CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Sentenza 9 luglio 2002 n. 3819 - Pres. Trotta, Est. Di Napoli - Scordino (Avv.ti F. Scaglione e C.Valensise) c. Comune di Reggio Calabria (Avv. M. De Tommasi) e Cooperativa Mediterranea Sud a r.l. ed altri (n.c.) - (riforma T.A.R. Calabria - Reggio Calabria, 23 giugno 2000, n. 1025).
1. Giurisdizione e competenza - Espropriazione per p.u. - Controversia avente ad oggetto domanda risarcitoria in ordine ad acquisizione di un terreno in mancanza di un valido ed efficace decreto di esproprio (c.d. "occupazione acquisitiva") - Art. 34 del D. Lgs. n. 80/98 - Giurisdizione del giudice amministrativo.
2. Giurisdizione e competenza - Espropriazione per p.u. - Controversia avente ad oggetto domanda risarcitoria in ordine ad acquisizione di un terreno in mancanza di una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità (c.d. "occupazione usurpativa") - Art. 34 del D. Lgs. n. 80/98 - Non si applica - Conseguente attribuzione della giurisdizione sulla predetta controversia al giudice ordinario.
1. La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di espropriazione per pubblica utilità non si arresta al giudizio di annullamento del provvedimento amministrativo, ma si estende al sindacato sul rapporto tra privato ed amministrazione nella sua portata più ampia, comprensivo anche dei comportamenti materiali nei quali si risolve la c.d. "occupazione acquisitiva" (1).
2. In difetto di una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, in ragione della quale è stata disposta l'espropriazione di un fondo, non si realizza il fenomeno della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito, generatore di danno; in tale ipotesi la controversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (2).
------------------------------
(1-2) Commento di
MAURIZIO BORGO
(Avvocato
dello Stato)
Il Consiglio di Stato nuovamente alle prese con i fantasmi della "occupazione acquisitiva" e della "occupazione usurpativa".
A distanza di qualche mese dalla sentenza 29 aprile 2002 n. 2280 (commentata sulle pagine di questa Rivista on line), la Quarta sezione del Consiglio di Stato torna ad occuparsi, con la sentenza 9 luglio 2002 n. 3819, degli istituti della "occupazione acquisitiva" e della "occupazione usurpativa".
Anche in questa occasione, il massimo Consesso della giustizia amministrativa dimostra come gli istituti, più sopra citati, siano diventati una vera e propria "maledizione".
La sentenza in commento è stata pronunciata dai giudici di Palazzo Spada in ordine ad un appello, proposto nei confronti di una sentenza del T.A.R. per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, con la quale era stato affermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento ad alcune domande di risarcimento dei danni derivanti da ipotesi di "occupazione acquisitiva" e di "occupazione usurpativa".
Il Consiglio di Stato, ha evidenziato correttamente come "la domanda di risarcimento del danno, avanzata dal ricorrente, è soggetta all'applicazione degli att. 34 e 35 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo originario, comunque poi confermato dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, intervenuta a colmare la lacuna determinatasi per effetto della nota sentenza n. 292 del 2000 della Corte costituzionale. L'art. 34 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia. L'art. 35 stabilisce che il giudice amministrativo, nelle controversie rimesse alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto.
Queste disposizioni trovano entrambe applicazione al caso di specie.
La materia urbanistica comprende, ai sensi dell'art. 34, comma 2, "tutti gli aspetti dell'uso del territorio" e la giurisdizione del giudice amministrativo abbraccia, oltre alla cognizione degli atti e provvedimenti, anche i comportamenti delle amministrazioni pubbliche. L'ultimo comma dell'art. 34 prevede, altresì, che nulla è innovato "in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa".
Da queste disposizioni si evince che la giurisdizione esclusiva non si arresta al giudizio di annullamento del provvedimento amministrativo e che si estende al sindacato sul rapporto tra privato ed amministrazione nella sua portata più ampia, comprensivo anche dei comportamenti materiali. Perlomeno di quei comportamenti materiali che danno esecuzione o sono altrimenti collegati con il provvedimento. E' una logica ispirata al riparto della giurisdizione mediante individuazione di blocchi di materie, già osservata nel settore del pubblico impiego privatizzato e proseguita con l'assegnazione al giudice amministrativo della giurisdizione su pubblici servizi, urbanistica ed edilizia.
