CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 30 novembre 2000 n. 6350 - Pres. Paleologo, Est. Borea - Boccone (avv. sè stesso) c. Comune di Pisticci (avv. Volpe) e Cisterna (avv. Battista) (annulla TAR Basilicata 26 ottobre 1985 n. 361).
Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - In zona destinata al completamento delle costruzioni esistenti - Rilascio di una concessione per un nuovo edificio - Illegittimità - Fattispecie.
Nel caso in cui lo strumento urbanistico preveda che una determinata zona è destinata al completamento delle costruzioni esistenti, non può autorizzarsi la realizzazione di un edificio ex novo, senza che si sia preceduto ad una demolizione (1).
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(1) Ha osservato in particolare la Sez. V che nella specie la disciplina prevista nello strumento urbanistico per le zone di completamento edilizio conteneva due distinte disposizioni. Con la prima, di carattere generale si stabiliva che era consentito "il completamento dell'edificazione", specificandosi che "l'altezza massima per le sopraelevazioni non deve superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti, e che la distanza minima assoluta tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti deve essere di 10 metri. Con la seconda disposizione poi, dettata per il caso specifico di demolizione e ricostruzione, si fissavano una serie di prescrizioni in ordine alla densità fondiaria, alla superficie minima del lotto, alla superficie coperta, all'altezza, al numero dei piani, alla distanze.
La suddetta disciplina, ad opinione della Sez. V, consentiva soltanto il completamento dell'edificazione esistente e non anche la realizzazione di un fabbricato nuovo. In tal senso infatti doveva interpretarsi la disposizione di carattere generale sopra ricordata la quale, nel fissare i limiti di sopraelevazione e di distanze, appare esaustiva se intesa come riferita al semplice completamento, in senso verticale ed orizzontale, degli edifici esistenti, e non può quindi consentire nuove costruzioni. E ciò per l'assorbente rilievo che mancavano totalmente gli altri parametri ed indici necessari entro i quali dovrebbero essere contenuti i nuovi edifici, a differenza invece di quanto puntualmente previsto nel diverso caso, qui non applicabile, di ricostruzione di edificio demolito. Né potrebbe valorizzarsi il fatto che l'edificio in oggetto è previsto in aderenza ad altra costruzione (di proprietà di un terzo, evidentemente consenziente), trattandosi comunque di edificio totalmente nuovo ed autonomo, appartenente a diverso proprietario e quindi non considerabile in alcun modo come "completamento dell'edificazione" esistente.
FATTO
Con ricorso al TAR della Basilicata l'avv. Boccone impugnava due concessioni edilizie rilasciate a favore delle controinteressate sig.re Cisterna per la costruzione di un fabbricato in un lotto confinante con quello di sua proprietà, nonché un atto di revoca dell'ordine di sospensione lavori in precedenza adottato.
A sostegno dell'impugnazione si adduceva la impossibilità di autorizzare in quella zona la costruzione di un nuovo fabbricato, e comunque la violazione della disciplina sulle distanze e sulle altezze degli edifici.
Il TAR respingeva il ricorso con la sentenza in epigrafe indicata.
Avverso tale sentenza propone appello l'avv. Boccone censurandone le statuizioni in rito e nel merito e insistendo per l'accoglimento del ricorso.
DIRITTO
Come si è accennato in narrativa, l'odierno appellante aveva impugnato in primo grado due concessioni rilasciate a terzi (la seconda in variante) per la costruzione di un fabbricato su di un lotto confinante a quello di sua proprietà, lamentando anche l'illegittimità di una sopravvenuta disposta revoca di un ordine di sospensione dei relativi lavori in precedenza adottato. La sentenza impugnata, dopo aver dichiarato l'inammissibilità dell'impugnazione proposta nella parte concernente la suddetta revoca dell'ordine di sospensione lavori, rigettava nel merito le doglianze volte a denunciare l'illegittimità delle due concessioni di costruzione rilasciate alle controinteressate sig.re Cisterna.
