CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 26 giugno 2002 n. 3551 -
Pres. Paleologo, Est. Russo - Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma (Avv.ti S. Orestano e F. Bucci) c. Giordano (n.c.) e Visconti (n.c.) - (conferma T.A.R. Lazio, Sez. III, 23 novembre 2001 n. 10077).1. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Per le controversie in materia di diritto di accesso agli atti amministrativi ex art. 25 L. n. 241/90 - Sussiste.
2. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Costituisce un principio generale dell'ordinamento - Limitazioni od esclusioni - Sono di stretta interpretazione.
3. Atto amministrativo - Diritto di accesso - Istanza di un avvocato diretta al Consiglio dell'Ordine - A seguito della presentazione di un esposto - Tendente a conoscere la motivazione del provvedimento di archiviazione dell'esposto - Diritto di accedere a tali dati - Sussiste - Ragioni.
4. Atto amministrativo - Atto confermativo o no - Atto che riconferma il precedente senza alcuna nuova valutazione - E' confermativo - Atto che comporta una nuova valutazione - Non è confermativo.
1. Rientrano nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie relative al diritto di accesso ai documenti amministrativi ex art. 25 della L. n. 241/90 (1).
2. L'accesso ai documenti amministrativi costituisce un principio generale dell'ordinamento giuridico, dovendo considerarsi eccezionali le eventuali limitazioni od esclusioni, le quali sono pertanto di stretta interpretazione (2).
3. Sussiste il diritto di un avvocato, che ha presentato un esposto al Consiglio dell'Ordine, di conoscere la motivazione del provvedimento di archiviazione dell'azione disciplinare adottato dal Consiglio medesimo, ai fini della tutela della propria posizione giuridica.
Tale richiesta di accesso non riguarda infatti un atto contenuto nel fascicolo del Consiglio non soggetto alla normativa sull'accesso, in quanto partecipante della natura giurisdizionale del procedimento disciplinare, ma invece un atto, o meglio un elemento dell'atto (motivazione), qualificabile come amministrativo e utilizzabile ai fini dell'attività ulteriore, così come previsto dall'art. 22, comma 2, della L. 7 agosto 1990, n. 241.
4. L'atto meramente confermativo è quello che, senza alcuna nuova valutazione, richiama, ricordandone il contenuto, un precedente provvedimento (3), limitandosi a dichiarare l'esistenza del pregresso provvedimento, senza alcuna nuova istruttoria e senza alcun nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto già considerati in precedenza (4). Non è, viceversa, meramente confermativo l'atto adottato dall'Amministrazione dopo una nuova valutazione.
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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 1997, n. 433.
(2) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 1997, n. 1254; Ad. Plen., 4 febbraio 1997, n. 5.
(3) Giurisprudenza costante: v. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 6 agosto 1997, n. 769.
(4) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 maggio 2001, n. 2501; C.G.A., 21 dicembre 1998, n. 680.
FATTO
Con atto notificato il 4 ottobre 2001 l'avv. Diego Giordano proponeva dinanzi al T.A.R. del Lazio ricorso ex art.25 della legge n.241 del 1990 per ottenere la declaratoria di illegittimità della nota 1 agosto 2001 n.10258 a firma del Consigliere Segretario del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma, nella parte in cui rigettava la sua richiesta di conoscere la motivazione dei provvedimenti di archiviazione dell'azione disciplinare nei confronti dell'avv. Carlo Visconti, iniziata su suo esposto, e del silenzio-rifiuto in parte qua serbato sulla sua lettera raccomandata in data 28 maggio 2001, nonché la condanna del predetto Consiglio dell'Ordine a provvedere sulle sue istanze.
In sintesi, sosteneva il ricorrente che, a fronte delle sue reiterate richieste, la motivazione del diniego, basata sulla riservatezza delle pratiche disciplinari, non era pertinente, avendo egli chiesto di accedere non agli atti del procedimento ma al solo provvedimento finale, di cui gli era stato già comunicato il dispositivo ma non la motivazione.
