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n. 7/8-2001 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 25 luglio 2001 n. 4069 - Pres. Paleologo, Est. Borioni - Lombardo (Avv. Guglielmo Saporito) c. Ministero della giustizia (Avv.to Stato Macaluso) - (conferma T.A.R. Emilia Romagna, sezione di Parma, 2 dicembre 1996, n. 370).

Concorso - Abilitazione alla professione forense - Commissione giudicatrice - Sostituzione di componenti - Con supplenti appartenenti a diversa categoria professionale - Possibilità - Questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 del R.D.L. n. 1578/1933 in parte qua - Manifesta infondatezza.

Nella commissione per l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di procuratore legale, i componenti titolari (due magistrati, due avvocati, un docente universitario) legittimamente possono essere sostituiti da supplenti appartenenti a diversa categoria professionale (1).

E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 del R.D.L. n. 1578/1933, nella parte in cui finisce per prevedere la fungibilità dei componenti delle commissioni di concorso per esami di abilitazione alla professione di avvocato tra gli appartenenti alle varie categorie, eccepita in relazione agli artt. 3, 4, 41 e 97 della Costituzione (2).

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(1) V. nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6160. Come si legge nella sotto riportata motivazione, ad opinione della Sez. IV induce a tale convincimento il disposto dell'art. 22, comma V, del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, come sostituito dall'art. 1, n. 5, della legge 23 marzo 1940, n. 254, secondo il quale "i supplenti intervengono nella commissione in sostituzione di qualsiasi membro effettivo".

Il significato, generico e indefinito, dell'aggettivo "qualsiasi" indica il chiaro intento del legislatore di adottare il criterio della piena fungibilità dei componenti della commissione, indipendentemente dalla loro qualifica professionale.

Una conclusione diversa - secondo la Sez. IV - si imporrebbe se le componenti della commissione avessero carattere rappresentativo di interessi settoriali, ma non sussiste alcuna indicazione normativa in tal senso. Al contrario l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio delle libere professioni (art. 33, comma 5, della Costituzione) è previsto per fornire al cittadino una garanzia circa la preparazione e la capacità dei professionisti ai quali può rivolgersi, e rispetto a questo fine non hanno rilievo interessi di categoria, ma la capacità di giudizio assicurata dalle doti professionali dei singoli membri del collegio. Non vi è ragione di ritenere che commissione sia meno idonea o meno obiettiva quando, per effetto delle supplenze, risulti composta, al momento delle prove orali, da soli avvocati.

(2) Ha osservato la Sez. V che il criterio della fungibilità dei membri titolari con uno qualsiasi dei membri supplenti soddisfa l'esigenza di speditezza dei lavori della commissione; sicché, sotto questo profilo la norma, lungi dal divergere dai principi fissati dall'art. 97 della Costituzione e dal criterio di ragionevolezza, è con essi del tutto coerente.

Non emergono poi elementi che consentano l'apprezzamento dell'asserito contrasto con i principi posti dall'art. 4 della Costituzione in materia di diritto al lavoro e dal successivo art. 41, in materia di libertà di iniziativa economica.

 

FATTO

Il T.A.R. dell'Emilia Romagna, sezione di Parma, con sentenza 2 dicembre 1996, n.370, ha rigettato il ricorso proposto dalla dott.ssa Catia Lombardo avverso il giudizio sfavorevole espresso nel 1994 nei suoi confronti dalla commissione esaminatrice per gli esami di abilitazione all'esercizio della professione di procuratore legale presso la Corte di appello di Bologna.

La sentenza è stata appellata dall'interessata, che ha riproposto la censura intesa sostenere l'irregolare composizione della commissione davanti alla quale ha sostenuto le prove orali, composta da soli avvocati.

Il dubbio sull'obiettività della commissione sarebbe avvalorato dalla determinante rilevanza (negativa) che ha avuto il voto relativo alla materia "deontologia professionale".

Questa circostanza induce l'appellante a denunziare anche la mancata predeterminazione da parte della commissione di criteri di massima, che avrebbero dovuto stabilire il giusto rapporto ponderale fra le prove orali.

Infine, se l'art.22 del R.D.L. 27 novembre 1933, n.1578, che prevede la fungibilità dei membri della commissione, dovesse essere interpretato nel senso di legittimare la composizione costituita da una sola componente, l'appellante eccepisce l'illegittimità della norma per contrasto con gli artt.3, 4, 41 e 97 della Costituzione.

Con successiva memoria l'appellante ha illustrato le sue tesi.

Si è costituita l'Avvocatura generale dello Stato, per resistere all'appello.

