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n. 9-2000 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 9 novembre 2000 n. 5982 - Pres.ff. Camera, Est. Rulli - Gabba (Avv. Ciociola) c. Ente Nazionale Italiano per il Turismo (Avvocatura dello Stato).

Nell'ambito del pubblico impiego, le mansioni svolte dal dipendente che siano superiori a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento sono del tutto irrilevanti sia ai fini giuridici sia ai fini economici o di preposizione all'ufficio, salvo che specifiche disposizioni di legge disciplinino diversamente detta ipotesi (1).

Tali conclusioni non appaiono scalfite dall'indirizzo ermeneutico espresso dalla Corte Costituzionale per il comparto Sanità (cfr. sentenze n. 57 del 23 febbraio 1989 e n. 296 del 19 giugno 1990) e recepito dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con decisione n. 2 del 16 maggio 1991. Il cennato indirizzo, pur riconoscendo la legittimità costituzionale dell'art. 29, secondo comma, del D.P.R. n. 761 del 20 dicembre 1979 in relazione all'art. 36 della Costituzione sotto il profilo che esso non esclude, ma anzi impone che siano remunerate le mansioni di fatto svolte per un periodo superiore ai sessanta giorni, ha però fissato all'uopo alcuni presupposti rigorosi peraltro già ritenuti implicitamente necessari dalla giurisprudenza formatasi anteriormente all'entrata in vigore dello stesso art. 29.

Detti presupposti sono:

a) la sostituzione del titolare dell'ufficio da parte dell'inferiore gerarchico solo in occasione di assenze non temporanee del primo e sulla questione, con riferimento al pubblico impiego in generale, è conforme la recente decisione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 20 del 4 settembre 1997 che, in tema di sostituzione vicaria di personale in posizione funzionale più elevata da parte dell'inferiore gerarchico, ha escluso possa farsi luogo a variazione del trattamento economico, in ragione del carattere istituzionale del dovere incombente sull'inferiore;

b) il posto, cui le mansioni, si riferiscono deve essere necessariamente vacante o disponibile in pianta organica;

c) l'adibizione a mansioni superiori (tanto ai fini del riconoscimento giuridico quanto ai fini della corresponsione del relativo trattamento economico ove questi effetti siano eccezionalmente consentiti da una norma ad hoc derogatoria dei principi generali) deve avvenire con formale incarico promanante dagli organi a ciò preposti ad un atto di conferimento dell'incarico senza che possano ritenersi idonei a tal fine i meri ordini di servizio (2).

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(1) V. ex plurimis e da ultimo: sez. IV, 7 maggio 1998, n. 778; sez. VI, 18 maggio 1998, n.746; Cons. giust. Amm. sic. 9 giugno 1998, n. 385; sez. V, 30 aprile 1997, n. 429; sez. V, 24 maggio 1996, n. 587 ed ancora più recente, Ad.Pl. n. 22 del 18 novembre 1999.

(2) Cfr. in termini, Cons. di St. sez. V, 23 aprile 1993, n. 510 e 2 aprile 1993, n. 513.

 

 

FATTO

Il sig. Stefano Gabba, dipendente dell'E.N.I.T. ed in servizio presso la delegazione estera di Johannesburg, inquadrato nella VII° qualifica funzionale ex-art. 4, comma 5 del D.P.R. 295/88, nel periodo 1.10.85/31.10.89 - in occasione del trasferimento presso la sede centrale dell'unico dirigente dr. Enrico Maggi responsabile di quella delegazione - assume di aver svolto, per quel periodo, mansioni di responsabile della delegazione, superiori a quelle della qualifica di cui è in possesso e su tale presupposto ha chiesto, con ricorso proposto davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il riconoscimento del diritto alla corresponsione della giusta retribuzione corrispondente all'attività effettivamente svolta.

