CONSIGLIO
DI STATO, SEZ. V - Sentenza 6 ottobre 2000 n. 5327 - Pres.
Paleologo, Est. Baccarini - Comune di Roma (Avv. Nicola
Carnevale) c. Mastrocola (Avv.ti Giuseppe Lavitola e Claudio Manzia) - (annulla
TAR Lazio, Sez. II, sentenza 6 marzo 1996 n.
458).
1.
Edilizia ed urbanistica - Piano regolatore generale - Prescrizioni e vincoli
- Vincoli a contenuto espropriativo - Nozione - Individuazione.
2.
Edilizia ed urbanistica - Piano regolatore generale - Prescrizioni e vincoli
- Previsione di una
determinata tipologia urbanistica - Non costituisce vincolo a contenuto
espropriativo - Termine di efficacia quinquennale del vincolo -
Inapplicabilità - Fattispecie.
3.
Edilizia ed urbanistica - Piano regolatore generale - Prescrizioni e vincoli
- Verde attrezzato - Costituisce vincolo conformativo con efficacia a tempo
indeterminato.
1.
I vincoli di piano regolatore, ai quali si applica il principio della decadenza
quinquennale ai sensi dell'art. 2 L. 19 novembre 1968 n. 1187, sono soltanto
quelli che incidono su beni determinati, assoggettandoli a vincoli preordinati
all'espropriazione od a vincoli che ne comportano l'inedificabilità e,
dunque, svuotano il contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento
del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione
naturale ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio.
2. La previsione di una determinata tipologia urbanistica, invece, non è un vincolo preordinato all'espropriazione né comportante l'inedificabilità assoluta, trattandosi di una prescrizione diretta a regolare concretamente l'attività edilizia, in quanto inerente alla potestà conformativa propria dello strumento urbanistico generale, la cui validità è a tempo indeterminato, come espressamente stabilito dall'art. 11 L. 17 agosto 1942 n. 1150 (1).
3.
Il verde attrezzato a servizi pubblici da realizzare sulla base di uno strumento
urbanistico attuativo costituisce vincolo urbanistico avente natura conformativa,
la cui efficacia permane a tempo indeterminato (2).
---------------------
(1)
Cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 2
dicembre 1999 n. 1769 e Corte Cost., 20 maggio 1999 n. 179. Alla stregua del
principio nella specie è stato ritenuto che una disposizione contenuta
nelle norme di attuazione allo strumento urbanistico la quale attribuisca alle
aree libere la destinazione urbanistica a verde attrezzato e servizi pubblici da
realizzare sulla base anche di strumento urbanistico attuativo, non reca vincoli
soggetti al termine quinquennale di decadenza di cui all'art. 2 della legge 19
novembre 1968 n. 1187. Ha aggiunto la Sez. V inoltre che nell'ampia dizione di
"strumento urbanistico attuativo", sono da ritenere comprese forme di
pianificazione urbanistica di secondo
livello ad iniziativa privata o promiscua in regime di economia di
mercato le quali, in quanto attuabili dal privato e senza la necessità di
previa ablazione del bene, sottraggono la previsione di cui si discute dallo
schema ablatorio-espropriativo presupposto dalla norma di garanzia di cui alla
L. n. 1187 del 1968 (cfr. Corte Cost. 20
maggio 1999 n. 179, cit.).
(2)
V. la nota di P. VIRGA, Il "verde attrezzato"
qualificato come vincolo conformativo, riportata dopo il testo della
sentenza.
FATTO
Con
ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio Ida Mastrocola impugnava
il provvedimento in data 31 gennaio 1992 n. 123, col quale il Sindaco di Roma le
aveva negato il rilascio della concessione edilizia chiesta per la costruzione
di un edificio per civile abitazione, stante il contrasto delle opere progettate
con la destinazione urbanistica dell'area interessata, ricadente in zona B2 di
piano regolatore.
La
ricorrente deduceva i seguenti motivi di diritto:
1)
violazione e falsa applicazione dell'art. 5 par. 1 delle norme tecniche di
attuazione del P.R.G. ed eccesso di potere per errore e falsità di presupposti,
in quanto la disposizione, che prevede l'inedificabilità delle aree libere in
zona B, non è più in vigore perché annullata dal Consiglio di Stato in
Adunanza Plenaria con decisione n. 17 del 1978, avente efficacia generale erga
omnes;
2)
in subordine, violazione dell'art. 2 L. 19 novembre 1968 n. 1187 ed eccesso di
potere per errore e falsità di presupposti, considerato che detta previsione
d'inedificabilità sarebbe comunque decaduta per decorso del termine
quinquennale di efficacia e l'area in questione costituirebbe l'ultimo lotto
ancora inedificato dell'intero comprensorio;
3)
in via ancora subordinata, difetto e carenza di istruttoria e di motivazione.
