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Giurisprudenza
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 26 gennaio 2000 n. 330 - Pres. Di Napoli, Est. Musio - Ballarani e Fiorucci (Avv.ti Centurelli e Matarangolo) c. Comune di Assisi (Avv. Riampini) ed altri (n.c.) - (conferma TAR Umbria, sentenza 9 dicembre 1993 n. 485).

Va immediatamente e tempestivamente impugnata una clausola del bando di concorso (nella specie, per un posto di Vigile Urbano) secondo cui i candidati debbono essere alti almeno mt. 1,65; tale clausola, per la sua inequivocità, non può consentire interpretazioni integrative ed è, pertanto, immediatamente lesiva.

La eventuale facoltà di ammissione con riserva, esercitata da parte dell'amministrazione, non può esimere l'interessato dall'impugnare immediatamente la clausola del bando che impone un limite minimo d'altezza. L'ammissione con riserva è, infatti, un istituto cui le amministrazioni che indicono pubblici concorsi ricorrono spesso, come strumento di cautela ed economia procedimentale, tenuto conto della possibilità, riconosciuta dall'ordinamento ed insindacabile sul piano giurisdizionale, di pervenire all'accertamento dei requisiti dei partecipanti al concorso in epoca successiva, a tutela degli interessi dei candidati e dell'amministrazione. La natura di espressione di un potere organizzatorio, riconosciuto a detto istituto, non può incidere sulla prescrittività di una clausola del bando relativa ai requisiti per la partecipazione al concorso e che, come tale, esplica i suoi effetti sin dal momento della sua pubblicazione.

Agli enti locali compete indubbiamente il potere di autoregolamentarsi, in base all'art. 1 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1933, n. 93 e, in particolare, di stabilire requisiti specifici in relazione alle peculiarità dei servizi da assicurare.

 

 

DIRITTO

Il Collegio osserva, in via preliminare, che ragioni di connessione oggettiva e soggettiva consigliano di disporre la riunione degli appelli in epigrafe specificati.

Nel merito i motivi di impugnativa addotti non appaiono condivisibili.

In primo luogo, come la giurisprudenza in materia ha avuto modo di chiarire in molte occasioni, il bando di concorso, quale lex specialis della procedura concorsuale per l'accesso al pubblico impiego ha un contenuto di prescrizioni - tra le quali può comprendere, come nella fattispecie, quella relativa ai requisiti carattere generale difformi, sino a quando esso non sia ritualmente impugnato e riconosciuto illegittimo in sede giurisdizionale oppure caducato in sede di autotutela.

Tale ipotesi per concretizzarsi avrebbe richiesto una immediata e tempestiva impugnazione del bando di concorso per un posto di Vigile Urbano di cui si tratta da parte delle interessate, poiché il limite di altezza di m 1,65 per la sua inequivocità non poteva consentire interpretazioni integrative ed era, pertanto, immediatamente lesivo.

Né può valere, al riguardo, l'argomentazione di cui al secondo motivo di impugnativa, in base al quale la facoltà di ammissione con riserva, poi effettivamente esercitata da parte dell'amministrazione, non poteva rendere immediatamente lesiva la clausola del richiamato limite minimo d'altezza, tanto più che era necessario l'accertamento specifico da parte della Commissione Medica.

Infatti, l'ammissione con riserva è un istituto cui le amministrazioni che indicono pubblici concorsi ricorrono spesso, come strumento di cautela ed economia procedimentale, tenuto conto della possibilità, riconosciuta dall'ordinamento ed insindacabile sul piano giurisdizionale, di pervenire all'accertamento dei requisiti dei partecipanti al concorso in epoca successiva, a tutela degli interessi dei candidati e dell'amministrazione.

La natura di espressione di un potere organizzatorio, riconosciuto a detto istituto, non può incidere sulla prescrittività della clausola del bando che, come dianzi indicato si muove sul piano dei requisiti per la partecipazione al concorso, ed esplica i suoi effetti sin dal momento della sua pubblicazione.

In tale ottica vanno visti gli accertamenti compiuti dalla Commissione Medica nei confronti delle appellanti, cui va riconosciuta la funzione certificatoria delle cause di impedimento che hanno portato alla esclusione delle appellanti dalla graduatoria e la cui osservanza costituiva un obbligo per l'amministrazione.

Per quanto attiene, infine, ai motivi di impugnativa di cui ai punti a) e c) che si riferiscono all'esigenza del rispetto delle norme previste per l'accesso al pubblico impiego, anche alla luce dei recenti orientamenti emersi in sede giurisdizionale in materia di conformità ai parametri costituzionali, il Collegio rileva che non può essere revocata in dubbio la potestà riconosciuta agli enti locali di autoregolamentarsi, in base all'art. 1 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93 e, in particolare, di stabilire requisiti specifici in relazione alle peculiarità dei servizi da assicurare.

Tuttavia, come in precedenza indicato, sarebbe stata necessaria una tempestiva impugnativa da parte delle concorrenti interessate delle clausole del bando di concorso ritenute illegittime, che nella fattispecie non vi è stata.

Sulla base delle suindicate considerazioni gli appelli, previa la loro riunione, vanno respinti per l'infondatezza dei motivi addotti.

Tuttavia, sussistono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese dì giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) previa loro riunione, respinge gli appelli di cui in premessa.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso a Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 16 novembre 1999 con l'intervento dei Signori:

Anselmo Di Napoli Presidente

Paolo Buonvino Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere

Marco Lipari Consigliere

Giorgio Musio Consigliere estensore

In originale firmato:

Anselmo Di Napoli

Giorgio Musio

Francesco Cutrupi

Copertina