La nozione di urbanistica che ritaglia tale giurisdizione esclusiva è ampia al punto da assorbire tutti gli aspetti dell'uso del territorio. Essa si estende ai procedimenti di esproprio, comprensivi sia della dichiarazione di pubblica utilità, sia degli atti di occupazione d'urgenza e relativi comportamenti esecutivi, come confermato da due argomenti entrambi decisivi, l'uno di carattere letterale e l'altro teleologico.
Il primo argomento è quello desunto dal comma 3 dell'art. 34, che espressamente sottrae alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di indennità derivanti da atti di natura espropriativa od ablativa. Se il legislatore ha avvertito l'esigenza di fare questa precisazione, è innegabile che avesse intenzione di assegnare alla materia urbanistica la latitudine necessaria a coprire anche il procedimento di espropriazione. Un disegno che, peraltro, appare razionale, perché distingue due settori ben precisi: da un lato la giurisdizione del giudice amministrativo sugli atti di espropriazione e sui comportamenti connessi, che è in chiara linea di continuità con il passato e col sindacato esercitato sui provvedimenti presi in materia dall'amministrazione; dall'altro lato la giurisdizione del giudice ordinario, che risolve questioni di diritto soggettivo puro, pronunciandosi su indennizzi dipendenti da procedure di esproprio la cui legittimità non è comunque messa in discussione.
Il secondo argomento è quello che trae forza dai legami strettissimi che esistono tra la materia urbanistica e la materia dell'espropriazione. Così stretti che la scelta legislativa che avesse deciso di separarli affidandoli a giudici diversi sarebbe stata palesemente irrazionale: contraria sia all'esigenza di concentrazione e coordinamento di controversie tra loro collegate, sia all'esigenza primaria che sta a base della creazione di forme di giurisdizione esclusiva, volta ad impedire la difficoltà e la confusione che al cittadino potrebbero derivare da criteri insicuri di riparto della giurisdizione in settori cruciali. Renderebbe un pessimo servizio alla pratica il legislatore che separasse questi due momenti, assegnando i profili controversi dell'uno e dell'altro a giudici appartenenti a diverse giurisdizioni. Sicché il settore delle espropriazioni è assorbito nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla materia dell'urbanistica, salvo alcune considerazioni che si faranno appresso (così, in termini, IV Sez., 15 giugno 2001, n. 3169)".
Trattasi, come detto, di affermazioni perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione e con quella ordinaria di merito, le quali, dopo iniziali oscillazioni, hanno pacificamente affermato che, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 34 del D.Lgs. n. 80/98, la giurisdizione in materia di "occupazione acquisitiva" appartiene al giudice amministrativo.
Quello che lascia, a dir poco stupefatti, è la parte finale della sentenza in commento.
In essa, la Quarta sezione del Consiglio di Stato afferma che: "Va peraltro ribadito che esiste un rapporto di necessaria implicazione tra una efficace dichiarazione di pubblica utilità e la configurabilità di un'opera pubblica: non può aversi quest'ultima se manca la prima (IV, 9 aprile 1999, n. 606). Pertanto, in difetto di una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell'opera in ragione della quale è stata disposta l'espropriazione di un fondo non si realizza il fenomeno della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito, generatore di danno (IV, 2 giugno 2000, n. 3177). In tale ultima ipotesi la controversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario".
Un'affermazione, quest'ultima, che lascia allibiti.
Non si comprende, infatti, la ragione per la quale una controversia avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno nascente da un fatto illecito (c.d. "occupazione acquisitiva") rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo, mentre altra controversia avente sempre ad oggetto una domanda di risarcimento del danno nascente da un fatto illecito (c.d. "occupazione usurpativa") debba, invece, essere conosciuta dal giudice ordinario.
Ed ancora; per quale recondita ragione la c.d. "occupazione usurpativa" ovvero l'occupazione non assistita da una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, non merita di essere ricondotta ai "comportamenti" di cui parla l'art. 34 del D.Lgs. n. 80/98.
In ultimo, sia permesso rivolgere ai giudici di Palazzo Spada una sommessa domanda: come si concilia la sentenza in commento ed il discrimine, da essa operato in materia di giurisdizione, con le disposizioni contenute nell'art. 43 del Testo Unico in materia di espropriazione di pubblica utilità (testo forgiato nelle medesime "fucine" del Consiglio di Stato)?
Come noto, la norma, da ultimo menzionata (letta in combinato disposto con l'articolo 53 del Testo Unico), attribuisce inequivocabilmente al giudice amministrativo le controversie concernenti l'utilizzo di "un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità".