Il
Tribunale, ritenuto fondato il primo motivo e dichiarati assorbiti quelli non
esaminati, ha annullato il diniego impugnato.
Con
il ricorso in esame il Comune di Roma propone appello contro la sentenza che così
ha statuito e ne chiede la riforma e l'annullamento, sostenendo che gli
effetti della citata decisione del Consiglio di Stato, come da sua esplicita
statuizione, sono limitati ai suoli di proprietà della parte ricorrente nel
giudizio con la stessa decisione definito.
L'appellata
si è costituita in giudizio ed ha controdedotto al gravame, chiedendone la
reiezione con conseguente conferma della sentenza appellata. Ha riproposto,
altresì, tutte le censure dedotte ma non esaminate in primo grado.
La
causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 21
marzo 2000.
DIRITTO
L'appello
è fondato.
Il
Comune di Roma ha respinto la domanda di concessione edilizia avanzata
dall'appellata, adducendo a motivo del diniego il contrasto delle opere
progettate "(intervento non consentito in zona B/2 libera con vincolo
archeologico e paesistico)" con l'art. 5 delle norme tecniche di attuazione
del piano regolatore generale.
Ad
avviso del giudice di primo grado la disposizione è stata caducata per effetto
della decisione 16 giugno 1978 n. 17 del Consiglio di Stato in Adunanza
Plenaria, recante annullamento della deliberazione n. 2632 in data 8 agosto 1974
con la quale il Consiglio Comunale di Roma l'ha introdotta in variante allo
strumento urbanistico generale.
Sostiene
l'Amministrazione appellante che gli effetti della citata decisione, come da
sua esplicita statuizione, sono limitati ai suoli di proprietà della parte
ricorrente nel giudizio con la stessa decisione definito. Al contrario,
l'interessata osserva come, riguardando una norma di carattere regolamentare,
il pronunciato annullamento non può che spiegare necessariamente efficacia
generale erga omnes.
La
controversia, allora, si sostanzia nella individuazione degli esatti limiti
della pronuncia di annullamento contenuta nella menzionata decisione
dell'Adunanza Plenaria.
Ritiene
il Collegio che l'assunto del Comune di Roma sia fondato.
La
portata della citata decisione, infatti, è espressamente stabilita nel suo
dispositivo, del seguente testuale tenore: "Il Consiglio di Stato in s.g.
... accoglie l'appello indicato in epigrafe ed in riforma della sentenza
appellata accoglie il ricorso di primo grado ed annulla per l'effetto: a) per
la parte concernente l'area di proprietà della Società ricorrente, la
deliberazione del Consiglio comunale di Roma n. 2632 dell'8 agosto 1974
.".
Non
può disconoscersi che la deliberazione annullata, nella parte in cui detta il
nuovo testo dell'art. 5 in variante alla vigente disciplina di attuazione del
p.r.g., abbia natura di atto generale a contenuto normativo.
L'annullamento
è stato inoltre pronunciato per un vizio - difetto di specifica valutazione e
motivazione sulla necessità ed opportunità di introdurre il nuovo regime di
utilizzazione dei suoli - che inficia la disposizione nella sua interezza, non
essendo il suo contenuto precettivo scindibile con riguardo alle sole posizioni
soggettive dedotte in giudizio.
La
giurisprudenza amministrativa si è tuttavia preoccupata d'evitare che l'impugnatoria
di atti generali, compiute da alcuni soltanto degli interessati, rimetta in
discussione la situazione dei soggetti che non avevano invece censurato gli atti
stessi
Nel
caso di specie l'Adunanza plenaria ha inteso comunque esplicitamente
circoscrivere la sua pronuncia al solo interesse dedotto in giudizio,
precisandone i confini con il riferimento al dato concreto ed obiettivo
dell'area territoriale indicata; onde un'interpretazione di essa, che vi
annettesse una diversa estensione di efficacia si porrebbe in conflitto con la
lettera chiara ed univoca del giudicato.
Sotto
altro profilo, occorre tener presente che il provvedimento impugnato, adottato
in data 31 maggio 1992, non può far riferimento se non al testo dell'art. 5
delle n.t.a. introdotto, considerata la pronuncia del Consiglio di Stato, con
deliberazione n. 689 del 6 marzo 1979 dalla Giunta Regionale del Lazio in sede
di approvazione della variante di cui si tratta.
