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n. 10-2001 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 16 ottobre 2001 n. 5451 - Pres. Venturini , Est. Scola - Fava (Avv.ti Manzi e Sacchetto) c. Ministero dell'Interno (Avv. Stato Bachetti) - (conferma T.A.R. Veneto, Sez. I, sentenza n. 1072/2000).

Misure di prevenzione e di sicurezza - Generalità - Apprezzamento dell'Autorità di P.S. in materia - Ha carattere discrezionale - Riferimento a fatti indiziari - Possibilità.

Il giudizio espresso dal Questore in materia misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità (ex artt. 1 e 2 legge n. 1423/1956, come modificata dalla legge n. 327/1988) si configura come di carattere discrezionale e può ben basarsi anche su di una valutazione indiziaria, purché sostenuta da circostanze (magari di carattere generale, ma complessivamente significative) da cui emerga un certo modello comportamentale di ciascun individuo, obiettivamente apprezzabile (1).

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(1) Cfr. Cons.Stato, Sez. IV, sentenza n. 966/1992.

Ha aggiunto la Sez. IV nella specie che le misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità (ex artt. 1 e 2 legge n. 1423/1956, come modificata dalla legge n. 327/1988) non postulano necessariamente l'avvenuta commissione di reati, ma solo un giudizio prognostico di pericolosità per la sicurezza pubblica, in base a valutazioni discrezionali dell'autorità amministrativa che devono essere ritenute adeguate ove non vi si ravvisino macroscopiche irrazionalità, il che significa che potrebbero essere sufficienti anche presunzioni o indizi, purché basati su comportamenti concreti, effettivi ed obiettivamente riscontrati.

In applicazione del principio, nella specie, è stato rilevato che il provvedimento impugnato evidenziava che l'appellante risultava essere stato deferito all'autorità giudiziaria per violazione delle norme in materia di armi, falso monetario e stupefacenti; che lo stesso risultava essere stato coinvolto in reati di rapina, tentata estorsione, violenza privata, percosse, minacce, illecita concorrenza con minacce e violenza, nonchè diffamazione; che lo stesso risulta essere stato privo di una qualsivoglia legittima attività lavorativa e, privo di stabile dimora, ha abusivamente esercitato all'epoca l'attività di intromettitore turistico, con il suo comportamento generando situazioni di tensione nell'ambiente degli operatori del settore; risulta essere stato ripetutamente condannato per emissione di assegni a vuoto (reato depenalizzato soltanto con la legge n. 205/1999), falso materiale e guida in stato di ubriachezza.

Alla luce di tali circostanze di fatto, è sembrato legittimo il provvedimento adottato dal Questore che disponeva il rimpatrio dell'appellante.

 

 

FATTO

                I)- Francesco Salvatore Mario Fava proponeva due distinti ricorsi al T.a.r. di Venezia, entrambi contro il Ministero dell'Interno e la Questura di Venezia: rispettivamente, il n. 3127/1998, nei confronti del provvedimento che ne disponeva il rimpatrio, ed il n. 2421/1999, avverso la reiezione della sua istanza di riesame del precitato provvedimento.

                Con entrambi i gravami in primo grado venivano dedotte le seguenti censure:

                a)- violazione degli artt. 1 e 2, legge n. 1423/1956, difetto di presupposto ed erronea rappresentazione dei fatti, nonchè carenza motivazionale;

                b)- ancora violazione della stessa legge, contraddittorietà ed illogicità motivazionale, nonchè manifesta ingiustizia.

                L'amministrazione intimata si costituiva in giudizio solo per il primo ricorso.

                Il primo gravame veniva respinto nel merito, mentre il secondo veniva rigettato quanto alla richiesta revoca e dichiarato inammissibile quanto all'invocato annullamento, il tutto a spese integralmente compensate tra le parti in causa.

                II)- A questo punto proponeva appello il Fava, evidenziando che il secondo provvedimento impugnato non risulterebbe essere soltanto confermativo, per cui avrebbe dovuto piuttosto ritenersi inammissibile il primo gravame da lui prospettato in prime cure e procedere invece alla valutazione delle censure di cui al secondo ricorso sottoposto all'esame del Tribunale amministrativo veneto (con una nuova istruttoria), per cui egli riproponeva in secondo grado le stesse due doglianze già dedotte in prima istanza, precisando inoltre che esso Fava non risulterebbe essere mai stato indagato per reati connessi all'uso delle armi, al falso o agli stupefacenti (ma solo condannato molto tempo addietro per emissione di assegni a vuoto e guida in stato di ebbrezza alcoolica) e neppure per rapina, tentata estorsione, violenza privata, percosse, minacce e diffamazione, né mai avrebbe turbato la libera concorrenza nel mercato come intromettitore turistico, attività che comunque non avrebbe niente di delittuoso, per cui l'attuale appellante non rivelerebbe alcuna pericolosità sociale e, rientrando due volte senza permesso nel capoluogo lagunare, non avrebbe commesso alcuna violazione rilevante ai fini in esame.

                L'istanza di sospensione della esecuzione della sentenza veniva accolta con ordinanza n. 5535/2000 del 27 ottobre 2000. L'Amministrazione appellata si costituiva in giudizio chiedendo la conferma dell'impugnata sentenza.

All'esito della pubblica udienza la controversia passava in decisione.

DIRITTO

                L'appello è palesemente infondato e dev'essere respinto per le ragioni che seguono, già rintracciabili nell'impugnata sentenza, oltre che ricostruibili in base alla documentazione probatoria versata in atti (cfr. relazione del Questore di Venezia in data 9 dicembre 1998), e qui sintetizzate dal collegio come segue, nel rigettare entrambe le censure qui riprospettate e congiuntamente esaminabili, in quanto distinte sfaccettature di un'unica doglianza sostanziale.

