CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 20 gennaio 2000 n. 337 - Rosa Presidente - Meschino Estensore - Comune di S. Giorgio su Legnano c. Fonderia Getti Speciali Colombo Giuseppe di Carlo e Figli S.p.a.
Ente locale - Tutela della qualità dell'aria - Poteri dei Comuni -
A seguito dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 203 del 1988, che ha regolato l'intera materia della tutela della qualità dell'aria devono ritenersi non più applicabili le norme che attribuiscono una specifica competenza in materia ai Comuni (artt. 216 de T.U., n. 1265 del 1934 e n. 6 del D.P.R. n. 322 del 1971).
Rimangono invece in vigore le norme con cui si attribuiscono ai Comuni poteri di ordinanza per fare fronte a urgenti necessità (artt. 217 del T.U. n. 1265 del 1934 e n. 38 della legge n. 142 del 1988), purchè sussistano specifici e gravi pericoli per l'incolumità pubblica richiedenti interventi immediati e non fronteggiabili con ricorso agli strumenti normali predisposti dall'ordinamento.
FATTO
1.Con ricorso n. 4080 del 1992, proposto al TAR per la Lombardia, la Fonderia Getti Speciali Colombo Giuseppe di Carlo e Figli S.p.a., titolare di uno stabilimento svolgente attività di fusione per la produzione di getti in ghisa, ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza del Sindaco del Comune di S. Giorgio su Legnano dell'8 settembre 1992, e della successiva nota di chiarimenti del 28 ottobre 1992, nella parte in cui il Sindaco ha imposto alla stessa di presentare, entro 60 giorni, copia del piano di adeguamento delle emissioni ex articolo 12 del D.P.R. n. 203 del 1988, prescrivendo che contenesse interventi tecnologici atti ridurre le emissioni inquinanti, di documentare la realizzabilità del piano entro 180 giorni e di effettuare entro l'anno controlli sulle emissioni comunicandoli al Servizio Igiene Pubblica Ambientale.
2. Il TAR, con sentenza n. 33 del 1984, ha accolto il ricorso condannando il Comune al pagamento delle spese di giudizio.
3. Con l'appello in esame il Comune di S. Giorgio su Legnano ha chiesto la riforma della sentenza di primo grado e, per l'effetto, il rigetto del ricorso originario.
4. All'udienza del 16 novembre 1999 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.Con l'appello si censura la sentenza di primo grado per aver dichiarato l'incompetenza del Comune alla emanazione dell'atto impugnato e accolto perciò il ricorso per tale assorbente motivo. Si afferma infatti nella sentenza che con il D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203 ("Attuazione delle direttive CEE n. 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento
prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n.183") ogni competenza in materia, inclusa quella di adottare prescrizioni e di adottare sanzioni in caso di inottemperanza, è stata attribuita alla Regione, avendo introdotto tale provvedimento una disciplina organica e completa per la tutela della qualità dell'aria, cui sono assoggettati tutti gli impianti che possono dal luogo ad emissioni nell'atmosfera.
Ciò è erroneo, si deduce nell'appello, poiché il provvedimento impugnato non interferisce con le attribuzioni regionali essendo volto soltanto ad acquisire conoscenze e informazioni sull'inquinamento atmosferico, ciò che è legittimo alla luce delle competenze comunque spettanti ai Comuni, anche dopo la normativa di cui al D.P.R. citato, e fondate sugli articoli 216 e 217 del T.U 12 luglio 1934, n. 1265; 6, del D.P.R. 15 aprile 1971, n.322; 38, della legge n. 142 del l990, anche in riferimento alla legge n. 833 del 1978, nonché sul Regolamento locale di igiene redatto in attuazione della L.R. 26 ottobre 1981, n. 64. Lo stesso D.P.R. n. 203 del 1988, peraltro, assegna ai Comuni funzioni consultive per il cui esercizio è necessaria l'acquisizione di informazioni sugli impianti.
2. L'appello è infondato.
Il D.P.R. n. 203 del 1988 ha regolato l'intera materia della tutela della qualità dell'aria avendo definito in modo esaustivo il campo di applicazione della normativa negli articoli 1 e 2, in cui si individuano in particolare come sottoposti alla nuova disciplina "tutti gli impianti che possono der luogo ad emissione nell'atmosfera" (articolo 1, lettera a); avendo precisato la ripartizione delle attribuzioni fra lo Stato e le Regioni negli articoli 3 e 4, assegnando a queste ultime "la tutela dell'ambiente dall'inquinamento atmosferico"; avendo specificato, infine, i compiti delle Province e dei Comuni negli articoli 5, 7, 8 e 17. Per i Comuni tali compiti riguardano le fasi di avvio dei nuovi
impianti, prevedendosi il loro parere sulla relativa domanda di autorizzazione (art. 7), la comunicazione al Comune, come alla Regione, del preavviso di messa in esercizio, dei dati sulle emissioni prodotte nei primi dieci giorni di attività (art. 8) e del parere dei Ministri dell'ambiente e della Sanità sulla realizzazione di centrali termoelettriche e raffinerie di olii minerali (art. 17) e disciplinando, così, fattispecie precise, per nessuna delle quali è prevista l'attivazione del Comune per l'acquisizione di dati o per la prescrizione alle imprese di interventi per la regolarizzazione delle emissioni.
Con riguardo alle norme citate nell'appello sui residui poteri dei Comuni è necessario distinguere, ai fini del giudizio sul caso in esame, quelle riguardanti la specifica materia, individuabili negli articoli 216 del T.U. n. 1265 del 1934 e 6 del D.P.R. n. 322 del 1971, da quelle con cui si attribuiscono poteri di ordinanza per far fronte a urgenti necessità, individuabili negli articoli 217 del T.U. n. 1265 del 1934 e 38 della legge n. 142 del 1990. Le prime infatti devono ritenersi non più applicabili a seguito dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 203 del 1988, in quanto riguardanti
interventi che, consistendo nel regolare e periodico accertamento e vigilanza sulle fonti di inquinamento atmosferico prodotto da impianti industriali, sono poi stati disciplinati integralmente, come visto, dal D.P.R. citato. Le seconde sono invece applicabili ma sul presupposto di specifici e gravi pericoli per l'incolumità pubblica richiedenti interventi immediati e non fronteggiabili con li ricorso agli strumenti normali predisposti dall'ordinamento. Tale presupposto non si riscontra nella fattispecie specifica poiché nella stessa premessa dell'atto impugnato, pur affermandosi che le emissioni dell'impianto in questione "risultano essere non trascurabili", si precisa contestualmente che ciò si registra "sebbene i quantitativi di polveri e inquinamenti gassosi emessi dall'insediamento della ditta, rispettino, per quanto dalla stessa analiticamente documentato, i valori limite prescritti dal D.M. n. 51 del 12. 7.1990", e testimoniando così
una situazione di certo non caratterizzata da specifici e gravi pericoli.
3. Per le ragioni esposte l'appello è infondato e deve essere respinto. Le spese del secondo grado di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza. Esse sono liquidate nel dispositivo.