La
disposizione, tuttavia, che costituisce il presupposto normativo degli atti
oggetto di ricorso, non risulta impugnata, mentre avrebbe dovuto esserlo, se non
altro per farne constare l'illegittimità derivata dall'intervenuto
annullamento della previa deliberazione comunale di adozione.
L'appello
del Comune di Roma deve, pertanto, ritenersi fondato e va accolto.
Ciò
comporta la necessità di esaminare i motivi dichiarati assorbiti in primo grado
e riproposti in questa sede dall'appellata.
Con
il primo di questi, il secondo nella numerazione data in ricorso, si osserva che
il diniego di concessione edilizia impugnato risulterebbe comunque illegittimo
perché emesso sul presupposto dell'esistenza di un vincolo viceversa decaduto,
essendo inutilmente trascorso il termine quinquennale (decorrente dal 6 marzo
1979, data di approvazione della variante generale al P.R.G.) di cui all'art. 2
della legge 19 novembre 1968 n. 1187.
Il
motivo non ha pregio e va, pertanto, respinto.
Considerato,
infatti, il suo contenuto prescrittivo, inteso ad attribuire alle aree libere in
zona B2 la destinazione urbanistica a verde attrezzato e servizi pubblici da
realizzare sulla base anche di strumento urbanistico attuativo, il contestato
art. 5 n.t.a. non reca vincoli soggetti a decadenza.
I
vincoli di piano regolatore, ai quali si applica il principio della decadenza
quinquennale ai sensi dell'art. 2 L. 19 novembre 1968 n. 1187, sono soltanto
quelli che incidono su beni determinati, assoggettandoli a vincoli preordinati
all espropriazione od a vincoli che ne comportano l'inedificabilità e dunque
svuotano il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene
tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero
diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio. La previsione di
una determinata tipologia urbanistica, invece, non è un vincolo preordinato
all'espropriazione né comportante l'inedificabilità assoluta, trattandosi di
una prescrizione diretta a regolare concretamente l'attività edilizia, in
quanto inerente alla potestà conformativa propria dello strumento urbanistico
generale, la cui validità è a tempo indeterminato, come espressamente
stabilito dall'art. 11 L. 17 agosto 1942 n. 1150 (cfr., da ultimo, Cons. St.,
Sez. IV, 2 dicembre 1999 n. 1769; Corte Cost., 20 maggio 1999 n. 179).
Nell'ampia
dizione di "strumento urbanistico attuativo", inoltre, sono comprese
forme di pianificazione urbanistica di
secondo livello ad iniziativa privata o promiscua in regime di economia
di mercato le quali, in quanto attuabili dal privato e senza la necessità di
previa ablazione del bene, sottraggono la previsione di cui si discute dallo
schema ablatorio-espropriativo presupposto dalla norma di garanzia di cui alla
L. n. 1187 del 1968 (cfr. Corte Cost. cit.).
Le
considerazioni che precedono confermano, quindi, il contrasto sostanziale
dell'attività edilizia progettata con la destinazione urbanistica vigente
all'atto dell'adozione del diniego impugnato e la legittimità di questo.
Ne
consegue, essendo il suddetto contrasto ragione idonea da sola a reggere il
diniego, l'inammissibilità degli ulteriori motivi di doglianza dedotti in
primo grado siccome relativi a profili marginali del provvedimento.
È
appena il caso, infine, di osservare come, permanendo in capo all'appellante
l'interesse alla decisione, nessun rilievo può attribuirsi al difetto
d'interesse che, invece, secondo la difesa comunale, comporterebbero per la
Società appellata le sopravvenute variante al piano regolatore generale.
L'appello
del Comune di Roma dev'essere, in conclusione, accolto. Per l'effetto,
dev'essere annullata la sentenza impugnata e respinto il ricorso proposto in
primo grado.
Spese
e competenze dei due gradi di giudizio, che si liquidano in dispositivo, seguono
la soccombenza.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l'appello
in epigrafe indicato e, per l'effetto, annulla la sentenza impugnata e respinge
il ricorso prodotto in primo grado.
Condanna
Ida Mastrocola al pagamento delle spese e competenze dei due gradi di giudizio,
nella misura di £. 10.000.000 (dieci milioni), in favore dell'appellante
Comune di Roma.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,
nella camera di consiglio del 21 marzo 2000 con l'intervento dei Signori:
Depositata
in segreteria il 6 ottobre 2000.
*
* *
PIETRO
VIRGA
Il
"verde attrezzato" qualificato come vincolo conformativo
1.
