CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 9 novembre 1999 n. 1844
- Pres. Iannotta, Est. Borioni - Schiavo, Lopez ed altri (Avv.ti Giorgio Orsoni, Antonio Sartori e Luigi Manzi) c. Comune di Venezia (Avv.ti Nicolò Paoletti e M.M. Morino) - (conferma TAR Veneto, Sez. V, sent. 7 dicembre 1985, n. 993).Secondo l'indirizzo costante della giurisprudenza, gli atti di inquadramento dei pubblici dipendenti hanno carattere autoritativo sia quando implichino un apprezzamento delle mansioni svolte dall'interessato sia quando si risolvano nel confronto formale fra la precedente posizione e quella dì nuova attribuzione. In entrambi i casi, l'inquadramento determina la posizione di stato del dipendente nell'ambito della struttura amministrativa, con i connessi diritti e obblighi anche di ordine funzionale. e, pertanto, è espressione della potestà organizzatoria dell'ente, diretta, in via primaria, a soddisfare esigenze di pubblico interesse (1). La stesse considerazioni e la stessa conclusione valgono per gli atti con i quali l'amministrazione definisce la pianta organica del personale.
Gli emolumenti corrisposti al personale in servizio negli enti locali sono assoggettati a contribuzione previdenziale quando siano presenti, congiuntamente, i requisiti della fissità, continuità e corrispettività (artt. 15 e 16 della legge n. 1077/1959, come modificati dall'art. 30 del D.L. n. 55/1983, convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131).
L'indennità di compartecipazione ai proventi della casa di giuoco non è da ritenere assoggettata a contribuzione previdenziale, atteso che non presenta il carattere della fissità, essendo commisurata ai proventi del giuoco e, quindi, è di importo variabile, né il carattere della continuità, essendo destinata ad esaurirsi, giacché è attribuita in misura piena per il solo periodo di assegnazione al servizio ispettivo ed è mantenuta dopo la cessazione dell'attività quale ispettore sotto forma di assegno personale riassorbibile.
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(1) Cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 8 aprile 1999, n. 390; IV, 10 marzo 1998, n. 394; VI, 25 settembre 1997, n. 1376.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello nr. 1014 del 1986, proposto - dai sigg.ri Walter SCHIAVO, Giuseppina Lopez e Laura Ancorato e Maurizio Ancorato, in qualità di eredi del defunto Angelo Ancorato, Livio Del Fabbro., Ugo Fiasconaro, Germano Frizzole, Sergio Kirchmayr, Rino Nordio, Roberto Perini,Giovanni Pra, Maurizio Siega, Giorgio Tagliapietra, Giampaolo Tettamanzi, Riccardo Tommasi, Giorgio Valente, Bonifacio
Miotto, Dario Del Piero2 Giovanni Mazzucco, Artemio Dal Corso, Edoardo Zollia, Lino Pagan, rappresentati e difesi dall'avv. Ivone Cacciavillani, elettivamente domiciliati in Roma,via Confalonieri, n. 5, presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi,
- dai sigg.ri Luciano Bianchi, Silvano Bortolozzo, Paolo Vadalà, Antonio Boscolo, Roberto Coltro, Riccardo De Paolis, Guglielmo Formentin, Sebastiano Greco, Radames Grigolo, Ugo Marassovich. Loris Osetta, Ezio Tasso, Nereo Trovò, Giovanni Vasques, Fulvio Saoner, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giorgio Orsoni, Antonio Sartori e Luigi Manzi, elettivamente domiciliati presso quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, n. 5,
CONTRO
il Comune di Venezia, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Nicolò Paoletti e M.M. Morino, elettivamente domiciliato presso il primo in Roma, Via B. Tortolini n. 34;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. del Veneto 7 dicembre 1985, n. 993.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati,
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia,
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese,
Visti gli atti tutti della causa,
Alla pubblica udienza del 25 maggio 1999, relatore il consigliere Marcello Borioni, uditi gli avv.ti Manzi e Paoletti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Gli attuali appellanti (per i sigg.ri Giuseppina Lopez, Laura Ancorato e Maurizio Ancorato, il loro dante causa sig. Angelo Ancorato), allora dipendenti del Comune di Venezia e addetti al servizio ispettivo presso la casa di giuoco comunale, proponevano ricorso davanti al T.A.R. del Veneto,- notificato il 16 giugno 1984, chiedendo il riconoscimento del proprio diritto: a) ad essere inquadrati nel livello VIII della pianta organica del Comune intimato, previa, occorrendo, istituzione dei relativi posti di organico; b) alla inclusione nel trattamento economico loro spettante, della quota di compartecipazione agli utili della casa di
giuoco, con la conseguente condanna del Comune al versamento dei relativi contributi previdenziali.