DIRITTO

L'appello è infondato.

La questione posta con il primo motivo consiste nell'accertare se, nella commissione per l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di procuratore legale, i componenti titolari (due magistrati, due avvocati, un docente universitario) possano essere sostituiti soltanto da supplenti appartenenti alla stessa categoria professionale ovvero se, a tal fine, la categoria di appartenenza sia irrilevante.

Il Collegio condivide la seconda tesi, affermata nella sentenza appellata (nello stesso senso, Cons. Stato, sez.IV, 20 novembre 2000, n.6160).

Induce a tale convincimento il disposto dell'art.22, comma V, del R.D.L. 27 novembre 1933, n.1578, come sostituito dall'art.1, n.5, della legge 23 marzo 1940, n.254, secondo il quale "i supplenti intervengono nella commissione in sostituzione di qualsiasi membro effettivo". Il significato, generico e indefinito, dell'aggettivo "qualsiasi" indica il chiaro intento del legislatore di adottare il criterio della piena fungibilità dei componenti della commissione, indipendentemente dalla loro qualifica professionale. Una conclusione diversa si imporrebbe se le componenti della commissione avessero carattere rappresentativo di interessi settoriali, ma non sussiste alcuna indicazione normativa in tal senso. Al contrario l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio delle libere professioni (art. 33, comma 5, della Costituzione) è previsto per fornire al cittadino una garanzia circa la preparazione e la capacità dei professionisti ai quali può rivolgersi, e rispetto a questo fine non hanno rilievo interessi di categoria, ma la capacità di giudizio assicurata dalle doti professionali dei singoli membri del collegio. Non vi è ragione di ritenere che commissione sia meno idonea o meno obiettiva quando, per effetto delle supplenze, risulti composta, al momento delle prove orali, da soli avvocati.

Neppure la circostanza che l'appellante abbia riportato una votazione negativa nella prova sulla materia "ordinamento forense" denota la presenza di deviazioni nella formazione del giudizio. L'art. 17 bis, comma 3, della legge 22 gennaio 1934, n.37, come modificato dall'art.4 della legge 20 aprile 1989, n.142, prescrive che, nelle prove orali, il candidato deve dare "dimostrazione di conoscenza dell'ordinamento professionale e dei diritti e doveri dell'avvocato". Siffatta prova, lungi dall'assumere un rilievo minore, come sembra ritenere l'appellante, è considerata essenziale dal legislatore, in evidente sintonia con l'indicata finalità dell'esame di abilitazione, tant'è che essa ha carattere obbligatorio, mentre le altre cinque vertono su materie scelte preventivamente dal candidato, con l'unico vincolo che almeno una deve riguardare il diritto processuale.

Infine, l'eccezione con la quale si sostiene, in subordine, l'illegittimità costituzionale del citato art.22 del R.D.L. n.1578/1933, per contrasto con gli artt. 3, 4, 41 e 97 della Costituzione, è manifestamente infondata.

Anzitutto va osservato che il criterio della fungibilità dei membri titolari con uno qualsiasi dei membri supplenti soddisfa l'esigenza di speditezza dei lavori della commissione. Sicché sotto questo profilo la norma, lungi dal divergere dai principi fissati dall'art.97 della Costituzione e dal criterio di ragionevolezza, è con essi del tutto coerente. Non emergono poi né sono stati indicati dall'appellante elementi che consentano l'apprezzamento dell'asserito contrasto con i principi posti dall'art.4 della Costituzione in materia di diritto al lavoro e dal successivo art.41, in materia di libertà di iniziativa economica.

Quanto alla mancata predeterminazione da parte della commissione di criteri di massima, che avrebbero dovuto stabilire il giusto rapporto fra le discipline oggetto della prova orale, il T.A.R. ha rilevato come la puntualità dei criteri posti dalla legge e dal bando non lasciano margini per una graduazione dell'importanza delle materie. Queste considerazioni, del resto rimaste incontestate, sono condivisibili.

Per le ragioni esposte l'appello va rigettato.

Condanna l'appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in £.1.000.000=, posto che la difesa dell'amministrazione si è limitata a depositare la sola memoria di costituzione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV) rigetta l'appello.

Condanna l'appellante a pagare all'amministrazione £.1.000.000= per spese del secondo grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 27 marzo 2001, con l'intervento dei sigg.ri

Giovanni Paleologo presidente,

Marcello Borioni consigliere estensore,

Cesare Lamberti consigliere,

Maria Grazia Cappugi consigliere,

Ermanno De Francisco consigliere.

Depositata il 25 luglio 2001.

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