Giustamm.it

Giurisprudenza
n. 9-2000 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 25 settembre 2000 n. 5073 - Pres. Iannotta, Est. Buonvino - ULSS di Chieti (Avv. Moscarini) e Di Paolo (Avv. Scoca) c. De Simone (Avv.ti Sanino e Cianci) e Della Porta (n.c.) - (conferma TAR Abruzzo, sede de L'Aquila, 10 ottobre 1994, n. 533).

1. Giustizia amministrativa - Termine per l'impugnazione - Pubblicazione all'albo dell'ente - Determina la decorrenza del termine solo nel caso in cui la pubblicazione sia prevista dalla normativa e sia stata effettuata nei modi da quest'ultima prescritti.

2. Giustizia amministrativa - Termine per l'impugnazione - Emanazione di un "provvedimento in corso" - Non fa decorrere il termine.

3. Concorso - Prove - Valutazione - Punteggio espresso in forma numerica - Sufficienza - Condizioni.

4. Concorso - Prove - Prova pratica - Valutazione - Punteggio espresso in forma numerica - Nel caso in cui non siano state precisate le modalità ed i criteri stabiliti che regolano la prova pratica - Insufficienza.

1. La pubblicazione di un provvedimento amministrativo all'albo degli uffici di una P.A. o all'albo pretorio è valida, come presunzione di conoscenza ai fini dell'impugnazione dell'atto stesso in sede giurisdizionale, solo quando essa sia espressamente stabilita da una norma e venga effettuata nei modi da quest'ultima prescritti (1) (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto che il termine per l'impugnazione decorreva solo dal momento della formale comunicazione all'interessata della sua esclusione dal concorso, mentre la pubblicazione all'Albo dell'ente dell'esito della prova non poteva costituire il dies a quo per l'impugnazione stessa, in quanto non prescritta da alcuna specifica norma).

2. L'emanazione di un "provvedimento in corso", cioè di un provvedimento che non ha ancora raggiunto lo stadio della perfezione, se in talune ipotesi può consentire l'immediata impugnabilità dell'atto, non può essere certamente idonea a far decorrere, con modalità perentorie, il termine per l'impugnazione, il quale decorrerà, secondo i principi generali, dal momento della comunicazione o pubblicazione dell'atto divenuto perfetto (2).

3. In precedenza era stato ritenuto che anche dopo l'entrata in vigore della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'onere di motivazione delle prove scritte ed orali di un concorso a posti di pubblico impiego è sufficientemente adempiuto con l'attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest'ultimo come una formula sintetica, ma eloquente, che esterna compiutamente la valutazione tecnica della commissione d'esame (3); e che, pertanto, una più specifica motivazione è da ritenersi richiesta nel solo caso in cui vi sia contrasto talmente rilevante tra i punteggi attribuiti da componenti della commissione da configurare un'apparente contraddittorietà intrinseca del giudizio complessivo (4).

4. Tuttavia nel caso in cui, in violazione della normativa che disciplina il concorso (nella specie l'art. 14 del d.m. 30 gennaio 1982), il Presidente della commissione del concorso non risulti aver esternato, nel verbale e negli altri atti di concorso, le modalità ed i criteri stabiliti che regolano la prova pratica, la valutazione in forma numerica non può ritenersi consentita, rendendo impossibile seguire l'iter logico seguito dalla Commissione nell'espletamento della prova (5).

-----------------

(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 marzo 1997, n. 217.

(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 27 agosto 1997, n. 1231; alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto che la semplice pubblicazione, non prescritta dal bando di concorso - né preventivamente segnalata ai candidati - dell'esito della prova pratica, neanche accompagnata dalla indicazione delle conseguenze che ad essa avrebbero dovuto automaticamente correlarsi, non consentiva di ritenere comunque perfezionata la procedura concorsuale di cui si tratta; né di ritenere intervenuto un provvedimento amministrativo in sé lesivo e doverosamente impugnabile con immediatezza, a pena di inammissibilità del relativo gravame.

(3) Cfr., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 12 gennaio 2000; 27 maggio 1996, n. 747; 13 ottobre 1993, n. 727.

(4) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 gennaio 1999, n. 14.

(5) Ha osservato in proposito la Sez. V che la prova pratica prevista nel concorso de quo "non consiste nella semplice sottoposizione di domande teoriche al candidato, ma nella dimostrazione, da parte del medesimo, della capacità di risolvere casi o problemi pratici che possono presentarsi al suo esame; e, a questo fine, la mancata preventiva precisazione dei criteri valutativi da un lato e l'assenza di ogni indicazione in merito alle concrete modalità di espletamento della prova e di formulazione dei quesiti non consentono al giudice di verificare la rispondenza delle prove concorsuali a corretti criteri logici e la piena conformità delle stesse alla norma e alla ratio che la permea".

