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n. 11-2000 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 23 novembre 2000 n. 6237 - Pres. de Lise, Est. Dedi Rulli - Comune di Genova (avv.ti Pasquale Germani ed Enrico Romanelli) c. Chiarella e c.ti (avv.ti Alberto Quaglia Renato Mottola e Federico Sorrentino), Azienda Mobilità e Trasporti di Genova e Regione Liguria (n.c.) - (conferma TAR Liguria, Sez. I, sentenza 8 luglio 1997, n. 293).

Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Termine per l'impugnazione - Nel caso di dichiarazione di p.u. per implicito - Decorre dalla data di notifica della relativa delibera di approvazione del progetto - Pubblicazione - Insufficienza.

Espropriazione per p.u. - Per implicito - Mediante approvazione di un progetto - Avviso di inizio del procedimento ex art. 7 L. n. 241/1990 - Necessità - Ragioni.

L'approvazione del progetto di un'opera pubblica, quando comporta la dichiarazione della pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza della stessa (ex art. 1 L. 3 gennaio 1978, n. 1), è atto che deve essere notificato al privato, proprietario del terreno in quanto impositivo di vincolo specifico preordinato all'espropriazione e produttivo di effetti giuridici lesivi immediati e diretti nei confronti di un destinatario individuato (o immediatamente individuabile), così che il decorso del termine per l'impugnazione non può essere collegato alla semplice pubblicazione, ma trova il suo parametro temporale di riferimento nella data della sua notificazione o della sua piena conoscenza.

E' illegittimo il procedimento espropriativo allorché risulti che, in violazione degli artt. 7 ed 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241, non sia stato dato avviso dell'inizio del procedimento che, nel caso di dichiarazione di p.u. per implicito, coincide con la delibera di approvazione del progetto dell'opera pubblica (1).

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(1) Cfr. C.d.S., Ad. Plen., decisione 15 settembre 1999 n.14. 

Come si ricorda nel testo della decisione in rassegna, con la ricordata pronuncia l'Adunanza Plenaria ha avuto modo di affermare i seguenti principi:

a) la legge n. 241 del 1990 ha introdotto, con l'obbligo della comunicazione dell'avviso del procedimento, un elemento di riqualificazione di tutta l'attività amministrativa di grande rilievo civile, estendendo il principio del giusto procedimento alla generalità dei procedimenti amministrativi (con esclusione solo di quelli espressamente indicati dal successivo art. 13);

b) la dichiarazione di pubblica utilità - la quale sottopone immediatamente i beni privati ad una precisa qualità giuridica di idoneità alla realizzazione di un'opera pubblica ed al conseguente regime di espropriabilità, incidendo così direttamente sulla sfera giuridica del proprietario - scaturisce da un procedimento autonomo ed anteriore rispetto a quello espropriativo in senso stretto;

c) prescindere dall'avviso del procedimento per tale autonomo iter procedimentale equivarrebbe ad eliminare dall'ambito del giusto procedimento una procedura amministrativa gravemente lesiva per gli interessi dei privati;

d) siffatta esclusione non potrebbe essere surrogata da una partecipazione differita che risulterebbe priva di utili e concreti effetti eventualmente conformativi delle scelte dell'Amministrazione ormai di fatto irreversibili;

e) il progetto dell'opera pubblica e la sua localizzazione di dettaglio sono oggetto di uno specifico potere amministrativo in ordine al quale il contraddittorio degli interessati può apportare elementi di valutazione non marginali ai fini del buon andamento e funzionalità dell'azione amministrativa;

f) le disposizioni partecipative a favore del privato previste con riferimento alla dichiarazione di pubblica utilità esplicita (artt. 10 e 11 della L. n. 865/71) devono valere, in presenza del criterio orientativo del giusto procedimento, quale criterio guida dell'azione amministrativa anche per la dichiarazione implicita (che è quella che qui interessa).

Da qui la conclusione che, non appena l'Amministrazione abbia, secondo lo schema procedimentale di volta in volta utilizzato, individuato i proprietari interessati, ad essi deve essere comunicato l'avvio del procedimento che comunque li coinvolge.

