CONSIGLIO DI STATO SEZ. V - Sentenza 13 novembre 2000 n. 6100
- Pres. Rosa, Est. Cintioli - S. (Avv.ti Giovanni Di Gioia e Mauro Mocchegiani) c. Comune di Ancona (Avv. Riccardo Stecconi) - (conferma T.A.R. Marche, 4 luglio 1996 n. 310).Pubblico impiego - Provvedimento disciplinare - Dipendenti enti locali - Disciplina prevista dall'ar. 51 L. n. 142 del 1990 - Applicabilità immediata ed effetto abrogativo sulle disposizioni regolamentari difformi.
Pubblico impiego - Provvedimento disciplinare - Dipendenti enti locali - Sospensione del aservizio - Per gravi negligenze - Legittimità - Fattispecie.
L'art. 51, comma 9, della legge n. 142 del 1990, nel testo poi abrogato dall'art. 74 del d. lgs. n.29 del 1993, come novellato dal d. lgs. n.546 del 1993 (il quale stabilisce che "la responsabilità, le sanzioni disciplinari, il relativo procedimento, la destituzione d'ufficio e la riammissione in servizio sono regolati secondo le norme previste per gli impiegati civili dello Stato") va interpretato in maniera da riconoscergli l'effetto di regolare in via immediata l'intera materia disciplinare e di abrogare tutte le disposizioni incompatibili dei regolamenti degli enti locali (1).
E' legittimo il provvedimento con il quale è stata irrogata nei confronti di un dipendente pubblico la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio, in relazioni a gravi negligenze nell'espletamento del servizio (nella specie era stata irrogata la sospensione dal servizio per 100 giorni in considerazione del fatto che il ricorrente - che è comandante dei Vigili urbani - aveva disposto che fosse utilizzato il carro-gru per prelevare una vettura ubicata al di fuori del territorio comunale, in violazione delle prescrizioni vigenti; inoltre, aveva disposto che fosse recuperata una vettura personale di un assessore, senza opportunamente accertare se il mezzo fosse stato utilizzato per ragioni di servizio e con la verosimile consapevolezza che trattavasi di utilizzo per ragioni meramente personali. Ha osservato in particolare la Sez. V che l'entità dell'illecito disciplinare non era infine scalfita dalla possibilità di configurare un ordine illecito rivolto, sia pure oralmente, al ricorrente da parte dell'assessore. Ed invero, anche se l'effettiva pronuncia di tale ordine fosse provata, il comportamento del dirigente resterebbe comunque di grave negligenza, trattandosi di ordine la cui illiceità poteva essere percepita ictu oculi e che il dirigente non era tenuto affatto ad eseguire).
Il giudizio sull'adeguatezza concreta della sanzione appartiene alla competenza esclusiva dell'amministrazione e concerne valutazioni di merito estranee al sindacato giurisdizionale.
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(1) Cons. Stato, sez. V, 24 novembre 1997, n. 1361. Ha osservato la Sez. V che nella specie il Comune aveva approvato una normativa statutaria di segno contrastante, che tuttavia non era stata impugnata dal ricorrente, con cui si era disposta l'applicazione transitoria della disciplina regolamentare pregressa. Si aggiunga che il superamento del termine del 31.12.1992 per l'approvazione dei nuovi regolamenti non ha provocato l'immediata perdita di efficacia della disciplina vigente, non potendosi evincere una conseguenza così netta in carenza di disposizioni specifiche sul punto.
FATTO
Con il ricorso di primo grado D. S., comandante del Corpo dei Vigili Urbani del Comune di Ancona, ha impugnato la delibera n.2284 del 4.11.1994, con cui la giunta comunale, su conforme parere della commissione di disciplina, gli ha irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per giorni 100 (cento), per avere disposto l'utilizzo del carro-gru in dotazione al Corpo di polizia municipale al fine di recuperare la vettura personale dell'assessore Andreanelli, utilizzata per motivi estranei a quelli di servizio ed ubicata al di fuori del territorio del Comune.
