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n. 10-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 6 ottobre 1999 n. 1343 - Est. Lipari - S.p.A. Ditexal ed altri (Avv.ti Dal Molin, Romanelli, Vaiano, Siniscalco e Pucci) c. Unione Commercianti di Monza, Cooperativa Agricola di consumo ed altri (Avv.ti Gaffuri e Lorenzoni).

La giurisdizione del giudice amministrativo, contemplata dall'art. 32 della legge 11 giugno 1971 n. 426 con riguardo ai provvedimenti del Sindaco in materia di licenza di commercio, ha carattere esclusivo. Pertanto, in relazione ad una controversia promossa per denunciare l'illegittimità di un provvedimento di sospensione della licenza, detta giurisdizione deve essere affermata anche quando si deduca che tale sospensione sia stata adottata in situazione di carenza di potere, e si tuteli quindi il diritto soggettivo derivante dal rilascio della licenza medesima, assumendosi l'idoneità di quel provvedimento a determinarne l'affievolimento (1).

L'azione di accertamento è ammessa nell'ambito della giurisdizione esclusiva nei soli casi in cui sia controverso un rapporto giuridico, caratterizzato dalla correlazione tra un diritto soggettivo ed un corrispondente d'obbligo, mediato, eventualmente, dall'adozione di un atto paritetico (come avviene nel pubblico impiego e nelle controversie in materia di contributi edilizi). L'azione di accertamento puro non è invece ammissibile per quanto concerne interessi legittimi o, comunque, situazioni che trovano titolo in atti amministrativi di carattere autoritativo, ancorché vincolati.

La mancata adozione dell'atto di decadenza di una autorizzazione commerciale può essere censurata, ritualmente, solo in caso di diniego esplicito dell'amministrazione, o, in alternativa, previa attivazione dell'ordinario procedimento di formazione del silenzio-rifiuto.

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(1) Cassazione, Sezioni Unite, sent. n. 5737 del 24 ottobre 1988; v. anche Cassazione, Sezioni Unite, sent. n. 8055 del 2 novembre 1987, secondo cui l'art. 32 della legge 11 giugno 1971 n. 426 sulla disciplina del commercio, il quale devolve in via esclusiva al giudice amministrativo i ricorsi contro i provvedimenti del Sindaco in materia di licenze commerciali, senza alcuna limitazione indipendentemente dalla natura delle posizioni soggettive di cui si denunci la lesione, comporta che la giurisdizione del predetto giudice amministrativo deve essere affermata anche con riguardo all'impugnazione dell'ordine municipale di chiusura di un esercizio per ritiro di quella licenza, restando in proposito ininfluente che la concessione della licenza medesima abbia costituito un diritto soggettivo, ed altresì irrilevante la circostanza che tale impugnazione faccia valere un difetto assoluto di potere da parte dell'amministrazione e non soltanto un illegittimo esercizio del potere stesso.

 

 

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE,
QUINTA SEZIONE

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi in appello:

a) n. 10086/1997 proposto dalla S.p.A. Ditexal, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avvocati Graziano Dal Molin ed Enrico Romanelli ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, Via Cosseria, n. 5;

b) n. 10131/1997 proposto dalla S.p.A. G.M.B - Grandi Magazzini Brugherio, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avvocati Paolo Vaiano e Marco Siniscalco ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, L. Tevere Marzio, n. 3;

c) n. 10372/1997 proposto dal Comune di Brugherio, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avvocati Guido Romanelli e Giampaolo Pucci ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in Roma, Via Cosseria, n. 5.

CONTRO

Unione Commercianti di Monza e circondario;

Cooperativa Agricola di consumo, s.c.a.r.l.;

Claudio Frigerio;

Cooperativa di Consumo San Damiano, s.c.a.r.l.;

Cose Così s.n.c. di Colombo Nadia & c.;

Spendibene Market s.r.l. (già Brugherio Alimentari di Coppini G. & c. S.a.s.);

Vincenzo Rocca; Santini s.a.s. di Oreste Santini & c.;

Giuseppe Piazza; La Bottega del Cartolaio di Castelli M.L. & c. S.A.S.;

Consorzio Operatori Centro Commerciale Kennedy;

in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentati e difesi dagli Avvocati Gianfranco Gaffuri e Fabio Lorenzoni ed elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo, in Roma, Via del Vidimale, n. 43.