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi in appello nn. 404/95 e 446/95, proposti:

quanto all'appello n. 446/95, dalla ULSS di CHIETI, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Lucio Valerio MOSCARINI e presso lo stesso elettivamente domiciliata in Roma, piazza Madonna del Cenacolo 14 ,

CONTRO

DE SIMONE Anna Maria, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario SANINO e Bellarmino CIANCI e presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, viale Parioli 180,

e nei confronti

DELLA PORTA Argia, DI PAOLO Filippo e ROSATO Manola, non costituitisi in giudizio;

quanto all'appello n. 404/95, da DI PAOLO Filippo, MASSARO Alcide, BERARDI Enrico, MAMMARELLA ANCHITELLA Ada, DELLA PORTA Argia e ROSATO Manola, rappresentati e difesi dall'avv. Franco Gaetano SCOCA presso cui elettivamente domiciliano in Roma, via G. Paisiello 55,

C O N T R O

DE SIMONE Anna Maria, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario SANINO e Bellarmino CIANCI e presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, viale Parioli 180,

e nei confronti

della ULSS di CHIETI, in persona del legale rappresentante p.t., non costituitasi in giudizio;

per l'annullamento

della sentenza del TAR dell'Abruzzo, sede de L'Aquila, 10 ottobre 1994, n. 533;

visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

vista la memoria di costituzione in giudizio dell'appellata De Simone Anna Maria;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti di causa;

viste le ordinanze 17 febbraio 1995, nn. 272 e 301, con le quali la Sezione ha accolto le istanze di sospensione della sentenza impugnata avanzate, rispettivamente, dalla ULSS e dagli altri appellanti;

relatore, alla Camera di consiglio del 2 maggio 2000, il Cons. Paolo BUONVINO e uditi, per gli appellanti, l'avv. SCOCA e l'avv. SANINO per l'appellata De Simone,

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

F A T T O

1) - Con la sentenza impugnata il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla sig.ra De Simone Anna Maria per l'annullamento della deliberazione 18 dicembre 1992, n. 6130, con la quale l'Amministratore straordinario della ULSS di Chieti ha approvato la graduatoria del concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di assistente medico di organizzazione dei servizi sanitari di base, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali e, in particolare, degli atti relativi alla prova pratica e correlativi giudizi di sufficienza e insufficienza.

Il TAR, in particolare, rigettate le eccezioni di tardività e di difetto di interesse sollevate dai resistenti, ha ritenuto inadeguata la motivazione in merito al giudizio relativo alla prova pratica in cui l'interessata ha conseguito un punteggio che ne ha comportato l'esclusione dalla graduatoria, non avendo ritenuto sufficiente l'espressione del mero voto numerico, in assenza, tra l'altro, della predeterminazione di appositi criteri valutativi e della mancanza di altri utili elementi ricognitivi.

2) - Gli appellanti (la ULSS da un lato - appello n. 446/95 - e gli altri intimati in primo grado dall'altro - appello n. 404/95) deducono l'erroneità della sentenza sia nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di tardività, sia nella parte in cui ha accolto il ricorso nel merito.

L'appellata, nell'insistere, in memoria, per il rigetto dell'appello, perché infondato, ribadisce anche le altre censure svolte in primo grado e assorbite dal TAR.

3) - Con ordinanze 17 febbraio 1995, nn. 272 e 301, la Sezione ha accolto le istanze di sospensione della sentenza impugnata avanzate, rispettivamente, dalla ULSS e dagli altri appellanti.

D I R I T T O

1) - Gli appelli in epigrafe (nn. 404/95 e 446/95), in quanto rivolti avverso la stessa sentenza, debbono essere riuniti.

2) - Con il primo motivo di entrambi gli appelli viene ribadita l'eccezione di irricevibilità del ricorso, svolta in primo grado e disattesa del TAR.

Il momento dell'affissione, all'Albo dell'Amministrazione, dell'esito della prova pratica (esito consistente nell'attribuzione di un punteggio inferiore a quello previsto come minimo per il superamento della prova stessa, con la conseguente automatica esclusione dal concorso medesimo) avrebbe costituito, infatti, il dies a quo per la proposizione del ricorso; in quello stesso momento, infatti, l'interessata sarebbe stata in grado di conoscere l'esito negativo della prova e il carattere immediatamente lesivo, per la sua sfera giuridica, che, in base al bando si sarebbe inevitabilmente ricollegato a tale esito, nel senso della inevitabile esclusione dal concorso.