Nei
piani regolatori sempre più frequentemente ampie zone del territorio comunale
vengono vincolate a "verde attrezzato".
Nelle
zone vincolate a verde attrezzato, secondo le definizioni che ne hanno proposto
gli urbanisti (1),
si possono realizzare attrezzature urbane di uso pubblico e di interesse
generale con particolare riguardo agli impianti ricreativi, sportivi e culturali
(2).
La
zona vincolata a verde attrezzato è caratterizzata dalla "funzione collettiva
per destinazione", ma i relativi interventi possono essere realizzati non solo
dalla amministrazione pubblica, ma anche da soggetti privati. Il proprietario
privato può realizzare nella zona campi di calcetto, campi da tennis, parchi
giuochi per bambini, etc.
E'
irrilevante la qualità pubblica o privata del soggetto che richiede la
concessione, essendo sufficiente che sia pubblica la funzione dell'intervento (3).
In
tale zona non sono invece consentiti interventi normali di edilizia residenziale
e di manutenzione conservativa per gli edifici eventualmente esistenti (4).
Ovviamente
gli interventi di natura pubblica (ad es., campo di calcio comunale) hanno la
preminenza rispetto a quelli di iniziativa privata e quindi la localizzazione di
attrezzature comunali di carattere sportivo nella zona vincolata a verde
attrezzato non consente la realizzazione di attrezzature sportive private, ove
la parte residua del lotto non consenta la necessaria capienza.
2.
In relazione alla particolare natura del vincolo, che è pubblico per la
funzione, ma non necessariamente pubblico per l'iniziativa edilizia, si pone
il quesito circa la sua qualificazione giuridica. Si domanda se il vincolo di
verde attrezzato debba inquadrarsi fra quelli "conformativi" e cioè di
zonizzazione ovvero debba inquadrarsi fra quelli di "localizzazione".
Le
conseguenze che derivano dalla soluzione del quesito sono assai rilevanti, sia
sotto il profilo della durata del vincolo, sia sotto il profilo della sua
indennizzabilità, sia infine sotto il profilo dell'assoggettamento al regime
tributario.
E'
ben noto che i vincoli urbanistici si distinguono in vincoli di
"localizzazione", che sono preordinati alla espropriazione e che decadono
dopo il decorso di cinque anni e vincoli "conformativi" di zonizzazione, i
quali non sono soggetti a decadenza e rimangono in vigore per tutta la durata
dello strumento urbanistico (art. 2 della L. 1187/1968; art. 3 della L.
457/1978).
I
vincoli espropriativi, che comportano inedificabilità assoluta, se reiterati
dopo il decorso del periodo massimo quinquennale della loro durata (detto anche
periodo di franchigia), sono indennizzabili, invece i vincoli conformativi di
zonizzazione non decadono dopo il decorso del termine quinquennale e non sono
indennizzabili (5).
3.
Il vincolo di verde attrezzato, non essendo necessariamente preordinato alla
espropriazione e non comportando inedificabilità assoluta, è stato inquadrato
fra quelli "conformativi", non soggetti a limiti temporali e come tale non
indennizzabili.
La
ragione che viene addotta a favore di tale soluzione è principalmente quella
che la edificazione, al proprietario del suolo è consentita, sia pure con gravi
limitazioni in relazione alla destinazione dell'intervento (intrattenimento,
sport etc.). La circostanza che la edificazione sia subordinata alla
approvazione di un piano attuativo di secondo livello non può considerarsi
impeditivi per qualificare il verde attrezzato cime vincolo "conformativo"
perché anche per altre zone di pianificazione urbanistica (ad esempio, per le
zone di tipo "C" di espansione), la subordinazione dell'edificazione alla
approvazione di un piano attuativo non è considerata impeditivi per qualificare
il vincolo come conformativo.
4.
Sebbene sotto il profilo astratto, l'inquadramento del verde attrezzato come
"conformativo" non possa considerarsi errata, tuttavia non può sfuggire che
la posizione del proprietario soggetto a vincolo di verde attrezzato, specie nei
comuni di piccola e media dimensione, praticamente potrebbe comportare la
inedificabilità del suolo.
Nell'ipotesi
in cui il suolo non presenti alcuna vocazione per interventi di carattere
sportivo, ricreativo o di interesse generale e nell'ipotesi in cui,
nell'inerzia dell'amministrazione pubblica, il proprietario non disponga
della capacità tecnica ed economica per realizzare impianti di interesse
generale, il vincolo di verde attrezzato preclude praticamente la utilizzabilità
del suolo.
