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n. 11-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - Ordinanza 7 novembre 2002 n. 6102 - Pres. Paleologo, Est. Troiano - Ministero della Giustizia (Avv.ra Stato) c. Pantaleoni (Avv.ti Borella e Lorenzoni) - (rimette all'Adunanza Plenaria la decisione dell'appello avverso la sentenza del T.A.R. Veneto, Sez. I, 5 novembre 2001, n. 3352).

Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Interesse al ricorso - Principio dell'assorbimento - Limiti di operatività - Individuazione - Deferimento della questione alla decisione dell'Adunanza Plenaria - Fattispecie relativa a concorso per abilitazione alla professione di avvocato.

Va rimessa alla decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'articolo 45, commi 2 e 3 del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, la questione riguardante i limiti di operatività del c.d. principio di assorbimento (secondo cui l'effetto caducante non si esplica sugli atti ulteriori che assorbano, comunque, il provvedimento originariamente impugnato), il quale determina eventualmente l'improcedibilità del ricorso.

Più precisamente occorre verificare se il principio dell'assorbimento, affermato in passato in materia di esami di maturità, possa operare anche nel caso di concorso (nella specie, per l'abilitazione alla professione di avvocato), nell'ipotesi in cui, a seguito dell'annullamento in s.g. della valutazione negativa delle prove scritte, la commissione esaminatrice, dopo aver rinnovato la valutazione delle prove scritte ed aver ammesso il candidato alla prova orale, abbia anche proceduto all'espletamento di tale prova, formulando un giudizio positivo (1).

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(1) Nella motivazione dell'ordinanza si ricorda che la giurisprudenza di Consiglio di Stato è prevalentemente orientata nel senso di ritenere che il limite all'espansione dell'effetto caducante sugli ulteriori atti adottati dall'Amministrazione sia rappresentato dall'operatività del c.d. principio di assorbimento, nel senso che l'effetto caducante non si esplica sugli atti ulteriori che assorbano, comunque, il provvedimento originariamente impugnato operando una nuova verifica che si ponga come "circostanza esterna e sopravvenuta".

In tal senso si è ritenuto che il superamento degli esami di maturità, che il candidato abbia sostenuto a seguito di ammissione con riserva da parte del giudice amministrativo, assorbe il giudizio negativo di ammissione espresso dal Consiglio di classe, determinando l'improcedibilità del ricorso avverso l'originario provvedimento di non ammissione (Cons. Stato, Sez. VI, 20 dicembre 1999, n. 2098; id., 20 marzo 1996, n. 474; id., 25 marzo 1998, n. 178; contra, Sez. VI, 11 luglio 1994, n. 1154).

Nella specie ci si è chiesti se tale principio possa operare anche nel caso in cui, a seguito dell'annullamento in s.g. della valutazione negativa delle prove scritte (ritenuta illegittima in primo grado per omessa motivazione, essendo stata ritenuta insufficiente la valutazione in forma numerica), la commissione esaminatrice, dopo aver rinnovato la valutazione delle prove scritte ed aver ammesso il candidato alla prova orale, abbia anche proceduto all'espletamento di tale prova, formulando un giudizio positivo.

 

 

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto Simone Pantaleoni impugnava gli atti della Commissione di concorso per gli esami di avvocato, sessione 2000, nella parte in cui è stata assegnata al ricorrente una votazione finale insufficiente relativamente alle prove scritte con la conseguente non ammissione alle prove orali.

In particolare il ricorrente, non essendo stato ammesso alla prova orale degli esami di avvocato, sessione 2000, presso la Corte di Appello di Venezia, deduceva le seguenti censure avverso il provvedimento di non ammissione:

1) Violazione di legge (articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241) ed eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione.

La mera espressione numerica utilizzata dalla Commissione quale motivazione del provvedimento di non ammissione alla prova orale è del tutto insufficiente.

2) Violazione di legge (articolo 17 bis del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37 introdotto dall'articolo 3 della legge 27 giugno 1988, n. 242; articolo 34 dello stesso R.D. modificato dall'articolo 5 della legge 20 aprile 1989). Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione e comunque della mancata verbalizzazione.

E' illegittima l'attribuzione al ricorrente di un punteggio complessivo per ciascuna delle tre prove scritte senza che risulti dal verbale il punteggio attribuito da ciascuno dei commissari.

Con decisione 5 novembre 2001, numero 3352 il T.a.r. adito in relazione al primo motivo.