Il Tribunale adito ha respinto la pretesa avanzata sulla base delle seguenti considerazioni:

- sarebbe mancato un formale provvedimento di attribuzione di quelle mansioni, non potendo ritenersi tali quelli richiamati dall'interessato;

- quest'ultimo non avrebbe dimostrato il concreto svolgimento delle dette mansioni;

- non sarebbero applicabili le disposizioni invocate: l'art. 36 della Costituzione e l'art. 2041 c.c.

Con atto notificato il 5 febbraio 1993, il sig. Gabba ha impugnato la predetta decisione deducendo, con un unico complesso motivo di ricorso:

"Violazione e falsa applicazione dell'art. 36 Cost. e dei principi generali in tema di retribuzione dei pubblici dipendenti anche in relazione alle norme sull'arricchimento senza causa - Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare per ingiustizia manifesta e sviamento. Violazione e falsa applicazione dell'art. 36 Cost. e dell'art. 2041 c.c. - Difetto di istruttoria e di motivazione della sentenza impugnata - Illogicità" atteso che il giudice di primo grado avrebbe omesso di valutare il comportamento dell'Ente che non ha mai adottato provvedimenti idonei ad ovviare alla carenza del responsabile delle delegazione ed ha avallato l'attività nel frattempo svolta dallo stesso appellante diventando così irrilevante la circostanza che mancassero atti di conferimento dell'incarico; andava, ancora, attentamente esaminata la scheda individuale dell'interessato che, se pure riferita ad un limitato periodo temporale, avrebbe dovuto condurre ad una accurata istruttoria relativa all'ulteriore periodo. Richiama, infine l'art. 36 Cost. e l'art. 2041 c.c. che confermerebbero la fondatezza della pretesa avanzata erroneamente respinta dal Tribunale adito.

Si è costituito in giudizio l'E.N.I.T. il quale, con memoria del 14 aprile 2000, sostiene la piena correttezza delle conclusioni alle quali si è pervenuti nella sentenza impugnata, confermata anche dalla più recente giurisprudenza in materia.

DIRITTO

1. La controversia attiene sostanzialmente alla richiesta di riconoscimento del trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto svolte, asseritamente di nono livello, superiore rispetto alle mansioni proprie della qualifica formalmente posseduta.

2. In via generale il Collegio ricorda che, sulla scorta degli specifici precedenti di questo Consiglio in materia costituenti ius receptum, (v. ex plurimis e da ultimo: sez. IV, 7 maggio 1998, n.778; sez. VI, 18 maggio 1998, n.746; Cons. giust. Amm. sic. 9 giugno 1998, n.385; sez. V, 30 aprile 1997, n.429; sez. V, 24 maggio 1996, n.587 ed ancora più recente, Ad.Pl. n. 22 del 18 novembre 1999), non può darsi ingresso a pretese economiche di tal fatta atteso che nell'ambito del pubblico impiego, le mansioni svolte dal dipendente che siano superiori a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento sono del tutto irrilevanti sia ai fini giuridici sia ai fini economici o di preposizione all'ufficio e ciò salvo che specifiche disposizioni di legge disciplinino diversamente detta ipotesi e ciò per le seguenti considerazioni:

a) la pretesa ad una retribuzione superiore a quella stabilita dalla normativa di settore non può fondarsi sull'art. 36 Costituzione considerato che, in base ai successivi artt. 51 e 97 della stessa Costituzione, gli interessi pubblici coinvolti hanno natura indisponibile e, quindi, l'attribuzione al dipendente delle mansioni ed il conferimento del relativo trattamento economico non possono costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi. Inoltre i requisiti costituzionali di proporzionalità e sufficienza della retribuzione devono essere valutati in relazione non già ai singoli elementi che compongono il trattamento economico, ma alla retribuzione nel suo complesso (cfr. in termini, tra le più recenti, Cons. di Stato sez.VI, 18 maggio 1998, n. 746; sez.V, 24 marzo 1997, n. 290; Corte Costituzionale 12 febbraio 1996, n. 33);