Una disposizione che pone sullo stesso piano, ai fini, tra l'atro, dell'individuazione del giudice "competente" a conoscere delle relative controversie, l'ipotesi che, un tempo, sarebbe stata qualificata come "occupazione acquisitiva" e quella che la Corte di Cassazione ebbe ad indicare con l'espressione di "occupazione usurpativa".
In attesa di una risposta, chi scrive non può che ribadire quanto affermato nella nota, menzionata in apertura del presente commento, ovvero che i giudici di Palazzo Spada sono ormai prigionieri dei fantasmi dell'occupazione acquisitiva e dell'occupazione usurpativa che, a quanto sembra, non si sono acquietati neppure alla notizia dell'ulteriore rinvio dell'entrata in vigore del "famigerato" articolo 43 del D.P.R. n. 327/2001.
Urgono degli "acchiappafantasmi"!
FATTO
Con ricorso notificato il 30 dicembre 1999 il dott. Giovanni Scordino, premesso di essere erede, per un terzo, di Caterina Scordino, la quale era proprietaria di alcuni fondi interessati da un piano di zona per l'edilizia economica e popolare, adottato con deliberazione del Consiglio comunale di Reggio Calabria 7 gennaio 1987 n. 3 (in cui veniva incluso ed integrato un intervento edilizio diretto del Comune, già in atto, per la realizzazione di 72 alloggi), ha chiesto il risarcimento del danno spettantegli pro quota: a) per la perdita della proprietà dei terreni originariamente occupati dalle cooperative assegnatarie in forza di valido decreto di occupazione, ormai scaduto, ed irreversibilmente trasformati; b) per l'occupazione sine titulo e la trasformazione di un'area maggiore rispetto a quella assentita; c) per aver annullato, attraverso l'ingiusta reiterazione dei vincoli nascenti dall'adozione del P.E.E.P., mai approvato e dalla destinazione dell'intera proprietà ad insediamenti edilizi mai realizzati ed a viabilità o servizi o verde pertinenziali, egualmente mai realizzati, la suscettività edificatoria, già presente sull'intera proprietà, riducendo le aree non occupate a relitti.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, con sentenza 23 giugno 2000 n. 1025, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Con ricorso depositato il 28 ottobre 2000 il dott. Giovanni Scordino ha proposto appello avverso l'anzidetta sentenza, denunciandone l'erroneità.
Il Comune di Reggio Calabria si è costituito in giudizio e, con memoria depositata il 21 dicembre 2000, ha chiesto il rigetto dell'appello.
Con memoria depositata il 3 aprile 2001 l'appellante ha insistito per l'accoglimento dell'appello.
DIRITTO
Il ricorrente chiede il risarcimento del danno spettantegli pro quota (in quanto comproprietario): a) per la perdita della proprietà dei terreni originariamente occupati dalle cooperative assegnatarie in forza di valido decreto di occupazione, ormai scaduto, ed irreversibilmente trasformati; b) per l'occupazione sine titulo e la trasformazione di un'area maggiore rispetto a quella assentita; c) per aver annullato, attraverso l'ingiusta reiterazione dei vincoli nascenti dall'adozione del P.E.E.P., mai approvato e dalla destinazione dell'intera proprietà ad insediamenti edilizi mai realizzati ed a viabilità o servizi o verde pertinenziali, egualmente mai realizzati, la suscettività edificatoria, già presente sull'intera proprietà, riducendo le aree non occupate a relitti.
Il T.A.R., con la sentenza appellata, ha escluso la giurisdizione del giudice amministrativo.
Il Collegio non condivide l'assunto del primo giudice.
La domanda di risarcimento del danno, avanzata dal ricorrente, è soggetta all'applicazione degli att. 34 e 35 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo originario, comunque poi confermato dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, intervenuta a colmare la lacuna determinatasi per effetto della nota sentenza n. 292 del 2000 della Corte costituzionale.
L'art. 34 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia. L'art. 35 stabilisce che il giudice amministrativo, nelle controversie rimesse alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto.
Queste disposizioni trovano entrambe applicazione al caso di specie.
La materia urbanistica comprende, ai sensi dell'art. 34, comma 2, "tutti gli aspetti dell'uso del territorio" e la giurisdizione del giudice amministrativo abbraccia, oltre alla cognizione degli atti e provvedimenti, anche i comportamenti delle amministrazioni pubbliche. L'ultimo comma dell'art. 34 prevede, altresì, che nulla è innovato "in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa".
