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n. 12-1999 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 20 dicembre 1999 n. 814 - Pres. Paleologo, Est. Borioni - Comune di Meda c. S.E.A. s.r.l. (annulla in parte T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 1 giugno 1999 n. 1993).

Atto amministrativo - Diritto di accesso - Appalto di opere pubbliche - Corrispondenza tra il direttore dei lavori o il collaudatore e l'ente committente - E' da ritenersi accessibile - Riferimento alla sentenza dell'Ad.Plen. n. 4/1999.

Atto amministrativo - Diritto di accesso - Eventuale possibilità di contenzioso con la P.A. - Non può impedire l'accesso od il differimento di quest'ultimo.

Atto amministrativo - Diritto di accesso - Appalto di opere pubbliche - Relazione riservata del collaudatore - Non è accessibile - Ragioni.

Nell'ampia nozione di documento amministrativo, contenuta nell'art. 24 della legge n. 241/1991, rientra anche la corrispondenza intercorsa, nella fase di esecuzione del contratto, fra il direttore dei lavori o il collaudatore e l'ente committente, trattandosi di atti che, in quanto concorrono a definire il quadro dei presupposti per l'adozione di decisioni influenti sui modi e i tempi di esecuzione dell'opera pubblica, sono, da un lato, funzionali alla cura di uno specifico interesse della collettività, benché trovino fondamento su un vincolo contrattuale; dall'altro, si riflettono o sono idonei a riflettersi, pur se in via indiretta (ma il citato art. 22, comma 2, riguarda anche gli atti "interni"), sulla sfera giuridica del soggetto che ha eseguito l'appalto.

Sicché sussistono entrambi i presupposti per il riconoscimento del "diritto di accesso": il carattere "amministrativo" dei documenti; il riferimento della domanda di accesso ad una "situazione giuridicamente rilevante" (1).

Il "diritto di accesso" si configura come posizione soggettiva tutelata in via autonoma rispetto alla situazione legittimante l'azione giurisdizionale, sicché sono irrilevanti sia la possibilità per il privato di agire in giudizio sia la pendenza di un procedimento giurisdizionale concernente la materia cui si riferiscono i documenti che formano oggetto della domanda di accesso (2).

Il differimento dell'accesso è consentito dall'art. 24 della legge n. 241/1990 soltanto se e fino a quando la conoscenza dei documenti "possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa" (comma 6). Ma la pendenza di un procedimento giurisdizionale di per sé non interferisce con l'esercizio del "diritto di accesso", né emerge quale pregiudizio causerebbe allo "svolgimento dell'attività amministrativa" la conoscenza, da parte della società appaltatrice, di atti utilizzati o suscettibili di essere utilizzati dall'amministrazione nella fase dell'esecuzione del contratto di appalto.

Non è suscettibile di accesso la relazione riservata del collaudatore, atteso che l'art. 31 bis della legge 11 febbraio 1994, n. 409, introdotto dall'art. 9 del D.L 3 aprile 1995, n. 101, definisce "riservata" la relazione dell'organo di collaudo" (comma 1). Questo attributo denota che il legislatore ha voluto impedire la diffusione della relazione al di fuori dell'amministrazione cui è indirizzata.

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(1) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen, 22 aprile 1999, n. 4, secondo cui il "diritto di accesso" include anche gli atti sottoposti, in tutto o in parte, alla disciplina propria dei rapporti fra soggetti privati. Ciò in quanto anche l'attività privatistica dell'amministrazione, essendo rivolta, come quella pubblicistica, alla cura concreta di interessi della collettività, rientra nell'attività amministrativa e soggiace ai principi di imparzialità e di buona amministrazione, a garanzia dei quali è esplicitamente ispirato il "diritto" di accesso. Donde l'irrilevanza del regime giuridico formale e l'applicabilità dell'istituto dell'accesso nei confronti "di ogni tipologia di attività della pubblica amministrazione".

