Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Principio dell'allineamento stipendiale - Divieto di applicazione - Ex art. 2 D.L. n. 333/1992 e art. 7 D.L. n. 384/1992 - Riguarda anche i giudizi instaurati prima dell'emanazione delle norme de quibus.
Ai sensi dell'articolo 2, comma 4°, del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359 (il quale ha abrogato le disposizioni che prevedevano l'allineamento stipendiale dei dipendenti pubblici) e dell'articolo 7, comma 7°, del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438 (il quale ha stabilito che la predetta disposizione va interpretata nel senso che dalla sua entrata in vigore non possono essere più adottati provvedimenti di allineamento ancorché aventi effetti anteriori all'11 luglio 1992), il divieto di allineamento stipendiale per il personale di Magistratura e per gli avvocati e procuratori dello Stato dispiega effetti tanto nel caso di attribuzione in via amministrativa, quanto per il caso di attribuzione in sede giurisdizionale e si applica anche ai giudizi relativi a ricorsi antecedenti alle norme sopravvenute (1).
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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 1998, n. 958.
Alla stregua del principio la Sez. IV, in riforma dell'impugnata sentenza, ha respinto la richiesta degli originari ricorrenti (che erano magistrati ordinari) intesa all'accertamento del loro diritto all'allineamento retributivo con lo stipendio di un collega con minore anzianità di servizio, ma in posizione deteriore nel ruolo, anche se il ricorso era stato proposto prima dell'entrata in vigore delle citate disposizioni.
Infatti, per effetto del combinato disposto dell'art. 2 , comma 4°, del D.L. 11 luglio 1992, n.333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n.359 e dell'art 7, 7° comma del D.L. 19 settembre 1992, n.384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438 (tutti relativi all'abrogazione delle norme in materia di allineamenti stipendiali) non possono essere più adottati provvedimenti di allineamento stipendiale ancorchè aventi effetto per il periodo pregresso, di tal che il diritto degli interessati resta inciso, nonostante che costoro abbiano maturati i requisiti a quel fine richiesti; e neppure possono essere adottate pronunzie giurisdizionali che accertino il relativo diritto, ormai espunto dall'ordinamento: v. in tal senso Sez. IV, 8 gennaio 1998, n. 5 e 11 febbraio 1999, n. 145.
Sull'istituto dell'allineamento stipendiale v. l'apposita pagina di approfondimento.
V. anche, sempre in questa Rivista, CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 7 ottobre 1999 n. 379 ed ordinanza 25 febbraio 1999 n. 44.
FATTO
Con ricorso presentato innanzi al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino Alto Adige i dott.ri CHIARO Pietro, SANTANIELLO Bernardetta, BASILE Rosario e CLAUDIO Luigi, magistrati con qualifica di Consigliere di Corte d'Appello, chiedevano l'accertamento del loro diritto all'allineamento stipendiale con il dott. Antonio Francesco Esposito, uditore giudiziario con funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso la Procura Circondariale di Lecce.
Esponevano i ricorrenti che- pur rivestendo una qualifica superiore e una maggiore anzianità di servizio- avevano un trattamento stipendiale inferiore a quello del dott. Esposito, il quale, avendo prestato servizio come referendario parlamentare al Senato, percepiva un maggiore stipendio
A sostegno del gravame gli interessati invocavano i principi costituzionali della assoluta parità di trattamento economico dei magistrati ordinari a parità di funzioni (artt. 3,36 e 107 della Cost.) nonché la violazione delle seguenti norme:
a) art. 4, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n.869, che prevede l'attribuzione ai colleghi con pari o maggiore anzianità di qualifica, dello stipendio eventualmente superiore del collega meno anziano;
b) art. 1, primo comma, della legge 8 agosto 1991, n.265, che riconosce espressamente l'applicabilità della citata legge n.869/1982 al personale della magistratura ordinaria.
Si costituiva l'Amministrazione di Grazia e Giustizia, che insisteva per la reiezione del ricorso, richiamando, al riguardo, le disposizioni normative che hanno comportato la abrogazione dell'istituto del cd. "galleggiamento" stipendiale per i pubblici dipendenti e negando, comunque, la sussistenza di elementi di illegittimità costituzionale nelle anzidette norme.
L'adito TAR, con ordinanza n. 35/93 del 14 aprile 1993, rimetteva alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell'art. 2 , comma 4°, del D.L. 11 luglio 1992, n.333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n.359 e dell'art 7, 7° comma del D.L. 19 settembre 1992, n.384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438, tutti relativi all'abrogazione delle norme in materia di allineamenti stipendiali.
In pari data lo stesso T.R.G.A. emetteva la sentenza n. 118/93, con la quale- pur dando atto della rimessione alla Corte Costituzionale della predetta questione- risolveva "come in motivazione" (e, cioè, in senso favorevole ai ricorrenti) "le questioni pregiudiziali".
Impugna tale decisione il Ministero di Grazia e Giustizia, sostenendone, in via pregiudiziale, la erroneità, per essersi i primi giudici comunque pronunciati su "questioni pregiudiziali", la cui decisione, invece, avrebbe dovuto essere subordinata all'esito della sollevata questione di legittimità costituzionale (non essendo concepibile una soluzione anticipata della causa).
Nel merito, l'appellante amministrazione censura la tesi del T.R.G.A., sostenendo che la disciplina posta dalla citata l. 265/91 avrebbe- in parte qua- carattere retroattivo, "in forza del carattere interpretativo delle relative disposizioni".
