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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 3 maggio 2001 n. 2495 - Pres. Paleologo, Est. Troiano - Casa di Cura S. Maria S.p.a. ed altri (Avv. E. Sticchi Damiani) c. Regione Puglia (Avv. A. Petracca) ed U.S.L. Le/2 - Maglie (n.c.) - (annulla TAR Puglia-Lecce, Sez. II, 30 dicembre 1999 n. 1031).

Sanità pubblica - Servizio sanitario nazionale - Principi generali - A seguito del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 - Individuazione - Principio della libertà dell'utente nella scelta della struttura di fiducia per la fruizione dell'assistenza sanitaria e della necessaria programmazione sanitaria con l'adozione di un piano annuale preventivo.

Sanità pubblica - Servizio sanitario nazionale - Regioni - Deliberazione di fissazione dei tetti di spesa - Adozione nel più breve tempo consentito dalle esigenze di un'adeguata istruttoria - Necessità - Fattispecie.

Il nuovo modello di servizio sanitario nazionale che si è andato delineando a partire dal d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 è caratterizzato sia dal principio di libertà dell'utente nella scelta della struttura di fiducia per la fruizione dell'assistenza sanitaria - riconoscendosi la qualità di erogatori delle prestazioni sanitarie a tutti i soggetti, pubblici e privati, titolari di rapporti "fondati sul criterio dell'accreditamento delle istituzioni, sulla modalità di pagamento a prestazione e sull'adozione del sistema di verifica e revisione della qualità delle attività svolte e delle prestazioni erogate" (articolo 8, comma 7°, d.lgs. n. 502 del 1992), sia sul principio della necessaria programmazione sanitaria con l'adozione di un piano annuale preventivo, al fine di realizzare un controllo tendenziale sul volume complessivo della domanda quantitativa delle prestazioni, mediante la fissazione, in sede di programmazione sanitaria, e sulla base dei dati epidemiologici, dei livelli uniformi di assistenza sanitaria (fatta salva la potestà delle Regioni di prevedere livelli superiori con il proprio autofinanziamento), e la elaborazione di protocolli dignostici e terapeutici, ai quali i medici di base sono tenuti ad attenersi, nella prescrizione delle prestazioni (1).

La deliberazione di fissazione dei tetti della spesa sanitaria può ritenersi legittima solo se la Regione provveda alla sua adozione nel più breve tempo consentito dalle esigenze di un'adeguata istruttoria, nel quadro di un sollecito e leale espletamento dei relativi adempimenti, oppure - ove il ritardo nella pianificazione della spesa si sia comunque verificato - se la detta Amministrazione operi un attento bilanciamento degli interessi coinvolti tenendo conto anche delle esigenze degli assistiti e delle aspettative maturate nei singoli operatori.

E' pertanto illegittima, perchè tardiva, la deliberazione del 31 luglio 1998, n. 3689, con la quale la Giunta Regionale della Regione Puglia ha fissato, per le strutture ospedaliere private, per l'anno 1998, un tetto di spesa complessiva regionale pari a quella sostenuta dal servizio sanitario regionale nel 1996 per le relative prestazioni, maggiorato dell'indice inflattivo programmato per gli anni 1997 e 1998, ridotto del 2,25%; l'adozione della predetta delibera nel mese di luglio, e quindi nella seconda metà dell'anno 1998, ha impedito alle strutture ospedaliere private di organizzare preventivamente e razionalmente la propria attività per tale anno, in contrasto con le finalità di programmazione perseguite dalla legge n. 449 del 1997.

La tardività dell'intervento (specie se autoritativo) infatti impone una puntuale valutazione delle situazioni giuridiche soggettive e delle aspettative maturate dai singoli operatori, non potendosi prescindere da una approfondita considerazione del tempo trascorso, durante il quale gli interessati sono rimasti sostanzialmente e formalmente privi della necessaria guida programmatoria, con una soluzione che non può risolversi in una compromissione di interessi a senso unico.

E' necessario che, nell'ambito delle scelte politico-istituzionali spettanti alla Regione, venga trovato un equo e giustificato contemperamento delle varie esigenze fondamentali che influiscono nella materia: la pretesa degli assistiti alle prestazioni sanitarie (con la connessa salvaguardia del diritto; di primaria rilevanza, alla salute); il mantenimento degli equilibri finanziari (che, comunque, non possono contare su risorse illimitate); gli interessi degli operatori privati (che rispondono a logiche imprenditoriali meritevoli di tutela); e l'efficienza delle strutture pubbliche (chiamate a concorrere all'erogazione di un servizio pubblico essenziale).