Il T.A.R. ha rigettato il ricorso.
Il ricorrente ha proposto appello, con cui ha chiesto che, in riforma della sentenza di primo grado, venga annullata la delibera impugnata.
In particolare, l'appellante ha nuovamente dedotto la violazione dell'art.51, comma 9 e 10, della legge 8.6.1990, n.142, per quanto concerne le forme e le competenze del procedimento disciplinare, nonché delle disposizioni del d.P.R. n.3 del 1957.
Ha, quindi, riproposto il motivo d'impugnazione riferito alla posizione di non imparzialità di due componenti la commissione di disciplina, l'assessore T. ed il dott. R., dirigente del servizio personale, nonché l'illiceità della procedura osservata per decidere sull'istanza di ricusazione.
L'appellante ha altresì, ritenuto illegittima la formazione della commissione di disciplina, per violazione dei criteri legislativi, ed ha ancora dedotto il vizio di eccesso di potere, al fine di contestare la configurabilità di fatti di effettiva rilevanza disciplinare.
Con l'ultimo motivo l'appellante ha giudicato in subordine troppo severa la sanzione comminata, avuto riguardo alla concreta gravità dei fatti che gli sono stati ascritti.
Il Comune appellato si è costituito ed ha resistito all'appello, chiedendone il rigetto.
Nel corso dell'udienza pubblica del 27 giugno 2000 la causa è stata posta in discussione.
DIRITTO
1. Il primo motivo di appello, collegato alla violazione delle forme e competenze del procedimento disciplinare, è infondato.
L'art. 51, comma 9, della legge n.142 del 1990, nel testo poi abrogato dall'art. 74 del d. lgs. n.29 del 1993, come novellato dal d. lgs. n.546 del 1993, stabilisce che "la responsabilità, le sanzioni disciplinari, il relativo procedimento, la destituzione d'ufficio e la riammissione in servizio sono regolati secondo le norme previste per gli impiegati civili dello Stato". Il successivo comma 10 prevede, altresì, che "è istituita in ogni ente una commissione di disciplina, composta dal capo dell'amministrazione o da un suo delegato, che la presiede, dal segretario dell'ente e da un dipendente designato all'inizio di ogni anno dal personale dell'ente secondo le modalità stabilite dal regolamento".
Il Comune di Ancona, come già rilevato dal giudice di prime cure, ha approvato lo statuto con delibera consiliare n.491 del 13.6.1991 (poi integrata con la delibera consiliare n.730 del 23.9.1991), il cui art.35 ha demandato ad un futuro regolamento organico il compito di dettare nuove norme per i procedimenti disciplinari nei confronti del personale. L'art. 66 del medesimo statuto, inoltre, ha disposto che, fino all'approvazione dei regolamenti previsti dalla legge n.142 del 1990 e di quelli da adottare in conformità alle stesse norme statutarie, si sarebbe continuata ad applicare la disciplina previgente; soggiungendo però che tali regolamenti dovessero approvarsi entro il termine del 31.12.1992.
Il consiglio comunale, nelle more, ha adottato la delibera n.389 del 6.5.1991, con la quale è stato riformato l'art.112 del regolamento organico all'epoca vigente, stabilendo che la composizione della commissione di disciplina dovesse adeguarsi a quella prevista dall'art.51, comma 10, della legge n.142 del 1991, poc'anzi citato: il capo dell'amministrazione od un suo delegato, che la presiede, il segretario dell'ente ed un dipendente designato dal personale dell'ente.
Il Comune di Ancona, per un verso, ha differito la riforma delle procedure disciplinari ai regolamenti di prossima emanazione, manifestando la volontà di applicare nelle more la disciplina dei vigenti regolamenti comunali, in deroga a quella del d.P.R. n.3 del 1957, richiamato dal predetto art. 51; per altro verso, ha modificato la regole sulla composizione della commissione disciplinare, attuando, per questa parte, le disposizioni di principio poste dalla legge n.142 del 1990.