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sede di Milano, Terza Sezione, n. 1447, pubblicata in data 2 agosto 1997 e notificata il 27 agosto 1997.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Viste le ordinanze nn. 102, 103 e 104 del 1998 con le quali sono state accolte le richieste di sospensione della esecuzione della sentenza impugnata;

Visti tutti gli atti di causa;

Relatore alla pubblica udienza del 22 giugno 1999, il Consigliere Marco Lipari;

Uditi gli avv.ti Dal Molin, Gaffuri, Vaiano, Siniscalco e Pucci;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La sentenza impugnata ha accolto il ricorso proposto dagli attuali appellati avverso gli atti concernenti la realizzazione da parte della società DI.TEX.AL e G.M.B., di un centro commerciale nel Comune di Brugherio.

Il comune e la società controinteressate in primo grado contestano la decisione di primo grado.

Le parti appellate resistono al gravarne, riproponendo anche le censure non esaminate dal tribunale ed articolando un appello incidentale.

DIRITTO

1. Gli appelli, proposti contro la stessa sentenza, possono essere riuniti.

2. Con deliberazione del 19 dicembre 1989, la Giunta regionale della Lombardia rilasciava alla società GMB il nulla osta per l'apertura, nel Comune di Brugherio, di un centro commerciale della superficie di mq. 11.114, destinato ad un grande magazzino per la vendita di generi compresi nelle tabelle X, XII, XII e XIV, e, nei limiti di mq. 715, a negozi tradizionali.

Con provvedimento n. 789, in data 11 luglio 1991, il Comune rilasciava l'autorizzazione commerciale per la sola apertura del grande magazzino.

Successivamente, il Comune disponeva una serie di proroghe del termine per l'inizio dell'attività e autorizzava la GMB alla concentrazione, ampliamento e trasferimento, nella stessa area del centro commerciale, di altre autorizzazioni, per superfici pari a mq. 600 e 870.

Anche queste autorizzazioni venivano prorogate, con successivi provvedimenti comunali.

Frattanto, la società DI.TEX.AL subentrava nella posizione soggettiva della GMB.

Il tribunale, accogliendo il ricorso proposto da alcuni commercianti della zona (previa estromissione dal giudizio dell'Unione commercianti del circondario di Monza, ritenuta priva della necessaria legittimazione attiva), ha:

1) dichiarato l'inefficacia, per intervenuta decadenza ex articolo 31, lettera a) della legge n. 426/1971, dell'autorizzazione rilasciata in data 11 luglio 1991;

2) annullato, per inadeguata motivazione, gli atti di proroga, riferiti alle autorizzazioni dell'aprile del 1994, di trasferimento, concentrazione ed ampliamento delle preesistenti licenze;

3) dichiarato la perdurante vigilanza del nulla osta regionale a suo tempo rilasciato alla GMB.

In particolare, secondo la pronuncia impugnata, il titolo commerciale rilasciato nel 1991 è divenuto inefficace per decorso del termine annuale in assenza dell'inizio della gestione, in quanto gli atti di proroga del comune sono intervenuti, con soluzione di continuità, dopo la decorrenza del prescritto termine.

Le proroghe relative alle autorizzazioni al trasferimento, pur intervenute tempestivamente, sono illegittime per difetto di motivazione. Ne conseguirebbe che, venuti meno gli effetti delle proroghe, gli atti originari sono inefficaci, per decadenza annuale.

3. In linea preliminare, gli appellati deducono l'inammissibilità del gravame proposto dalla DI.TEX.AL, in quanto il comune ha respinto le richieste di subentrare alla GMB.

L'eccezione è infondata. Nella sua posizione di avente causa dalla GMB, la DI.TEX.AL. è sicuramente legittimata a contestare le decisioni sfavorevoli alla società sua dante causa, indipendentemente dall'esito dei procedimenti amministrativi concernenti il subentro nelle autorizzazioni.

4. Con un primo mezzo di gravame, gli appellanti contestano l'impostazione della sentenza di primo grado.

Questa premette che l'"azione giurisdizionale intentata dai ricorrenti presenta una natura mista, di cui quella impugnatoria riveste carattere sostanzialmente subordinato rispetto a quella di accertamento".

A dire del tribunale, l'articolo 32 della legge 11 giugno 1971, n. 426, sulla disciplina del commercio, devolve in via esclusiva al giudice amministrativo i ricorsi contro i provvedimenti in materia di licenze commerciali, senza alcuna limitazione, ed indipendentemente dalla natura delle posizioni oggettive di cui si evidenzia la lesione; ne deriva, pertanto, la piena configurabilità, nella soggetta materia, di azioni di accertamento, che anzi rappresentano la normale esplicazione processuale della giurisdizione esclusiva su diritti.

