CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 9 novembre 1999 n. 1857
- Pres. Paleologo, Est. Di Napoli - Polverari (Avv. Stolfa) c. l'U.S.L. n. 6 di Fossombrone (n.c.) - (conferma TAR Marche, Sez. I, sent. 9 aprile 1993, n. 229).Nell'ambito del pubblico impiego, e salvo che la legge non disponga altrimenti, le mansioni svolte da un dipendente, superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina e di inquadramento, sono del tutto irrilevanti sia ai fini economici sia ai fini della progressione di carriera. Ciò in quanto il rapporto di pubblico impiego non è assimilabile al rapporto di lavoro privato, perché gli interessi coinvolti hanno natura indisponibile ed anche perché l'attribuzione delle mansioni e del correlativo trattamento economico devono avene il loro presupposto indefettibile nel provvedimento di nomina o di inquadramento, non potendo tali elementi costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi (1).
Il principio secondo cui lo svolgimento di mansioni superiori da parte dei dipendenti pubblici è irrilevante è applicabile in ogni settore del pubblico impiego (salvo l'eccezionale deroga prevista per il personale sanitario dall'art. 29, secondo comma, del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, estranea alla materia del contendere anche perché applicabile dal 1° gennaio 1983, ai sensi dell'art. 82, secondo comma, dello stesso decreto).
Né, al fine di poter far assumere rilevanza alle mansioni superiori svolte da un dipendente pubblico, è invocabile l'art. 2126 Cod. civ., il quale riguarda un fenomeno del tutto diverso (lo svolgimento di attività lavorativa da parte di chi non è qualificabile pubblico dipendente) ed afferma il principio della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di un atto nullo o annullato. Esso, pertanto, non incide in alcun modo sul principi concernenti la portata dei provvedimenti che individuano il trattamento giuridico ed economico dei dipendenti pubblici e non consente di disapplicare gli atti di nomina o di inquadramento, emanati in conformità delle leggi e dei regolamenti, specie se divenuti inoppugnabili (2).
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(1) Cfr. fra le ultime: Cons. Stato, V Sez., 30 ottobre 1997 n. 1219, V Sez., 1.7 maggio 1997 n. 515, IV Sez. 28 ottobre, 1996 n. 1157; C.G.A., 25 ottobre 1996 n. 363, V Sez. 24 ottobre 1996 n. 1282, V Sez. 24 maggio 1996 n. 587 e V Sez. 2 febbraio 1996 n. 120
(2) Cons. Stato, V Sez. 17 maggio 1997 n. 515; V Sez. 24 maggio 1996 nn. 597 e 587.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello (n. 389/94) proposto dalla signora Graziella Polverari, rappresentata e difesa dall'avv. Potito Stolfa, elettivamente domiciliata in Roma, via R. Zandonai n. 41, presso lo studio dall'avv. Giancarlo Amici;
contro:
- l'Unità sanitaria locale n. 6 di Fossombrone, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
- la Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, non costituito in giudizio; per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, 9 aprile 1993 n. 229, resa inter partes.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Anselmo Di Napoli;
Nessuno comparso per l'appellante alla pubblica udienza dei 1° giugno 1999;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato nei giorni 11/14 ottobre 1985, la signora Graziella Polverari, assunta il 3 aprile 1973 presso l'ente ospedaliero 'Pasqualucci" di Mondavio, con la qualifica di operaia comune (secondo livello retributivo), esponeva di avere sempre svolto le mansioni di dattilografa e coordinatrice negli uffici amministrativi e medici (quarto livello retributivo). Tale stato di cose si è protratto anche successivamente all'istituzione dell'Unità sanitaria locale n. 6 di Fossombrone.
Chiedeva, pertanto, l'accertamento del suo diritto all'inquadramento nel quarto livello retributivo, con la qualifica di applicato, a decorrere dal 1° gennaio 1974, -- la condanna dell'U.S.L. n. 6 alla corresponsione del relativo trattamento economico, con interessi e rivalutazione monetaria, a lei dovuti al sensi dei principi fondamentali espressi dalla Costituzione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, con sentenza 9 aprile 1993 n. 229, ha dichiarato inammissibile l'accertamento del diritto all'inquadramento nel quarto livello retributivo, con la qualifica di applicato, a decorrere dall'1.1.1974, dato che, in presenza del potere autoritativo dell'Amministrazione, non importa se vincolato, di disporre in ordine alla posizione degli impiegati nell'ambito della struttura burocratica, la situazione soggettiva di questi ultimi è di interesse legittimo -- non di diritto soggettivo, con la conseguente necessità di impugnare, nei termini, un atto espresso o il silenzio - rifiuto.
La domanda di attribuzione del trattamento economico corrispondente alle mansioni effettivamente svolte, per il periodo di vigenza degli accordi collettivi 23.6.1974, 17.2.1979 e 24.6.1980 (1.1.1974 - 31.12.1982) - è stata dichiarata inammissibile, non essendo stati impugnati gli atti deliberativi con i quali veniva disposto l'inquadramento della ricorrente ed il relativo trattamento economico, al sensi dei predetti accordi.
E' stata invece ritenuta ammissibile per il periodo successivo all'1.1.1983, non ponendosi in contrasto con le statuizioni di atti autoritativi divenuti inoppugnabili (giacché l'inquadramento della ricorrente, ai sensi degli accordi contrattuali approvati con i dd.P.R. n.ri 348/1983, 270/1987 e 384/1990, è stato effettuato il 29.6.1992, successivamente all'impugnativa e quando gli accordi stessi avevano esaurito la loro vigenza). Entro tali limiti la domanda è stata accolta, riconoscendosi il diritto della ricorrente alla corresponsione delle differenze retributive per l'espletamento delle mansioni superiori di applicato dattilografo nel periodo I. 1. 1983 - 13.8.1990, con gli accessori di legge.