Avverso detta pronuncia interponeva appello il Ministero della Giustizia con atto notificato il 17 dicembre 2001 e depositato in data 10 gennaio 2002, deducendo, con l'unico motivo di gravame, che la motivazione del provvedimento di non ammissione mediante voto numerico doveva ritenersi sufficiente. Si richiamava il consolidato indirizzo della giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui l'onere della motivazione dei giudizi inerenti le prove scritte ed orali di un concorso o di un esame è sufficientemente adempiuto con l'attribuzione di un punteggio alfanumerico, configurandosi quest'ultimo come formula sintetica ma eloquente di esternazione della valutazione tecnica compiuta dalla commissione che è priva di valenza schiettamente provvedimentale (ex plurimis, Sez. IV, 8 maggio 2000, n. 2642; Cons. giust. amm., 29 dicembre 1997, n. 583; Sez. VI, 27 maggio 1996, n. 747; Sez. V, 19 settembre 1995, n. 1323).

Resisteva all'appello il sig. Simone Pantaleoni, e con memoria depositata il 14 giugno 2002 deduceva che, in esecuzione dell'appellata sentenza del Tribunale amministrativo regionale la Commissione per gli esami di avvocato sessione 2000 si è riunita il 7 dicembre 2001 per correggere nuovamente gli elaborati e, attribuito un più favorevole punteggio alle prove scritte, ha ammesso il candidato alle prove orali.

Si deduce, inoltre, che le prove orali sono state già espletate e superate dall'odierno appellata in data 8 febbraio 2002.

In relazione a tali premesse il sig. Pantaleoni eccepisce in primo luogo l'improcedibilità dell'appello per sopravvenuta carenza di interesse del Ministero della Giustizia ad ottenere l'annullamento della sentenza di primo grado, in quanto il provvedimento sfavorevole di non ammissione alle prove orali sarebbe orami superato ed assorbito a seguito delle favorevoli valutazioni espresse dalla Commissione in sede di ricorrezione delle prove scritte ed in sede di prova orale.

Si deduce, comunque, l'infondatezza nel merito del mezzo di gravame proposta dal Ministero della Giustizia, riproponendosi in via subordinata il secondo motivo del ricorso introduttivo, rimasto assorbito all'esito del primo grado di giudizio.

DIRITTO

1. Il Collegio deve darsi carico in via pregiudiziale dell'eccezione di improcedibilità dell'appello dispiegata dall'appellato.

Deduce l'appellato che è venuto meno l'interesse del Ministero della Giustizia ad ottenere l'annullamento della sentenza di primo grado, in quanto il provvedimento sfavorevole di non ammissione alla prova orale dell'esame di avvocato sarebbe oramai superato ed assorbito a seguito delle favorevoli valutazioni del candidato espresse dalla Commissione esaminatrice in sede di ricorrezione delle prove scritte - effettuata in esecuzione di tale pronuncia - ed in sede di prova orale.

In senso contrario l'Amministrazione rileva che gli atti della Commissione favorevoli all'appellato sono stati posti in essere al solo fine di dare "provvisoria esecuzione" alla sentenza del Tribunale amministrativo regionale, sicché la predetta attività attuativa potrà continuare ad essere produttiva di effetti solo in quanto venga confermata la sentenza di primo grado; solo la definitività di quest'ultima potrebbe determinare l'annullamento dell'originario provvedimento sfavorevole ed il consolidarsi degli atti adottati in esecuzione della decisione del Tribunale.

2. Le questioni di rito sottoposte al Collegio attengono alla determinazione dei presupposti e dei limiti all'applicazione al giudizio amministrativo del principio di cui all'articolo 336, comma 2, cod. proc. civ., per cui "la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata".

In particolare, il problema dell'applicazione di tale principio alla fattispecie in esame si pone sotto due distinti profili.

2.1 In primo luogo deve verificarsi se un'eventuale decisione di riforma in appello determinerebbe la caducazione del provvedimento adottato dall'Amministrazione in diretta esecuzione della sentenza di primo grado, ossia dell'atto di ricorrezione delle prove scritte e di ammissione alla prova orale con cui la Commissione, in esecuzione della sentenza del Tribunale amministrativo regionale, ha direttamente sostituito il provvedimento di non ammissione impugnato ed annullato dal Tribunale.

A tale riguardo il Collegio rileva che gli atti adottati dall'Amministrazione per sostituire il provvedimento annullato, al dichiarato fine di dare provvisoria esecuzione ad una decisione del Tribunale amministrativo regionale avverso la quale è contestualmente proposto gravame, non esprimono acquiescenza alla decisione del Tribunale. L'efficacia di tali atti dovrebbe, quindi, venire meno nel caso di eventuale riforma della decisione di primo grado all'esito del giudizio di appello.

2.2 Diversa questione è se l'effetto caducante dell'eventuale decisione di riforma in appello si estenda a tutti gli ulteriori atti adottati dall'Amministrazione a seguito della sostituzione del provvedimento annullato in primo grado.

A tale riguardo si osserva che sovente l'attività amministrativa non si esaurisce nella semplice rinnovazione del provvedimento annullato dal Tribunale amministrativo regionale, ma comporta il compimento di ulteriori atti che hanno come presupposto logico e giuridico il nuovo provvedimento adottato in esecuzione della sentenza di primo grado.

