CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 20 luglio 1999 n. 847
- Pres. Serio, Est. Cintioli - Vinci Market s.r.l. e altro c. Comune di Udine, Regione Friuli Venezia Giulia e DE.ASS. - Dettaglianti Associati s.r.l.Commercio ed industria - Centri commerciali - Nulla osta ex art. 27 L. n. 426/1971 - Natura - Individuazione - Potere dell'Autorità regionale di disporne il ritiro in via di autotutela - Sussiste.
Atto amministrativo - Convalida e rinnovazione - Differenze - Individuazione.
Atto amministrativo - Rinnovazione dell'atto - Utilizzazione degli atti endoprocedimentali non viziati - Possibilità.
Atto amministrativo - Convalida e rinnovazione - Nel corso del giudizio - Nel caso di atto affetto da meri vizi formali - Possibilità - Ragioni.
Il nulla osta previsto dall'art. 27 della L. 11 giugno 1971 n. 426 (per l'apertura di centri commerciali al dettaglio e di punti vendita che per dimensioni e collocazione geografica sono destinati a servire vaste aree eccedenti il territorio comunale e che presentano una superficie eccedente il limite di legge) è atto a contenuto prevalentemente autorizzatorio, con il quale la Regione procede alla valutazione ed acquisizione, in maniera autonoma, degli interessi collegati a queste iniziative commerciali. Una volta rilasciato il suddetto nulla osta, la Regione conserva il potere di ritirarlo in via di autotutela quando ne rilevi l'originaria illegittimità.
La rinnovazione dell'atto amministrativo è fattispecie diversa dalla convalida: la convalida è tendenzialmente retroattiva, poiché realizza una "saldatura" tra la volontà amministrativa viziata e quella da convalidare, imputando gli effetti ad una fattispecie complessa, composta dall'atto originario e dalla convalida; con la rinnovazione dell'atto, invece, l'Amministrazione esprime una nuova volontà completamente sganciata dalla precedente, con efficacia ex nunc (1).
Nel caso di rinnovazione dell'atto, gli atti endoprocedimentali validamente compiuti rimangono come realtà fattuale e sono nuovamente utilizzabili dall'Amministrazione. Pertanto, non è applicabile alla rinnovazione il limite alla convalida in corso di giudizio degli atti impugnati desunto dall'art. 6 della legge n. 249/1968.
L'Amministrazione può rinnovare l'atto in corso di giudizio quando è stato impugnato per mero vizio di forma. Se così non fosse, l'Amministrazione sarebbe costretta ad attendere l'annullamento dell'atto per rinnovare solo a quella data il procedimento e per finalmente emanare un secondo atto emendato dal vizio formale, con intollerabile appesantimento della sua azione e frustrazione delle aspettative degli interessati. Invero, la possibilità della rinnovazione per vizi di forma in corso di giudizio appare coerente con il principio di efficienza ex art. 97 Cost. e con l'effettività della tutela della pretesa dedotta in giudizio.
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(1) In senso conforme, v. Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 1996, n. 789, che sottolinea la diversità tra convalida e nuovo provvedimento, avente la funzione di confermare ex nunc la pregressa statuizione con climinazione dei vizi di quest'ultima.
DIRITTO
1. Anzitutto, la controversia è circoscritta ai soli motivi di impugnazione riproposti in grado di appello, sicché la sentenza appellata, per la parte residua, è ormai passata in giudicato. In quella parte della motivazione che li riguarda il T.A.R. ha affermato la legittimità del provvedimento di revoca del precedente nulla osta e di rinnovo, in sostituzione, di un secondo nulla osta alla Deass.
E' bene premettere che l'autorizzazione all'apertura (del supermercato della Deass, a norma degli artt. 2 della legge n. 420/1971 e della legge regionale n. 56/1971, doveva essere preceduta dal nulla osta regionale, trattandosi di centro commerciale di estensione superiore a 400 mq. L'autorizzazione, peraltro, è stata richiesta in deroga alle previsioni del piano commerciale del Comune di Udine.
Nonostante ciò, con la prima delibera n. 5932/86, la Giunta regionale ha rilasciato il nulla osta senza alcuna motivazione specifica a giustificazione della deroga. Avvedutasi di questo errore, la Giunta ha adottato la seconda delibera n. 3192/87, con la quale ha "revocato" quella precedente, ha esposto le ragioni che giustificavano l'accoglimento dell'istanza della Deass ed ha rilasciato, in seconda battuta, il nulla osta per l'autorizzazione sindacale.
Il Tribunale ha ritenuto che l'atto impugnato dovesse qualificarsi secondo criteri di sostanza, a prescindere dal nomen iuris adottato dall'Amministrazione.