DIRITTO
1) Si può prescindere dall'esame della preliminare censura afferente la dedotta impossibilità dei primi giudici di decidere alcune problematiche, erroneamente definite "preliminari", ma, in effetti, costituenti il reale oggetto dell'odierna controversia e, in quanto tale, demandate- con separata ordinanza- al vaglio della Corte Costituzionale affinchè si pronunci sulla prospettata questione di legittimità costituzionale delle norme abrogative del cd. " allineamento" o "galleggiamento" stipendiale, in quanto l'appello è fondato nel merito.
1.1) Con la gravata sentenza parziale il Tribunale ha, in sostanza, ritenuto illegittimo il comportamento dell'Amministrazione di Grazia e Giustizia, che non aveva dato seguito alle numerose istanze degli originari ricorrenti- magistrati ordinari in servizio nel distretto giudiziario di Trento- intese ad ottenere l'allineamento retributivo con lo stipendio di un collega con minore anzianità di servizio, ma in posizione deteriore nel ruolo. Ciò in quanto - secondo il T. R.G.A.- la disciplina introdotta dalla legge 8 agosto 1991, n.265 ( che, come è noto, ha previsto espressamente per il personale di magistratura l'applicazione del meccanismo dell'allineamento, in precedenza riconosciuto estensibile in via interpretativa), ha carattere innovativo e non esplicherebbe effetti retroattivi, e, quindi, alla fattispecie, non si applicherebbe la disposizione di cui al terzo comma dello stesso articolo 1, secondo cui " nel caso di accesso a carriere di magistratura mediante concorso di primo grado non si applicano i trattamenti di maggior favore eventualmente in godimento, previsti dall'art. 4, terzo comma, del decreto-legge 27 ottobre 1982, n.681, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1982, n. 869". Pertanto, ai ricorrenti in primo grado - che sono entrati in magistratura mediante concorso di primo grado- l'allineamento stipendiale non sarebbe precluso dalla menzionata disposizione di legge.
La prospettata tesi non può essere condivisa.
2) Osserva, al riguardo, il Collegio che- anche a volere prescindere dalla considerazione che , contrariamente all'assunto dei primi giudici, la disciplina posta della citata legge n.265/91 ha, in parte qua, carattere di retroattività, in forza del carattere interpretativo delle relative disposizioni- la questione della possibilità o meno di emettere provvedimenti di allineamento stipendiale risulta, ormai, esaurientemente esaminata dalla giurisprudenza amministrativa (e costituzionale)., anche alla luce della interpretazione della intera normativa in materia, con particolare riferimento all'art. 2 , comma 4°, del D.L. 11 luglio 1992, n.333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n.359 ed all'art 7, 7° comma del D.L. 19 settembre 1992, n.384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438, tutti relativi all'abrogazione delle norme in materia di allineamenti stipendiali.
Invero, può ritenersi consolidato il principio, secondo cui- per effetto del combinato disposto dei richiamati articoli- non possono essere più adottati provvedimenti di allineamento stipendiale ancorchè aventi effetto per il periodo pregresso, di tal che il diritto degli interessati resta inciso, nonostante che costoro abbiano maturati i requisiti a quel fine richiesti; e neppure possono essere adottate pronunzie giurisdizionali che accertino il relativo diritto, ormai espunto dall'ordinamento (ex plurimis: Sez. IV: 8 gennaio 1998, n.5 e 11 febbraio 1999, n.145).
D'altra parte, se è vero che il principio del c.d. allineamento stipendiale va inteso come un principio di carattere generale applicabile a tutti gli impiegati dello Stato, è anche vero che esso va interpretato ed applicato in armonia con le restanti norme dell'ordinamento. Più precisamente, come ogni altro principio generale, esso va applicato tenendo conto dei suoi limiti intrinseci ed estrinseci: intendendosi per limiti estrinseci quelli che, pur taciuti dalla sua formulazione letterale, sono tuttavia desumibili dalla ratio legis e sono dunque implicitamente contenuti nella norma che lo istituisce; e per limiti estrinseci quelli contenuti in altre disposizioni che, regolando casi determinati, si pongono come eccezionali rispetto al principio generale.
Orbene, in forza dell'articolo 2, comma 4, del citato D.L. n. 333/92, convertito dalla legge n. 359/92, che ha abrogato le disposizioni che prevedevano l'allineamento stipendiale dei dipendenti pubblici, e dell'articolo 7, comma 7, del menzionato D.L.n. 384/92, convertito dalla legge n. 438/92, che ha stabilito che la predetta disposizione va interpretata nel senso che dalla sua entrata in vigore non possono essere più adottati provvedimenti di allineamento ancorché aventi effetti anteriori all'11 luglio 1992, non v'è dubbio che il divieto di allineamento stipendiale per il personale di Magistratura e per gli avvocati e procuratori dello Stato dispiega effetti tanto nel caso di attribuzione in via amministrativa, quanto per il caso di attribuzione in sede giurisdizionale, e si applica anche ai giudizi relativi a ricorsi antecedenti alle norme sopravvenute (Sez.IV: 18 giugno 1998, n.958).
3) In corretta applicazione dei suesposti principi ed alla luce dei principi ormai consolidati nella subiecta materia, l'appello va accolto e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, va respinta la richiesta degli originari ricorrenti intesa all'accertamento del loro diritto all'allineamento retributivo con lo stipendio di un collega con minore anzianità di servizio, ma in posizione deteriore nel ruolo.
Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione dei convenuti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l'effetto, annulla l'impugnata decisione.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dalla Sezione IV del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 7 maggio, con l'intervento dei signori:
Gaetano Trotta - Presidente
Raffaele Maria De Lipsis - Consigliere estensore
Marinella Dedi Rulli - Consigliere
Vito Poli - Consigliere
Carlo Saltelli - Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Depositata in segreteria il
29 ottobre 2002.