b) la regola generale per lo svolgimento del rapporto di pubblico impiego, oltre che per la sua formazione, è quella del concorso pubblico anche alla luce dei canoni di cui all'art. 97 Costituzione, così da costituire principio generale dell'ordinamento giuridico, non derogato neppure dall'art. 57 del D.Lgvo. 3 febbraio 1993, n. 29 (inapplicabile, ratione temporis, alla vicenda in esame e peraltro abrogato dall'art. 43 del D. Lg.vo 31 marzo 1998, n. 80);

c) l'art. 56 del D.Lg.vo n. 29 del 1993 (nel testo modificato dall'art. 25 del D.Lg.vo n. 80 del 1998) ha inteso prendere in considerazione le posizioni di tutti i dipendenti pubblici che devono essere valutati dal Dirigente del servizio a parità di condizioni. Invero non è ammissibile che il trattamento giuridico ed economico spettante ai medesimi venga liberamente determinato, perché il pubblico impiego è governato da un principio diverso da quello applicabile all'impiego privato, nel quale il datore di lavoro, quando dispone lo svolgimento di mansioni superiori e se ne avvale, risponde personalmente dei propri comportamenti.

Una diversa conclusione condurrebbe, tra l'altro, ad una evidente elusione dell'obbligo di copertura finanziaria degli atti amministrativi comportanti spese a carico dell'erario in violazione di ogni principio di sana gestione finanziaria che postula la preventiva attività di individuazione e quantificazione della maggiore spesa e dei mezzi per farvi fronte.

Ed invero, la copertura finanziaria di un provvedimento di spesa, sia esso legislativo sia esso amministrativo, appare un canone fondamentale recepito dall'ordinamento interno a livello costituzionale (artt.81 e 97 Costituzione), ora in coerenza anche con l'art. 188 C, commi due e tre del trattato istitutivo della Comunità europea nel testo risultante dalle modifiche apportate dall'art. 2, punto 43, paragrafi 2) e 3), del Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 (ratificato con legge del 16 giugno 1998, n. 209), dove si definisce il principio fondamentale della sana e corretta finanza pubblica, al fine di perseguire l'obiettivo primario di una gestione della spesa pubblica razionale e compatibile con le risorse effettivamente a disposizione.

In conclusione, allo stato delle norme vigenti (che, nella fattispecie, sono da riportare al momento della domanda) che non consentono passaggi di livello tra qualifiche e livelli professionali se non nei casi di volta in volta espressamente considerati dal legislatore, nessuna giuridica rilevanza, ai fini dell'inquadramento in una qualifica superiore o ai fini dell'attribuzione del solo trattamento economico corrispondente alla qualifica stessa, possono rivestire le mansioni superiori svolte in via di fatto.

E siffatte conclusioni non appaiono scalfite dall'indirizzo ermeneutico espresso dalla Corte Costituzionale per il comparto Sanità (cfr. sentenze n. 57 del 23 febbraio 1989 e n. 296 del 19 giugno 1990) e recepito dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con decisione n. 2 del 16 maggio 1991. Il cennato indirizzo, pur riconoscendo la legittimità costituzionale dell'art.29, secondo comma, del D.P.R. n. 761 del 20 dicembre 1979 in relazione all'art. 36 della Costituzione sotto il profilo che esso non esclude, ma anzi impone che siano remunerate le mansioni di fatto svolte per un periodo superiore ai sessanta giorni, ha però fissato all'uopo alcuni presupposti rigorosi peraltro già ritenuti implicitamente necessari dalla giurisprudenza formatasi anteriormente all'entrata in vigore dello stesso art.29.

Detti presupposti, giova ricordarlo, sono:

a) la sostituzione del titolare dell'ufficio da parte dell'inferiore gerarchico solo in occasione di assenze non temporanee del primo e sulla questione, con riferimento al pubblico impiego in generale, è conforme la recente decisione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 20 del 4 settembre 1997 che, in tema di sostituzione vicaria di personale in posizione funzionale più elevata da parte dell'inferiore gerarchico, ha escluso possa farsi luogo a variazione del trattamento economico, in ragione del carattere istituzionale del dovere incombente sull'inferiore;

b) il posto, cui le mansioni, si riferiscono deve essere necessariamente vacante o disponibile in pianta organica;