Lungi dall'essere impegnativo il concetto di "revoca" esplicitamente utilizzato dalla Regione, il ritiro del precedente nulla osta deve considerarsi, a parere del T.A.R., alla stregua di un annullamento d'ufficio, essendo fondato sulla rilevazione di un vizio di legittimità del provvedimento ritirato.
Quindi, si è negato che, una volta rilasciato il primo nulla osta, la Regione avesse consumato il proprio potere di intervento, con preclusione alla rinnovazione dell'atto: il nulla osta, secondo il giudice di prime cure, non è mero atto interno dei procedimento per rilascio dell'autorizzazione all'apertura del centro commerciale, ma è un atto che definisce un separato sub-procedimento, di competenza regionale.
La volontà dell'Amministrazione di emendare il primo nulla osta dal vizio di difetto di motivazione, dunque, non avrebbe incontrato alcun ostacolo, essendo consentito di sostituirlo e novarlo con altro atto purgato da siffatto vizio.
Ha osservato, altresì, il T.A.R. che con la rinnovazione dell'atto la Regione ha eliminato un mero vizio formale del nulla osta, sicché legittimamente sono stati riutilizzati gli atti procedimentali che l'avevano preceduto, a partire dall'istanza dell'interessato.
Infine, si è, ritenuta congrua e sufficiente l'istruttoria svolta.
2. L'appellante censura la sentenza impugnata per i seguenti motivi, così sinteticamente riassunti:
2a) il nulla osta viene considerato come atto interno al procedimento, avente la funzione di introdurvi la valutazione di un interesse pubblico secondario ed accessorio rispetto a quello che qualifica l'autorizzazione definitiva. Mentre tale autorizzazione è di competenza comunale, il nulla osta è di competenza regionale ed è proprio alla Regione che si rimette il compito di acquisire e porre in evidenza l'interesse pubblico secondario. Ne segue, secondo l'appellante, che il ruolo strumentale della Regione si esaurisce con l'esercizio del potere, essendo precluso un ritorno sulle sue determinazioni quando la diversa autorità competente ha ormai adottato l'atto conclusivo del procedimento.
2b) Il ritiro in autotutela del nulla osta n. 5932/86 è stato definito dalla Regione come "revoca". Tuttavia, la revoca è consentita solo per ragioni di merito e non per vizi originari di legittimità del provvedimento ritirato. Mancando i vizi di merito, l'atto sarebbe illegittimo per eccesso di potere.
2c) Se pure fosse corretta la qualifica sostanziale della revoca in termini di annullamento d'ufficio, così come ritenuto dal T.A.R., sarebbe nondimeno carente il requisito dell'indicazione dell'interesse pubblico attuale all'annullamento. Inoltre, a seguito dell'annullamento per vizio di legittimità originario, il procedimento per il nuovo rilascio dev'essere interamente rinnovato, a partire dalla fase di iniziativa, essendo precluso l'utilizzo degli atti strumentali al provvedimento ritirato.
2d) L'intento perseguito dall'Amministrazione con la previsione, in unico contesto, della revoca, dell'integrazione della motivazione e dei rilascio del secondo nulla osta, più che all'annullamento d'ufficio, risponde ai presupposti ed agli effetti della convalida. Siffatta convalida, tuttavia, è comunque illegittima, poiché, a norma dell'art. 6 della legge 16/3/1968 n. 249, può procedersi alla convalida degli atti illegittimi in pendenza di gravame giurisdizionale solo quando si tratta di vizio di incompetenza.
2e) La motivazione è comunque carente e l'istruttoria è incompleta: l'Amministrazione avrebbe dovuto verificare la rispondenza dell'installazione alla funzionalità della distribuzione ed all'equilibrio tra domanda e offerta, tenendo conto di dati concreti relativi al numero ed alle caratteristiche degli esercizi già in attività, nonché l'impatto del nuovo impianto secondo criteri demografici, commerciali, urbanistici ed edilizi.
2i) Dal momento che, a seguito dell'annullamento dell'atto di revoca e rinnovazione n. 3192/87, riprende efficacia l'atto revocato n. 5932/86, l'appellante ripropone le censure relative al vizio di eccesso di potere a quest'ultimo pertinente.
3. Con il controricorso la Deass obietta che l'appellante non ha più interesse a ricorrere, in quanto Elio Moretti, rappresentante delle rispettive società, ha già ottenuto dal Comune di Udine l'autorizzazione all'apertura e gestione di un altro supermercato su arca superiore a mq 1.300, a distanza molto breve da quella prevista per l'esercizio dell'appellata. Precisa il Comune di Udine nel suo controricorso che siffatta autorizzazione concerne proprio l'appellante Vinci Market s.r.l.
Nel merito entrambi contestano le ragioni dell'appellante, confermando le valutazioni del giudice di primo grado.
4. I motivi di impugnazione riproposti con l'appello sono infondati, sicché la decisione impugnata dev'essere confermata.