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13 luglio 2000, n. 3920.

 

 

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia le Case di Cura nominate in epigrafe impugnavano la deliberazione di Giunta Regionale 31 luglio 1998, n. 3689 avente ad oggetto "Chiarimenti e modificazioni alla delibera di Giunta Regionale n. 1800/98 - Criteri per le assegnazioni alle Aziende Ospedaliere, agli E.E. ed I.R.C.C.S. degli obiettivi funzionali e dei limiti di spesa a valere sul Fondo Sanitario Regionale 1998", nella parte in cui si dispone nei confronti delle sole strutture ospedaliere private di fissare "un tetto di spesa complessivo regionale pari alla spesa sostenuta dal S.S.R. nel 1996 per le relative prestazioni, maggiorato dell'indice inflattivo programmato per gli anni 1997 e 1998, ridotto del 2,25%". Impugnavano, inoltre, la stessa delibera di Giunta Regionale 29 maggio 1998, n. 1800, in tutte quelle parti lesive degli interessi dei ricorrenti, in cui è stato illegittimamente definito nei confronti di questi ultimi di operare, in regime di accreditamento provvisorio, in maniera non paritetica alle strutture sanitarie pubbliche, agli Enti Ecclesiastici ed agli Istituti di Ricovero e Cura Specializzati; nonché ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale alle succitate deliberazioni dell'Esecutivo regionale.

Esponevano le ricorrenti di essere strutture operanti nel settore dell'assistenza ospedaliera, in regime di accreditamento provvisorio con il Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 724 del 1994.

Con la delibera di Giunta Regionale 29 maggio 1998, n. 1800 la Regione Puglia ha stabilito di operare, nei confronti delle strutture in regime di accreditamento provvisorio, in maniera non paritetica alle strutture sanitarie pubbliche, agli Enti Ecclesiastici ed agli Istituti di Ricovero e Cura Specializzati, per i quali è stato adottato un sistema di finanziamento mediante anticipazioni.

Successivamente la citata deliberazione di Giunta Regionale 31 luglio 1998, n. 3689 ha fissato unilateralmente, per le sole strutture ospedaliere private, per l'anno 1998, un tetto di spesa complessiva regionale pari alla spesa sostenuta dal servizio sanitario regionale per le relative prestazioni nel 1996 maggiorato dell'indice inflattivo programmato per gli anni 1997 e 1998, ridotto del 2,25%.

Avverso i suddetti provvedimenti le ricorrenti deducevano le seguenti censure: violazione dei principi generali della riforma del sistema sanitario nazionale; violazione di legge (articolo 8, comma 5° del d.lgs. n. 502 del 1992, nella sua definitiva formulazione; articolo 6, commi 5° e 6° della legge n. 724 del 1994; articolo 2, comma 8° della legge n. 549 del 1995; articolo 1, comma 32° della legge 23 dicembre 1996, n. 662; articolo 32, comma 8° della legge 27 dicembre 1997, n. 449); difetto assoluto di istruttoria e di motivazione; disparità di trattamento; illogicità e sviamento.

Con decisione 30 dicembre 1999, n. 1031 il T.a.r. adito rigettava il ricorso.

Avverso detta pronuncia interponeva appello le case di cura nominate in epigrafe con atto notificato il 21 luglio 2000 e depositato in data 29 luglio 2000, riproponendo le doglianze dedotte nel primo grado del giudizio e lamentando, in particolare, che:

1) alla stregua della normativa richiamata qualunque abbattimento tariffario avrebbe dovuto discendere da un'apposita contrattazione;

2) il contenimento della spesa per l'anno 1998 avrebbe dovuto essere fissato tempestivamente;

3) le soluzioni prescelte dalla Regione Puglia con i provvedimenti impugnati comportano un illogico ed arbitrario privilegio per le strutture pubbliche e per quelle ad esse equiparate.

Con memoria depositata il 12 gennaio 2001, la parte ricorrente illustrava le proprie tesi.

Resisteva all'appello la Regione Puglia, e con memoria depositata il 15 dicembre 2000 rassegnava le conclusioni, insistendo per il rigetto dell'appello.

DIRITTO

1. L'appello è fondato.

La risoluzione delle questioni sottoposte all'esame del Collegio presuppone la previa illustrazione della disciplina della materia.