(2) Cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 14 gennaio 1999, n. 32; 9 luglio 1998, n. 1079; sez. VI, 28 aprile 1998, n. 575.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello nr. 6399 del 1999, proposto dal Comune di Meda, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv.to Ercole Romano, ed elettivamente domiciliato in Roma, via P.A. Micheli, n. 78, presso l'avv. Ugo Ferrari;

CONTRO

la società S.E.A. s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avuti Federico Sorrentino e Mario Bucello, elettivamente domiciliata presso il primo in Roma, L.Tevere delle Navi n. 30;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Milano, sezione III, 1 giugno 1999, n. 1993.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della società S.E.A.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla camera di consiglio del 19 ottobre 1999, relatore il consigliere Marcello Borioni, uditi l'avv. Ugo Ferrari, in sostituzione dell'avv. Ercole Romano e l'avv. Paolo Tesauro, su delega dell'avv. Federico Sorrentino;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con istanza notificata in data 8 febbraio 1999 la società SEA s.r.l. chiedeva al Comune di Meda, con riferimento all'appalto concernente i lavori di costruzione del complesso scolastico G. Terragni in Meda, conferito a suo tempo alla stessa società, l'accesso alla corrispondenza fra il comune e la direzione dei lavori e il collaudatore e alla relazione riservata del collaudatore.

Con atto in data 10 febbraio 1999 il Comune di Meda, richiamando precedenti determinazioni negative, differiva l'accesso ai documenti ai sensi dell'art. 15 del regolamento comunale sul procedimento, in considerazione della pendenza di un giudizio civile promosso dalla società S.E.A. per la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno; precisava, inoltre, che la relazione riservata del collaudatore era stata "segretata" ai sensi dell'art. 100, comma III, del R.D. n. 350/1895.

La società SEA proponeva ricorso al T.A.R. della Lombardia, chiedendo l'annullamento del predetto provvedimento in data 10 febbraio 1999 e la condanna dell'amministrazione all'esibizione dei documenti dianzi indicati.

Il T.A.R. della Lombardia, Milano, sezione III, con sentenza 1 giugno 1999, n. 1993, accoglieva il ricorso e, per l'effetto, condannava l'amministrazione comunale all'esibizione dei documenti, fatta eccezione per quelli che dovessero "debordare dall'ambito...delle funzioni di direzione e di collaudo dei lavori".

La sentenza è stata appellata dal Comune di Meda, che ne contesta la motivazione e il dispositivo.

Si é costituita la società S.E.A. che resiste all'appello, chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 19 ottobre 1999, il ricorso in appello veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Con la sentenza impugnata il T.A.R. ha condannato il Comune di Meda ad esibire alla società S.E.A. s.r.l., appaltatrice dei lavori per la costruzione di un edificio scolastico, gli atti concernenti la direzione e il collaudo dei lavori, intercorsi fra i professionisti incaricati delle due funzioni e l'amministrazione, ivi compresa la relazione "riservata" del collaudatore.

2. L'appello del Comune di Meda è fondato in parte, come specificato di seguito.

L'art. 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, "al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale", riconosce il "diritto di accesso" ai documenti amministrativi "a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti" (comma 1). Per documento amministrativo si intende "ogni rappresentazione grafica...del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività amministrativa" (comma 2).

Di recente l'Adunanza plenaria di questo Consiglio ha precisato che il "diritto di accesso" include anche gli atti sottoposti, in tutto o in parte, alla disciplina propria dei rapporti fra soggetti privati. Ciò in quanto anche l'attività privatistica dell'amministrazione, essendo rivolta, come quella pubblicistica, alla cura concreta di interessi della collettività, rientra nell'attività amministrativa e soggiace ai principi di imparzialità e di buona amministrazione, a garanzia dei quali è esplicitamente ispirato il "diritto" di accesso. Donde l'irrilevanza del regime giuridico formale e l'applicabilità dell'istituto dell'accesso nei confronti "di ogni tipologia di attività della pubblica amministrazione" (Cons. Stato, Ad. plen. 22 aprile 1999, n. 4).

