CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 20 dicembre 1999 n. 2125 - Pres. Iannotta, Est. Meschino - Comune di Pieve del Cairo (Avv.ti Adavastro e Merlino) c. Impresa Brogioli S.r.l (Avv. Maurici)-(annulla TAR Lombardia-Milano, Sez. III, 17 febbraio 1994 n. 76).
Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Necessità - Nel caso di opere od impianti anche se amovibili ma destinati ad un uso non temporaneo - Necessità - Fattispecie in materia di installazione di un frantoio in un terreno agricolo.
L'art. 1 della L. 28 gennaio 1977 n. 10, che sancisce la regola dell'assoggettamento a concessione di ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, non comprende le sole attività di edificazione, ma tutte quelle consistenti nella modificazione dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio, in relazione alla sua condizione naturale e alla sua qualificazione giuridica (1).
È quindi soggetta a concessione da parte del Sindaco ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l'esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, quando il mutamento o l'alterazione abbiano un rilievo ambientale, estetico o funzionale (2).
Produce dunque trasformazione urbanistica ogni intervento che alteri in modo rilevante e duraturo lo stato del territorio, anche in relazione alla sua qualificazione giuridica, per il profilo ambientale, estetico o funzionale, a nulla rilevando l'eventuale precarietà strutturale del manufatto.
In particolare necessita di concessione edilizia la installazione di un frantoio, cioè di un macchinario industriale funzionalmente collegato ad un preciso ciclo produttivo dell'industria lapidea e che comporta perciò una alterazione dello stato del territorio, rilevante per più profili e che non è adibito ad un uso temporaneo.
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(1) C.d.S., Sez. V, 1 marzo 1993 n. 3193.
(2) C.d.S., Sez. V, 23 gennaio 1991, n. 64.
FATTO
1. Con ricorso n. 69 del 1992, proposto al Tar per la Lombardia, la Impresa Brogioli S.r.l. ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza sindacale, prot. 4601 del 21 ottobre 1991 con la quale, ai sensi degli articoli 7 della legge n. 47 del 1985 e 38 della legge n. 142 del 1990, si ordina alla ricorrente "Il ripristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni dalla notifica del presente atto con avvertenza che trascorso inutilmente tale termine le opere di cui sopra e le aree di sedime su cui dette opere insistono saranno acquisite gratuitamente al patrimonio comunale". Il provvedimento è motivato dalla collocazione da parte della Impresa Brogioli S.r.l. in area a destinazione agricola (a confine con zona industriale di proprietà della stessa Società) di un "frantoio mobile per la triturazione di composti in c. s.", in mancanza di concessione edilizia ed essendo comunque l'opera in contrasto con il piano regolatore vigente.
2. Il TAR con sentenza n. 76 del 1992, ha accolto il ricorso compensando tra le parti le spese del giudizio. Nella sentenza si afferma che nel caso in esame non si configura la fattispecie delle opere realizzate in mancanza di concessione alla base della sanzione di cui all'articolo 7 della legge n. 47 del 1985, trattandosi della posa in opera di ghiaia, o della semplice apposizione di materiale vario sul terreno, e della collocazione di un impianto a permanente assetto mobile, quale è il frantoio in questione, così come è infondata l'avvertenza sull'acquisizione dell'area di sedime in caso di inottemperanza. Non appare comprensibile, inoltre, il richiamo dell'articolo 38 della legge 142 del 1990, che riguarda le attribuzioni del Sindaco nella diversa materia dei servizi di competenza statale.
Non può essere condivisa però, prosegue la sentenza, la ulteriore argomentazione della ricorrente della irrilevanza del contrasto fra l'attività svolta e la disciplina agricola dell'area, in quanto le norme urbanistiche regolerebbero non gli usi e le attività ma le trasformazioni urbanistiche, poiché ciò non considera l'articolo 4 della legge n. 47 del 1985, che attribuisce al Sindaco la vigilanza sulla corrispondenza fra le attività private e le norme di piano non soltanto per il profilo edilizio ma anche per quello funzionale. Non potendosi peraltro disporre in sede giurisdizionale la conversione dell'atto amministrativo impugnato, qualificandolo come diffida allo sgombero dei macchinari ai sensi del citato articolo 4, il ricorso deve essere accolto, conclude la sentenza, con piena salvezza degli ulteriori provvedimenti adottati dall'Amministrazione sulla base delle normae agendi rappresentate nella sentenza stessa.
3. Con l'appello in esame il Comune di Pieve del Cairo ha chiesto l'annullamento della sentenza di primo grado.
4. La parte appellata si è costituita ed ha proposto appello incidentale con il quale ha chiesto la parziale riforma della sentenza di primo grado, con l'annullamento, in via principale, della intimazione al Sindaco di conformarsi alla norma agendi enunciata nella stessa sentenza e, in subordine, dell'ordinanza sindacale impugnata, in accoglimento di motivi di censura proposti in primo grado, non considerati nella sentenza e riproposti con l'appello incidentale.
