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n. 12-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 1 dicembre 1999 n. 2021 - Pres. Iannotta, Est. Pinto - Algi s.r.l. c. Comune di Milano - (conferma TAR Lombardia, sezione II, sentenza n. 94/93).

Nella nozione di ristrutturazione edilizia debbono farsi rientrare anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato (1).

In particolare, il crollo del manufatto (intervenuto accidentalmente mentre erano in atto lavori regolarmente assentiti con concessione edilizia finalizzata alla ristrutturazione edilizia dell'immobile) e la sua ricostruzione con caratteristiche volumetriche, di ingombro e ubicazionali corrispondenti a quelle sussistenti in precedenza non impediscono di ritenere che ci si trovi dinanzi ad una ristrutturazione edilizia nel senso previsto dall'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, sempre che tra il rilascio dell'originario titolo, il crollo e la presentazione della nuova progettazione non si verifichi una soluzione di continuità (2).

Il concetto di ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura, onde la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da tempo demolito costituisce e richiede un'apposita concessione edilizia (3).

La ipotesi della ristrutturazione edilizia ricorre solo quando l'intervento edilizio si traduca in una volontaria demolizione accompagnata dalla successiva fedele ricostruzione del fabbricato; se, invece, il preesistente fabbricato è crollato in precedenza, l'attività edificatoria non può che essere quella di una nuova edificazione; tali considerazioni valgono anche quando il crollo e la conseguente ricostruzione siano parziali. Inoltre, non rileva la circostanza che l'intervento edilizio consti di una pluralità di opere nell'ambito delle quali si collocherebbero in posizione di assoluta marginalità la parziale ricostruzione di una struttura venuta meno a causa di un'incendio.

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(1) Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 1988, n. 416; 9 luglio 1990, n. 594; 6 dicembre 1993, n. 1259; 12 luglio 1996, n. 861.

(2) Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 1997, n. 291.

(3) Cons. Stato, sez. V, 10 marzo 1997, n. 240; 4 novembre 1994, n. 1261.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente

Decisione

sul ricorso in appello n. 4100/93 proposto

dalla società Immobiliare Algi s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Pier Tommaso Torrani e dall'avv. prof. Ugo Ferrari, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via P.A. Micheli n. 78

contro

- il Comune di Milano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Franco Garbin, Maria Rita Surano, Giovanni Sindaco e Francesco Pirocchi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Nizza n. 53

per l'annullamento

della sentenza del TAR Lombardia, sez. Seconda di Milano, n. 94/93

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'appellato Comune;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 4 maggio 1999 il consigliere Marco Pinto e uditi l'avv. Ugo Ferrari e l'avv. Francesco Pirocchi;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con istanza presentata il 3 maggio 1988 la Immobiliare Algi s.r.l., proprietaria di un edificio sito in Milano, alla via Cappellini, ubicato in una zona già vincolata a standards urbanistici e quindi all'espropriazione, scaduto il vincolo a causa del decorso del quinquennio, chiedeva il rilascio di una concessione edilizia per la esecuzione dei lavori volti al ripristino della originaria consistenza del manufatto, oggetto di un incendio negli anni Settanta.

Nella domanda l'intervento progettato veniva definito come segue:

"risanamento conservativo con ripristino di elementi costruttivi dell'edificio preesistente danneggiato".

Con provvedimento notificato il 13 luglio 1989 il Comune di Milano respingeva la domanda, ritenendo l'intervento "di nuova edificazione" e quindi contrastante con il disposto dell'articolo 4, ultimo comma, lettera b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

Avverso tale provvedimento la società Algi proponeva ricorso al TAR per la Lombardia, deducendo che il Comune aveva errato nel qualificare come nuova costruzione un intervento che era invece diretto a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità.

I lavori oggetto dell'intervento avrebbero dovuto essere qualificati come di restauro e di risanamento conservativo, ovvero, al più, come di ristrutturazione edilizia.

Si costituiva in giudizio il Comune di Milano chiedendo il rigetto del ricorso.

L'adito TAR con la sentenza in epigrafe indicata, rigettava il ricorso e compensava tra le parti le spese di lite.

Osservava il TAR che l'intervento non assentito prevedeva (anche) la ricostruzione dell'intero primo piano.