 

 

FATTO

I signori Chiarella impugnavano avanti al Tribunale amministrativo regionale della Liguria il provvedimento sindacale (n. 1259 del 25.10.1996) con il quale veniva disposta l'occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione di un terreno di loro proprietà per lavori di sistemazione a parcheggio ed ogni altro atto comunque connesso ivi comprese le delibere comunali (n. 90 del 5.6.1995 e n. 12 del 5.2.1996) di approvazione dell'opera e variante dello strumento urbanistico vigente, nonché la comunicazione regionale di approvazione tacita dell'opera e la nota di comunicazione del provvedimento di occupazione.

A sostegno del gravame deducevano, relativamente ai provvedimenti di approvazione dell'opera:

1) mancata indicazione dei termini di inizio e fine dei lavori e delle espropriazioni;

2) mancata determinazione della indennità di espropriazione, neppure a titolo provvisorio;

3) le opere da realizzare sarebbero eseguite a distanza inferiore alle misure minime previste dalla normativa regionale in vigore;

4) mancata comunicazione dell'avvio del procedimento espropriativo;

5) omessa pubblicazione ed omessa comunicazione del provvedimento di approvazione del progetto che costituiva variante allo strumento urbanistico.

Relativamente al provvedimento sindacale di occupazione di urgenza:

6) invalidità derivata;

7) incompetenza del Sindaco all'adozione del provvedimento di occupazione;

8) omessa determinazione, anche nell'atto ablativo, della indennità di espropriazione;

9) mancanza dell'autorizzazione alla deroga alla distanza minima prescritta per la realizzazione di opere in prossimità del corsi d'acqua;

10) non risulta essere stato affisso all'albo pretorio per almeno 20 giorni.

Gli interessati, all'esito del deposito di altra documentazione, notificavano i seguenti motivi aggiunti sia relativamente al provvedimento di approvazione del progetto, sia in ordine al provvedimento ablativo.

In ordine la primo deducevano:

11) i termini di inizio e fine dei lavori, nonché quelli per l'inizio ed il compimento delle espropriazioni, così come indicati nella delibera di approvazione del progetto, sarebbero condizionati ad un evento futuro ed incerto;

12) l'opera in questione non sarebbe stata inserita nell'elenco delle opere pubbliche programmate dal Comune;

13) la progettazione dell'opera non ha seguito le previste fasi: preliminare, definitiva ed esecutiva;

14) sarebbero mancati gli adempimenti necessari per ovviare all'inquinamento acustico;

15) carenza di potere del Consiglio comunale di delegare al Sindaco il potere di disporre l'occupazione di urgenza, che rientra nella competenza della Giunta;

16) mancanza dell'approvazione regionale espressa necessaria trattandosi di opera da realizzare in variante urbanistica, non essendo sufficiente, a tal fine, un provvedimento approvativo tacito.

In ordine al provvedimento sindacale si deduce ancora:

17) illegittimità derivata;

18) l'opera da realizzare sarebbe priva del necessario titolo abilitativo;

19) l'avviso previsto dall'art. 3 della legge n. 1 del 1978 risulta pubblicato per soli 19 giorni.

Resistevano al giudizio il comune di Genova e l'Azienda Mobilità e Trasporti di Genova i quali, dopo aver sollevato eccezione di inammissibilità del gravame, concludevano contestando la fondatezza nel merito di tutte le doglianze prospettate.

Il Tribunale adito, dopo aver disatteso l'eccezione pregiudiziale, definiva il giudizio con decisione n.293 del 1997, ora portata all'esame del Collegio, accogliendo il ricorso riconoscendo fondati il primo (analogo all'undicesimo), il terzo ed il nono dei motivi prospettati ed assorbendo le altre censure.