4a) Il nulla osta previsto dall'art. 27 della legge n. 426/1971 (per l'apertura di centri commerciali al dettaglio e di punti vendita che per dimensioni e collocazione geografica sono destinati a servire vaste aree eccedenti il territorio comunale e che presentano una superficie eccedente il limite di legge) è atto a contenuto prevalentemente autorizzatorio, con il quale la Regione procede alla valutazione ed acquisizione, in maniera autonoma, degli interessi collegati a queste iniziative commerciali. In particolare, la valutazione autonoma dell'interesse pubblico da parte della Regione non è una mera duplicazione della successiva autorizzazione comunale, né, tantomeno, una presenza incidentale di un altro ente pubblico nel procedimento autorizzatorio condotto dal Comune.
Essa, piuttosto, risponde all'esigenza che l'apertura di un punto vendita che, per le sue caratteristiche, è destinato a servire un territorio più ampio di quello comunale, venga valutata nei suoi riflessi sull'assetto commerciale, urbanistico e viario dalla Regione, cui compete di garantire l'equilibrio di questi valori sul più vasto territorio di pertinenza. Ne segue, appunto, l'autonomia delle sue valutazioni e, soprattutto, l'autonomia del procedimento che essa dirige per il rilascio del nulla osta.
In breve, è destituita di fondamento la tesi propugnata dall'appellante, secondo cui questo potere regionale, una volta esercitato, si consuma definitivamente.
Il nulla osta non si limita ad inserire nel procedimento l'acquisizione di interessi secondari, ma rappresenta l'esito di un distinto procedimento parallelo a quello comunale.
Resta inteso che il nulla osta assolve ad una funzione strumentale rispetto all'autorizzazione comunale: ciò però noti ne sminuisce affatto la dichiarata autonomia,
Basti considerare, in proposito, che il privato di regola presenta apposita istanza per ottenere il nulla osta e che, come riconosciuto dallo stesso appellante, il diniego di nulla osta preclude in via definitiva il rilascio dell'autorizzazione comunale, assumendo così un rilievo esterno immediatamente apprezzabile (nel senso che il nullaosta previsto dall'art. 27 L. 11 giugno 1971 n. 426 implica la condizionante valutazione degli interessi sovracomunali, per cui il suo diniego è definitivamente preclusivo e, come tale, autonomamente impugnabile, e che tale diniego produce un definitivo arresto procedimentale, v. Consiglio Stato sez. V, 13 febbraio 1993, n.246; Consiglio Stato sez. IV 28 gennaio 1991 n. 44), Per questo aspetto, dunque, può concludersi che la Regione conserva il potere di ritirare il nulla osta già rilasciato quando ne rilevi l'originaria illegittimità.
4b) La definizione formale di revoca utilizzata dalla Regione non è vincolante, dovendosi qualificare l'atto secondo la sostanza e non secondo la forma. Sicché è pienamente condivisibile il suo inquadramento come annullamento d'ufficio proposto dal T.A.R. E presupposto del ritiro è, invero, la rilevazione di un vizio di legittimità originario dell'atto, consistente nel difetto di motivazione.
4c) L'annullamento in autotutela pronunciato dalla Regione non richiedeva, in aggiunta alla motivazione esposta, l'indicazione dell'interesse attuale e concreto al ritiro, poiché l'Amministrazione è intervenuta a brevissima distanza di tempo dall'adozione dell'atto illegittimo, impedendo la consolidazione di contrastanti situazioni di fatto.
L'interesse al ripristino della legalità dell'azione amministrativa è, pertanto, sufficiente a giustificare la scelta concreta dell'Amministrazione.
Nel caso di specie, peraltro, il destinatario dell'atto revocato si è giovato della sua contestuale rinnovazione, sicché non si pone di certo un problema di tutela dell'affidamento del beneficiario degli atti ampliativi.
Proprio la brevità del tempo che ha separato il primo dal secondo nulla osta ha legittimato l'Amministrazione a fondare il secondo nulla osta sugli stessi atti procedimentali strumentali al primo, senza rinnovare l'intera serie a partire dall'istanza dell'interessato, così come vorrebbe l'appellante.
Peraltro, il vizio di legittimità che ha determinato il ritiro è un vizio formale inerente solo l'atto conclusivo del procedimento, sicché gli atti precedenti noti ne sono stati travolti e essi
potevano essere assunti quale base per le nuove determinazioni (in senso conforme, a proposito della facoltà dell'Amministrazione di tener conto, in sede di riemanazione dell'atto, dell'originaria istanza del privato, v. Cons. Stato, sez. V, 18 ottobre 1996, n. 1255).
4d) L'obiettivo perseguito dall'Amministrazione con la delibera impugnata è, in verità, molto vicino a quello cui mira la c.d. convalida amministrativa.