c) l'adibizione a mansioni superiori (tanto ai fini del riconoscimento giuridico quanto ai fini della corresponsione del relativo trattamento economico ove questi effetti siano eccezionalmente consentiti da una norma ad hoc derogatoria dei principi generali) deve avvenire con formale incarico promanante dagli organi a ciò preposti ad un atto di conferimento dell'incarico senza che possano ritenersi idonei a tal fine i meri ordini di servizio (cfr. in termini, Cons. di St. sez.V, 23 aprile 1993, n. 510 e 2 aprile 1993, n. 513).

3. Ed è sulla base delle anzidette premesse di carattere generale che può ora procedersi alla concreta verifica della sussistenza dei presupposti finora precisati (in particolare di quello di cui alla lett. b del punto precedente) nella fattispecie portata all'esame del Collegio.

Al riguardo il giudice di primo grado ha correttamente escluso che le determinazioni ricordate dall'interessato a sostegno della sussistenza di atti deliberativi attributivi dell'incarico, siano da interpretare in tal senso.

Ed invero alla circostanza che, nei rapporti con l'Ente, l'interessato si sia autoqualificato "responsabile" della delegazione non ha fatto seguito, come sarebbe stato necessario, l'autorizzazione all'impiego del detto dipendente nella nuova funzione, come previsto dall'art. 14, quarto comma, del D.P.R. n. 509 del 16.10.1979; quanto alla ricordata costituzione del fondo in favore del sig. Gabba, disposta dall'E.N.I.T. per far fronte alle spese di gestione della struttura, va osservato che detti atti deliberativi assolvono alla ben diversa finalità, di natura meramente contabile, di indicare il funzionario delegato responsabile per l'effettuazione delle dette spese e non possono essere ritenuti atti di formale investitura della funzione di responsabile della delegazione.

D'altra parte trattasi di attività che ben può essere svolta da da funzionari di settima qualifica funzionale secondo le norme relative all'amministrazione ed alla contabilità degli enti di cui alla legge n. 70/75.

Analoghe considerazioni possono essere svolte relativamente alla ricordata partecipazione al Workshop ANTOSA dal quale non erano certamente esclusi funzionari aventi pari qualifica a quella del sig. Gabba.

Del pari ininfluenti ai fini che qui interessano devono ritenersi le risultanze della ricognizione della posizione di lavoro n. 55 che, secondo l'assunto dell'appellante, confermerebbe l'affermato svolgimento di mansioni di nona qualifica, atteso che nella relativa scheda viene indicato a riferimento un limitatissimo arco temporale (1.10/31.12.1985), rispetto al quale trova applicazione l'art. 14, terzo comma, del D.P. 509/79 che esclude il diritto a maggiorazioni stipendiali.

4. Neppure può invocarsi il combinato disposto degli artt. 2041 c.c., invocato dall'interessato sul rilievo che, comunque, l'Amministrazione si sarebbe giovata dell'attività espletata rispetto alla quale va riconosciuto, dunque, un giusto indennizzo.

Al riguardo è sufficiente ricordare che l'actio de in rem verso presuppone, per sua natura, una effettiva diminuzione patrimoniale - il cd. depauperamento - cioè una perdita o una diminuzione di valore degli elementi patrimoniali che non sussiste nel caso di svolgimento di mansioni superiori nel pubblico impiego.

5. Per le considerazioni fin qui svolte l'appello deve essere respinto e la sentenza impugnata deve essere confermata.

Le spese e gli onorari dei due gradi di giudizio possono essere compensati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunziando, respinge il ricorso indicato in epigrafe e, per l'effetto, conferma la decisione impugnata.

Compensa, tra le parti, le spese e gli onorari dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 aprile 2000, con l'intervento dei seguenti magistrati:

Andrea Camera Presidente f.f.

Domenico La Medica Consigliere

Anselmo Di Napoli Consigliere

Pietro Falcone Consigliere

Dedi Rulli Consigliere, estensore

Depositata il 9.11.2000

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