Sulla base di tali premesse, il primo giudice ha ritenuto di poter dichiarare la decadenza dell'originaria autorizzazione commerciale e la nullità di tutti gli atti che "trovano il loro unico presupposto funzionale in un atto divenuto ormai inefficace, quali le proroghe e gli atti di subingresso".

La tesi del tribunale non può essere condivisa.

L'articolo 32 della legge n. 426/1971 (ancora applicabile alla presente fattispecie, nonostante l'abrogazione disposta dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114) stabilisce che "contro i provvedimenti del sindaco, entro trenta giorni dalla loro notificazione, è ammesso ricorso alla Giunta provinciale amministrativa fino a quando non sia costituito e funzionante il tribunale regionale amministrativo".

La portata della norma è quella di attribuire in modo chiaro e sicuro alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie originate dalla contestazione di determinati atti afferenti alla materia del commercio.

In sostanza, la disposizione introduce un criterio di riparto speciale, incentrato sulla definizione dell'oggetto del giudizio (atti del sindaco riguardanti l'applicazione della legge sul commercio), in deroga al canone generale, fondato sulla considerazione della posizione giuridica posta a base della domanda, ossia sulla contrapposizione tra diritto soggettivo e interesse legittimo.

Sul piano strettamente pratico, l'articolo 32 mira a semplificare l'individuazione del giudice competente, rendendo inapplicabile la regola di origine giurisprudenziale, basata sulla antitesi tra la "carenza di potere" (che radica la giurisdizione ordinaria) ed il "cattivo uso del potere" (che è sindacabile, in via principale, solo nell'ambito della giurisdizione amministrativa).

E' pacifico, quindi che la giurisdizione amministrativa prevista dall'articolo 32 assume connotazione esclusiva, essendo ininfluente la consistenza della posizione giuridica che si assume lesa.

In questo senso, si è costantemente chiarito che la giurisdizione del giudice amministrativo, contemplata dall'art. 32 della legge 11 giugno 1971 n. 426 con riguardo ai provvedimenti del Sindaco in materia di licenza di commercio, ha carattere esclusivo. Pertanto, in relazione a controversia promossa per denunciare l'illegittimità di un provvedimento di sospensione della licenza, detta giurisdizione deve essere affermata anche quando si deduca che tale sospensione sia stata adottata in situazione di carenza di potere, e si tuteli quindi il diritto soggettivo derivante dal rilascio della licenza medesima, assumendosi l'idoneità di quel provvedimento a determinarne l'affievolimento (Cassazione, Sezioni Unite, sent. n. 5737 del 24 ottobre 1988).

Analogamente, si è affermato che l'art. 32 della legge 11 giugno 1971 n. 426 sulla disciplina del commercio, il quale devolve in via esclusiva al giudice amministrativo i ricorsi contro i provvedimenti del Sindaco in materia di licenze commerciali, senza alcuna limitazione indipendentemente dalla natura delle posizioni soggettive di cui si denunci la lesione, comporta che la giurisdizione del predetto giudice amministrativo deve essere affermata anche con riguardo all'impugnazione dell'ordine municipale di chiusura di un esercizio per ritiro di quella licenza, restando in proposito ininfluente che la concessione della licenza medesima abbia costituito un diritto soggettivo, ed altresì irrilevante la circostanza che tale impugnazione faccia valere un difetto assoluto di potere da parte dell'amministrazione e non soltanto un illegittimo esercizio del potere stesso (Cassazione, Sezioni Unite, sent. n. 8055 del 2 novembre 1987).

5. Peraltro, l'articolo 32 non indica in modo espresso l'ambito dei poteri del giudice amministrativo, omettendo di definire tanta la "profondità" della sua giurisdizione in questa materia, quanto le caratteristiche e l'oggetto del giudizio.

E' però molto significativa la circostanza che la norma si preoccupa di stabilire un preciso termine di decadenza (ora di sessanta giorni, dopo l'entrata in vigore della legge n. 1034/1971) e di definire l'ambito della giurisdizione non in funzione di una "materia", genericamente intesa, ma con riferimento ad una categoria di atti sufficientemente circoscritta.

Ne deriva che, pur dopo l'ampliamento della giurisdizione in materia di autorizzazioni, il processo resta inquadrato nel paradigma tipico del giudizio impugnatorio, senza assumere le caratteristiche proprie del giudizio di mero accertamento di situazioni giuridiche soggettive.