Il T.A.R. del Veneto, con sentenza 7 dicembre 1985, n.993, dichiarava il ricorso inammissibile quanto alla prima domanda, infondato quanto alla seconda.
La sentenza è stata appellata dagli originari ricorrenti, i quali hanno contestato le argomentazioni e le conclusioni del T.A.R., riproponendo le originarie domande.
Si è costituito il Comune di Venezia, che ha resistito all'appello.
Gli appellanti sigg.ri Maurizio Siega e Bonificio Miotto hanno successivamente depositato atti di rinunzia all'appello, notificati al Comune di Venezia rispettivamente il 28 dicembre 1992 e il 19 febbraio 1993.
Gli appellanti Luciano Bianchi, Silvano Bortolozzo, Paolo Vadalà, Antonio Boscolo, Roberto Coltro, Riccardo De Paolis, Guglielmo Formentin, Sebastiano Greco, Radames Grigolo, Ugo Marassovich, Loris Osetta, Ezio Tasso, Nereo Trovò. Giovanni Vasques, Fulvio Saoner, hanno depositato un atto, nel quale dichiarano di non avere più interesse all'appello per quanto concerne la pretesa ad un migliore inquadramento e ribadiscono la domanda concernente l'assoggettamento delle compartecipazioni ai proventi della casa di giuoco comunale a contribuzione previdenziale.
Alla pubblica udienza del 25 maggio 1999, il ricorso in appello veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Con la sentenza appellata il T.A.R. del Veneto ha dichiarato in parte inammissibile e in parte ha rigettato il ricorso presentato da dipendenti del Comune di Venezia addetti al servizio ispettivo presso la casa di giuoco comunale: inammissibile nella parte in cui chiedevano il riconoscimento del proprio diritto all'inquadramento nell'ottava qualifica funzionale; infondato nella parte in cui chiedevano che venisse dichiarato l'obbligo dell'ente di assoggettare alla contribuzione previdenziale le quote di partecipazione ai proventi della casa di giuoco, loro spettanti.
Va dato atto che gli appellanti sigg.ri Maurizio Siega e Bonificio Miotto hanno rinunziato all'appello e che per gli appellanti, Luciano Bianchi, Silvano Bortolozzo, Paolo Vadalà,, Antonio Boscolo, Roberto Coltro, Riccardo De Paolis, Guglielmo Formentin, Sebastiano Greco, Radames Grigolo, Ugo Marassovich, Loris Osetta, Ezio Tasso, Nereo Trovò, Giovanni Vasques, Fulvio Saoner è sopravvenuta, secondo la loro esplicita dichiarazione, la carenza di interesse per quanto concerne la pretesa ad un inquadramento migliore.
Ciò premesso, la sentenza va, in ogni altra parte, confermata.
Per quanto concerne la prima domanda, la tesi esposta nel ricorso originario e ribadita in questa sede è che l'attribuzione, a seguito di selezione interna, delle funzioni di "ispettore" presso la casa di giuoco comunale avrebbe "creato uno stato giuridico... che non può non essere recepito e consacrato anche su piano formale ed a tutti indistintamente gli effetti". In particolare, l'incarico darebbe titolo all'inquadramento nell' ottavo livello, ai sensi dell'art. 34, comma 2, del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, previa, occorrendo, l'istituzione dei relativi posti nell'organico del Comune.