                A)- La legge n. 1423/1956 (come modificata dalla legge n. 327/1988) disciplina le misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità (artt. 1 e 2), evidenziando che detti soggetti possono divenire destinatari di tali misure ove gli stessi possano definirsi in certo qual modo antisociali, previe precise indicazioni circa il loro comportamento ed il loro stile di vita, nonchè in base ad un'equilibrata prognosi relativa alla loro ipotizzabile pericolosità sociale.

                B)- La giurisprudenza amministrativa ha peraltro posto in evidenza che il giudizio espresso dal Questore in proposito si configura come di carattere discrezionale e può ben basarsi anche su di una valutazione indiziaria, purché sostenuta da circostanze (magari di carattere generale, ma complessivamente significative) da cui emerga un certo modello comportamentale di ciascun individuo, obiettivamente apprezzabile (cfr. Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza n. 966/1992).

                C)- La stessa giurisprudenza afferma poi che dette misure di prevenzione non postulano necessariamente l'avvenuta commissione di reati, ma solo un giudizio prognostico di pericolosità per la sicurezza pubblica, in base a valutazioni discrezionali dell'autorità amministrativa che devono essere ritenute adeguate ove non vi si ravvisino macroscopiche irrazionalità, il che significa che potrebbero essere sufficienti anche presunzioni o indizi, purché basati su comportamenti concreti, effettivi ed obiettivamente riscontrati: nella fattispecie, il provvedimento impugnato evidenzia che l'attuale appellante risulta essere stato deferito all'autorità giudiziaria per violazione delle norme in materia di armi, falso monetario e stupefacenti; che lo stesso risulta essere stato coinvolto in reati di rapina, tentata estorsione, violenza privata, percosse, minacce, illecita concorrenza con minacce e violenza, nonchè diffamazione; che lo stesso risulta essere stato privo di una qualsivoglia legittima attività lavorativa e, privo di stabile dimora, ha abusivamente esercitato all'epoca l'attività di intromettitore turistico, con il suo comportamento generando situazioni di tensione nell'ambiente degli operatori del settore; risulta essere stato ripetutamente condannato per emissione di assegni a vuoto (reato depenalizzato soltanto con la legge n. 205/1999), falso materiale e guida in stato di ubriachezza.

                D)- A questo punto, non miglior sorte spetta all'appello proposto nei confronti del provvedimento con cui il Questore di Venezia ha respinto la richiesta del Fava di riesaminare, in sede di autotutela, il proprio precedente provvedimento, recante la misura di prevenzione del rimpatrio a carico dell'attuale appellante.

                a)- Infatti, come correttamente osservato dai primi giudici, alla luce del già respinto appello nei confronti del primo provvedimento, il Fava risulterebbe privo di ogni interesse apprezzabilmente perdurante ad ottenere una pronuncia in ordine al rigetto opposto alla sua istanza di riesame (ove si volesse intendere quest'ultima alla stregua di una richiesta d'annullamento d'ufficio), se si considera che qualunque fosse il relativo esito, il provvedimento principale continuerebbe a spiegare tutti suoi effetti, con correlativa inammissibilità o, meglio, improcedibilità riscontrabile in questa sede.

                b)- Se invece la domanda spiegata dal Fava dovesse (come -data l'efficacia già spiegata dal provvedimento in esame, in relazione al tempo ormai trascorso- ritiene il collegio, che quindi può prescindere dal prendere in esame la precedente prospettazione) considerarsi come intesa a fargli ottenere l'eventuale revoca del primo provvedimento alla luce dei fatti sopravvenuti (come i nuovi documenti versati in atti e tardivamente attestanti sue asserite qualificazioni professionali e l'iscrizione nell'anagrafe dei residenti nel Comune di Venezia; nonchè i permessi accordatigli onde consentirgli l'ingresso nella città di Venezia per badare ai suoi interessi), allora il presente appello deve semplicemente ritenersi infondato, poiché i documenti appena ricordati (eventualmente da valutarsi in sede amministrativa) attestano circostanze e situazioni successive all'epoca dei fatti di causa, mentre i permessi eccezionalmente ottenuti dalla Questura di Venezia non fanno assolutamente venir meno l'efficacia del provvedimento a suo tempo emesso a carico dell'attuale appellante Fava il quale, tra l'altro (come se tutto quanto in precedenza evidenziato non bastasse), per ben due volte è rientrato nella città lagunare senza la necessaria autorizzazione questorile (cfr. Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza n. 1053/1993; C.G.A.R.S., sentenza n. 458/1998).

                E)- Conclusivamente, l'appello deve essere respinto (così travolta anche ogni questione cautelare), con conferma dell'impugnata sentenza e correlativo rigetto di ogni impugnazione prospettata in prima istanza, mentre le spese di questo giudizio di secondo grado possono essere integralmente compensate tra le parti in causa, tenuto anche conto della natura della controversia e del loro reciproco impegno difensivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta:  

-respinge il ricorso in epigrafe;

-conferma l'impugnata sentenza;

-rigetta ogni impugnazione proposta in primo grado;

-compensa le spese del giudizio di secondo grado;

-ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 29 maggio 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori:

Lucio VENTURINI  Presidente

Domenico LA MEDICA   Consigliere

Maria Grazia CAPPUGI   Consigliere

Aldo SCOLA   Consigliere Est.

Ermanno DE FRANCISCO   Consigliere

Depositata il 16.10.2001.

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