Con ricorso depositato il 15 gennaio 1994, la signora Graziella Polverari ha proposto appello avverso l'anzidetta sentenza, denunciandone l'erroneità. Deduce che, avendo espletato mansioni superiori sin dal 1974, se pure non le fosse spettato l'inquadramento al IV livello funzionale, le spettavano tuttavia sicuramente le differenze retributive per le espletate mansioni superiori (CAS., V, 20.3.1992 n. 222, 17.9.1992 n. 827 e 30.9.1992 n. 891). Né si comprende il mancato riconoscimento delle differenze retributive dall'1.1.1981. Pertanto, chiede il riconoscimento delle differenze retributive per mansioni superiori svolte a decorrere dall'1.1.1974, o quanto meno dall'1.1.1981, con rivalutazione ed interessi e senza l'abbattimento del periodo previsto dall'art. 29 del D.P.R. n. 761/1979, da limitare comunque al primo anno.
Le Amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio.
DIRITTO
Con la sentenza appellata il T.A.R. (mentre ha riconosciuto il diritto della ricorrente alla corresponsione delle differenze retributive per l'espletamento di mansioni superiori nel periodo 1° gennaio 1983 - 13 agosto 1990) ha dichiarato inammissibile la domanda di attribuzione del trattamento economico corrispondente alle mansioni effettivamente svolte per il periodo di vigenza degli accordi collettivi 23.6.1974, A7.2.1979 e 24.6.1980 (1' gennaio 1974 - 31 dicembre 1982), non essendo stati impugnati gli atti deliberativi con i quali ne veniva disposto l'inquadramento ed il relativo trattamento economico, ai sensi dei predetti accordi.
Con l'appello la Polverani deduce che, avendo espletato mansioni superioni sin dal 1974, le spettavano sicuramente le differenze retributive per tale svolgimento. Né si comprende il mancato riconoscimento delle differenze retributive dal 1° gennaio 1981.
Il motivo è infondato.
L'orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio circa il riconoscimento del trattamento economico conseguente allo svolgimento di mansioni superiori alla qualifica rivestita si è consolidato nel ritenere che nell'ambito del pubblico impiego, e salvo che la legge non disponga altrimenti, le mansioni svolte da un dipendente, superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina e di inquadramento, sono del tutto irrilevanti sia ai fini economici sia ai fini della progressione di carriera. Ciò in quanto il rapporto di pubblico impiego non è assimilabile al rapporto di lavoro privato, perché gli interessi coinvolti hanno natura indisponibile ed anche perché l'attribuzione delle mansioni e del correlativo trattamento economico devono avene il loro presupposto indefettibile nel provvedimento di nomina o di inquadramento, non potendo tali elementi costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi (fra le ultime: V Sez., 30 ottobre 1997 n. 1219, V Sez., 1.7 maggio 1997 n. 515, IV Sez. 28 ottobre, 1996 n. 1157,Csi. 25 ottobre 1996 n. 363, V Sez. 24 ottobre 1996 n. 1282, V Sez. 24 maggio 1996 n. 587 e V Sez. 2 febbraio 1996 n. 120).
Il principio secondo cui lo svolgimento di mansioni superiori da parte dei dipendenti pubblici è irrilevante è applicabile in ogni settore del pubblico impiego (salvo l'eccezionale deroga prevista per il personale sanitario dall'art. 29, secondo comma, del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, estranea alla materia del contendere anche perché applicabile dal 1° gennaio 1983, ai sensi dell'art. 82, secondo comma, dello stesso decreto).
Né, al fine di poter far assumere rilevanza alle mansioni superiori svolte da un dipendente pubblico, è invocabile l'art. 2126 Cod. civ., il quale riguarda un fenomeno del tutto diverso (lo svolgimento di attività lavorativa da parte di chi non ~ qualificabile pubblico dipendente) ed afferma il principio della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di un atto nullo o annullato. Esso, pertanto, non incide in alcun modo sul principi concernenti la portata dei provvedimenti che individuano il trattamento giuridico ed economico dei dipendenti pubblici e non consente di disapplicare gli atti di nomina o di inquadramento, emanati in conformità delle leggi e dei regolamenti, specie se divenuti inoppugnabili (V Sez. 17 maggio 1997 n. 515, V Sez. 24 maggio 1996 nn. 597 e 587).
Dai principi già enunciati dalla Sezione, condivisi dal Collegio, deriva che la mancata tempestiva impugnazione degli atti di inquadramento in applicazione dei menzionati accordi collettivi e la loro conseguente inoppugnabilità è circostanza sufficiente a precludere l'accoglimento della domanda formulata dalla ricorrente.
Per le considerazioni dianzi esposte l'appello è infondato ad essere respinto.
La mancata costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata esime il Collegio dal doversi pronunciare sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, respinge l'appello.
Nulla per le spese del secondo grado.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso a Roma, il 1° giugno 1999, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori:
Giovanni Paleologo Presidente
Anselmo Di Napoli Consigliere, estensore
Luigi Maruotti Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Marco Lipari Consigliere
In originale firmato:
Giovanni Paleologo
Anselmo Di Napoli
Franca Provenziani