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n. 12-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 13 dicembre 1999 n. 2109 - Pres. Serio, Est. Cintioli - Comune di Roma (Avv.ti Patriarca e Raimondo) c. Società Concessioni Internazionali a r.l. (Avv. Tobia) - (annulla T.A.R. Lazio, Sez. II, 13 gennaio 1999 n. 807).

Atto amministrativo - Diritto di accesso - Presupposti della personalità dell'interesse e della concretezza dello stesso - Individuazione - Istanza volta ad acquisire atti necessari per effettuare un controllo di pertinenza dell'ente pubblico - Insussistenza del diritto di accesso.

Atto amministrativo - Diritto di accesso - Motivazione dell'istanza - Deve essere esternata nell'istanza stessa - Motivazioni successive dedotte nel corso del giudizio - Irrilevanza.

Ai sensi degli artt. 22 e seguenti della legge n. 241/1990, non può accogliersi l'istanza di accesso presentata da una società concessionaria di pubblicità tendente ad ottenere il rilascio di tutte le concessioni autorizzate dal Servizio affissioni e pubblicità di un Comune (nella specie, il Comune di Roma) giustificata con il fine di contrastare il fenomeno dell'abusivismo nel settore della pubblicità ordinaria. L'interesse alla repressione dell'abusivismo, infatti, non individua una posizione legittimante del richiedente, poiché è strettamente collegato all'interesse pubblico, di pertinenza dell'ente locale, ad impedire e perseguire, con adeguate sanzioni, questi fenomeni.

Più in generale, va rilevato, in ordine al requisito della "personalità dell'interesse" richiesto dalla disciplina di cui algli artt. 22 ss. L. n. 241/90, che:

a) la personalità dell'interesse consente l'esercizio del diritto di accesso solo a colui che, rispetto ai documenti richiesti, versi in una posizione legittimante, che valga a differenziarlo dalla generalità dei consociati e da coloro che in varia guisa possono dirsi interessati all'attività del soggetto pubblico; in breve, la personalità implica la correlativa esistenza di una legittimazione preliminare all'accesso non confondibile e riferibile individualmente al soggetto che formula l'istanza (1).

b) l'interesse personale, essendo comunque strumentale alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, deve trovare posto entro l'ambito dei valori riconosciuti dall'ordinamento e deve essere, perciò, giuridicamente protetto, nel senso che tale riconoscimento si accompagna alla facoltà di attivarsi per la tutela della situazione soggettiva, sia sul piano dei rapporti sostanziali sia sul piano della conseguente proiezione procedimentale e giurisdizionale; ciò non implica alcuna contraddizione, beninteso, col principio secondo cui la situazione giuridicamente rilevante cui è collegato il diritto di accesso non coincide necessariamente con una posizione di interesse legittimo o di diritto soggettivo (2), né col principio per cui il diritto di accesso, essendo finalizzato ad assicurare la trasparenza dell'azione amministrativa ed a favorirne lo svolgimento imparziale, sussiste come posizione autonoma, tutelata indipendentemente dalla pendenza di un procedimento giurisdizionale e da eventuali poteri istruttori esercitabili da parte del giudice (3);

c) l'interesse personale dov'essere pertinente esclusivamente al soggetto che ne vanta la titolarità: ciò nel senso che deve rispondere ad una situazione giuridica del tutto autonoma da altre e suscettibile di attuazione diretta da parte del titolare, ovvero nel senso che, pur se collegato ad altri interessi individuali od all'interesse pubblico, deve nondimeno essere sempre suscettibile di imputazione esclusiva al richiedente, il quale provvederà, in concreto, ad assumerne la "cura", sia sul piano dei rimedi di diritto sostanziale, sia sul piano giurisdizionale.

L'interesse deve, altresì, ai sensi della medesima disciplina, essere "concreto"; ciò significa che tale interesse impedisce possa confondersi con quelli di altri soggetti ovvero con l'interesse pubblico istituzionalmente perseguito dall'Amministrazione, specie per le forme e le modalità di protezione e non dev'essere caratterizzato da un eccessivo grado di astrazione e deve sempre collegarsi a situazioni giuridicamente rilevanti (4).

L'interesse posto a base della domanda di accesso, infine, non può tardivamente dedursi nella discussione orale davanti al giudice di primo grado, né, tantomeno, nel giudizio di appello, ma dov'essere compiutamente esternato nell'istanza rivolta alla P.A., al fine di porla in condizione di tempestivamente esercitare il controllo sulla sua fondatezza, che l'ordinamento le rimette. Il momento di presentazione dell'istanza di accesso cristallizza, dunque, il fondamento sostanziale di quella determinata richiesta di parte e l'interessato non potrà utilmente impugnare il rifiuto dell'Amministrazione, deducendo "a sorpresa" nuovi interessi personali che hanno segretamente animato l'istanza medesima.