Il controinteressato non si costituiva in giudizio. Si costituiva, invece, il Consiglio dell'Ordine eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere del ricorso in trattazione, nonché l'inammissibilità e/o irricevibilità dello stesso ricorso, sul rilievo che, ove l'azione avesse inteso investire il provvedimento di archiviazione della pratica disciplinare contro l'avv. Visconti, sussisterebbe la giurisdizione esclusiva del C.N.F./SS.UU. Civili della Corte di Cassazione ma che in nessuna parte dell'atto introduttivo si chiederebbe l'annullamento di tale provvedimento, peraltro conosciuto sin dal 19 maggio 2001. Ove, invece, avesse inteso investire il diniego di accesso, vi sarebbe un precedente diniego datato 21 maggio 2001 e mai impugnato, rispetto al quale il nuovo atto sarebbe meramente confermativo.
Il T.A.R. adito, con la sentenza gravata in questa sede, decideva, respingendole, le eccezioni di difetto di giurisdizione e di inammissibilità e/o irricevibilità del ricorso avversario sollevate dal Consiglio dell'Ordine e, riservata al definitivo ogni altra statuizione in rito, nel merito e sulle spese, rinviava l'ulteriore trattazione della causa alla camera di consiglio del 6 febbraio 2002.
Con atto di appello notificato il 25 gennaio e depositato il 7 febbraio 2002, il Consiglio dell'ordine degli Avvocati di Roma ha impugnato la sentenza non definitiva, depositata il 23 novembre 2001 e non notificata, deducendone l'erroneità, sia relativamente al capo con cui il giudice di prime cure ha disatteso l'eccezione di difetto di giurisdizione, sia relativamente al capo con il quale il primo giudice ha disatteso l'eccezione di inammissibilità e/o irricevibilità del ricorso avversario.
Il Consiglio dell'Ordine sostiene, anzitutto, che l'eccepito difetto di giurisdizione discenderebbe dalla natura del procedimento cui ineriscono gli atti ai quali il ricorrente di primo grado richiede di accedere, procedimento avente natura "paradisciplinare", di talché, essendo prevista la giurisdizione esclusiva del Consiglio Nazionale Forense per tutto quanto attiene alla disciplina degli appartenenti all'Ordine Forense, l'azione proposta dall'avv. Giordano, quand'anche venisse qualificata come di accesso ai documenti, dovrebbe essere attratta nell'ambito di tale giurisdizione "domestica".
Le disposizioni dell'ordinamento professionale forense costituirebbero lex specialis attraverso cui sarebbe consentita la deroga a quelle di carattere generale contenute nella legge n.241/90, e ciò a salvaguardia degli specifici interessi che la legge professionale forense disciplina, potendo l'accesso ai documenti del procedimento disciplinare rappresentare un grave vulnus al corretto andamento di questo e dunque alla realizzazione degli interessi di portata generale cui esso è preordinato.
Spetterebbe al Consiglio Nazionale Forense sia la cognizione dell'impugnazione del provvedimento ritenuto lesivo dal ricorrente in primo grado, sia la valutazione delle concrete modalità di accesso e della legittimità di un eventuale diniego all'accesso medesimo.
Nella specie, poi, aggiunge il Consiglio dell'Ordine appellante, l'indissolubile connessione tra il procedimento "paradisciplinare" al quale ineriscono gli atti nei confronti dei quali vorrebbe esercitarsi l'accesso ed il potere disciplinare del Consiglio medesimo, sarebbe fatta palese sia dalla circostanza che il ricorso di primo grado si sostanzierebbe in una serie di doglianze rivolte esclusivamente nei confronti del provvedimento di archiviazione dell'esposto presentato dall'avv. Giordano e nel desiderio di quest'ultimo di veder applicata una sanzione disciplinare nei confronti dell'avv. Visconti, sia dalla circostanza che il successivo ricorso presentato dall'avv. Giordano avverso il provvedimento di archiviazione conterrebbe gli stessi motivi di quello di cui si discute in questa sede.
