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n. 7/8-2001 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 3 settembre 2001 n. 4631 - Pres. Venturini, Est. Saltelli - Regione Puglia (Avv. M. Barcone) c. Cataldo (n.c.) - (annulla T.A.R. Puglia, Sez. I, 24 ottobre 1991 n. 458).

1. Pubblico impiego - Sospensione cautelare dal servizio - Natura - E' indipendente dal procedimento disciplinare - Termine previsto per quest'ultimo procedimento - Non è applicabile alla sospensione.

2. Pubblico impiego - Sospensione cautelare dal servizio - Termine di 40 giorni per l'avvio del procedimento disciplinare - Osservanza - Necessità - Conseguenze nel caso di omessa osservanza - Decadenza della sospensione.

3. Pubblico impiego - Procedimento disciplinare - Termine di cui all'art. 120 del D.P.R. n. 3 del 1957 - Non è applicabile al procedimento per la dispensa.

4. Giustizia amministrativa - Appello - Effetto devolutivo - Limiti - Potere del giudice di fondare la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall'appellante nei suoi motivi ovvero di ricercare norme e principi di diritto su cui fondare la decisione - Sussiste.

1. La sospensione cautelare dal servizio prevista dall'art. 92 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 non ha natura disciplinare e, pertanto, costituisce provvedimento del tutto autonomo ed indipendente dal procedimento disciplinare che l'Amministrazione intende avviare nei confronti del dipendente sospeso, ai cui termini non è pertanto assoggettata (1).

2. L'unico termine che l'Amministrazione deve rispettare in presenza della sospensione cautelare dal servizio è quello di 40 giorni previsto dell'art. . 92 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, entro cui, a pena di decadenza dell'efficacia della sospensione, deve essere avviato il procedimento disciplinare.

3. Il termine di cui all'art. 120 del D.P.R. n. 3 del 1957, non è  applicabile al procedimento di dispensa, atteso che anche quest'ultimo non ha notoriamente natura disciplinare.

4. L'effetto devolutivo dell'appello entro i limiti dei motivi d'impugnazione preclude al giudice del gravame esclusivamente di estendere le sue statuizioni a punti che non siano compresi, neanche implicitamente, ma non esclude che lo stesso, senza violare il principio del «tantum devolutum quantum appellatum», possa fondare la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall'appellante nei suoi motivi, ovvero possa prendere in esame questioni non specificamente proposte dall'appellante le quali appaiono, tuttavia, nell'ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi costituendone un necessario antecedente logico e giuridico (2), procedendo ad un'autonoma ricerca di norme e principi di diritto su cui fondare la decisione (3).

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(1) Ha rilevato in proposito la Sez. IV che la sospensione cautelare dal servizio può essere disposta anche "prima che sia esaurito o iniziato il procedimento disciplinare" e quindi non ha natura disciplinare, mirando esclusivamente a tutelare il buon andamento dell'ufficio ai sensi dell'art. 97 della Costituzione; tant'è che, per un verso, essa deve fondarsi su gravi motivi (e non sui fatti di cui si sarebbe reso responsabile il dipendente, da accertare in sede penale o in sede disciplinare) e, per altro verso, perde efficacia se nei successivi quaranta giorni l'amministrazione non avvia concretamente il procedimento disciplinare.

(2) Cass., Sez. Lav., 20 aprile 1999, n. 3905; Cons. Stato, Sez. VI, 15 ottobre 1996 n. 1327.

(3) Cons. Stato, Sez. VI, 16 novembre 1994 n. 1638.

 

 

F A T T O

Con sentenza n. 458 del 24 ottobre 1991 il Tribunale amministrativo regionale della Puglia (sez. 1^), accogliendo il ricorso del dipendente Simone Cataldo, annullava la delibera della Giunta regionale n. 10886 del 14 novembre 1983, con la quale era stata disposta la sua sospensione cautelare ai sensi dell'art. 92 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, nonché la comunicazione dell'Assessore agli affari generali in data 12 gennaio 1984 prot. 30/1904 e quella del coordinatore di ufficio in data 18 gennaio 1984 prot. 26/ris.