3) - La censura è da rigettare.

I primi giudici hanno ritenuto che il termine per l'impugnazione decorresse solo dal momento della formale comunicazione all'interessata della sua esclusione dal concorso (provvedimento di esclusione poi tempestivamente impugnato, ma solo in una con la graduatoria finale), mentre la pubblicazione all'Albo dell'ente dell'esito della prova pratica non poteva costituire il dies a quo per l'impugnazione stessa, in quanto non prescritta da alcuna specifica norma; e ciò tanto più in quanto, come emerge dal verbale n. 5, la pubblicazione non è neppure avvenuta all'Albo della ULSS, bensì a quello del "Servizio di laboratorio d'analisi" e, quindi, all'Albo di una struttura interna dell'Ente, neppure preventivamente individuata, né, comunque, indicata agli interessati; e tale preventiva individuazione tanto più era necessaria in quanto si trattava, nella specie, non di concorso interno, ma di concorso pubblico.

I primi giudici, in proposito, hanno puntualizzato che "la pubblicazione dell'esito della prova pratica del concorso non è prevista da alcuna norma e la sua effettuazione non può quindi assumere valore di presunzione legale di conoscenza dell'atto impugnato"; ebbene, tale precisazione non ha costituito oggetto di specifico gravame da parte degli appellanti, che non ne hanno contestato l'esattezza; tale affermazione appare, invece, decisiva nell'escludere che la detta pubblicazione potesse di per sé determinare la conoscenza legale del provvedimento asseritamente lesivo.

Il principio sul punto affermato dai primi giudici è conforme, del resto, a quanto in altra occasione ritenuto da questa Sezione, secondo cui la pubblicazione di un provvedimento amministrativo all'albo degli uffici di una P.A. o all'albo pretorio è valida, come presunzione di conoscenza ai fini dell'impugnazione dell'atto stesso in sede giurisdizionale, solo quando essa sia espressamente stabilita da una norma e venga effettuata nei modi da quest'ultima prescritti (Sez. V, 7 marzo 1997, n. 217).

Non essendosi gravati gli appellanti avverso tale puntuale capo di reiezione dell'originaria eccezione di irricevibilità del ricorso, nulla avendo controdedotto in merito alla sostanziale inefficacia, ai detti fini, della disposta pubblicazione, ne consegue l'infondatezza del motivo in esame.

In ogni caso, effettivamente il bando di concorso nulla prevedeva in merito alla pubblicazione dell'esito della prova pratica e alla sua eventuale efficacia e, per converso, laddove il bando stesso ha fatto specifico riferimento a determinazioni di esclusione dei candidati, ne ha espressamente previsto la diretta comunicazione agli stessi; ciò che conferma la correttezza sul punto della sentenza impugnata.

Può anche soggiungersi, in proposito, che l'emanazione di un "provvedimento in corso", cioè di un provvedimento che non ha ancora raggiunto lo stadio della perfezione, se in talune ipotesi può consentire l'immediata impugnabilità dell'atto, non può essere certamente idonea a far decorrere, con modalità perentorie, il termine per l'impugnazione, il quale decorrerà, secondo i principi generali, dal momento della comunicazione o pubblicazione dell'atto divenuto perfetto (cfr. Sez. VI, 27 agosto 1997, n. 1231); e, nella specie, la semplice pubblicazione, non prescritta dal bando di concorso - né preventivamente segnalata ai candidati - dell'esito della prova pratica, neanche accompagnata dalla indicazione delle conseguenze che ad essa avrebbero dovuto automaticamente correlarsi, non consente di ritenere comunque perfezionata la procedura concorsuale di cui si tratta; né di ritenere intervenuto un provvedimento amministrativo in sé lesivo e doverosamente impugnabile con immediatezza, a pena di inammissibilità del relativo gravame.

3) - Nel merito gli appelli appaiono, del pari, infondati.