Quanto al capo della sentenza impugnata con cui il giudice di prime cure ha disatteso l'eccezione di inammissibilità e/o irricevibilità del ricorso avversario, sostiene il Consiglio dell'Ordine che erroneamente il T.A.R. avrebbe mancato di rilevare che il provvedimento del 1° agosto 2001 era meramente confermativo del precedente diniego del 21 maggio 2001, non impugnato, dal momento che non vi sarebbe stata né una nuova istruttoria, né una rinnovata valutazione della situazione in punto di fatto e di diritto, né una nuova motivazione, non essendo stato il procedimento riaperto ed essendosi fatto semplice riferimento, ribadendola, alla motivazione del precedente diniego. Aggiunge infine il Consiglio dell'Ordine appellante che, quanto alla natura del diritto di accesso si tratterebbe, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, di posizione giuridica di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, come del resto riconosciuto dall'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato nella decisione n.16 del 24 giugno 1999, per cui la relativa azione, avendo natura impugnatoria, dovrebbe essere esercitata, a pena di decadenza, nel termine di cui all'art.25 della legge n.241/90, senza che tale termine possa essere "riesumato" attraverso la proposizione di una nuova istanza e l'impugnazione del successivo provvedimento di diniego, meramente confermativo del precedente, come, invece, sarebbe avvenuto nella fattispecie in esame.
Sia l'avv. Giordano, ricorrente in primo grado, che l'avv. Visconti, controinteressato (non costituito in prime cure), non si sono costituiti nella presente fase di giudizio.
Alla camera di consiglio del 5 marzo 2002 la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
L'appello in esame è infondato.
Ritiene il Collegio che, in via generale, le controversie relative al diritto di accesso ai documenti amministrativi appartengano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. Cons. St., IV, 29 aprile 1997, n.433) e che l'accesso ai documenti amministrativi costituisca un principio generale dell'ordinamento giuridico, dovendo le eventuali limitazioni od esclusioni considerarsi eccezionali e quindi di stretta interpretazione (cfr. Cons. St., IV, 3 novembre 1997, n.1254; Cons. St., Ad. Plen., 4 febbraio 1997, n.5).
Per la fattispecie in esame, deve dirsi che, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, il ricorrente in primo grado non ha chiesto di accedere ai documenti attinenti all'attività del Consiglio Nazionale consistente nella cognizione dei ricorsi ad esso devoluti contro i provvedimenti disciplinari irrogati dai Consigli dell'Ordine, attività avente natura giurisdizionale (contro le decisioni giurisdizionali del Consiglio Nazionale Forense è, infatti, ammesso ricorso alla Corte di Cassazione): né ha chiesto di accedere agli atti del procedimento disciplinare dinanzi al Consiglio dell'Ordine, iniziato su suo esposto, procedimento dallo stesso appellante qualificato come amministrativo. Ha chiesto di conoscere la motivazione del provvedimento di archiviazione dell'azione disciplinare adottato dal Consiglio medesimo al fine della tutela della propria posizione giuridica.
Si tratta, dunque, non di conoscere un atto contenuto nel fascicolo del Consiglio Nazionale Forense, non soggetto alla normativa sull'accesso in quanto partecipante della natura giurisdizionale del procedimento; ma invece un atto, o meglio un elemento dell'atto (motivazione), qualificabile come amministrativo e utilizzabile ai fini dell'attività ulteriore, come appunto previsto dall'art.22, comma 2, della L. 7 agosto 1990, n.241.