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(1) V. Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 1997, n. 362, secondo cui il diritto di accesso non si atteggia come una sorta di azione popolare diretta a consentire una forma di controllo generalizzato sull'Amministrazione, sicché l'interesse che legittima alla richiesta, da accertare caso per caso, deve essere personale e concreto, quindi serio, non emulativo; né riducibile a mera curiosità, oltre che ricollegabile alla persona dell'istante da uno specifico nesso. In senso conforme: Cons. Stato, sez. IV, 10 settembre 1996, n. 1024.

(2) V. Cons. Stato, sez. IV, 3 febbraio 1996, n. 98.

(3) V. Cons. Stato, sez. IV, n. 1024/1996, cit.

(4) V., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 6 maggio 1996, n. 570, secondo cui il titolare del diritto di accesso deve procedere ad una "compiuta esternazione" delle ragioni sottese alla sua istanza e, soprattutto, della coerenza di tali ragioni con la finalità alla cui religione detto diritto è preordinato.

 

 

FATTO

La sentenza appellata ha accolto il ricorso proposto dalla Società Concessioni Internazionali a.r.l. (in appresso, più semplicemente, SCI), avente per oggetto il silenzio tenuto dal Comune di Roma sulla richiesta di accesso ai documenti del 12.6.1998, notificata il 22.6.1998.

Con tale istanza la SCI ha esercitato il diritto di accesso, ai sensi degli artt. 22 e seguenti della legge n. 241/1990, al fine di ottenere il rilascio di "tutte le concessioni autorizzate dal Servizio Affissioni e Pubblicità del Comune di Roma per lo svolgimento di pubblicità ordinaria e di tutti gli impianti autorizzati per le affissioni dirette presenti attualmente sul territorio della città con particolare riferimento ai posters 6 per 3 ed ai formati 100 per 140, 140 per 200 anche su impianti di pubblica utilità quali fermate bus, indicatori di parcheggio, indicatori di farmacie, targhe viarie".

Il T.A.R. ha riconosciuto la SCI titolare della legittimazione ad esercitare l'accesso ed ha ritenuto la fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, in quanto:

a) il diritto di accesso costituisce un autonomo diritto soggettivo all'informazione, accordato per la tutela nel senso più ampio ed onnicomprensivo del termine;

b) l'interesse che muove la SCI discende concretamente dall'esigenza di contrastare il fenomeno dell'abusivismo nel settore della pubblicità ordinaria, che produce gravi pregiudizi all'attività della società stessa;

c) il diritto di accesso è esercitabile per se stesso, indipendentemente dal fatto che l'acquisizione della documentazione possa avvenire, eventualmente, anche per ordine del giudice competente a conoscere delle situazioni giuridiche sostanziali alle quali quella documentazione attiene o è connessa;

d) ai fini della legittimazione, è sufficiente rilevare che la SCI da molti anni svolge l'attività di commercializzazione di impianti e spazi pubblicitari nell'ambito del Comune di Roma;

e) sono fondate le censure mosse al comportamento omissivo del Comune, essendo questi tenuto a motivare il rifiuto opposto all'interessata.

Il Comune di Roma ha proposto appello, col quale ha chiesto la riforma integrale della sentenza impugnata, osservando come la posizione del richiedente l'accesso, in questo caso, non risponderebbe al modello dell"'interesse personale e concreto" per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, cui è subordinato il felice esito dell'istanza. Per un verso, la repressione dell'abusivismo sarebbe funzione di esclusivo appannaggio dell'ente pubblico e, per altro verso, lo svolgimento di attività nel settore pubblicitario sarebbe inidonea a fondare la legittimazione della SCI.

Si è costituita in giudizio l'appellata, la quale ha rilevato, in particolare, che la volontà di combattere l'abusivismo nel settore pubblicitario è uno solo dei motivi a sostegno dell'istanza di accesso, dovendosi ad esso aggiungere l'interesse primario a poter pianificare con certezza le proprie campagne pubblicitarie.

La causa è stata discussa nell'udienza in camera di consiglio del 13 luglio 1999.