Il ritiro dell'atto si accompagna all'eliminazione del vizio che lo inficia ed alla rinnovazione di un secondo atto dal medesimo contenuto.
Tuttavia, la rinnovazione dell'atto è fattispecie diversa dalla convalida: la convalida è tendenzialmente retroattiva, poiché realizza una "saldatura" tra la volontà amministrativa viziata e quella da convalidare, imputando gli effetti ad una fattispecie complessa, composta dall'atto originario e dalla convalida; con la rinnovazione dell'atto, invece, l'Amministrazione esprime una nuova volontà completamente sganciata dalla precedente, con efficacia ex nunc (in senso conforme, v. Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 1996, n. 789, che sottolinea la diversità tra convalida e nuovo provvedimento, avente la funzione di confermare ex nunc la pregressa statuizione con climinazione dei vizi di quest'ultima).
Potrebbe sopravvenire l'obiezione che, proprio perché non retroattiva, la rinnovazione dell'atto presuppone la rinnovazione di tutti gli atti endoprocedimentali.
Valgono, però, in proposito, le considerazioni svolte alla lettera che precede, unite alla circostanza che gli atti endoprocedimentali validamente compiuti rimangono come realtà fattuale e sono nuovamente utilizzabili dall'Amministrazione. Pertanto, non è applicabile alla rinnovazione il limite alla convalida in corso di giudizio degli atti impugnati desunto dall'art. 6 della legge n. 249/1968. Rimane il dubbio che attraverso il ritiro dell'atto già impugnato col ricorso giurisdizionale e la contestuale rinnovazione dell'atto non satisfattivo possano eludersi le aspettative del ricorrente, con grave alterazione dei rapporto di parità tra le parti del processo.
Anche questo ostacolo, tuttavia, è superabile, giacché l'Amministrazione può rinnovare l'atto in corso di giudizio quando è stato impugnato per mero vizio di forma.
Se così non fosse, l'Amministrazione sarebbe costretta ad attendere l'annullamento dell'atto per rinnovare solo a quella data il procedimento e per finalmente emanare un secondo atto emendato dal vizio formale, con intollerabile appesantimento della sua azione e frustrazione delle aspettative degli interessati.
In breve, la possibilità della rinnovazione per vizi di forma in corso di giudizio appare coerente con il principio di efficienza ex art. 97 Cost. e con l'effettività della tutela della pretesa dedotta in giudizio. Giova rimarcare, infine, che nel caso di specie non si apprezza una lesione delle aspettative dell'interessato, che ha ottenuto contestualmente l'eliminazione del vizio ed il rinnovo dell'atto ampliativo.
4e) La delibera n. 3192/87, colmando la lacuna di quella che l'aveva preceduta, ha esposto le ragioni a fondamento della deroga al piano commerciale comunale, osservando, tra l'altro:
a) che la struttura, così come proposta dai richiedenti, trova attuazione soltanto se realizzata interamente, assicurando in tal modo la migliore funzionalità e produttività del servizio di distribuzione;
b) che la realizzazione di una struttura come quella in esame è conforme agli obiettivi di razionalizzazione della rete distributiva del commercio fisso della città di Udine;
c) che la potenziale utenza della zona appare più che sufficiente per garantire un beneficio economico per i consumatori dall'apertura dell'esercizio di cui si tratta, prova ne sia che lo stesso piano commerciale di Udine prevedeva in zona la realizzazione di una grande struttura di vendita.
Ebbene, ritiene il collegio che la motivazione del provvedimento sia congrua e sufficiente. L'ulteriore asserito difetto di istruttoria è parimenti infondato, poiché, anche a prescindere dal contenuto dei pareri favorevoli espressi, non può dirsi che il rilascio del nulla osta sia avvenuto senza tener conto della situazione dei luoghi e della sua destinazione.
Invero, non solo in quella zona è ubicato un primo centro commerciale gestito dall'appellante, ma, secondo quanto dichiarato dagli appellati (e non contestato) e secondo quanto risulta dai documenti prodotti, la stessa appellante ha ottenuto un'autorizzazione all'apertura di un supermercato dell'estensione di circa 1.300 mq.
Ancor più significativa è la circostanza, dedotta dall'appellante, che nell'area limitrofa a quella prevista per l'apertura del supermercato della Deass sono già ubicate altre sei strutture del medesimo tipo.
In breve, se ne desume che l'arteria lungo la quale si collocano i supermercati, per flusso di traffico, servizi, collocazione topografica e vocazione urbanistica, è destinata ad accogliere numerose strutture di vendita al dettaglio, tra le quali si è ricompresa anche quella per cui è controversia.
Il rigetto dei motivi di appello esaminati implica l'assorbimento delle doglianze esposte in via subordinata.
Ne segue il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado del giudizio.