L'art. 74 del d. lgs. n.29 del 1993, come novellato dal d. lgs. n.546 del 1993, ha abrogato il comma 9 e 10 della legge n.142 con effetto a decorrere "dalla data di stipulazione del primo contratto collettivo successivo all'emanazione del decreto"; così introducendo ulteriori significative riforme nel procedimento disciplinare, arricchito dalla presenza e dalle funzioni del collegio arbitrale.
Questa premessa è indispensabile per valutare la portata delle doglianze sollevate dal ricorrente e per ricostruire i fondamenti normativi della disciplina formale osservata dall'amministrazione.
In primo luogo, la censura dell'appellante è formulata in maniera troppo generica, nella parte in cui l'appellante sembra dolersi dell'inosservanza delle garanzie (che non si preoccupa però di puntualizzare) sancite nel t.u. degli impiegati civili dello Stato.
In secondo luogo, il collegio è consapevole che l'art.51, comma 9, è stato interpretato in maniera da riconoscergli l'effetto di regolare in via immediata l'intera materia disciplinare e di abrogare tutte le disposizioni incompatibili dei regolamenti degli enti locali (Cons. Stato, sez. V, 24 novembre 1997, n.1361). Ma nel caso di specie il Comune ha approvato una normativa statutaria di segno contrastante, che non è stata affatto impugnata dal ricorrente, con cui si è disposta l'applicazione transitoria della disciplina regolamentare pregressa. Si aggiunga che il superamento del termine del 31.12.1992 per l'approvazione dei nuovi regolamenti non ha provocato l'immediata perdita di efficacia della disciplina in atto vigente, non potendosi evincere una conseguenza così netta in carenza di disposizioni specifiche sul punto.
Oltretutto, come persuasivamente afferma il giudice di prime cure, la previsione di un regime transitorio ed il rinvio a successive norme regolamentari è coerente con l'esigenza di adattare le disposizioni dettate, in linea generale, per gli impiegati civili dello Stato alla peculiare realtà degli enti locali. Una scelta, dunque, che appare ragionevole e mirata ad un risultato di migliore efficienza organizzativa, piuttosto che di cristallizzazione delle vecchie garanzie procedimentali. Prova ne sia che lo stesso consiglio, con delibera n.389 del 6.5.1991, ha riformato l'art.112 del regolamento organico, stabilendo che la composizione della commissione di disciplina dovesse adeguarsi a quella prevista dall'art.51, comma 10, della legge n.142 del 1991: ossia, il capo dell'amministrazione od un suo delegato, che la presiede, il segretario dell'ente ed un dipendente designato dal personale dell'ente. La composizione della commissione di disciplina è stata così tempestivamente conformata alle previsioni legislative, con una delibera che appare legittima nei contenuti (v. Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 1997, n.294).
Questo considerazione vale anche a giudicare infondato il motivo con cui l'appellante si duole della mancata tempestiva formazione della commissione disciplinare al principio d'anno, nonché della irregolare designazione del rappresentante del personale da parte delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Ed invero, la composizione della commissione rispondeva anzitutto a criteri di massima indicati dal legislatore e recepiti dal regolamento comunale; le forme di designazione del componente in rappresentanza dei dipendenti sono conformi a siffatti criteri, indicati, oltretutto, in una norma regolamentare che non è stata appositamente impugnata.
2. Il secondo motivo dell'appello è anch'esso infondato.
I motivi cui l'appellante collega il rapporto di grave inimicizia con l'assessore T. e con il dott. Renzi non sono persuasivi ed il collegio ritiene che non siano di rilevanza tale da configurare una causa di doverosa astensione e di ricusazione del giudicante, in conformità a quanto dispone l'art. 149 comma 1, lettera c) del d.P.R. n.3 del 1957. Si rinvia, questo proposito, a quanto già affermato dal giudice di prime cure.