In altri termini, la cognizione del giudice amministrativo è si estesa a tutte le situazioni giuridiche soggettive correlate alla materia del commercio (e, quindi, anche ai diritti soggettivi che costituiscono, eventualmente, cause petendi dell'azione), ma sulla base di una contestazione che, almeno in prima battuta, deve necessariamente rivolgersi contro un atto amministrativo di cui si assume l'invalidità, secondo le regole proprie del processo impugnatorio.

6. Una volta radicata la giurisdizione amministrativa secondo il criterio speciale di carattere oggettivo fissato dall'articolo 32 (l'impugnazione di atti del sindaco), il giudizio può e deve svilupparsi verso un'ampia cognizione del rapporto controverso, visto nella sua interezza, nella corretta prospettiva dell'economia processuale e dell'effettiva tutela.

Non vi è spazio, invece, per azioni di mero accertamento, dirette ad appurare, al di fuori del veicolo impugnatorio, ed in elusione di brevi termini di decadenza, l'asserita invalidità od inefficacia di atti amministrativi non ritualmente censurati.

Né, in senso contrario, potrebbe assumere pregio l'affermazione secondo cui l'azione di accertamento è pacificamente ammessa nell'ambito della giurisdizione esclusiva. Infatti, occorre considerare che questa possibilità è circoscritta ai soli casi in cui sia controverso un rapporto giuridico, caratterizzato dalla correlazione tra un diritto soggettivo ed un corrispondente d'obbligo, mediato, eventualmente, dall'adozione di un atto paritetico (come avviene nel pubblico impiego e nelle controversie in materia di contributi edilizi).

L'azione di accertamento puro non è invece ammissibile per quanto concerne interessi legittimi o, comunque, situazioni che trovano titolo in atti amministrativi di carattere autoritativo, ancorché vincolati.

Nel caso di specie, i ricorrenti di primo grado contestano sì il diritto soggettivo dei controinteressati a proseguire la loro iniziativa commerciale, ma fondano la domanda su una posizione che, rispetto ai poteri amministrativi comunali assume indiscutibilmente la consistenza dell'interesse legittimo.

Pertanto, si potrebbe anche ipotizzare che il rapporto controverso, complessivamente riguardato, tocca, al tempo stesso, diritti soggettivi ed interessi legittimi intimamente connessi. Tuttavia, non pare dubitabile che la domanda ha il suo presupposto essenziale nell'affermata lesione di un interesse legittimo, strumentale al corretto esercizio del potere amministrativo in materia di controllo sul rilascio delle autorizzazioni commerciali.

Non vale obiettare che anche la posizione dei ricorrenti mira, in ultima analisi, a tutelare la libertà imprenditoriale contro la concorrenza antagonista, perché in tal modo si darebbe rilievo esclusivo alla "situazione legittimante" che sta a base della pretesa, ma non ne identifica il contenuto.

7. Così correttamente qualificato l'oggetto della domanda, restano inapplicabili, nella presente fattispecie, i principi giurisprudenziali elaborati in riferimento alle azioni proponibili in sede di giurisdizione esclusiva, limitati ai soli casi in cui si controverta sulla lesione di diritti soggettivi.

Se si analizza a fondo il contenuto sostanziale dell'azione proposta in primo grado, occorre considerare, poi, che la domanda, attraverso l'accertamento dell'inefficacia della originaria autorizzazione, mira, in ultima analisi, a far dichiarare il dovere dell'amministrazione di sanzionare la protratta inattività dell'esercizio commerciale e di adottare il conseguente atto di ritiro decadenziale della originaria autorizzazione.

In questo modo, emerge con assoluta chiarezza che la domanda, vista nel suo complessivo ed effettivo contenuto sostanziale, esula del tipico schema del giudizio di accertamento puro, che dichiara situazioni giuridiche, senza imporre all'amministrazione, direttamente od indirettamente, l'adozione di provvedimenti determinati.

Infatti, anche ammettendo che il provvedimento di decadenza dell'autorizzazione commerciale ha portata dichiarativa e vincolata (nel senso che produce effetti retroattivi e non consente, normalmente, margini di apprezzamento discrezionale all'amministrazione), occorre considerare che l'atto, per la sua portata lato sensu sanzionatoria, ha, sul piano sostanziale, efficacia costitutiva della nuova situazione giuridica.

Ne deriva, quindi, che la mancata adozione dell'atto di decadenza può essere censurata, ritualmente, solo in caso di diniego esplicito dell'amministrazione, o, in alternativa, previa attivazione dell'ordinario procedimento di formazione del silenzio-rifiuto.

OMISSIS

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