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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 29 settembre 1999 n. 1205 - Pres. Serio, Est. Buonvino - Borgogno (Avv.ti Natoli E Conte) c. Comune Di Celle Ligure ed altri (n.c.) - (conferma T.A.R. Liguria, Sez. I, 27 marzo 1992 n. 161).

Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Comunicazione del parere della Commissione edilizia comunale - Non equivale a rilascio - Ragioni.

Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Omessa acquisizione del parere definitivo della Commissione edilizia comunale - Impedisce il rilascio della concessione edilizia - Fattispecie.

Il parere della commissione edilizia comunale costituisce un atto interno al procedimento amministrativo di rilascio della concessione edilizia e la sua comunicazione all'interessato non equivale all'adozione di quest'ultima, che può essere rilasciata dal sindaco solo in esito ad una procedura specifica, prevista dagli articoli 4 e 11 legge 28 gennaio 1977 n. 10 e tale da non ammettere equipollenti; ciò in quanto il parere reso dalla Commissione anzidetta non contiene alcuni elementi essenziali, quali i termini di inizio ed ultimazione dei lavori o la determinazione della quota del contributo di costruzione; pertanto, la semplice comunicazione di tale parere costituisce un mero atto informativo di un "iter" procedimentale ancora non concluso (1).

In mancanza di una pronuncia definitiva della commissione edilizia, il procedimento concessorio non si può ritenere legittimamente concluso, dato che il parere stesso resta pur sempre un atto endoprocedimentale il quale può essere disatteso al momento di concludere la procedura (2). In particolare non può considerarsi definitivo  e non può dar luogo al rilascio di una concessione edilizia il parere con il quale la Commissione edilizia comunale subordina il prosieguo della procedura alla produzione di una molteplice serie di atti (nella specie, atto notarile di asservimento, estratto di mappa, studio geologico, ecc.).

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(1) Giurisprudenza ormai costante: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 febbraio 1996, n. 211; 16 dicembre 1994, n. 1512; v. anche C.G.A., 31 maggio 1995, n. 214.

(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1997, n. 1202, 7 marzo 1997, n. 219.

 

 

FATTO

1.- Con la sentenza qui impugnata il TAR ha respinto il ricorso proposto dalla sig.ra Borgogno avverso il provvedimento del Sindaco del Comune di Celle Ligure - n. 5286 del 4 luglio 1988 - di diniego dell'istanza in data 11 ottobre 1984, avanzata dal suo dante causa, sig. Riva Santo, per il rilascio di una concessione edilizia per la costruzione di una casa rurale in località Boca di Cassisi.

2.- Secondo l'appellante il TAR avrebbe errato - anche per non aver aderito alla specifica richiesta istruttoria formulata dall'interessata - nel non ritenere che, in effetti, la concessione edilizia sarebbe già stata assentita a favore dello stesso suo dante causa, giusta parere favorevole espresso dalla Commissione edilizia, secondo quanto risultante dalla nota sindacale n. 9770 del 5 aprile 1985 e dall'impugnato diniego; tali note dimostrerebbero, infatti, che l'iter procedimentale per il rilascio della concessione si sarebbe già concluso, sotto ogni profilo, fin dal 1985, con la conseguenza che non avrebbe potuto, il Sindaco, emanare il provvedimento qui contestato; il TAR avrebbe dovuto, quindi, affermare l'obbligo dell'Amministrazione di rilasciare la richiesta concessione e non ritenere l'illegittimità del diniego, ma solo in relazione al fatto che, in effetti, ricorrevano, nella specie, solo i presupposti per l'adozione di una misura di salvaguardia.

Con memoria conclusionale l'appellante ribadisce le proprie tesi difensive.

DIRITTO

1.- Con il provvedimento 4 luglio 1988, n. 5286, impugnato in primo grado, il sindaco del Comune di Celle Ligure ha respinto l'istanza di concessione, avanzata nel 1984 dal sig. Santo Riva, dante causa dell'edema appellante, ad edificare una casa rurale in località Boca Cassisi - PE 1991 - in quanto "parte delle integrazioni richieste, e precisamente il versamento degli oneri di cui al punto precedente, pervenne a questo Comune in data successiva alla adozione della variante normativa al PRG (delibera del Consiglio comunale n. 650 del 19.2.88) a seguito della quale la concessione non può più essere rilasciata salvo adeguamento alla nuova normativa".

2.- Il TAR ha annullato detto provvedimento negativo, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione.