Quanto ai vizi che avrebbero inficiato la procedura per la decisione sull'istanza di ricusazione, essi non solo appaiono irrilevanti, atteso che la decisione della giunta comunale può dirsi conforme al modello disegnato dal predetto art. 149, ma sono comunque assorbiti dalla valutazione sostanziale circa l'insussistenza delle cause di astensione.
3. La delibera impugnata non è affetta dal denunciato vizio di eccesso di potere, poiché la decisione della giunta appare confortata da ampia e ragionevole motivazione. Il fatto contestato al comandante dei vigili urbani è obiettivamente grave ed è stato sorretto da convincenti elementi di prova.
L'appellante ha disposto che fosse utilizzato il carro-gru per prelevare una vettura ubicata al di fuori del territorio comunale, in violazione delle prescrizioni vigenti. Inoltre, ha disposto che fosse recuperata una vettura personale dell'assessore, senza opportunamente accertare se il mezzo fosse stato utilizzato per ragioni di servizio e con la verosimile consapevolezza che trattavasi di utilizzo per ragioni meramente personali. Tale consapevolezza, in particolare risulta da due circostanze: la prima è che la vettura in oggetto era quella personale dell'assessore; la seconda è che nella nota del 15.7.1994, trasmessa dallo Svarca al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona, egli ha espressamente ammesso di aver chiesto all'assessore Andreanelli se si trovasse fuori dal territorio comunale per ragioni di servizio e di avere ottenuto una "risposta vaga". Ciò conferma, se non un comportamento doloso, quantomeno una grave negligenza da parte del comandante del Corpo, cui spettavano i compiti di organizzazione del servizio rimozione.
La gravità dei fatti è, poi, accentuata dalla circostanza, riferita dal Comune appellato (e non specificamente contestata), secondo cui solo alcuni mesi prima dell'accaduto il sindaco aveva diramato un ordine di servizio con cui raccomandava che gli automezzi comunali (e, tra di essi, il carro-gru) fossero utilizzati sono per effettive esigenze di servizio, invitando esplicitamente i dirigenti di ciascuna ripartizione ad eseguire gli opportuni controlli. Nel caso di specie, non solo il dirigente ha omesso gli opportuni controlli, ma ha addirittura disposto personalmente l'esecuzione di un servizio in condizioni di palese illegittimità.
L'entità dell'illecito disciplinare non è infine scalfita dalla possibilità di configurare un ordine illecito rivolto, sia pure oralmente, al ricorrente da parte dell'assessore Andreanelli, come adombrato nell'atto di appello. Ed invero, anche se l'effettiva pronuncia di tale ordine fosse provata (ciò che non è stato nel corso del giudizio), il comportamento del dirigente resterebbe comunque di grave negligenza, trattandosi di ordine la cui illiceità poteva essere percepita ictu oculi e che il dirigente non era tenuto affatto ad eseguire.
4. Quanto esposto è sufficiente anche a rigettare l'ultimo motivo di gravame, con cui lo Svarca si duole dell'eccessiva gravità della sanzione disciplinare sofferta in relazione ai fatti commessi.
Il giudizio sull'adeguatezza concreta della sanzione appartiene alla competenza esclusiva dell'amministrazione e concerne valutazioni di merito estranee al sindacato giurisdizionale. In questo caso la valutazione della giunta appare, peraltro, conforme ai canoni di ragionevolezza e congruità ed il giudizio di proporzione della sanzione al fatto illecito è esente da contraddizioni logiche.
5. Ne segue il rigetto dell'appello.
6. Poiché soccombente, l'appellante è condannato a rimborsare al Comune appellato le spese del presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, definitivamente pronunziando, rigetta l'appello.
Condanna l'appellante a rimborsare al Comune appellato le spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessive lire 3.000.000 (tremilioni).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2000, con l'intervento dei signori:
Salvatore Rosa Presidente
Stefano Baccarini Consigliere
Corrado Allegretta Consigliere
Marco Lipari Consigliere
Fabio Cintioli Consigliere relatore-estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Fabio Cintioli F.to Salvatore Rosa
Depositata il 13.11.2000.