DIRITTO

1 E' bene premettere che l'istanza notificata dall'odierna appellata per ottenere l'accesso ai documenti più sopra indicati, a parte il richiamo all'attività di commercializzazione di spazi pubblicitari svolta dalla stessa SCI, è stata motivata con le seguenti considerazioni:

a) si è puntualizzato che la SCI da anni cerca invano di combattere il dilagare del fenomeno dell'abusivismo attraverso puntuali segnalazioni ai competenti unici del Comune di Roma e richieste di rimozione di impianti installati abusivamente;

b) si è segnalato che, malgrado il riconoscimento dell'illegalità di numerosi impianti, lo sfruttamento abusivo è proseguito, ingenerando nel mercato e negli utenti la convinzione della loro regolarità;

c) si è infine dedotto che l'inerzia del Comune ha comportato per la società danni di enorme entità con conseguente perdita di numerosi clienti.

Nessun'altra considerazione è stata esposta a giustificazione della richiesta d'accesso né, a ben vedere, nuove ragioni sono state dedotte col ricorso proposto davanti al T.A.R..

Solo in sede di discussione orale davanti al giudice di primo grado, a quanto risulta dalla memoria di costituzione della stessa SCI, si è precisato che, accanto alla volontà di combattere il fenomeno dell'abusivismo, l'interesse primario che giustifica il diritto di accesso si sostanzia nell'esigenza di programmare, con sufficiente consapevolezza degli assetti di mercato, la propria azione imprenditoriale, alla luce degli inevitabili riflessi che produce la coesistenza della cartellonistica regolarmente autorizzata e di quella abusiva.

2. La questione interpretativa che il collegio è chiamato a risolvere concerne la sussistenza dell'interesse personale e concreto che deve sorreggere il diritto di accesso.

Per la precisione, a norma dell'art. 22, della legge 7.8.1990, n. 241, il diritto di accesso è riconosciuto a "chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti"; a norma dell'art. 2 del D.P.R. 27.6.1992, n. 352, il diritto di accesso è esercitato da "chiunque vi abbia un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti".

Perché sia riconosciuta all'interessato la titolarità del diritto di accesso è, anzitutto, necessario che questi sia portatore di un interesse "personale".

Da questo requisito discendono numerose implicazioni, che comprimono l'ambito applicativo dell'istituto, in attuazione di un ragionevole disegno legislativo che, nel riconoscere il diritto di accesso quale fondamentale corollario dei valori costituzionali di trasparenza, imparzialità ed efficienza, ha inteso impedire forme arbitrarie e/o ingiustificate di ingerenza nell'azione amministrativa, circoscrivendo anche sul piano soggettivo le condizioni di rilevanza giuridica dell'istituto. Tali implicazioni possono così riassumersi:

a) La personalità dell'interesse consente l'esercizio del diritto di accesso solo a colui che, rispetto ai documenti richiesti, versi in una posizione legittimante, che valga a differenziarlo dalla generalità dei consociati e da coloro che in varia guisa possono dirsi interessati all'attività del soggetto pubblico; in breve, la personalità implica la correlativa esistenza di una legittimazione preliminare all'accesso non confondibile e riferibile individualmente al soggetto che formula l'istanza (v. Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 1997, n. 362, secondo cui il diritto di accesso non si atteggia come una sorta di azione popolare diretta a consentire una forma di controllo generalizzato sull'Amministrazione, sicché l'interesse che legittima alla richiesta, da accertare caso per caso, deve essere personale e concreto, quindi serio, non emulativo; né riducibile a mera curiosità, oltre che ricollegabile alla persona dell'istante da uno specifico nesso. In senso conforme: Cons. Stato, sez. IV, 10 settembre 1996, n. 1024);

b) l'interesse personale, essendo comunque strumentale alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, deve trovare posto entro l'ambito dei valori riconosciuti dall'ordinamento e deve essere, perciò, giuridicamente protetto, nel senso che tale riconoscimento si accompagna alla facoltà di attivarsi per la tutela della situazione soggettiva, sia sul piano dei rapporti sostanziali sia sul piano della conseguente proiezione procedimentale e giurisdizionale; ciò non implica alcuna contraddizione, beninteso, col principio secondo cui la situazione giuridicamente rilevante cui è collegato il diritto di accesso non coincide necessariamente con una posizione di interesse legittimo o di diritto soggettivo (v. Cons. Stato, sez. IV, 3 febbraio 1996, n. 98), né col principio per cui il diritto di accesso, essendo finalizzato ad assicurare la trasparenza dell'azione amministrativa ed a favorirne lo svolgimento imparziale, sussiste come posizione autonoma, tutelata indipendentemente dalla pendenza di un procedimento giurisdizionale e da eventuali poteri istruttori esercitabili da parte del giudice (v. Cons. Stato, sez. IV, n. 1024/1996, cit.);

c) l'interesse personale dov'essere pertinente esclusivamente al soggetto che ne vanta la titolarità: ciò nel senso che deve rispondere ad una situazione giuridica del tutto autonoma da altre e suscettibile di attuazione diretta da parte del titolare, ovvero nel senso che, pur se collegato ad altri interessi individuali od all'interesse pubblico, deve nondimeno essere sempre suscettibile di imputazione esclusiva al richiedente, il quale provvederà, in concreto, ad assumerne la "cura", sia sul piano dei rimedi di diritto sostanziale sia sul piano giurisdizionale.

