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n. 11-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 25 novembre 1999 n. 1983 - Pres. Serio, Est. Meschino - Comune di Assisi (Avv.ti Caravita di Toritto, Molini e Caforio) c. Brufani (Avv.ti Rossi, Sanino e Barelli) ed altri (n.c.)- (conferma TAR Umbria, sentenza n. 207 del 15 marzo 1999).

La funzione del Presidente del Consiglio comunale è istituzionale e non politica; conseguentemente, il potere di revoca nei confronti dello stesso può essere esercitato soltanto per motivi istituzionali, ed in particolare nel caso in cui il Presidente usi i propri poteri a fini di parte.

E' pertanto da ritenere illegittima, per sviamento di potere, una delibera con la quale è stata disposta la revoca del  Presidente di un Consiglio comunale per motivazioni politiche diverse da quelle (istituzionali) che ne costituiscono la funzione tipica secondo la logica del sistema.

Il Consiglio Comunale è l'organo nel quale, a differenza della Giunta, sono presenti maggioranza e minoranza; nel suo ambito deve dunque equilibrarsi l'esercizio dei due distinti diritti, della maggioranza, all'attuazione dell'indirizzo politico sancito dall'elettorato, e della minoranza a rappresentare e svolgere la propria opposizione. Si tratta di un equilibrio posto a garanzia della corretta dialettica tra le parti e che richiede un sistema di regole a tutela di ciascuna parte, pur nella distinzione delle posizioni politiche, in quanto volto a consentire l'attività del Consiglio nella sua unitaria funzione istituzionale, "di indirizzo e di controllo politico‑amministrativo" (art. 32, L. n. 142 del 1990), indipendentemente dalle decisioni ch'esso di volta mi volta esprima.  Regole quindi a carattere neutrale e dal contenuto essenzialmente procedurale quali sono, tipicamente, quelle sull'organizzazione dei lavori e lo svolgimento della discussione e delle votazioni, e la cui applicazione è coerente con la funzione di garanzia che per esse si concreta soltanto se svolta sopra partes e da un soggetto a ciò istituzionalmente preposto; e questi non può che essere, anzitutto, il Presidente dell'Assemblea, in quanto presidente di tutto il collegio, nella sua unità istituzionale, e suo rappresentante.

La funzione del Presidente, di conseguenza, non è strumentale all'attuazione di un indirizzo politico ma al corretto funzionamento dell'istituzione in quanto tale; essa è perciò neutrale, e, ferma la necessaria cautela nel richiamo all'ordinamento di organi costituzionali, analoga è la funzione dei Presidenti delle Camere, come consolidatasi nel tempo indipendentemente dalla provenienza politica e dalla maggioranza che li abbia eletti.  Né il contenuto della funzione muta per il fatto che il Presidente sia eletto poiché per esercitare tale funzione, come sopra ricostruita e normativamente individuata, egli deve comunque operare in un ambito estraneo alla politica di parte. E la sua revoca, di conseguenza, non può che essere causata dal cattivo esercizio di tale funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità, e motivata perciò con esclusivo riferimento a tale parametro e non ad un rapporto di fiduciarietà politica.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso in appello n. 3707 del 1999, proposto dal Comune di ASSISI, in persona del Sindaco pro‑tempore rappresentato e difeso dagli Avvocati Prof. Beniamino Caravita di Toritto, Tosca Molini e Giuseppe Caforio, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, Via di Porta Pinciana n. 6;

contro

il sig. Paolo Brufani, rappresentato e difeso dagli Avvocati Prof. Giampaolo Rossi, Mario Sanino e Urbano Barelli, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, Via dei Tre Orologi, n. 20

e nei confronti

dei signori Giorgio Bartolini, Alessandro Biagetti e Giorgio Bellucci, non costituitisi in giudizio

per la riforma

della sentenza del TAR per l'Umbria 15 marzo 1999, n. 207;

Visto l'atto di appello con i relativi allegati.

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'appellato Brufani;

Visto le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese.

Visti gli atti tutti della causa.

