solo il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie del particolarmente intenso, delicato ed ininterrotto servizio prestato per l'esatto e ordinato funzionamento degli uffici giudiziari, condizione indispensabile per la corretta ed ordinata amministrazione della giustizia.

Non è un caso, sotto tale profilo, che l'indennità risulti estesa al personale amministrativo sia degli organi della giustizia amministrativa, sia dell'Avvocatura dello Stato, anch'essi concorrendo ad assicurare l'effettività della giustizia.

E' proprio in questa ottica e per questa finalità che il predetto emolumento è stato riconosciuto a tutto il personale che assicuri in concreto l'indicata funzione, indipendentemente dalla sua appartenenza ai ruoli dell'amministrazione giudiziaria (ex pluribus, C.d..S., sez. IV, 2 settembre 1992, n. 714; 30 marzo 1994, n. 307; 15 aprile 1996, n. 495).

III. In tale prospettiva, ad avviso del Collegio, non trova fondamento la tesi sostenuta dall'appellato, ed accolta dai giudici di primo grado, secondo cui l'attività svolta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria assegnati alle sezioni di polizia giudiziaria presso gli uffici giudiziari sarebbe del tutto analoga a quella svolta dal personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie, per il cui espletamento tale ultimo personale beneficerebbe della indennità giudiziaria, circostanza che giustificherebbe l'estensione anche ai primi dell'indennità prevista solo per i secondi.

III.1. Deve osservarsi al riguardo che, secondo la precisa disposizione di cui all'art. 5, primo comma, del D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, contenente "Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale", "le sezioni di polizia giudiziaria sono composte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della polizia di Stato, dell'arma dei carabinieri e del corpo della guardia di finanza".

Significativamente poi il terzo comma del successivo articolo 10, rubricato "Stato giuridico e carriera del personale delle sezioni", dispone che "il personale delle sezioni è esonerato, quanto all'impiego, dai compiti e dagli obblighi derivanti dagli ordinamenti delle amministrazioni di appartenenza non inerenti alle funzioni di polizia giudiziaria, salvo che per casi eccezionali o per esigenze di istruzione e addestrative, previo consenso del capo dell'ufficio presso il quale la sezione è istituita".

Dal predetto quadro normativo emerge che gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria vengono assegnati alle sezioni di polizia giudiziaria istituite, ai sensi dell'art. 58 del c.p.p., esclusivamente per compiere la propria istituzionale attività di polizia giudiziaria.

Quest'ultima, ai sensi dell'art. 55 del c.p.p., si compendia nel "prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale" (comma 1), nonché nello svolgere "ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria" (comma 2).

Infatti, l'attività della polizia giudiziaria anche nel nuovo codice di procedura penale - che ha comportato la sottrazione alla polizia stessa del potere di formazione della prova e la sostituzione con quello di ricerca della prova - continua ad oscillare tra i due poli opposti dell'autonomia (cfr. artt. 347 - 357 c.p.p.) e della dipendenza funzionale dal pubblico ministero, espressamente sancita dagli artt. 58 e 59 c.p.p., a mente dei quali l'autorità giudiziaria si avvale direttamente del personale delle sezioni di polizia giudiziaria, che dipendono direttamente dai magistrati dirigenti degli uffici presso cui le medesime sono istituite.

L'attività di polizia giudiziaria, tradizionalmente definita ausiliare del Pubblico Ministero, si compendia dunque nell'attività di indagine volta alla ricerca delle prove relative ai fatti penalmente rilevanti e si sostanzia, quindi, nelle "indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale", così come recita l'ultima parte dell'art. 326 del c.p.p. .

III.2. Per tale peculiarità l'attività espletata dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria assegnati alle cennate sezioni di polizia giudiziaria corrisponde esattamente ed esclusivamente all'attività di polizia giudiziaria delineata nel codice di procedura penale.

Essa, proprio in quanto finalizzata a rendere possibile il promovimento dell'azione penale da parte del Pubblico Ministero, presuppone una indispensabile collaborazione col magistrato inquirente, ma non è punto assimilabile all'attività svolta dal personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie. Infatti, mentre tale ultima attività ha una valenza esclusivamente amministrativa, del tutto esterna ed estranea alla funzione giurisdizionale propriamente detta, l'attività investigativa, di ricerca delle prove, propria della polizia giudiziaria, invece, non è un'attività amministrativa, bensì un'attività immediatamente propedeutica all'esercizio dell'azione penale e dunque è in qualche modo "paragiurisdizionale". Il Pubblico Ministero non può che avvalersi della polizia giudiziaria, per esempio, per la ricerca della prova, per ascoltare le persone informate sui fatti di causa, per assicurare le fonti di prova ovvero per delegare l'esecuzione di accertamenti ed ispezioni anche su registri tenuti da pubblici uffici.

Si tratta di un'attività - quindi - che in modo diretto ed immediato influenza l'esercizio dell'azione penale e che non si esaurisce nella più generale esigenza di assicurare il corretto ed ordinato funzionamento dell'apparato amministrativo della Giustizia, cui attende il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie.

Proprio la diversità dei compiti e delle funzioni svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria rispetto alle mansioni affidate al personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie esclude che l'indennità di cui alla legge 22 giugno 1988, n. 221, prevista solo per il predetto personale amministrativo, possa essere estesa anche agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria addetti alle sezioni di polizia giudiziaria presso gli uffici giudiziari.

Del resto, l'assegnazione degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica non altera la natura della peculiare attività da essi svolta rispetto a quella stessa attività di polizia giudiziaria espletata presso le sedi dei comandi o dei reparti di appartenenza e si configura come una mera modalità di esecuzione della attività in argomento, così come sopra delineata.

La più stretta e diretta collaborazione con il magistrato inquirente, infatti, non può trasformare l'attività di indagine, specifica della polizia giudiziaria, in una mera attività materiale di supporto amministrativo all'ufficio del pubblico ministero.

IV. Alla stregua delle considerazioni fin qui svolte l'appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la integrale compensazione tra le parti delle spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), accoglie l'appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. della Campania (sez. 1^) 9 ottobre 1996, n. 425, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell'11 luglio 2000, con la partecipazione dei seguenti magistrati:

WALTER CATALLOZZI - Presidente

PIETRO FALCONE - Consigliere

FILORETO D'AGOSTINO - Consigliere

MARIA GRAZIA CAPPUGI - Consigliere

CARLO SALTELLI - Consigliere, estensore

Depositata in segretaria il 12.9.2000.

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