Ciò posto, deve convenirsi con il T.A.R. che nell'ampia nozione di documento amministrativo, contenuta nell'art. 24 della legge n. 241/1991, rientra anche la corrispondenza intercorsa, nella fase di esecuzione del contratto, fra il direttore dei lavori o il collaudatore e l'ente committente, trattandosi di atti che, in quanto concorrono a definire il quadro dei presupposti per l'adozione di decisioni influenti sui modi e i tempi di esecuzione dell'opera pubblica, sono, da un lato, funzionali alla cura di uno specifico interesse della collettività, benché trovino fondamento su un vincolo contrattuale; dall'altro, si riflettono o sono idonei a riflettersi, pur se in via indiretta (ma il citato art. 22, comma 2, riguarda anche gli atti "interni"), sulla sfera giuridica del soggetto che ha eseguito l'appalto.

Sicché sussistono entrambi i presupposti per il riconoscimento del "diritto di accesso": il carattere "amministrativo" dei documenti; il riferimento della domanda di accesso ad una "situazione giuridicamente rilevante".

Neppure può convenirsi con l'amministrazione che la divulgazione degli atti possa essere differita fino alla definizione del giudizio civile promosso dalla società S.E.A. per la risoluzione del contratto di appalto e il risarcimento dei danni.

Come la giurisprudenza ha ripetutamente affermato, il "diritto di accesso" si configura come posizione soggettiva tutelata in via autonoma rispetto alla situazione legittimante l'azione giurisdizionale, sicché sono irrilevanti sia la possibilità per il privato di agire in giudizio sia la pendenza di un procedimento giurisdizionale concernente la materia cui si riferiscono i documenti che formano oggetto della domanda di accesso (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 14 gennaio 1999, n. 32; 9 luglio 1998, n. 1079; sez. VI, 28 aprile 1998, n. 575).

È egualmente inesatto che, nella specie, il differimento trovi legittimazione nell'art. 15 del regolamento sul procedimento amministrativo e sul diritto di accesso approvato con deliberazione del consiglio comunale di Meda 22 dicembre 1993, n. 117.

La norma, anch'essa peraltro ritualmente impugnata, consente il differimento dell'accesso - oltre che per le esigenze di riservatezza specificate nell'articolo precedente, in concreto non sussistenti - per "la salvaguardia di esigenze di riservatezza dell'amministrazione comunale, in relazione a documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon andamento dell'attività amministrativa".

In presenza di una formulazione tanto generica e indeterminata, il significato della previsione regolamentare va individuato, secondo i comuni canoni interpretativi, alla stregua del sistema delineato dalle norme di legge che disciplinano la materia.

Il differimento dell'accesso è consentito dall'art. 24 della legge n. 241/1990 soltanto se e fino a quando la conoscenza dei documenti "possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa" (comma 6). Ma, come si è osservato in precedenza, la pendenza di un procedimento giurisdizionale di per sé non interferisce con l'esercizio del "diritto di accesso", né emerge quale pregiudizio, nella specie, causerebbe allo "svolgimento dell'attività amministrativa" la conoscenza, da parte della società appaltatrice, di atti utilizzati o suscettibili di essere utilizzati dall'amministrazione nella fase dell'esecuzione del contratto di appalto. Sicché l'istanza di accesso non trova alcun ostacolo nella norma regolamentare citata, la cui applicazione non può, a pena di illegittimità, condurre a risultati difformi da quelli imposti dalla fonte primaria.