Ad avviso dei primi giudici era fondato ed assorbente il dedotto vizio di violazione degli articoli 120 e 92 del D.P.R. n. 3 del 1957, in quanto la sospensione cautelare era stata inflitta sebbene si fosse estinto il procedimento disciplinare: infatti, dopo la contestazione degli addebiti avvenuta il 7 settembre 1983 e dopo la presentazione degli scritti difensivi da parte del ricorrente in data 29 settembre, nessuna ulteriore attività era stata compiuta fino alla notifica della sospensione dal servizio, avvenuta il 18 gennaio 1984, quando erano ormai irrimediabilmente scaduti i termini di novanta giorni previsti dall'articolo 120 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3.

 Avverso tale statuizione ha proposto appello la Regione Puglia, deducendo che non si era verificata alcuna perenzione del procedimento disciplinare a favore del ricorrente: questi aveva addirittura male indicato le date del ricordato procedimento disciplinare, atteso che l'amministrazione gli aveva comunicato l'avvio del procedimento solo il 28 ottobre 1983, data rispetto alla quale la delibera della Giunta regionale della Puglia n. 19886 del 14 novembre 1983 era sicuramente tempestiva.

L'appellato non si è costituito in giudizio.

All'udienza del 15 maggio 2001 la causa è stata introitata per la decisione.

D I R I T T O

I. E' controversa la legittimità della delibera della Giunta regionale della Puglia n. 10886 del 14 novembre 1983, con la quale è stata disposta la sospensione dal servizio, ai sensi dell'art. 92 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, del dipendente Simone Cataldo.

L'Amministrazione regionale ha impugnato la sentenza n. 458 del 24 ottobre 1991 del Tribunale amministrativo regionale della Puglia che ha annullato la predetta deliberazione, rilevando che, contrariamente a quanto opinato dai primi giudici, non si sarebbe verificata alcuna estinzione del procedimento disciplinare per l'inutile decorso del termine di novanta giorni previsto dall'art. 120 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3.

II. In linea preliminare deve essere esaminata la regolarità della notifica dell'atto di appello, stante la mancata costituzione in giudizio dell'appellato.

Rileva al riguardo il Collegio che essa risulta essere stata effettuata al procuratore della parte costituito in primo grado, nel domicilio indicato, a mezzo di apposito timbro apposto sulla prima pagina della copia della sentenza notificata; l'atto di appello inoltre è stato ivi consegnato a mani di un impiegato dello studio legale addetto alla ricezione.  

La notifica così effettuata è da ritenersi regolare e rituale.

Se è vero, infatti, che l'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato ha precisato che l'apposizione di un timbro sulla copia della sentenza impugnata, da cui risulta un diverso recapito del difensore domiciliatario, in assenza della relativa sottoscrizione, oltre a non dare la dovuta sicurezza della riferibilità al notificante di quanto risulta dal timbro, non manifesta una univoca volontà di modificare con l'elezione di domicilio già formalmente effettuata (A.P., 27 maggio 1999 n. 13), deve rilevarsi che tale principio è stato affermato con riferimento alla necessità di non gravare irragionevolmente la posizione dell'appellante, imponendogli un ingiustificato onere di accertamento del reale domicilio della parte di notificare il gravame, in relazione al termine breve per appellare.

Nel caso di specie, tuttavia, la notifica del gravame di cui si tratta si è completamente perfezionata, anche nel domicilio indicato col timbro sulla copia della sentenza notificata, mediante consegna dell'atto a persona addetta alla ricezione presso lo studio del procuratore della parte costituito in primo grado.

III. Passando all'esame del merito dell'appello, il Collegio osserva quanto segue.

III.1. Dalla lettura del provvedimento impugnato (delibera della Giunta regionale n. 10886 del 14 novembre 1983) emerge che, a causa del comportamento tenuto dal dipendente Simone Cataldo, rifiutatosi più volte di adempiere agli ordini di servizio impartitigli, l'Amministrazione regionale, oltre ad avviare nei suoi confronti la procedura per la dispensa dal servizio per insufficiente rendimento, ne dispose la sospensione dal servizio, ai sensi dell'art. 92 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, atteso che il comportamento tenuto poteva integrare gli estremi dei gravi atti di insubordinazione, punibili con la destituzione dal servizio, ai sensi dell'art. 84 del citato D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3.