Giova ricordare che il nuovo modello di servizio sanitario nazionale che si è andato delineando a partire dal d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 è caratterizzato sia dal principio di libertà dell'utente nella scelta della struttura di fiducia per la fruizione dell'assistenza sanitaria - riconoscendosi la qualità di erogatori delle prestazioni sanitarie a tutti i soggetti, pubblici e privati, titolari di rapporti "fondati sul criterio dell'accreditamento delle istituzioni, sulla modalità di pagamento a prestazione e sull'adozione del sistema di verifica e revisione della qualità delle attività svolte e delle prestazioni erogate" (articolo 8, comma 7°, d.lgs. n. 502 del 1992), sia sul principio della necessaria programmazione sanitaria con l'adozione di un piano annuale preventivo, al fine di realizzare "un controllo tendenziale sul volume complessivo della domanda quantitativa delle prestazioni, mediante la fissazione, in sede di programmazione sanitaria, e sulla base dei dati epidemiologici, dei livelli uniformi di assistenza sanitaria (fatta salva la potestà delle Regioni di prevedere livelli superiori con il proprio autofinanziamento), e la elaborazione di protocolli dignostici e terapeutici, ai quali i medici di base sono tenuti ad attenersi, nella prescrizione delle prestazioni" (Sez. IV, 13 luglio 2000, n. 3920).

Il suddetto piano preventivo, previsto inizialmente per le sole aziende ospedaliere (articolo 6, comma 5° della legge 23 dicembre 1994, n. 724) è stato esteso dall'articolo 2, comma 8° della legge 28 dicembre 1995, n. 549 a tutti i soggetti, pubblici e privati, accreditati. Il principio della pianificazione preventiva è stato poi confermato, con significative modifiche, dall'articolo 1, comma 32° della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e dall'articolo 32, comma 8° della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

L'evoluzione della disciplina della programmazione sanitaria nel triennio 1995-1997 è stata caratterizzata dal progressivo accentuarsi del carattere autoritativo della pianificazione.

In particolare, a mente del citato articolo 32, comma 8° della legge n. 449 del 1997, "le Regioni individuano preventivamente per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, ivi compresi i presidi sanitari ospedalieri di cui al comma 7°, o per i gruppi di istituzioni sanitarie, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario ed i preventivi annuali delle prestazioni, nonché gli indirizzi e le modalità per la contrattazione di cui all'articolo 1, comma 32° della legge 23 dicembre 1996, n. 662" ossia per la contrattazione di piani annuali preventivi che definiscano le quantità e le tipologie di prestazioni sanitarie erogabili nelle strutture pubbliche e in quelle private.

Nel modello bifasico di pianificazione introdotto dalla legge n. 449 del 1997 - che prevede prima l'adozione da parte della Regione di un atto autoritativo di programmazione e poi la contrattazione di piani annuali preventivi con i singoli operatori -, il momento centrale è rappresentato dalla previa determinazione regionale, alla quale è principalmente affidato il compito di regolare e coordinare l'attività del servizio sanitario nell'ambito regionale, mentre i successivi piani annuali preventivi assolvono un ruolo ormai principalmente attuativo ed esecutivo di scelte già compiute dalla Regione.

La Regione, infatti, non solo definisce unilateralmente il tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il Fondo sanitario per singola istituzione o per gruppi di istituzioni ed i preventivi annuali delle prestazioni, ma inoltre vincola la successiva contrattazione dei piani determinandone modalità ed indirizzi.

In particolare con tale atto l'Amministrazione deve fissare, sulla base di adeguata istruttoria, le direttive da seguire nella successiva negoziazione dei piani annuali e quindi in sede di determinazione consensuale delle quantità e tipologie di prestazioni erogabili dal singolo operatore.

L'atto programmatorio regionale rappresenta, quindi, un primo e fondamentale strumento di orientamento per le strutture sanitarie pubbliche e private.

La funzione di indirizzo di tale atto è, inoltre, accentuata per l'anno 1998, in quanto con il decreto del Ministro della Sanità 30 giugno 1997 è stato introdotto il nuovo nomenclatore tariffario per le prestazioni sanitarie. Agli operatori sanitari, quindi, era preclusa anche la possibilità di fare indicativo riferimento agli strumenti programmatori regionali adottati negli anni precedenti.

Per altro verso - in conseguenza di quanto ora rilevato - si rende necessario che la predetta deliberazione regionale venga emanata con la massima sollecitudine, così da consentire a tutte le strutture sanitarie di organizzare con il necessario anticipo la propria attività per l'anno di interesse, essendo altrimenti frustrate le finalità di pianificazione perseguite dal legislatore.