Paradossalmente
la posizione del proprietario di un lotto vincolato a verde attrezzato è
deteriore rispetto a quella del proprietario di un lotto vincolato a verde
pubblico e rispetto a quella del proprietario di un lotto qualificato come verde
agricolo.
Il
proprietario di un lotto soggetto a verde pubblico, decorso il quinquennio,
senza che il comune abbia realizzato un giardino pubblico o un parco, ha il
diritto all'indennizzo; qualora tale vincolo venga reiterato; invece il
proprietario di un lotto vincolato a verde attrezzato, nell'ipotesi in cui
nessuna iniziativa per la realizzazione di un impianto di interesse generale
venga assunta né da privati né dall'ente pubblico, non può esercitare
alcuna attività edilizia a scopo residenziale, rimane vincolato a tempo
indefinito e soggetto a tutti i tributi che la legge prevede per le aree
edificatorie.
A
sua volta, il proprietario di un lotto soggetto a verde agricolo può
realizzare, sia pure entro limiti volumetrici limitati, costruzioni al servizio
dell'agricoltura e interventi produttivi di carattere agricolo e di contro non
è soggetto a tributi previsti per le aree edificatorie. Invece il proprietario
di un lotto soggetto a vicolo di verde attrezzato, in difetto di una iniziativa
di carattere ricreativo, sportivo, sociale, non può esercitare alcuna attività
edilizia ed è soggetto al regime tributario previsto per le aree edificabili.
5.
La situazione particolarmente svantaggiosa in cui si viene a trovare il
proprietario di un lotto vincolato a verde attrezzato induce a ritenere che
incombe sugli amministratori una particolare cautela nella imposizione del
vincolo. Per le aree vincolate a verde attrezzato, come per le altre zone
vincolate a destinazione (zone turistiche, zone industriali, zone artigianali),
si richiede, oltre una spiccata "vocazione" della zona alla destinazione
prescelta, anche una "ragionevole prevedibilità" di future iniziative
costruttive (6).
Per
le conseguenze particolarmente sfavorevoli che conseguono dal vincolo di verde
attrezzato la discrezionalità dell'ente programmatorio, nella imposizione di
tale vincolo, incontra precisi limiti imposti dalla ragionevole previsione della
realizzabilità degli interventi ammissibili.
NOTE:
(1) BARBATI, Il manuale dell'urbanistica, Roma 1975, 85. Vengono distinte tre specie di attrezzature: attrezzature comuni (sociali, culturali, sanitarie); b) attrezzature per impianti sportivi; c) attrezzature tecnico-distributive.
(2) Isolata è rimasta la giurisprudenza secondo la quale nella zona a verde attrezzato è anche ammissibile la costruzione di un supermercato: Cons. Stato, V sez. 23 marzo 1993 n. 405 in C.S., 1993 I, 358.
(3) E' stata riconosciuta illegittima la concessione edilizia rilasciata dal comune ad una associazione alpini per la realizzazione della propria sede sociale in area destinata a verde attrezzato, atteso che la natura collettiva del soggetto è cosa diversa dalla funzione collettiva di destinazione del bene: Cons. Stato V 4 gennaio 1993 in C.S. 1993 I, 49.
(4) Nella zona vincolata a verde attrezzato non sono ammessi nuovi interventi residenziali che contrastino con il vincolo di destinazione, salvo che si tratti di interventi di restauro per edifici preesistenti: T.A.R. Veneto 17 luglio 1981 n. 506 in T.A.R. 1971 I, 3070.
(5) Corte cost. 20 maggio 1999 n. 179 (red. Chieppa) in Giur. Cost. 1999, 1750 (con nota di BELLOMIA). Si legge nella motivazione di tale sentenza: "Sono al di fuori dello schema ablatorio-espropriativo con le connesse garanzie costituzionali i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi sono realizzabili anche dal soggetto privato e senza necessità di preventiva ablazione del bene".
(6) Sul limite costitutivo della "normale prevedibilità" per la potestà pianificatoria del p.r.g., da ult., SALAMONE, Vincoli del p.r.g. ed attendibilità decennale delle previsioni pubbliche, in Riv. Giur. Edil. 1997 II, 89. Una indicazione in proposito si può ricavare dalla motivazione della citata sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999, nella quale si legge: "Ciò può essere il risultato di una politica programmatoria tutte le volte che gli obiettivi di interesse generale di dotare il territorio di attrezzature e di servizi siano ritenuti realizzabili (e come tali specificamente compresi nelle previsioni pianificatorie), anche attraverso la iniziativa economica privata, pur se accompagnati da strumenti di convenzionamento".