CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 9 novembre 1999 n. 1849 - Pres. Iannotta, Est. Pinto - U.S.L. n. 21 della Regione Veneto (Avv.ti Luigi Manzi e Giovanni Sala) c. Benvoluti ed altri (Avv.ti Renato Speranzoni e Francesco Caffarelli) - (annulla TAR Veneto, Sezione I, sentenza n. 275 del 1993).
Presupposti indefettibili per la riconoscibilità dell'esercizio delle mansioni superiori nel pubblico impiego sono, da un lato, l'esistenza in organico di un posto vacante corrispondente alle mansioni che si vanno a svolgere; dall'altro, l'attribuzione dell'incarico di svolgere le predette mansioni con un preventivo atto formale. Occorre, inoltre, che l'incarico sia preventivo rispetto all'esercizio delle mansioni; non sono quindi valide le «prese d'atto» ed i riconoscimenti ex post. E', infine, necessario che l'incarico abbia espressamente ad oggetto l'attribuzione delle mansioni corrispondenti ad un posto specificamente individuato e vacante
Nelle unità sanitarie locali l'incarico deve essere conferito dal comitato di gestione, e non sono quindi idonei atti provenienti da altri organi, come il presidente del predetto comitato, il direttore amministrativo, il direttore sanitario.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 4246/93 proposto dalla U.L.S.S. n. 21 della Regione Veneto, con sede a Padova, in persona dell'amministratore straordinario legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Manzi e Giovanni Sala presso il primo elettivamente domiciliato in Roma Via Confalonieri n. 5;
contro
- i sigg.ri Lucio Benvoluti, Antonio Aloe, Guido Bolis, Sante Caobianco,- Paola Galvan, Antonio Imbimbo, Sante Nardi, Giampaolo Sartori, Ivo De Sanctis, Giuseppe Bracconeri, Cesare Moscardi ed Adriano Crivellari, rappresentati e difesi dagli avv.ti Renato Speranzoni e Francesco Caffarelli, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Tigrè n.37;
per l'annullamento
della sentenza del TAR Veneto, sez. Prima, n. 275/93
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio degli appellati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l'ordinanza n. 1540/93 con la quale è stata accolta la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza impugnata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 maggio 1999 il consigliere Marco Pinto e uditi gli avv.ti Luigi Manzi e Francesco Caffàrelli;
Ritenuto e considerato in fatto e mi diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata il TAR per il Veneto accoglieva il ricorso proposto da alcuni dipendenti della U.L.S.S. n. 21 del Veneto per l'accertamento del diritto alla corresponsione delle differenze retributive derivanti dall'espletamento di mansioni superiori rispetto a quelle proprie della qualifica di appartenenza, con la conseguente condanna dell'amministrazione al pagamento delle somme dovute e delle spese di lite.
La U.L.S.S. anzidetta, non costituita nel giudizio di primo grado, proponeva appello avverso tale sentenza, deducendo:
1) che gli originari ricorrenti, dipendenti del ruolo amministrativo, non avevano svolto mansioni superiori corrispondenti ad un posto vacante presso la struttura in cui erano incardinati. Vacanze esistevano - peraltro solo dal 1986 - ma in strutture diverse rispetto a quelle cui essi erano addetti. Inoltre gli incarichi erano stati emessi da organi incompetenti;
2) che la sentenza di primo grado aveva omesso ogni accertamento in ordine all'asserito svolgimento di mansioni superiori, fondandosi su una delibera del comitato di gestione (la n. 51 del 18 gennaio 1989) con la quale era stata operata una mera ricognizione delle mansioni disimpegnate da ciascun dipendente;
3) che le mansioni superiori comunque non darebbero luogo al diritto a differenze retributive;
4) che, in via subordinata, i limiti temporali della retribuibilità delle mansioni superiori sarebbero costituiti, per un verso, dalla data del 20 dicembre 1990. data di entrata in vigore del D.P.R. 28 novembre 1990, n. 384; per altro verso, dalla operatività della eccepita prescrizione quinquennale;
Si costituivano gli originari ricorrenti chiedendo il rigetto dell'appello.
DIRITTO
L'appello è fondato.
Osserva in primo luogo la Sezione che presupposti indefettibili per la configurabilità dell'esercizio delle mansioni superiori nel pubblico impiego sono, da un lato, l'esistenza in organico di un posto vacante corrispondente alle mansioni che si vanno a svolgere; dall'altro, l'attribuzione dell'incarico di svolgere le predette mansioni con un preventivo atto formale.
Nelle unità sanitarie locali l'incarico deve essere conferito dal comitato di gestione, e non sono quindi idonei atti provenienti da altri organi, come il presidente del predetto comitato, il direttore amministrativo, il direttore sanitario.
Occorre, inoltre, che l'incarico sia preventivo rispetto all'esercizio delle mansioni; non sono quindi valide le «prese d'atto» ed i riconoscimenti ex post.
E', infine, necessario che l'incarico abbia espressamente ad oggetto l'attribuzione delle mansioni corrispondenti ad un posto specificamente individuato e vacante.
I predetti presupposti sono, nel caso in esame, assenti.
Esiste una delibera adottata dalla U.L.S.S. nel gennaio 1989 che consiste in una mera ricognizione di una situazione esistente; esistono una pluralità di atti, provenienti da vari organi, che conferiscono determinati compiti ai dipendenti; esistono posti vacanti in organico, peraltro solo dal 1986.
Dall'esame della copiosa documentazione prodotta dagli appellati si rileva, però, che manca la preventiva attribuzione, da parte del comitato di gestione, dell'incarico formale di svolgere le mansioni, superiori a quelle proprie della qualifica di appartenenza, corrispondenti a quelle di un posto in organico vacante e specificamente individuato nell'incarico stesso.
Per le anzidette ragioni la pretesa dei dipendenti avente ad oggetto la corresponsione di 'differenze retributive correlate allo svolgimento di mansioni superiori è infondata.
Ne consegue che l'appello va accolto e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso proposto in primo grado deve essere respinto.
Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quinta, accoglie l'appello e per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, rigetta l'originario ricorso proposto in primo grado dagli appellati.
Compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 maggio 1999, con l'intervento dei signori:
Raffaele Iannotta Presidente
Anselino Di Napoli Consigliere
Marcello Borioni Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Marco Pinto Consigliere estensore
In originale firmato:
Raffaele Iannotta
Marco Pinto
Francesco Cutrupi