Con atto notificato il 12 febbraio 1998, il comune di Genova appella la predetta statuizione ritenendola erronea per le seguenti ragioni:

1) "Eccesso di potere per erronea valutazione degli atti presupposti e per insufficiente istruttoria; violazione e falsa applicazione dei principi di cui alla L. 3 gennaio 1978, n. 1" relativamente alla eccezione di inammissibilità disattesa dal Tribunale adito poiché nessun obbligo di notifica individuale della delibera di approvazione del progetto si evince dalla normativa acceleratoria applicata dal Comune, essendo sufficienti, ai fini conoscitivi da parte dei soggetti interessati, le forme di pubblicità poste in essere;

2) "Eccesso di potere per insufficiente istruttoria, per omessa e/o erronea valutazione dei presupposti, violazione e falsa applicazione dell'art. 13 L. 2359/1865 in relazione ai principi di cui alla L.n.1/78" atteso che i termini indicati nella delibera impugnata appaiono sufficientemente certi ed idonei a contemperare l' esigenza pubblicistica di effettiva realizzazione dell'opera e quella garantistica dei privati coinvolti nella vicenda espropriativa;

3) "Eccesso di potere per insufficiente istruttoria, per omessa e/o erronea valutazione degli atti nonché per travisamento dei presupposti, violazione e falsa applicazione dell'art. 26 L.R. 9/93" essendo infondata in punto di fatto l'affermazione circa il mancato rispetto della distanza di mt. 20 dall'argine del fiume Bisagno come risulta dalla relazione del tecnico incaricato dalla Gestione del territorio del comune di Genova, depositata in atti; in ogni caso, attesa la scarsa consistenza dell'intervento edilizio da realizzare, non può ritenersi applicabile la specifica normativa regionale in materia.

Il comune di Genova conclude perché l'appello sia dichiarato inammissibile o, in subordine, accolto e la decisione impugnata annullata.

Si sono costituiti in giudizio i sig.ri Chiarella i quali, con successive memorie, sostengono la infondatezza dei motivi di appello prospettati dall'Amministrazione comunale, ribadiscono le doglianze dichiarate assorbite in primo grado e chiedono, a conclusione, la conferma della sentenza di cui trattasi.

Si è altresì costituita l'Azienda Mobilità e Trasporti di Genova che svolge argomentazioni analoghe a quelle della difesa del Comune e conclude, anch'essa, per l'accoglimento dell'appello.

Tutte le parti hanno presentato memorie a sostegno delle proprie tesi difensive e delle già rassegnate conclusioni.

Alla pubblica udienza del 14 aprile 2000, uditi i difensori delle parti come da verbale d'udienza, la controversia è passata in decisione.

DIRITTO

1. L'opera pubblica per la quale si è dato corso alla procedura espropriativa ora all'esame del Collegio attiene alla sistemazione a parcheggio per autobus dell'Azienda Mobilità e Trasporti di Genova di un'area di proprietà degli odierni appellati.

Gli atti ed i provvedimenti della detta procedura, censurati davanti al T.A.R. della Liguria sono stati annullati con la statuizione oggi contestata dal comune di Genova.

2. Con il primo motivo di appello la difesa dell'Amministrazione comunale censura quella parte della statuizione del giudice di primo grado che ha disatteso l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità del gravame per omessa impugnativa, nei previsti termini di decadenza, della delibera di approvazione del progetto (n. 90 del 5.6.1995) adottata ai sensi dell'art. 1 della legge n. 1 del 1978 e sollevata in quella sede sul rilievo che nessuna norma imporrebbe la notifica individuale ai soggetti interessati dal provvedimento.

Per questa parte la decisione impugnata va confermata.

Ed invero, come correttamente osservato dal giudice di primo grado, l'approvazione del progetto di un'opera pubblica quando comporta la dichiarazione della pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza della stessa (art. 1 L. 3 gennaio 1978, n. 1) è atto che deve essere notificato al privato, proprietario del terreno in quanto impositivo di vincolo specifico preordinato all'espropriazione e produttivo di effetti giuridici lesivi immediati e diretti nei confronti di un destinatario individuato (o immediatamente individuabile) così che il decorso del termine per l'impugnazione non può essere collegato alla semplice pubblicazione, ma trova il suo parametro temporale di riferimento nella data della sua notificazione o della sua piena conoscenza. Nella specie la delibera comunale di approvazione del progetto non risulta essere stata notificata agli originari ricorrenti, né l'Amministrazione ha fornito la prova di una sua conoscenza aliunde utile ai fini che qui interessano.