Lamentano gli appellanti il fatto che il TAR abbia ritenuto il giudizio correlato alla prova pratica privo di idonea motivazione e basato su criteri non puntualmente definiti; laddove, trattandosi, nella specie, di prova d'esame e non di esercizio di una potestà di scelta tra più possibili opzioni, sarebbe stata sufficiente, anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 241/1990, l'espressione del semplice voto numerico; il giudizio reso con la votazione qui contestata sarebbe, inoltre, basato, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, su criteri valutativi ritualmente predefiniti dalla Commissione; né, sempre secondo gli appellanti, sarebbe corretto quanto affermato dai primi giudici in merito al fatto che la prova pratica sarebbe consistita in un duplicato di quella teorica; al contrario, la stessa, nel pieno rispetto di quanto previsto, per gli esami di "assistente", dal decreto del Ministro della sanità del 30 gennaio 1982, è consistita nella discussione di un caso simulato.

Ebbene, sotto il primo di detti profili, è vero che la giurisprudenza di questo Consiglio ha ritenuto che anche dopo l'entrata in vigore della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'onere di motivazione delle prove scritte ed orali di un concorso a posti di pubblico impiego è sufficientemente adempiuto con l'attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest'ultimo come una formula sintetica, ma eloquente, che esterna compiutamente la valutazione tecnica della commissione d'esame (cfr., tra le altre, Sez. VI, 12.1.2000; 27 maggio 1996, n. 747; 13 ottobre 1993, n. 727); e che, pertanto, una più specifica motivazione è da ritenersi richiesta nel solo caso in cui vi sia contrasto talmente rilevante tra i punteggi attribuiti da componenti della commissione da configurare un'apparente contraddittorietà intrinseca del giudizio complessivo (Sez. VI, 13 gennaio 1999, n. 14); contrasto, nella specie, insussistente.

Non di meno, nel caso in esame viene in considerazione la "prova pratica" prevista e disciplinata dall'art. 14 del citato d.m. 30 gennaio 1982, secondo cui: "nei giorni fissati per la prova pratica, ed immediatamente prima del suo svolgimento, la commissione ne stabilisce le modalità ed i contenuti che devono comportare uguale impegno tecnico per tutti i concorrenti. Nel caso in cui la commissione decida di far effettuare a tutti i candidati la stessa prova, deve proporre un numero non inferiore a tre di prove e, con le medesime modalità previste per la prova scritta, far procedere alla scelta della prova oggetto di esame. La commissione procura di mettere a disposizione dei concorrenti apparecchi e materiali necessari per l'espletamento della prova, e può autorizzare i concorrenti ad utilizzare materiale semeiotico proprio".

Ebbene, nella specie è precisato, nel verbale n. 5, che "il Presidente illustra le modalità ed i criteri stabiliti che regolano la prova pratica"; tali modalità e criteri non vengono, però, in alcun modo esternati, nel verbale e negli altri atti di gara, neppure ob relationem; ciò che rende impossibile seguire l'iter logico seguito dalla Commissione nell'espletamento della prova; tantopiù che, pur avendo avuto corso la procedura concorsuale in questione, dopo l'entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, non è stata neppure avvertita l'esigenza di fornire almeno una descrizione delle modalità di concreto espletamento della prova stessa per quanto attiene ai contenuti specifici del caso pratico (genericamente indicato, nel verbale, come "caso clinico di malaria", senza altre precisazioni) e, in particolare, delle domande o dei quesiti posti; né sono state fornite indicazioni con specifico riguardo alla messa a disposizione dei concorrenti di apparecchi e materiali necessari per l'espletamento della prova o alle ragioni che la rendevano inutile; descrizione necessaria per verificare la rispondenza della prova ai requisiti previsti dal citato art. 14.

La prova pratica, del resto, non consiste nella semplice sottoposizione di domande teoriche al candidato, ma nella dimostrazione, da parte del medesimo, della capacità di risolvere casi o problemi pratici che possono presentarsi al suo esame; e, a questo fine, la mancata preventiva precisazione dei criteri valutativi da un lato e l'assenza di ogni indicazione in merito alle concrete modalità di espletamento della prova e di formulazione dei quesiti non consentono al giudice di verificare la rispondenza delle prove concorsuali a corretti criteri logici e la piena conformità delle stesse alla norma e alla ratio che la permea.

4) - Per tali motivi gli appelli in epigrafe appaiono infondati e, per l'effetto, debbono essere respinti, mentre merita conferma l'impugnata sentenza.

Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, riunisce e respinge gli appelli in epigrafe (nn. 404/95 e 446/95).

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 2 maggio 2000, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei signori magistrati:

RAFFAELE I A N N O T T A Presidente

STEFANO B A C C A R I N I Consigliere

PAOLO B U O N V I N O Consigliere est.

A L D O F E R A C o n s i g l i e r e

CLAUDIO MARCHIETIELLO Consigliere

Depositata in segreteria il 25 settembre 2000.

Copertina