Nè il ricorrente ha inteso impugnare il provvedimento di archiviazione. Come risulta dall'epigrafe e dalle conclusioni dell'atto introduttivo del giudizio, nonché come si evince dal suo contesto, il ricorrente medesimo ha introdotto l'azione prevista dall'art.25 della legge n.241/90, insorgendo contro il diniego di accesso contenuto nella nota 1° agosto 2001 n.10528 e chiedendo che fosse ordinato all'Amministrazione, nella specie al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati (gli ordini professionali, infatti, hanno personalità giuridica di diritto pubblico - cfr. Cons. Stato, V, 12 novembre 1985, n.390 - e la loro attività amministrativa, pur non essendo assoggettata al controllo statale di legittimità o di merito, resta pur sempre sottoposta all'alta vigilanza del Ministero della Giustizia), di esibire il documento, o, meglio, quella parte del documento (motivazione) oggetto della sua domanda di accesso.
Per quanto, invece, riguarda le affermazioni dell'appellante secondo cui l'accesso ai documenti della vicenda disciplinare rappresenterebbe un grave vulnus al corretto svolgersi del procedimento e alla realizzazione degli interessi cui questo è preordinato, esse non possono venire esaminate in questa sede (appello avverso sentenza non definitiva su questioni pregiudiziali di rito), in quanto concernono il merito; sicchè la loro cognizione è riservata alla competenza del giudice di primo grado, il quale non si è ancora pronunciato al riguardo.
Quanto al secondo ordine di censure, deve dirsi che l'atto meramente confermativo è quello che, senza alcuna nuova valutazione, si limiti a richiamare, ricordandone il contenuto, un precedente provvedimento (cfr. Cons. St., IV, 6 agosto 1997, n.769); cioè, quello che si limiti a dichiarare l'esistenza del pregresso provvedimento, senza alcuna nuova istruttoria e senza alcuna nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto già considerati in precedenza (cfr. Cons. St., IV, 3 maggio 2001, n.2501; C.G.A., 21 dicembre 1998, n.680).
Nella specie, come si legge nel secondo provvedimento di diniego, che è del 1° agosto 2001, l'Amministrazione ha compiuto una nuova valutazione degli elementi di fatto già considerati in precedenza. Ciò risulta non soltanto da quella parte del provvedimento, citata dal giudice di primo grado, in cui si espone che <<il Consiglio ha riesaminato la pratica alla luce delle richieste contenute>> nelle istanze dell'avv. Giordano datate 28 maggio 2001 e 9 luglio 2001, <<respingendo infine le stesse; è stato, in particolare, confermato il provvedimento di archiviazione della pratica e ribadita la riservatezza del contenuto delle pratiche disciplinari, ai sensi del vigente regolamento consiliare di attuazione della legge 241/90>>; ma anche e soprattutto da quella parte del diniego in cui è detto che << effettivamente Ella - l'avv. Giordano - non aveva chiesto il rilascio di copia del provvedimento, ma di conoscerne il contenuto motivazionale, il che avrebbe comunque violato la riservatezza del contenuto del provvedimento >>. Dal che si evince con chiarezza che l'Amministrazione ha compiuto una nuova valutazione, cioè, ha riesaminato la situazione alla luce della richiesta dell'istante di accedere non genericamente agli atti del procedimento disciplinare (v. contenuto del precedente diniego del 21 maggio 2001), ma alla motivazione del provvedimento di archiviazione.
Casi del genere implicano, secondo la giurisprudenza, la volontà di rivedere ex novo l'affare e dunque una novazione della volontà amministrativa consistente, anzitutto, nell'annullamento al primo provvedimento.
La decisione impugnata ha, pertanto, correttamente affermato che il diniego del 1° agosto 2001 era un atto autonomamente impugnabile, in quanto non consistente in un semplice fin de non recevoir sulla nuova domanda.
Sicché l'appello va respinto.
Non essendosi costituite le controparti, non è luogo a pronunzia sulle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge l'appello.
Nulla per le spese del grado.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 5 marzo 2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta - riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti signori:
Giovanni PALEOLOGO Presidente
Raffaele M. DE LIPSIS Consigliere
Marcello BORIONI Consigliere
Antonino ANASTASI Consigliere
Nicola RUSSO Consigliere est.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Depositata in cancelleria in data 26 giugno 2002.