Giova al riguardo rilevare che la sospensione cautelare dal servizio può essere disposta anche "prima che sia esaurito o iniziato il procedimento disciplinare" e quindi non ha natura disciplinare, mirando esclusivamente a tutelare il buon andamento dell'ufficio ai sensi dell'art. 97 della Costituzione; tant'è che, per un verso, essa deve fondarsi su gravi motivi (e non sui fatti di cui si sarebbe reso responsabile il dipendente, da accertare in sede penale o in sede disciplinare) e, per altro verso, perde efficacia se nei successivi quaranta giorni l'amministrazione non avvia concretamente il procedimento disciplinare.

III.2. Proprio la natura giuridica della sospensione cautelare dal servizio e la sua conseguente completa autonomia ed indipendenza dal procedimento disciplinare, escludono in radice che nel caso di specie possa essersi verificata qualsiasi perenzione del procedimento disciplinare, di cui peraltro, né il ricorrente in primo grado, né l'amministrazione appellante hanno fornito indizi sulla relativa esistenza, almeno in relazione alle questioni prospettate nel presente giudizio.

In presenza di un provvedimento di sospensione cautelare dal servizio l'unico termine che l'Amministrazione è tenuta a rispettare è quello fissato nello stesso articolo 92 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, a mente del quale entro i 40 giorni dalla sospensione dal servizio deve essere avviato il procedimento disciplinare.

Né può sostenersi che il termine di cui all'art. 120 del D.P.R. n. 3 del 1957, la cui violazione è stata invocata a sostegno della illegittimità del provvedimento impugnato in primo grado, sia applicabile al procedimento di dispensa, atteso che anche quest'ultimo non ha notoriamente natura disciplinare: e ciò senza contare che l'oggetto del provvedimento impugnato è esclusivamente la sospensione cautelare dal servizio.

III.3. Alla stregua di tali conclusioni l'appello della Regione Puglia deve ritenersi fondato, dovendo nei sensi sopra espressi interpretarsi l'unico motivo di appello proposto, fondato sulla contestazione dei fatti addotti dal ricorrente e sulla circostanza della mancata perenzione del procedimento disciplinare, quest'ultima precisata anche con riguardo al fatto che la delibera impugnata è stata adottata il 14 novembre 1983 (essendo irrilevante la data della sua comunicazione) e dunque entro il preteso termine di 90 giorni dalla formulazione delle pretese controdeduzioni fornite dal ricorrente il 29 settembre 1983.

Rileva per completezza il Collegio che l'effetto devolutivo dell'appello entro i limiti dei motivi d'impugnazione preclude al giudice del gravame esclusivamente di estendere le sue statuizioni a punti che non siano compresi, neanche implicitamente, nel tema del dibattito esposto nei motivi d'impugnazione, ma non esclude che lo stesso, senza violare il principio del "tantum devolutum quantum appellatum", possa fondare la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall'appellante nei suoi motivi, ovvero possa prendere in esame questioni non specificamente proposte dall'appellante le quali appaiono, tuttavia, nell'ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi costituendone un necessario antecedente logico e giuridico (Cass., sez. lav., 20 aprile 1999, n. 3905; C.d.S., sez. VI, 15 ottobre 1996 n. 1327), procedendo ad un'autonoma ricerca di norme e principi di diritto su cui fondare la decisione (C.d.S., sez. VI, 16 novembre 1994 n. 1638).

IV. In conclusione l'appello deve essere accolto ed in riforma dell'impugnata sentenza deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado da Simone Cataldo.

La mancata costituzione di quest'ultimo nel presente giudizio d'appello impedisce al Collegio di esaminare i motivi di censura svolti in primo grado e dichiarati assorbiti (C.d.S., Sez. V, 7 maggio 1996 n. 510).

Sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), accoglie l'appello proposto dalla Regione Puglia e in riforma dell'impugnata sentenza respinge il ricorso proposto in primo grado da Simone Cataldo.

Dichiara interamente compensate le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 maggio 2001, con l'intervento dei seguenti magistrati:

LUCIO          VENTURINI -   Presidente

CESARE        LAMBERTI  -   Consigliere

MARINELLA DEDI RULLI        - Consigliere

GIUSEPPE      CARINCI      - Consigliere

CARLO         SALTELLI     - Consigliere, est.

L'estensore                              Il Presidente

Depositata il 3 settembre 2001.

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