(omissis) Nella sentenza, respinti i motivi di vizio del procedimento, si riscontra l'esistenza del vizio di sviamento di potere della deliberazione in quanto adottata per motivazioni politiche e non istituzionali. Le funzioni del Presidente del Consiglio Comunale sono infatti volte al corretto funzionamento della istituzione e non alla realizzazione di un programma politico e la sua revoca è perciò legittima se motivata dall'esercizio scorretto dei suoi poteri istituzionali neutrali ma non se con essa si persegue il fine della omogeneità di indirizzo politico fra maggioranza e Presidente.

Tale sviamento è provato nel caso in esame dall'analisi degli episodi in cui si sarebbero concretati gli atti e comportamenti lesivi dell'immagine e della dignità del Consiglio Comunale addebitati al ricorrente. Secondo la controparte questi consistono nel voto contrario dato, quale Consigliere, su questioni significative, quali una proposta di variante del piano regolatore e sul bilancio comunale; sull'uso della carta intestata alla Presidenza del Consiglio per indirizzare, in un caso, un esposto all'autorità giudiziaria e in altri due, osservazioni a uffici comunali e la richiesta di informazioni all'UTE, laddove avrebbe dovuto presentarsi come semplice Consigliere; nell'aver offerto la sede del Comune per una riunione dei Presidenti dei Consigli Comunali dell'Umbria, non potendo egli disporre del patrimonio comunale; nell'aver inidoneamente presieduto l'assemblea, in un caso. consentendo numerosi interventi estranei su comunicazioni del Sindaco e in un altro, sollecitando la presentazione di una mozione contro un esponente della maggioranza in relazione, si sostiene, alla mozione presentata contro di lui. L'esame specifico di tali episodi ne dimostra, secondo il giudice di primo grado, la pochezza e chiarisce di conseguenza la vera ragione della delibera di revoca, peraltro espressa in vari modi, consistente nell'intento della maggioranza di ripristinare l'omogeneità di indirizzo politico fra la Giunta e il Presidente del Consiglio Comunale, rimuovendo da tale incarico chi si era dissociato politicamente dalla maggioranza che lo aveva eletto.

3. Con l'appello in esame il Comune di Assisi ha chiesto l'annullamento della sentenza di primo grado, con istanza di sospensione cautelare della sua esecuzione.

Alla camera di consiglio del 18 maggio 1999 l'esame dell'istanza cautelare è stato rinviato alla discussione sul merito della causa.

4. All'udienza del 13 luglio 1999 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello si censura la sentenza di primo grado in quanto afferma che le funzioni del Presidente del Consiglio Comunale sono istituzionali, cioè volte a garantire il corretto funzionamento dell'istituzione e non politiche, cioè volte al perseguimento di un programma politico. A questo riguardo la sentenza è anzitutto contraddittoria ‑ si deduce nell'appello - poiché non trae dalla suddetta affermazione le necessarie conseguenze rispetto al caso in esame, ed è comunque erronea perché, al contrario, le funzioni in questione sono di carattere politico.

Il Presidente del Consiglio Comunale infatti, esercitando funzioni che si asseriscono neutrali, dovrebbe di conseguenza astenersi da un ruolo politicamente attivo, o comunque, pur assolvendo al suo mandato quale Consigliere Comunale, sostenere le proprie posizioni politiche in coerenza con la imparzialità della sua carica, non utilizzandone cioè i poteri a fini di politica di parte; questo è invece avvenuto nel caso di specie a danno della maggioranza e, di conseguenza, ciò potrebbe in linea generale avvenire, se non sanzionato con la revoca, anche in violazione dei diritti delle minoranze.

Ma in realtà, prosegue l'appello, le funzioni del Presidente del Consiglio Comunale hanno carattere politico e presuppongono perciò un rapporto fiduciario con la maggioranza. Ciò emerge chiaramente se si considera quanto possano incidere sulla definizione delle questioni politiche all'esame del Consiglio le modalità con cui si. esercitano i poteri per la direzione e organizzazione dei suoi lavori; e non a caso, per i Comuni con più di 15.000 abitanti, nell'ipotesi in cui lo Statuto non preveda l'elezione del Presidente, la legge n. 81 del 1993, nell'individuare la presidenza del "consigliere anziano", esclude che questi possa essere il Sindaco neoeletto o un candidato alla carica di Sindaco proclamato consigliere" (art. 1, comma 2 ter), a tutela. da un lato, dell'autonomia del Consiglio Comunale rispetto al Sindaco, e, dall'altro, della sintonia politica fra Consiglio e Sindaco, altrimenti lesa da una Presidenza affidata a un esponente della minoranza. Il legame fra una tale carica e l'orientamento politico della maggioranza è peraltro confermato dall'esperienza dei Presidenti delle Camere, sempre eletti fra esponenti della maggioranza dopo la modifica del sistema elettorale in senso maggioritario. La scelta statutaria fatta nel Comune di Assisi poi, di un Presidente eletto in luogo dell'affidamento al consigliere anziano, vale a rafforzare tale impostazione, così come la norma sulla revoca, che non indica i motivi per essa e la lascia perciò alla più ampia discrezionalità, anche politica.