Da queste disposizioni si evince che la giurisdizione esclusiva non si arresta al giudizio di annullamento del provvedimento amministrativo e che si estende al sindacato sul rapporto tra privato ed amministrazione nella sua portata più ampia, comprensivo anche dei comportamenti materiali. Perlomeno di quei comportamenti materiali che danno esecuzione o sono altrimenti collegati con il provvedimento. E' una logica ispirata al riparto della giurisdizione mediante individuazione di blocchi di materie, già osservata nel settore del pubblico impiego privatizzato e proseguita con l'assegnazione al giudice amministrativo della giurisdizione su pubblici servizi, urbanistica ed edilizia.
La nozione di urbanistica che ritaglia tale giurisdizione esclusiva è ampia al punto da assorbire tutti gli aspetti dell'uso del territorio. Essa si estende ai procedimenti di esproprio, comprensivi sia della dichiarazione di pubblica utilità, sia degli atti di occupazione d'urgenza e relativi comportamenti esecutivi, come confermato da due argomenti entrambi decisivi, l'uno di carattere letterale e l'altro teleologico.
Il primo argomento è quello desunto dal comma 3 dell'art. 34, che espressamente sottrae alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di indennità derivanti da atti di natura espropriativa od ablativa. Se il legislatore ha avvertito l'esigenza di fare questa precisazione, è innegabile che avesse intenzione di assegnare alla materia urbanistica la latitudine necessaria a coprire anche il procedimento di espropriazione. Un disegno che, peraltro, appare razionale, perché distingue due settori ben precisi: da un lato la giurisdizione del giudice amministrativo sugli atti di espropriazione e sui comportamenti connessi, che è in chiara linea di continuità con il passato e col sindacato esercitato sui provvedimenti presi in materia dall'amministrazione; dall'altro lato la giurisdizione del giudice ordinario, che risolve questioni di diritto soggettivo puro, pronunciandosi su indennizzi dipendenti da procedure di esproprio la cui legittimità non è comunque messa in discussione.
Il secondo argomento è quello che trae forza dai legami strettissimi che esistono tra la materia urbanistica e la materia dell'espropriazione. Così stretti che la scelta legislativa che avesse deciso di separarli affidandoli a giudici diversi sarebbe stata palesemente irrazionale: contraria sia all'esigenza di concentrazione e coordinamento di controversie tra loro collegate, sia all'esigenza primaria che sta a base della creazione di forme di giurisdizione esclusiva, volta ad impedire la difficoltà e la confusione che al cittadino potrebbero derivare da criteri insicuri di riparto della giurisdizione in settori cruciali. Renderebbe un pessimo servizio alla pratica il legislatore che separasse questi due momenti, assegnando i profili controversi dell'uno e dell'altro a giudici appartenenti a diverse giurisdizioni. Sicché il settore delle espropriazioni è assorbito nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla materia dell'urbanistica, salvo alcune considerazioni che si faranno appresso (così, in termini, IV Sez., 15 giugno 2001, n. 3169).
E' dunque errata la decisione del T.A.R. che ha declinato la propria giurisdizione nella materia espropriativa.
Va peraltro ribadito che esiste un rapporto di necessaria implicazione tra una efficace dichiarazione di pubblica utilità e la configurabilità di un'opera pubblica: non può aversi quest'ultima se manca la prima (IV, 9 aprile 1999, n. 606). Pertanto, in difetto di una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell'opera in ragione della quale è stata disposta l'espropriazione di un fondo non si realizza il fenomeno della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito, generatore di danno (IV, 2 giugno 2000, n. 3177). In tale ultima ipotesi la controversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.
In conclusione, va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo per le domande di risarcimento del danno di cui alle precedenti lettere a) e c), per le quali la causa va rimessa al giudice di primo grado, mentre per l'occupazione di aree sine titulo (lett. b) va confermata la giurisdizione del giudice ordinario.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare fra le parti le spese del secondo grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quarta Sezione, accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso in appello proposto, come in epigrafe, da Giovanni Scordino e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, rinvia la causa al giudice di primo grado.
Compensa fra le parti le spese del giudizio di secondo grado.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso a Roma, nelle camere di consiglio del 22 maggio 2001, con l'intervento dei signori:
Gaetano Trotta Presidente
Anselmo Di Napoli Consigliere, estensore
Ermanno De Francisco Consigliere
Vito Poli Consigliere
Carlo Saltelli Consigliere
Depositata in cancelleria in data 9 luglio 2002.