2. Per motivi di ordine logico il Collegio ritiene di dover esaminare preliminarmente il quarto motivo del ricorso di primo grado (dichiarato assorbito da quel giudice e riproposto in questa sede - pg. 14 della memoria degli appellati) con il quale gli interessati lamentavano la violazione degli artt. 3, 7 ed 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241 per la omessa comunicazione dell'avvio del procedimento espropriativo che, nella specie, coincide con la delibera di approvazione del progetto dell'opera pubblica.

La questione dell'applicabilità della normativa invocata ai procedimenti di dichiarazione di pubblica utilità implicita, come quelli previsti dalla legge del 1978, è stata risolta dall'Adunanza Plenaria di questo Consiglio (con la recentissima decisione n.14 del 15 settembre 1999) che, dopo un ampio excursus sull'evoluzione normativa della materia e sul maturarsi della giurisprudenza costituzionale in materia di partecipazione e contraddittorio con gli interessati ex-lege n. 241, ha, in sintesi, precisato:

a) la legge n. 241 del 1990 ha introdotto, con l'obbligo della comunicazione dell'avviso del procedimento, un elemento di riqualificazione di tutta l'attività amministrativa di grande rilievo civile, estendendo il principio del giusto procedimento alla generalità dei procedimenti amministrativi (con esclusione solo di quelli espressamente indicati dal successivo art. 13);

b) la dichiarazione di pubblica utilità - la quale sottopone immediatamente i beni privati ad una precisa qualità giuridica di idoneità alla realizzazione di un'opera pubblica ed al conseguente regime di espropriabilità, incidendo così direttamente sulla sfera giuridica del proprietario - scaturisce da un procedimento autonomo ed anteriore rispetto a quello espropriativo in senso stretto;

c) prescindere dall'avviso del procedimento per tale autonomo iter procedimentale equivarrebbe ad eliminare dall'ambito del giusto procedimento una procedura amministrativa gravemente lesiva per gli interessi dei privati;

d) siffatta esclusione non potrebbe essere surrogata da una partecipazione differita che risulterebbe priva di utili e concreti effetti eventualmente conformativi delle scelte dell'Amministrazione ormai di fatto irreversibili;

e) il progetto dell'opera pubblica e la sua localizzazione di dettaglio sono oggetto di uno specifico potere amministrativo in ordine al quale il contraddittorio degli interessati può apportare elementi di valutazione non marginali ai fini del buon andamento e funzionalità dell'azione amministrativa;

f) le disposizioni partecipative a favore del privato previste con riferimento alla dichiarazione di pubblica utilità esplicita (artt. 10 e 11 della L. n. 865/71) devono valere, in presenza del criterio orientativo del giusto procedimento, quale criterio guida dell'azione amministrativa anche per la dichiarazione implicita (che è quella che qui interessa).

Da qui la conclusione che, non appena l'Amministrazione abbia, secondo lo schema procedimentale di volta in volta utilizzato, individuato i proprietari interessati, ad essi deve essere comunicato l'avvio del procedimento che comunque li coinvolge.

Siffatte conclusioni non possono non essere condivise dal Collegio.

La fondatezza della censura appena esaminata è, da sola, sufficiente ad invalidare l'intera procedura posta in essere dal comune, da cui discende, in via derivata, la illegittimità del provvedimento di occupazione di urgenza e rende superfluo l'esame dei motivi di appello con i quali si contesta la decisione del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto la fondatezza di alcune delle doglianze prospettate nel ricorso di primo grado.

3. Per le suesposte considerazioni l'appello del comune di Genova va respinto e la decisione impugnata deve essere confermata anche se con diversa motivazione.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunziando, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Compensa, tra le parti, le spese e gli onorari dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 18 aprile 2000, in camera di consiglio, con l'intervento dei seguenti magistrati:

Pasquale de Lise Presidente

Domenico La Medica Consigliere

Costantino Salvatore Consigliere

Marinella Dedi Rulli Consigliere, est.

Maria Grazia Cappugi Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

IL SEGRETARIO

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