2. Questo primo motivo di appello, essenzialmente basato sulla valutazione che le funzioni del Presidente del Consiglio Comunale sono definite dal rapporto di fiduciarietà politica con la maggioranza, con conseguente piena discrezionalità della revoca, deve giudicarsi infondato.

Il Consiglio Comunale è infatti l'organo nel quale, a differenza della Giunta, sono presenti maggioranza e minoranza; nel suo ambito deve dunque equilibrarsi l'esercizio dei due distinti diritti, della maggioranza, all'attuazione dell'indirizzo politico sancito dall'elettorato, e della minoranza a rappresentare e svolgere la propria opposizione. Si tratta di un equilibrio posto a garanzia della corretta dialettica tra le parti e che richiede un sistema di regole a tutela di ciascuna parte, pur nella distinzione delle posizioni politiche, in quanto volto a consentire l'attività del Consiglio nella sua unitaria funzione istituzionale, "di indirizzo e di controllo politico‑amministrativo" (art. 32, 1. n. 142 del 1990), indipendentemente dalle decisioni ch'esso di volta mi volta esprima.

Regole quindi a carattere neutrale e dal contenuto essenzialmente procedurale quali sono, tipicamente, quelle sull'organizzazione dei lavori e lo svolgimento della discussione e delle votazioni, e la cui applicazione è coerente con la funzione di garanzia che per esse si concreta soltanto se svolta sopra partes e da un soggetto a ciò istituzionalmente preposto; e questi non può che essere, anzitutto, il Presidente dell'Assemblea, in quanto presidente di tutto il collegio, nella sua unità istituzionale, e suo rappresentante.

La funzione del Presidente, di conseguenza, non è strumentale all'attuazione di un indirizzo politico ma al corretto funzionamento dell'istituzione in quanto tale; essa è perciò neutrale, e, ferma la necessaria cautela nel richiamo all'ordinamento di organi costituzionali, analoga è la funzione dei Presidenti delle Camere, come consolidatasi nel tempo indipendentemente dalla provenienza politica e dalla maggioranza che li abbia eletti.

Questi presupposti non sono inficiati dalla disposizione dell'articolo 1, comma 2 ter, richiamata nell'appello, poiché essa non preclude che consigliere anziano sia comunque un esponente della minoranza che non abbia concorso all'elezione a Sindaco, e sono d'altro lato, chiaramente alla base della disciplina della funzione del Presidente del Consiglio Comunale nello statuto del Comune di Assisi. che, all'articolo 24, ne individua i compiti in quelle attività di rappresentanza del Consiglio, di organizzazione e direzione dei suoi lavori, di presidenza e vigilanza degli organi interni, essenziali per assicurare la corretta dialettica fra le parti politiche e correlate alla funzione del collegio unitariamente inteso.

Né il contenuto della funzione muta per il fatto che il Presidente sia eletto poiché per esercitare tale funzione, come sopra ricostruita e normativamente individuata, egli deve comunque operare in un ambito estraneo alla politica di parte. E la sua revoca, di conseguenza, non può che essere causata dal cattivo esercizio di tale funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità, e motivata perciò con esclusivo riferimento a tale parametro e non ad un rapporto di fiduciarietà politica.

3. Con il secondo motivo di appello si censura la sentenza di primo grado per aver svolto un sindacato cosi penetrante e puntuale delle valutazioni del Consiglio Comunale, riguardo agli episodi che hanno portato alla revoca del Presidente, da sconfinare in censure sulla discrezionalità dell'azione del Consiglio, superando in tal modo il limite del giudizio di legittimità, e senza esaminare, peraltro, tali episodi nella loro connessione ai fini di una valutazione globale della vicenda.