L'interesse deve, altresì, essere "concreto". Ne discende, dunque, quanto segue:

a) la concretezza dell'interesse, ancora una volta, impedisce che esso possa confondersi con quelli di altri soggetti ovvero con l'interesse pubblico istituzionalmente perseguito dall'Amministrazione, specie per le forme e le modalità di protezione;

b) non dev'essere caratterizzato da un eccessivo grado di astrazione e deve sempre collegarsi a situazioni giuridicamente rilevanti (v., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 6 maggio 1996, n. 570, secondo cui il titolare del diritto di accesso deve procedere ad una "compiuta esternazione" delle ragioni sottese alla sua istanza e, soprattutto, della coerenza di tali ragioni con la finalità alla cui religione detto diritto è preordinato).

Ciò premesso, ritiene il collegio che il requisito soggettivo della personalità e concretezza non sia ravvisabile in relazione all'interesse, enunciato dall'appellante, a combattere il fenomeno dell'abusivismo nel settore della concessione comunale di impianti pubblicitari.

L'interesse alla repressione dell'abusivismo, invero, non individua una posizione legittimante del richiedente, poiché è strettamente collegato all'interesse pubblico, di pertinenza dell'ente locale, ad impedire e perseguire, con adeguate sanzioni, questi fenomeni. Né tale interesse è giuridicamente ascrivibile al privato, al di fuori della sovrapposizione eventuale che contraddistingue ogni "interesse di mero fatto", giacché questi non ha il potere di attivarne direttamente le forme di protezione giuridica: la repressione e la sanzione di questi eventi compete all'ente pubblico e l'eventuale sua inerzia, pur coinvolgendo responsabilità amministrative, penali ed eventualmente anche civilistiche, non trasferisce al privato alcun potere di impulso.

L'interesse in questione, in breve, non è in alcun modo "imputabile" al privato.

L'impossibilità di imputarlo al privato, per altro verso, conferma anche la carenza del requisito della concretezza.

L'ulteriore interesse dedotto dalla SCI (l'esigenza di poter programmare con sufficiente chiarezza la propria strategia imprenditoriale) non può essere preso in considerazione.

L'attuazione del diritto di accesso passa per il filtro della valutazione dell'Amministrazione, la quale, tra le altre condizioni di ammissibilità, deve anche verificare l'esistenza dell'interesse personale e concreto a fondamento della richiesta; l'esercizio di tale potere è normativamente collegato alla previsione di un termine di decadenza particolarmente breve, entro il quale l'interessato deve impugnare il rifiuto davanti al giudice amministrativo (v., in specie, Cons. Stato, Ad. Plen., 24 giugno 1999, n. 16). Sicché l'interesse posto a base del richiedente l'accesso non può tardivamente dedursi nella discussione orale davanti al giudice di primo grado, né, tantomeno, nel giudizio di appello, ma dov'essere compiutamente esternato nell'istanza rivolta alla P.A., al fine di porla in condizione di tempestivamente esercitare il controllo sulla sua fondatezza, che l'ordinamento le rimette.

Il momento di presentazione dell'istanza di accesso cristallizza, dunque, il fondamento sostanziale di quella determinata richiesta di parte e l'interessato non potrà utilmente impugnare il rifiuto dell'Amministrazione, deducendo "a sorpresa" nuovi interessi personali che hanno segretamente animato l'istanza medesima.

Non è dato apprezzare la carenza di motivazione incidentalmente rilevata dal T.A.R., atteso che il requisito della motivazione non può intuitivamente richiedersi quando l'Amministrazione sia rimasta inerte sulla domanda del richiedente.

E' irrilevante, infine, la circostanza che analoghe istanze di accesso siano state in passato accolte dal Comune di Roma.

Ne segue l'accoglimento dell'appello e, per l'effetto, il rigetto della domanda proposta in primo grado.

Poiché soccombente, l'appellata viene condannata al rimborso, in favore dell'appellante, delle spese dei due gradi del giudizio, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda proposta nel giudizio di primo grado.

Condanna l'appellata al rimborso, in favore dell'appellante, delle spese del giudizio, che si liquidano in complessive lire 2.000.000 (duemilioni).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Depositata in cancelleria il 13 dicembre 1999.

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