Tale circostanza doveva ritenersi sufficiente a far ritenere che, almeno in tale parte, l'intervento non poteva essere incluso tra quelli di recupero del patrimonio edilizio esistente ai sensi dell'art.31 della legge n. 457 del 1978, con la conseguenza che doveva ritenersi precluso dall'articolo 4, ultimo comma, lettera b), della legge n. 10 del 1977.

Avverso tale sentenza proponeva appello la società già ricorrente in primo grado, deducendo che:

a) anche la ricostruzione fedele delle parti deteriorate o distrutte di un edificio rientrerebbe nell'ambito degli interventi di restauro e risanamento conservativo ammessi dall'articolo 4, ultimo comma, della legge n. 10 del 1977.

Proprio per questa ragione la demolizione e la ricostruzione fedele di un nuovo ed identico edificio integrerebbero il concetto di restauro.

Inoltre, l'espressione nuova costruzione allude alla costruzione di un edificio su area libera, mentre l'intervento in questione riguarda una costruzione esistente, seppure gravemente danneggiata;

b) la sentenza si soffermerebbe ingiustamente solo sulla parte dell'intervento avente ad oggetto la ricostruzione di una piccola porzione del primo piano, trascurando la circostanza che, invece, l'insieme dell'intervento era senz'altro qualificabile come di restauro e risanamento conservativo.

Si costituiva in giudizio il Comune di Milano chiedendo il rigetto dell'appello.

DIRITTO

L'appello è infondato.

Osserva la Sezione che nella nozione di ristrutturazione edilizia debbono farsi rientrare anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato (Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 1988, n. 416; 9 luglio 1990, n. 594; 6 dicembre 1993, n. 1259; 12 luglio 1996, n. 861).

Si è anche ritenuto che il crollo del manufatto (intervenuto accidentalmente mentre erano in atto lavori regolarmente assentiti con concessione edilizia finalizzata alla ristrutturazione edilizia dell'immobile) e la sua ricostruzione con caratteristiche volumetriche, di ingombro e ubicazionali corrispondenti a quelle sussistenti in precedenza non impediscono di ritenere che ci si trovi dinanzi ad una ristrutturazione edilizia nel senso previsto dall'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, sempre che tra il rilascio dell'originario titolo, il crollo e la presentazione della nuova progettazione non si verifichi una soluzione di continuità (Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 1997, n. 291).

Peraltro il concetto di ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura, onde la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da tempo demolito costituisce e richiede un'apposita concessione edilizia (Cons. Stato, sez. V, 10 marzo 1997, n. 240; 4 novembre 1994, n. 1261).

Contrariamente a quel che sostiene la società appellante. la ipotesi della ristrutturazione edilizia, secondo l'orientamento giurisprudenziale surrichiamato, ricorre solo quando l'intervento edilizio si traduca in una volontaria demolizione accompagnata dalla successiva fedele ricostruzione del fabbricato; se, invece, il preesistente fabbricato è crollato in precedenza, l'attività edificatoria non può che essere quella di una nuova edificazione.

Naturalmente, le anzidette considerazioni valgono anche quando il crollo e la conseguente ricostruzione siano parziali.

Inoltre, non rileva la circostanza che l'intervento edilizio consti di una pluralità di opere nell'ambito delle quali si collocherebbero (secondo l'appellante) in posizione di assoluta marginalità la parziale ricostruzione di una struttura venuta meno a causa dell'incendio.

Il fatto che l'intervento sia stato qualificato, dalla stessa società richiedente, come unitario e che lo stesso contempli opere che costituiscono, in realtà una nuova edificazione (non consentita) è sufficiente a fondare il diniego opposto dell'amministrazione comunale.

L'esame del progetto, d'altra parte, fuga ogni dubbio sul fatto che, almeno in parte, l'opera ha ad oggetto un volume edilizio ormai inesistente da molti anni.

In conclusione, la sentenza del TAR è immune dai vizi denunciati.

L'appello va quindi respinto.

Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta l'appello.

Condanna la società appellante al pagamento, in favore del Comune di Milano, delle spese del secondo grado del giudizio, spese che liquida in complessive lire 4.000.000 (quattromilioni).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 maggio 1999, con l'intervento del signori:

Raffaele Iannotta - Presidente

Anselmo Di Napoli - Consigliere

Marcello Borioni - Consigliere

Paolo Buonvino - Consigliere

Marco Pinto - Consigliere estensore

In originale firmato:

Raffaele Iannotta

Marco Pinto

Francesco Cutrupi

Copertina