2. In relazione a tali premesse, mentre si appalesa privo di pregio il primo motivo di appello proposto dalle Case di cura ricorrenti, con cui si deduce che qualunque abbattimento tariffario avrebbe dovuto discendere da un'apposita contrattazione, risulta invece fondato il secondo mezzo di gravame, con cui si lamenta l'illegittimità dei provvedimenti impugnati perché tardivamente adottati senza salvaguardare le aspettative maturate negli operatori del settore.

2.1 Il primo motivo di appello è infondato in quanto la contrattazione dei piani annuali preventivi con le strutture pubbliche e private e con i professionisti eroganti prestazioni sanitarie, secondo la scansione fissata dal citato articolo 32, comma 8° della legge n. 449 del 1997, deve seguire, e non invece precedere, la determinazione unilaterale da parte della Regione dei limiti annuali di spesa sostenibile, nell'anno di riferimento, per ciascuna istituzione sanitaria.

Inoltre i provvedimenti impugnati non precludono come tali la successiva stipulazione di specifici piani annuali con ciascun operatore, da negoziarsi tuttavia nel rispetto dei tetti di spesa e dei preventivi delle prestazioni stabiliti dalla Regione.

2.2 Risulta, invece, fondato il secondo motivo di impugnazione.

Espongono le appellanti che la Regione Puglia solo con la deliberazione di Giunta Regionale 31 luglio 1998, n. 3689 ha fissato, per le strutture ospedaliere private, per l'anno 1998, un tetto di spesa complessiva regionale pari a quella sostenuta dal servizio sanitario regionale nel 1996 per le relative prestazioni, maggiorato dell'indice inflattivo programmato per gli anni 1997 e 1998, ridotto del 2,25%.

Si deduce l'illegittimità di tale deliberazione in quanto la tardiva adozione della stessa alla fine del mese di luglio, e quindi nella seconda metà dell'anno 1998, ha impedito alle strutture ospedaliere private di organizzare preventivamente e razionalmente la propria attività per tale anno, in contrasto con le finalità di programmazione perseguite dalla legge n. 449 del 1997.

In proposito deve osservarsi che il carattere preventivo della programmazione sanitaria non va inteso in senso strettamente cronologico, considerato che la citata legge n. 449 del 1997, ai sensi dell'articolo 65, è entrata in vigore il 1° gennaio 1998 e che pertanto l'adozione delle deliberazioni regionali di fissazione dei livelli massimi di spesa non poteva che essere successiva ed intervenire nel corso dell'anno 1998, con efficacia retroattiva per il periodo già trascorso.

Non può, tuttavia, neppure accedersi alla tesi, sostenuta dalla Regione Puglia e condivisa dal Giudice di prime cure, secondo cui la suddetta deliberazione sarebbe sempre e comunque legittima purché adottata prima della fine dell'anno di riferimento e prima che le strutture sanitarie abbiano superato il relativo tetto di spesa.

Una determinazione dei limiti di spesa che intervenga con notevole ritardo potrà anche, in ipotesi, essere compatibile con il rispetto dei tetti programmati, attraverso l'eventuale riduzione dell'erogazione delle prestazioni sanitarie per il periodo residuo dell'anno, ma rende tuttavia impossibile assicurare una regolare ed uniforme erogazione del servizio nel corso dell'intero anno ed un'adeguata programmazione dell'attività dei singoli operatori, in contrasto con le finalità proprie di qualsiasi attività di pianificazione e con pregiudizio di preminenti interessi pubblici e privati che la legge ha inteso salvaguardare.

Da tali considerazioni discende che la deliberazione di fissazione dei tetti di spesa può ritenersi legittima solo se la Regione provveda alla sua adozione nel più breve tempo consentito dalle esigenze di un'adeguata istruttoria, nel quadro di un sollecito e leale espletamento dei relativi adempimenti, oppure - ove il ritardo nella pianificazione della spesa si sia comunque verificato - se la detta Amministrazione operi un attento bilanciamento degli interessi coinvolti tenendo conto anche delle esigenze degli assistiti e delle aspettative maturate nei singoli operatori.