Giova chiarire, preliminarmente, che, secondo l'indirizzo costante della giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 8 aprile 1999, n. 390; IV, 10 marzo 1998, n. 394; VI, 25 settembre 1997, n. 1376), gli atti di inquadramento dei pubblici dipendenti hanno carattere autoritativo sia quando implichino un apprezzamento delle mansioni svolte dall'interessato sia quando si risolvano nel confronto formale fra la precedente posizione e quella dì nuova attribuzione. In entrambi i casi, l'inquadramento determina la posizione di stato del dipendente nell'ambito della struttura amministrativa, con i connessi diritti e obblighi anche di ordine funzionale. e, pertanto, è espressione della potestà organizzatoria dell'ente, diretta, in via primaria, a soddisfare esigenze di pubblico interesse. La stesse considerazioni e la stessa conclusione valgono per gli atti con i quali l'amministrazione definisce la pianta organica del personale.
Da ciò l'inammissibilità della domanda degli appellanti, i quali, di fronte alla potestà organizzatoria dell'amministrazione, non vantano una posizione di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo, che è tutelabile, in quanto tale, mediante l'impugnazione del provvedimento lesivo o, in mancanza, con l'azione diretta ad ottenere la declaratoria dell'illegittimità del silenzio dell'amministrazione, fatto ritualmente constare.
Nel ricorso originario si asseriva che la domanda dovesse "valere anche come formale impugnativa, per quanto occorrente, dell'eventuale delibera consiliare comunale di recepimento del predetto accordo per i dipendenti degli enti locali, ma tale affermazione non è sufficiente per superare la pronunzia di inammissibilità.
A parte che la disciplina prevista dagli accordi sindacali, recepita ed emanata con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del consiglio dei ministri (art. 6, comma VIII, della allora vigente legge 23 marzo 1983, n. 93), non richiedeva atti di recepimento da parte degli enti destinatari, ma solo atti di applicazione, resta il fatto che l'impugnazione è stata espressa, oltre che in modo indeterminato, in forma dubitativa, non essendo stato accertato e indicato dai ricorrenti neppure se l'atto applicativo dell'accordo fosse stato adottato e nel caso affermativo, quale contenuto avesse ( "eventuale delibera consiliare il cui tenore, con specifico riguardo ai ricorrenti, non contenesse quanto dagli stessi richiesto...")
Sicché, se è vero, come si afferma nell'appello, che il T.A.R. non si è espresso sull'impugnativa, tuttavia resta ferma la pronunzia di inammissibilità del ricorso originario.
Merita conferma anche la conclusione negativa cui è pervenuta la sentenza appellata in ordine alla seconda domanda.
Secondo la normativa vigente, gli emolumenti corrisposti al personale in servizio negli enti locali sono assoggettati a contribuzione previdenziale quando siano presenti, congiuntamente, i requisiti della fissità, continuità e corrispettività (artt. 15 e 16 della legge n. 1077/1959, come modificati dall'art.30 del D.L. n. 55/1983, convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131).
L'indennità di compartecipazione ai proventi della casa di giuoco, istituita con la deliberazione consiliare 24 ottobre 1977, n. 1090, non presenta il carattere della fissità, essendo commisurata ai proventi del giuoco e, quindi, di importo variabile, né il carattere della continuità essendo destinata ad esaurirsi, giacché è attribuita in misura piena per il solo periodo di assegnazione al servizio ispettivo ed è mantenuta, dopo la cessazione dell'attività quale ispettore sotto forma di assegno personale riassorbibile.
In conclusione e in via riepilogativa, va dato atto della rinunzia da parte degli appellanti sigg.ri Maurizio Siega e Bonificio Miotto e della parziale improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse per il sig. Luciano Bianchi e gli altri dianzi indicati. Per il resto l'appello è infondato.
Sussistono ragioni per compensare fra le parti le spese e gli onorari del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) così si pronunzia sull'appello in epigrafe:
- dà atto della rinunzia da parte degli appellanti sigg.ri Maurizio Siega e Bonificio Miotto;
- lo dichiara in parte improcedibile, come specificato in motivazione, in quanto proposto dai sigg.ri Luciano Bianchi ed alti;
- lo rigetta per la parte residua. Spese del grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 25 maggio 1999, con l'intervento dei sigg.ri
Raffaele lannotta presidente,
Giorgio Giaccardi consigliere,
Luigi Maruotti consigliere,
Marcello Borioni consigliere estensore,
Claudio Marchitiello consigliere.
In originale firmato:
Raffaele Iannotta
Marcello Borioni
Franca Provenziani