5. All'udienza del 6 luglio 1999 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di appello si censura la sentenza di primo grado in quanto non ha riconosciuto l'effetto di trasformazione urbanistica causato dalla struttura oggetto del provvedimento impugnato. Tale trasformazione non deriva infatti dalla posa sul terreno di materiale vario ma dalla installazione su area agricola del frantoio, cioè di un macchinario industriale funzionalmente collegato ad un preciso ciclo produttivo dell'industria lapidea e stabilmente collocato nell'area suddetta, come provato dai sopralluoghi eseguiti. Si rientra perciò nella fattispecie delle modificazioni durevoli dello stato dei luoghi, che, come chiarito dalla giurisprudenza, sono prodotte anche da strutture meramente appoggiate sul suolo, anche con ruote, qualora destinate ad uso prolungato nel tempo e non quindi realmente precario, cioè temporaneo o occasionale.
Ai sensi dell'articolo 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, ne consegue l'assoggettamento della struttura in questione a concessione edilizia, applicandosi, in mancanza, l'articolo 7 della legge n. 47 del 1985, come correttamente avvenuto, con la ingiunzione al ripristino dello stato dei luoghi ed il connesso avviso sulla eventuale acquisizione dell'area di sedime, che è vincolata in caso di inottemperanza.
2. Il motivo è fondato.
Come chiarito da questo Consiglio "L'art. 1 L. 28 gennaio 1977 n. 10, che sancisce la regola dell'assoggettamento a concessione di ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, non comprende le sole attività di edificazione, ma tutte quelle consistenti nella modificazione dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio, in relazione alla sua condizione naturale e alla sua qualificazione giuridica" (C.d.S., Sez. V, 1 marzo 1993, n. 3193 e, inoltre "È soggetta a concessione da parte del Sindaco ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l'esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, quando il mutamento o l'alterazione abbiano un rilievo ambientale, estetico o funzionale" (C.d.S., Sez. V, 23 gennaio 1991, n. 64), venendo infine precisato che "Necessita di concessione il manufatto che, pur se non infisso nel suolo ma soltanto aderente in modo stabile ad esso, è destinato ad una utilizzazione perdurante nel tempo" (C.d.S., Sez. V, 24 febbraio 1996).
Produce dunque trasformazione urbanistica ogni intervento che alteri in modo rilevante e duraturo lo stato del territorio, anche in relazione alla sua qualificazione giuridica, per il profilo ambientale, estetico o funzionale, a nulla rilevando l'eventuale precarietà strutturale del manufatto. Nel caso in esame si rinviene l'insieme di queste connotazioni poiché la struttura in questione, come anche indicato dalla documentazione fotografica e dai sopralluoghi agli atti del giudizio, è costituita da un macchinario di notevole dimensione, servito da rampa di accesso e nastro trasportatore, operante continuativamente come parte di un processo produttivo, con il connesso impegno di materiali che occupano l'area circostante, e con effetti perciò di alterazione dello stato del territorio, rilevanti per più profili e non temporanei anche in relazione alla destinazione agricola del territorio stesso.
Stante tale situazione è legittima l'adozione da parte del Sindaco, ai sensi dell'art. 7 della legge n. 47 del 1985, del provvedimento, n. 4601 del 1991, di ingiunzione a ripristinare lo stato dei luoghi, con la connessa indicazione della sanzione prevista dalla norma in caso di inottemperanza.
Ciò considerato resta assorbito l'ulteriore motivo di appello sull'asserito vizio di ultrapetizione della sentenza in ordine a quanto con essa affermato sulla non pertinenza del richiamo, nel provvedimento, dell'art. 38 della legge n. 142 del 1990.
3. Con l'appello incidentale si ripropongono i seguenti motivi di censura del provvedimento impugnato, in quanto non considerati nella sentenza di primo grado: a) il verbale redatto il 15 giugno 1991 dal vigile urbano, menzionato nel provvedimento, non è notificato, non è reso disponibile, né ne sono fornite le risultanze istruttorie, in violazione dell'articolo 3 della legge n. 241 del 1990; b) il provvedimento non può avere gli effetti di cui all'art. 7 della legge n. 47 del 1985 non specificando la volontà comunale di acquisire il bene, né la consistenza dell'acquisizione ed è perciò una mera diffida ai sensi dell'articolo 32, comma terzo, della legge n. 1150 del 1942, che risulta illegittima poiché tale norma è stata abrogata.
I motivi sono infondati.
La motivazione è infatti sufficiente in quanto, come richiesto dall'art. 3, comma 3, della legge n. 241 del 1990, individua chiaramente l'atto precedente e ne specifica le risultanze, restando tale atto disponibile su richiesta, come ogni atto dell'Amministrazione non escluso dall'accesso. Il provvedimento, a sua volta, ingiungendo il ripristino e precisando le conseguenze per l'inottemperanza, risponde alle prescrizioni dell'articolo 7 della legge n. 47 del 1985 che distingue la ingiunzione, quale misura ripristinatoria, e la acquisizione, quale misura sanzionatoria, irrogata a seguito della accertata inottemperanza e della previa notifica a conclusione di una diversa, ed eventuale, fase procedimentale. Risulta di conseguenza assorbito l'ulteriore motivo di appello relativo alla indicazione, nella sentenza di primo grado, dei procedimenti adottabili dall'Amministrazione ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 47 del 1985.
4. Per le ragioni esposte l'appello principale è fondato e deve essere accolto mentre l'appello incidentale è infondato e deve essere respinto e, in riforma della sentenza appellata, è respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) accoglie l'appello n. 3741 del 1994, respinge l'appello incidentale e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, rigetta il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.