Come precisato da questa Sezione con la citata decisione n. 3920 del 2000 - che annulla un'analoga deliberazione adottata dalla Regione Lazio in data 28 aprile 1998, in quanto il ritardo, ad avviso del Collegio e sempre per l'anno 1998, non era contenuto in limiti ragionevoli - "se è vero [.] che il diritto al pagamento delle prestazioni sussistente prima della fissazione del limite di spesa può essere sacrificato consensualmente (con la contrattazione) o autoritativamente (dalla Regione), è anche evidente che la tardività dell'intervento (specie se autoritativo) impone una puntuale valutazione delle situazioni giuridiche soggettive e delle aspettative maturate dai singoli operatori, non potendosi prescindere da una approfondita considerazione del tempo trascorso, durante il quale gli interessati sono rimasti sostanzialmente e formalmente privi della necessaria guida programmatoria, con una soluzione che non può risolversi in una compromissione di interessi a senso unico". "Da qui la necessità che, nell'ambito delle scelte politico-istituzionali spettanti alla Regione, venga trovato un equo e giustificato contemperamento delle varie esigenze fondamentali che influiscono nella materia: la pretesa degli assistiti alle prestazioni sanitarie (con la connessa salvaguardia del diritto; di primaria rilevanza, alla salute); il mantenimento degli equilibri finanziari (che, comunque, non possono contare su risorse illimitate); gli interessi degli operatori privati (che rispondono a logiche imprenditoriali meritevoli di tutela); e l'efficienza delle strutture pubbliche (chiamate a concorrere all'erogazione di un servizio pubblico essenziale)".

In relazione a tali premesse appaiono fondate le censure proposte dalle Case di cura appellanti avverso l'impugnata deliberazione di Giunta Regionale 31 luglio 1998, n. 3689 ed avverso la presupposta deliberazione di Giunta Regionale 29 maggio 1998, n. 1800, in quanto tali determinazioni regionali risultano tardive e non considerano, in una prospettiva di ragionevole contemperamento degli interessi coinvolti dall'azione amministrativa, le conseguenza di tale ritardo sulla posizione degli operatori sanitari privati.

In proposito può osservarsi che gli operatori privati, pur potendo tendenzialmente prevedere il livello massimo di spesa globale consentita per l'anno 1998 - sulla base del limite fissato per le aziende unità sanitarie locali e per le aziende ospedaliere dal primo comma dell'articolo 32 della citata legge n. 449 del 1997 - non potevano, tuttavia, operare previsioni, neppure a livello di direttiva, circa le quantità e le tipologie di prestazioni erogabili nel 1998.

Si è, infatti, già rilevato che, a seguito dell'introduzione, col decreto ministeriale 30 giugno 1997, del nuovo nomenclatore tariffario, che ha innovativamente definito le tariffe e le prestazioni effettuabili dalla strutture nosocomiali private, si rendeva necessaria una complessiva riformulazione degli strumenti programmatori regionali, non potendosi fare indicativo riferimento a quelli adottati per gli anni precedenti.

Inoltre la riduzione del livello complessivo di spesa comportava la necessaria rideterminazione dei criteri di utilizzo delle risorse disponibili, sulla base di scelte dell'Amministrazione non prefigurabili dagli operatori privati.

3. La riconosciuta fondatezza delle censure esaminate, comportando l'annullamento delle deliberazioni impugnate per quanto di interesse, con l'obbligo per l'Amministrazione di riformulare - con riguardo alle attuali appellanti - l'intero sistema tariffario per il 1998, dispensa dall'esame delle ulteriori doglianze, che restano assorbite.

Richiamandosi ancora quanto statuito con la pronunzia di questa Sezione n. 3920 del 2000, si precisa che, fino al momento della comunicazione del limite di spesa assegnato, sussiste il diritto delle appellanti al pagamento delle prestazioni erogate nelle more, fermo restando che tali diritti sono comunque assoggettati a conguaglio in relazione alle determinazioni che verranno adottate in esecuzione della presente decisione - in sede di contrattazione dei singoli piani annuali sulla base delle direttive fissate dalla Regione o, in mancanza di accordo, con puntuale provvedimento autoritativo regionale - al fine di stabilire "ora per allora" i prescritti limiti di spesa per ciascun operatore. Tali determinazioni regoleranno, se del caso, anche la sorte dei crediti maturati in precedenza.

4.Per le su esposte considerazioni, l'appello va accolto e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata decisione,  deve essere annullata la delibera impugnata in primo grado limitatamente all'interesse delle otto appellanti suddette.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in Sede giurisdizionale, Sezione Quarta, accoglie per quanto di ragione l'appello e, per l'effetto, in riforma della decisione impugnata, annulla la delibera impugnata in primo grado, limitatamente all'interesse delle appellanti.

Compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2001, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti signori:

Giovanni Paleologo

Presidente

Costantino Salvatore

Consigliere

Macello Borioni

Consigliere

Maria Grazia Cappugi

Consigliere

Paolo Troiano

Consigliere estensore

Depositata il 03.05.2001.

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