CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 16 ottobre 2001 n. 5461 - Pres. Venturini, Est. Scola - Bruno (Avv.ti F. Benvenuti e P. Vaiano) c. Ministero delle Finanze ed altro (Avv. Stato Palmieri) - (conferma T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II, sentenza n. 1563/1992).
Demanio e patrimomio - Tutela - Dei beni demaniali - Atto adottato ai sensi dell'art. 823, comma 2°, del codice civile - Avviso di inizio del procedimento - Non occorre.
Demanio e patrimomio - Tutela - Dei beni demaniali - Atto adottato ai sensi dell'art. 823, comma 2°, del codice civile - - Ha natura vincolata - Censure di eccesso di potere - Non possono essere proposte.
Demanio e patrimomio - Tutela - Dei beni demaniali - Atto adottato ai sensi dell'art. 823, comma 2°, del codice civile - Può essere adottato a tutela non solo del possesso ma anche della proprietà - Termine annuale di decadenza - Inapplicabilità.
L'adozione di un atto di tutela di un bene demaniale, ai sensi dell'articolo 823, comma 2°, del codice civile non deve essere preceduto dall'avviso di inizio del procedimento agli interessati ai sensi dell'art. 7 L. n. 241/90, atteso che in tale ipotesi non può ravvisarsi alcuno spazio utile per un'eventuale cooperazione da parte del privato all'adozione dell'atto in questione.
Un atto di tutela di un bene demaniale, ai sensi dell'articolo 823, comma 2°, del codice civile costituisce un atto sostanzialmente vincolato, nei confronti del quale è impossibile proporre censure attinenti a profili di eccesso di potere, dato che l'esercizio del potere di autotutela esecutiva si motiva unicamente in rapporto alla perdurante occupazione sine titulo del bene stesso, senza che sia possibile argomentare ulteriormente in proposito (1).
L'art. 823 del codice civile, attribuisce alla pubblica amministrazione il potere di agire non solo a tutela del possesso, ma anche a protezione della proprietà dei beni pubblici e tale potere non è soggetto ad un termine annuale per il suo esercizio.
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(1) Ha osservato in proposito la Sez. IV che l'esercizio da parte della pubblica amministrazione del potere di tutela dei beni demaniali pubblici previsto dall'articolo 823, comma 2°, del codice civile, finisce per concretizzarsi nell'adozione di un atto esecutivo con il quale viene amministrativamente acquisito il possesso del bene in questione, nel momento in cui risultino esaurite le numerose contestazioni circa la proprietà dello stesso e costituisce un'operazione ancorata all'esclusivo presupposto costituito dalla mancata consegna spontanea del fondo in questione da parte di coloro che sono risultati esserne occupanti senza titolo.
FATTO
Mario Bruno e Cleto Cucci proponevano separati ricorsi al T.a.r. del Lazio contro il provvedimento che aveva disposto il rilascio (da parte loro) di terreni siti nella zona di Cerveteri, deducendo varie forme di violazione di legge (artt. 7, 8, 9 e 10 della legge n. 241/1990; art. 823 del codice civile) e di eccesso di potere per disparità di trattamento; difetto di motivazione; contraddittorietà e sviamento; travisamento e difetto di presupposti; mancato concerto con l'Amministrazione dei beni culturali.
Le amministrazioni intimate resistevano ai ricorsi, che venivano riuniti e respinti a spese compensate, dopo aver accolto in parte un'istanza cautelare.
Proponeva appello il solo Mario Bruno, riprospettando le stesse censure oltre al vizio di motivazione ex art. 3, legge n. 241/1990.
Le amministrazioni appellate si costituivano in giudizio con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che resisteva all'appello.
All'esito della pubblica udienza la vicenda passava in decisione.
DIRITTO
L'appello è infondato e dev'essere respinto, non ravvisandosi alcuna delle prospettate censure in rapporto all'impugnata sentenza.
1)- Non sussiste, infatti, alcuna delle violazioni della ricordata legge n. 241/1990 poiché, nella fattispecie, i provvedimenti impugnati (concernenti la fase della cosiddetta autotutela esecutiva) fanno seguito ad una lunga vicenda che ha visto l'attuale appellante e le amministrazioni appellate impegnate sia in sede amministrativa che giurisdizionale, per cui l'esercizio da parte della pubblica amministrazione del potere previsto dall'articolo 823, comma 2°, codice civile, fa semplicemente luogo ad un atto esecutivo con il quale viene amministrativamente acquisito il possesso del bene in questione, nel momento in cui risultino esaurite le numerose contestazioni circa la proprietà dello stesso.
Si tratta, quindi, di un'operazione ancorata all'esclusivo presupposto costituito dalla mancata consegna spontanea del fondo in questione da parte di coloro che sono risultati esserne occupanti senza titolo: situazione nella quale, con ogni evidenza, non può ravvisarsi alcuno spazio utile per un'eventuale cooperazione da parte del privato, il che non poteva che rendere completamente superfluo qualunque preavviso circa l'avvio del procedimento stesso.
2)- Alla luce delle considerazioni di cui sopra, risulta impugnato un atto sostanzialmente vincolato, nei confronti del quale è semplicemente impossibile proporre censure attinenti a vari profili di eccesso di potere (in primo grado prospettate anche in sede di motivi aggiunti), dato che l'esercizio del potere di autotutela esecutiva si motiva unicamente in rapporto alla perdurante occupazione sine titulo del bene stesso, senza che sia possibile argomentare ulteriormente in proposito, come senza successo ha tentato di fare l'attuale appellante: il che impone di disattendere anche ogni dedotta censura di eccesso di potere.
3)- Quanto poi alla lamentata mancanza del concerto con il Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, incontrovertibilmente esso non è richiesto da alcuna legge o regolamento o principio generale dell'ordinamento, per cui la relativa doglianza dev'essere anch'essa rigettata in questa sede.
4)- Ancora, quanto alla denunciata violazione dell'art. 823 del codice civile, per il mancato rispetto del termine annuale, correttamente i primi giudici hanno posto il rilievo il fatto che detta norma attribuisce alla pubblica amministrazione il potere di agire non solo a tutela del possesso, ma anche a protezione della proprietà dei beni pubblici: orbene, in riferimento a tale ultima prospettazione non è dato ravvisare nella norma alcun termine decadenziale.
5)- Infine, quanto al vizio di motivazione ulteriormente qui dedotto, il collegio non può che richiamarsi a quanto in precedenza esposto al numero 2, per rigettarlo anche in questa sua nuova configurazione.
Conclusivamente, l'appello dell'essere respinto con salvezza dell'impugnata sentenza, mentre le spese del giudizio di secondo grado seguono la soccombenza e si liquidano in complessive lire cinquemilioni, che Bruno Mario è condannato a rifondere ai due Ministeri appellati, in ragione di metà per ciascuno.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV:
-respinge il ricorso in epigrafe;
-conferma l'impugnata sentenza;
-liquida le spese del giudizio di secondo grado come in motivazione;
-ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 26 giugno 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori:
Lucio VENTURINI Presidente
Cesare LAMBERTI Consigliere
Marinella Dedi RULLI Consigliere
Aldo SCOLA Consigliere Est.
Giuseppe CARINCI Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Depositata il 16.10.2001.