3. La conclusione è diversa per quanto attiene alla relazione riservata del collaudatore.

Secondo la sentenza appellata l'attributo "segreta" attribuito alla relazione dall'art. 100 del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, non può limitare, stante il carattere regolamentare della norma, l'operatività della nuova disciplina sulla trasparenza amministrativa, avente forza di legge. Il T.A.R. aderisce, in sostanza, a talune pronunzie giurisdizionali secondo cui, nel disposto dell'art. 24, comma 1, della legge n. 241/1990, i "casi di segreto o di divieto di divulgazione...previsti dall'ordinamento" idonei ad escludere l'accesso ai documenti sono soltanto quelli stabiliti dalla legge, mentre alle norme regolamentari spetta di definire i casi in cui l'accesso è precluso per le esigenze indicate nel comma successivo dello stesso art. 24.

Indipendentemente dal significato che assume nella norma citata il termine "ordinamento", ai fini della decisione è determinante la considerazione che l'art. 31 bis della legge 11 febbraio 1994, n. 409, introdotto dall'art. 9 del D.L 3 aprile 1995, n. 101, definisce "riservata" la relazione dell'organo di collaudo" (comma 1). Questo attributo denota, senza di che la qualificazione sarebbe priva di qualsiasi significato, che il legislatore ha voluto impedire la diffusione della relazione al di fuori dell'amministrazione cui è indirizzata. Per conseguenza l'atto non risulta accessibile pure se dovesse attribuirsi al citato art. 24, comma 1, della legge n. 241/1990 il significato prospettato dall'amministrazione e condiviso dal T.A.R.

Esiste, d'altra parte, una giustificazione di carattere sostanziale alla base delle diversità di regime, ai fini dell'accesso, fra i documenti inerenti alla fase di esecuzione del contratto e la relazione riservata del collaudatore. I primi attengono ad un rapporto che ha per oggetto immediato e diretto la cura dell'interesse della collettività insito nella realizzazione dell'opera pubblica; la seconda si inserisce in una controversia in atto o potenziale fra l'amministrazione e l'appaltatore concernente l'esecuzione del contratto, nella quale si fronteggiano interessi di natura patrimoniale e che solo indirettamente, per le possibili conseguenze sulla finanza pubblica, presenta riflessi di ordine pubblicistico. Sicché può comprendersi come, in tal caso, il legislatore abbia ritenuto opportuno, in deroga alla regola della trasparenza, mantenere le parti contrapposte su un piano di parità anche per quanto concerne le possibilità di difesa delle rispettive posizioni. Le ragioni di questa scelta sono particolarmente evidenti nella fase precontenziosa, quando la conoscenza della relazione riservata potrebbe incidere sul perfezionamento di un accordo transattivo (che l'amministrazione è tenuta a proporre nei casi di cui all'art. 31-bis della legge n. 109/1994). Tuttavia il legislatore, attribuendo alla relazione il carattere della riservatezza senza limiti o condizioni, ha ritenuto di conservare lo stesso equilibrio anche nelle fasi successive. Va aggiunto, per compiutezza espositiva, che le stesse considerazioni e la stessa conclusione valgono per la relazione del direttore dei lavori, anch'essa definita "riservata" dal citato art. 31 bis, relazione che, peraltro, non forma specifico oggetto dell'istanza di accesso nella specie.

4. Da quanto precede consegue, in via riepilogativa, che l'appello del Comune di Meda va accolto per quanto di ragione, e, per l'effetto, va annullato il capo della sentenza appellata che ordina alla stessa amministrazione di esibire alla società appellata la relazione riservata del collaudatore. Per il resto l'appello va rigettato.

In considerazione dell'esito dell'appello, le spese e gli onorari possono essere compensati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) accoglie per quanto di ragione l'appello del Comune di Meda e, per l'effetto, annulla il capo della sentenza appellata che ordina alla stessa amministrazione di esibire alla società appellata la relazione riservata del collaudatore. Per il resto, rigetta l'appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 19 ottobre 1999, con l'intervento dei sigg.ri

Giovanni Paleologo, Presidente

Anselmo Di Napoli, Consigliere

Luigi Maruotti, Consigliere

Marcello Borioni, Consigliere estensore

Paolo Buonvino, Consigliere

Depositata il 20 dicembre 1999.

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