Nella fattispecie in esame, in particolare, la Commissione esaminatrice, dopo aver rinnovato la valutazione delle prove scritte ed aver ammesso il candidato alla prova orale, ha anche proceduto all'espletamento di tale prova, formulando un giudizio positivo.

In relazione a tale questione la giurisprudenza di questo Consiglio è prevalentemente orientata nel senso di ritenere che il limite all'espansione dell'effetto caducante sugli ulteriori atti adottati dall'Amministrazione sia rappresentato dall'operatività del c.d. principio di assorbimento, nel senso che l'effetto caducante non si esplica sugli atti ulteriori che assorbano, comunque, il provvedimento originariamente impugnato operando una nuova verifica che si ponga come "circostanza esterna e sopravvenuta". In tal senso si è ritenuto che il superamento degli esami di maturità, che il candidato abbia sostenuto a seguito di ammissione con riserva da parte del giudice amministrativo, assorbe il giudizio negativo di ammissione espresso dal Consiglio di classe determinando l'improcedibilità del ricorso avverso l'originario provvedimento di non ammissione (Sez. VI, 20 dicembre 1999, n. 2098; id., 20 marzo 1996, n. 474; id., 25 marzo 1998, n. 178; contra, Sez. VI, 11 luglio 1994, n. 1154).

Tale orientamento si è, tuttavia, formato con riguardo alla specifica fattispecie dell'esame di maturità, caratterizzata dal fatto che tale esame "pur vertendo su un numero limitato di materie, comporta la valutazione globale del candidato, che la Commissione compie attraverso l'esame del curriculum scolastico, nel quale sono ricompresi i giudizi negativi espressi dal Consiglio di classe in sede di ammissione" (Sez. VI, n. 474 del 1996, cit.). Il giudizio di ammissione, pertanto, non può essere considerato giudizio definitivo nemmeno per quanto riguarda le materie oggetto d'esame, essendo sempre libera la Commissione di discostarsene attraverso una valutazione difforme del curriculum scolastico. Inoltre, nel caso dell'esame di maturità il giudizio di ammissione "non è presupposto indispensabile per sostenere l'esame stesso, bensì solo presupposto normalmente necessario" non essendo richiesto per i candidati privatisti (Sez. VI, n. 474 del 1996, cit.).

L'ipotesi in esame del candidato che superi la prova orale dell'esame di avvocato a seguito di un atto ammissione alla stessa adottato dall'Amministrazione in esecuzione di una sentenza di primo grado appellata presenta, peraltro, caratteristiche in parte diverse, in quanto l'ammissione alla prova orale costituisce senz'altro un presupposto indispensabile per l'espletamento della stessa.

Inoltre, sia l'originaria valutazione di non ammissione alla prova orale sia la valutazione positiva del candidato in sede di prova orale sono formulate dalla medesima Commissione nell'ambito di un procedimento unitario.

Va, infine, segnalato che le prove scritte e la prova orale dell'esame di avvocato hanno un oggetto parzialmente differente in quanto la prova orale, pur iniziando con una "succinta illustrazione delle prove scritte" (articolo 17-bis, comma 3, lettera a) del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37 come modificato dall'articolo 4 della legge 20 aprile 1989, n. 142), ha ad oggetto la discussione di brevi questioni su cinque materie che, in concreto, possono non corrispondere ad alcuna delle materie oggetto delle prove scritte.

Risulta, quindi, necessario precisare se, in presenza di tali presupposti, operi o meno il c.d. principio di assorbimento, determinando eventualmente l'improcedibilità del gravame.

Tale questione presenta una particolare importanza perché, come innanzi rilevato, postula la determinazione dei limiti generali all'operatività nel processo amministrativo del principio dell'effetto caducante della sentenza di riforma di cui all'articolo 336, comma 2, cod. proc. civ. Inoltre la decisione di tale questione incide sulla definizione di numerose controversie non solo in materia di esami di abilitazione di avvocato, ma anche in relazione ad altri esami o a concorsi che, parimenti, prevedano una prova scritta ed una prova orale e presentino caratteristiche similari.

Il Collegio ritiene, pertanto, opportuno rimettere la decisione di tale questione all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'articolo 45, commi 2 e 3 del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, in quanto trattasi di questione di massima di particolare importanza, che può dare, inoltre, luogo a contrasti giurisprudenziali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in Sede giurisdizionale, Sezione quarta, rimette il ricorso all'Adunanza Plenaria.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2002, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di consiglio con l'intervento dei signori:

Giovanni Paleologo Presidente

Filippo Patroni Griffi Consigliere

Carmine Volpe Consigliere

Marcello Borioni Consigliere

Paolo Troiano Consigliere estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Depositata in data 7 novembre 2002.

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