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Giurisprudenza
n. 3-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 10 marzo 1999 n. 231 - Pres. Serio, Est. de Francisco - Comune di Bergamo (Avv.ti Gaggioli e Romanelli) c. Coppola (Avv. Mittiga) - (conferma T.A.R. Lombardia, Sezione di Brescia, 24 ottobre 1991, n. 726).

Edilizia ed urbanistica - Concessione ed autorizzazione edilizia - Nel caso di mutamento di destinazione d'uso senza l'esecuzione di opere edilizie - Non occorre.

Giustizia amministrativa - Poteri del giudice - Potere di disapplicare incidenter tantum norme regolamentari illegittime - Sussiste.

Edilizia ed urbanistica - Concessione ed autorizzazione edilizia - Nel caso di mutamento di destinazione d'uso - Disciplina prevista dall'art. 25 L. n. 47/1985 - Norme regolamentari in contrasto - Debbono ritenersi superate - Impugnazione diretta di tale norme - Non occorre.

Deve ritenersi in via generale che, salve eventuali normative regionali richiamate nell'art. 25, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, il mutamento di destinazione d'uso sotto il profilo edilizio e urbanistico è rilevante solo se conseguente all'esecuzione di opere tali da rendere l'immobile strutturalmente idoneo ad un uso diverso da quello precedente (1). La modificazione d'uso meramente funzionale (e cioè senza l'esecuzione di opere edilizie) deve invece considerarsi attività libera, non soggetta nemmeno ad autorizzazione edilizia.

Nel giudizio amministrativo di legittimità il giudice amministrativo può disapplicare in via incidentale norme regolamentari illegittime (2).

La sopravvenienza dell'articolo 25 della legge n. 47/85 - vuoi in forza del principio dello ius superveniens, vuoi in forza del principio di gerarchia delle fonti - comporta il superamento automatico della previsione delle norme regolamentari preesistenti in materia urbanistica, di modo che deve escludersi la necessità di una loro diretta impugnazione.

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 febbraio 1990, n. 163.

(2) Per la disapplicabilità dell'atto regolamentare illegittimo, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 febbraio 1992, n. 154; id. 24 luglio 1993, n. 799; id., 19 settembre 1995, n. 1332; C.G.A., 20 marzo 1996, n. 75 e 25 ottobre 1996, n. 366.

 

 

DIRITTO: La sentenza di primo grado ha ritenuto che l'articolo 12 delle N.T.A. del Piano di Recupero della zona ove è ubicato l'immobile di cui trattasi, che pone un limite del 20% alle destinazioni d'uso diverse da quella abitativa, non potesse costituire giustificazione dell'impugnato diniego, quello dovendosi considerare caducato con la sopravvenienza dell'articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, non occorrendo neanche una formale impugnazione della citata previsione urbanistica.

Secondo il primo giudice, il mutamento di destinazione d'uso funzionale è soggetto solo ad autorizzazione (e non già a concessione, come sostiene invece il comune), e peraltro solo ove vi sia stato un previo intervento del legislatore regionale secondo la previsione del citato articolo 25, diversamente ritenendo del tutto libera la predetta variazione d'uso, così come appunto accade nella zona di cui trattasi.

L'atto di appello censura la sentenza di primo grado, rilevando che la disapplicazione (del citato articolo 12) non è consentita nel giudizio amministrativo di legittimità, in cui occorre comunque la proposizione dell'impugnazione di qualunque provvedimento o atto normativo che sia di ostacolo all'accoglimento del ricorso.

Nel caso di specie, il citato articolo 12 non sarebbe stato impugnato, e comunque - quand'anche si potesse ritenere il contrario - la sua impugnazione sarebbe inammissibile per mancanza della notifica del ricorso di primo grado alla Regione, quale autorità emanante la citata norma urbanistica.

Nel merito, l'appellante richiama le argomentazioni già svolte in primo grado, e in particolare che trattasi di zona vincolata a protezione delle bellezze naturali, che non si sarebbe formato il silenzio assenso proprio per non conformità dell'intervento richiesto dall'originario ricorrente al piano urbanistico vigente, che difetterebbe l'autorizzazione da parte dell'Autorità preposta al vincolo di cui sopra.

L'appello è infondato, e come tale deve essere respinto.

Al di là del rilievo che la giurisprudenza di questo Consiglio ha recentemente superato il tradizionale insegnamento, secondo cui la disapplicazione in via incidentale sarebbe preclusa nel giudizio amministrativo di legittimità (per la disapplicabilità dell'atto regolamentare illegittimo, v. C.d.S., V, 26.2.1992, n. 154; C.d.S., V, 24.7.1993, n. 799; C.d.S., V, 19.9.1995, n. 1332; C.G.A.R.S., 20.3.1996, n. 75; C.G.A.R.S., 25.10.1996, n. 366), è agevole rilevare nel caso di specie che la sopravvenienza dell'articolo 25 della citata legge n. 47/85 - vuoi in forza del principio dello ius superveniens, vuoi in forza del principio di gerarchia delle fonti - ha comportato il superamento automatico della previsione dell'articolo 12 delle norme tecniche di attuazione; di modo che deve escludersi la necessità di una sua diretta impugnazione ai fini dell'accoglimento dell'originario ricorso.

Anche i rimanenti motivi di merito riproposti con l'appello devono essere disattesi, in quanto, come correttamente affermato dal Tribunale regionale, dato che nel caso di specie la modificazione d'uso funzionale deve considerarsi attività libera, non soggetta nemmeno ad autorizzazione (cfr. C.d.S., V, 20.2.1990, n. 163, secondo cui "in via generale, salve eventuali normative regionali richiamate nell'art. 25, ultimo comma, della legge 28.2.1985, n. 47, sotto il profilo edilizio e urbanistico - necessità di previa autorizzazione o concessione e, in assenza di esse, configurabilità dell'abuso - il mutamento di destinazione d'uso è rilevante solo se conseguente all'esecuzione di opere tali da rendere l'immobile strutturalmente idoneo ad un uso diverso da quello precedente"), diviene oziosa ogni considerazione sulla formazione del silenzio assenso, o sul difetto di autorizzazione; quest'ultima neppure occorrendo per quanto richiesto dalla parte appellata.

In conclusione, l'appello deve essere disatteso.

Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese dei due gradi del giudizio; l'appello incidentale proposto dal Coppola per la riforma, sul punto, della conforme statuizione del giudice di primo grado va pertanto respinto.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione V - rigetta l'appello principale e quello incidentale, compensando integralmente le spese del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 10 novembre 1998, dalla Sezione Quinta del Consiglio di Stato, riunita in camera di consiglio con l'intervento dei signori:

Guglielmo Serio Presidente

Anselmo Di Napoli Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

Marco Lipari Consigliere

Ermanno de Francisco Consigliere estensore.

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