In particolare, i primi giudici hanno ritenuto che, nella specie, non potesse essere adottato un provvedimento di diniego di concessione edilizia, ma soltanto un provvedimento soprassessorio, in considerazione dell'adozione della variante allo strumento urbanistico generale; escludevano, invece, che potesse essersi perfezionato l'iter approvativo della richiesta concessione edilizia, dal momento che la nota del 5 aprile 1985, n. 9770, a firma del Sindaco, non era indice di approvazione del progetto di cui si discute, essendo, al contrario, solo indice del fatto che la pratica era ancora da istruire compiutamente, e ciò anche se, in effetti, non era condivisibile l'assunto del Sindaco secondo cui l'omesso pagamento degli oneri concessori non poteva costituire, di per sé, indice del mancato perfezionamento della pratica edilizia, tale pagamento rappresentando solo il contenuto di una obbligazione accessoria a carico di chi ottiene la concessione di costruzione.

Né l'atto in concreto impugnato poteva, secondo il TAR, portare a diverse conclusioni, poiché non era dato riscontrare, nel medesimo, alcun accenno al preteso esito favorevole dell'esame da parte della C.E.; e poiché, quindi, l'iter procedimentale era da ritenersi ancora in corso, il titolo concessorio non poteva essere rilasciato, essendo intervenuta, nelle more, l'adozione di una variante normativa al PRG; variante che, peraltro, come si è visto, ad avviso dei primi giudici, non consentiva di emanare un provvedimento di diniego, ma solo una misura soprassessoria.

3.- Ritiene il Collegio che le censure proposte avverso tale sentenza - con le quali l'appellante sostiene che, essendosi la C.E. favorevolmente espressa sulla pratica edilizia di cui si discute in data antecedente al 5 aprile 1985, la pratica stessa era da ritenersi ormai perfezionata, essendo state soddisfatte tutte le richieste avanzate in fase istruttoria - siano da disattendere.

E, invero, l'assunto secondo cui, anteriormente al 5 aprile 1985, la C.E. edilizia si sarebbe già favorevolmente espressa sul progetto di cui si discute non appare condivisibile; al contrario detta Commissione subordinava il prosieguo della procedura alla produzione di una molteplice serie di atti, indicati in allegato (atto notarile di asservimento, estratto di mappa, studio geologico e numerosi altri).

Ed è evidente che la stessa Commissione edilizia avrebbe dovuto, comunque, riprendere in esame la documentazione prodotta all'esito di tale richiesta e, solo nell'ipotesi in cui ne avesse ritenuta la piena rispondenza e conformità a quanto richiesto, avrebbe potuto procedere all'espressione del definitivo, quanto necessario, parere di competenza.

In mancanza, infatti, di una pronuncia definitiva della commissione edilizia, il procedimento concessorio non si può ritenere legittimamente concluso, poiché il parere stesso resta pur sempre un atto endoprocedimentale che può essere disatteso al momento di concludere la procedura (cfr. Sez. V, 25 ottobre 1997, n. 1202,7 marzo 1997, n. 219).

La Sezione ha anche chiarito che il parere della commissione edilizia comunale costituisce un atto interno al procedimento amministrativo di rilascio della concessione edilizia, la comunicazione del quale all'interessato non equivale all'adozione di quest'ultima, che può essere rilasciata dal sindaco solo in esito ad una procedura specifica, sancita dagli articoli 4 e 11 legge 28 gennaio 1977 n. 10 e tale da non ammettere equipollenti; ciò in quanto il parere reso dalla Commissione anzidetta non contiene alcuni elementi essenziali, quali i termini di inizio ed ultimazione dei lavori o la determinazione della quota del contributo di costruzione; pertanto, la semplice comunicazione di tale parere costituisce un mero atto informativo di un "iter" procedimentale ancora non concluso (cfr. 19 febbraio 1996, n. 211; 16 dicembre 1994, n. 1512; cfr. anche C.G.A.R.S., 31 maggio 1995, n. 214).

Nella specie difettavano, dunque, i presupposti giuridico fattuali per ritenere completata la procedura edificatoria.

Correttamente, quindi, il TAR ha ritenuto che nessun titolo edificatorio fosse stato rilasciato a favore dell'interessata o del suo dante causa, ma che il diniego in sé considerato fosse, comunque, illegittimo in quanto la semplice adozione della variante urbanistica poteva giustificare una misura soprassessoria e non il diniego della concessione edilizia.

4.- Per tali motivi l'appello in epigrafe appare infondato e va respinto, mentre merita conferma l'impugnata sentenza.

Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato, Sezione quinta, respinge l'appello in epigrafe.

Spese del grado compensate.

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