La erroneità delle specifiche argomentazioni del giudice di primo grado rispetto ai singoli "atti e comportamenti lesivi dell'immagine e della dignità del Consiglio Comunale di Assisi" è inoltre palese.

Così, avendo il geom. Brufani utilizzato la carta intestata alla Presidenza del Consiglio per indirizzare lettere a sostegno della propria posizione politica sulla questione della costruzione della Caserma dei Carabinieri, il giudice ha ritenuto sufficiente che sia stata sbarrata l'intestazione, e in uno dei due casi dichiarata la qualifica di consigliere comunale, per non riconoscere la gravità di tale comportamento, di cui è invece evidente la consapevole ambiguità allo scopo di avvalersi della carica per fini di parte.

Ugualmente per l'episodio della convocazione della Conferenza dei Presidenti dei Consigli Comunali nella sede del Comune, nel quale la sentenza non rinviene un abuso trattandosi di una riunione fra i Presidenti dei Consigli Comunali su temi istituzionali, e riconducendolo ad una semplice questione di organizzazione logistica e di cortesia istituzionale verso il Sindaco; tale convocazione invece è stata espressamente fatta nel quadro dell'azione di difesa politica del geom. Brufani in vista del dibattito sulla sua revoca, ciò che la sentenza giustifica, infine, alla luce della novità della questione istituzionale da affrontare.

Da tutto ciò si deduce, conclude l'appello, la contraddittorietà della sentenza impugnata, che afferma la neutralità della funzione del Presidente del Consiglio Comunale ma non ne censura l'esercizio, palesemente distorto nel tasso in esame e alla base della legittimità della sua revoca, comunque sussistente, si soggiunge, anche nella diversa ipotesi di un rapporto politico fiduciario.

4. Il motivo è infondato

Nella sentenza di primo grado si afferma che la funzione del Presidente del Consiglio Comunale è istituzionale e non politica; si afferma di conseguenza che il potere di revoca può essere esercitato soltanto per motivi istituzionali, in quanto il Presidente usi i propri poteri a fini di parte, e si procede, su questa base, ad esaminare le motivazioni dell'atto di revoca per verificare se con esse si individui un siffatto esercizio. Al riguardo si conclude negativamente e si giudica perciò illegittima la delibera impugnata per sviamento di potere "perché il potere di revocare il Presidente del Consiglio è stato esercitato con motivazioni (politiche) diverse da quelle (istituzionali) che ne costituiscono la funzione tipica secondo la logica del sistema". Il giudice ha proceduto dunque alla verifica della sussistenza di un vizio quale l'eccesso di potere, in questo caso individuato nella figura dello sviamento, che presuppone l'esercizio di una potestà discrezionale e la cui manifestazione "proprio in quanto non coincide con la violazione estrinseca di un dettato normativo evidenziabile tramite sillogismo giuridico, avviene non ex se bensì attraverso una manifestazione tipica, dalla quale possa desumersi, in via di deduzione logica, la sussistenza sia pure potenziale del vizio" (C.d.S.,‑ Sez. VI, 13 aprite 1992, n. 256). La deduzione non poteva che muovere, in questo caso, dall'esame della motivazione del provvedimento, e svolgersi attraverso la verifica se gli atti e comportamenti lesivi della dignità e dell'immagine del Consiglio, con essa evocati, concretassero cattivo esercizio della funzione presidenziale in violazione del suo contenuto istituzionale. Non si configura quindi superamento dei limiti del giudizio di legittimità ma il suo proprio svolgimento. Né, d'altro lato, risultano erronee la valutazioni conseguentemente date nella sentenza sui singoli fatti, non evincendosi da ciascuno di essi, né dal loro insieme, quella provata e chiara distorsione del neutrale esercizio dei poteri presidenziali nel loro reiterato svolgimento, che sola può motivare la revoca.

5. Per le ragioni esposte l'appello è infondato e deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) respinge l'appello n. 3707 del 1999.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi nella sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, il giorno 13 luglio 1999, con l'intervento dei signori

Guglielmo Serio                    Presidente

Anselmo Di Napoli                    Consigliere

Claudio Marchitiello                          Consigliere

Marco Pinto                                         Consigliere

Maurizio Meschino                             Consigliere estensore

In originale firmato:

Guglielmo Serio

Maurizio Meschino

Francesco Cutrupi

Copertina