Per ragioni di priorità logica, appare opportuno in primo luogo esaminare la radicale doglianza con la quale l'appellante denuncia l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui questa ha ritenuto applicabile nella specie la disciplina, prevista per le zone di completamento dalle norme tecniche d'attuazione, relativa alle demolizioni e ricostruzioni. E ciò in quanto l'edificio de quo (il che del resto risulta dalla documentazione in atti ed è incontestato) è sorto ex novo e non è stato preceduto da una demolizione.
La censura è fondata. Nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado il ricorrente aveva sostenuto l'impossibilità, in base alla disciplina prevista per le zone di completamento, di realizzare un nuovo fabbricato, e quindi appare evidente la fondatezza della tesi sostenuta in appello con la quale si denuncia l'errore in cui è caduto il TAR ove ha riportato la censura intendendola come denuncia di illegittimità di una nuova costruzione al posto di altra preesistente, in conseguenza di ciò ritenendo applicabile la disciplina sulle demolizioni e ricostruzioni.
Né, contrariamente a quanto assumono le controparti, può ritenersi che la disciplina di zona consenta comunque nuove costruzioni a prescindere da una precedente demolizione.
Tale disciplina (zone di completamento edilizio) contiene due distinte disposizioni. Con la prima, di carattere generale, sulla quale si era soffermato in primo grado il ricorrente ora appellante, si stabilisce che è consentito "il completamento dell'edificazione", specificandosi che "l'altezza massima per le sopraelevazioni non deve superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti, e che la distanza minima assoluta tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti deve essere di 10 metri.
Con la seconda disposizione poi, dettata per il caso specifico di demolizione e ricostruzione, si fissano una serie di prescrizioni in ordine alla densità fondiaria, alla superficie minima del lotto, alla superficie coperta, all'altezza, al numero dei piani, alla distanze.
A ragione, quindi l'appellante (senza introdurre un nuovo motivo, contrariamente a quanto assume la P.A. nelle sue difese, essendosi lo stesso limitato a denunciare il travisamento in cui erano incorsi i primi giudici e in coerenza con la censura proposta in primo grado), espone la sua tesi. Non ricorre il caso di demolizione e ricostruzione, ed egli aveva sostenuto nel ricorso originario che la suddetta disciplina consentiva soltanto il completamento dell'edificazione esistente e non anche la realizzazione di un fabbricato nuovo. In tal senso infatti deve interpretarsi la disposizione di carattere generale sopra ricordata la quale, nel fissare i limiti di sopraelevazione e di distanze, appare esaustiva se intesa come riferita al semplice completamento, in senso verticale ed orizzontale, degli edifici esistenti, e non può quindi consentire nuove costruzioni. E ciò per l'assorbente rilievo che mancano totalmente gli altri parametri ed indici necessari entro i quali dovrebbero essere contenuti i nuovi edifici, a differenza invece di quanto puntualmente previsto nel diverso caso, qui non applicabile, di ricostruzione di edificio demolito. Né potrebbe valorizzarsi il fatto che l'edificio in oggetto è previsto in aderenza ad altra costruzione (di proprietà di un terzo, evidentemente consenziente), trattandosi comunque, come risulta anche dalle fotografie in atti, di edificio totalmente nuovo ed autonomo, appartenente a diverso proprietario e quindi non considerabile in alcun modo come "completamento dell'edificazione" esistente: definizione, quest'ultima, che ha evidentemente come destinatari i proprietari degli edifici esistenti e presuppone quindi una funzione servente dei nuovi volumi (in allargamento o in sopraelevazione) nei confronti degli edifici originari.
Conclusione del resto della quale sembra consapevole la stessa controparte privata, che, a sostegno della legittimità del titolo a costruire rilasciatole, richiama una delibera del Consiglio Comunale (n.16 del 1° marzo 1979, in atti), nella quale, sempre rispetto a zone di completamento, gli specifici parametri di edificabilità sopra visti con riguardo alle ricostruzioni di edifici demoliti sono espressamente estesi anche alle costruzioni ex novo.
Senonchè occorre osservare che la suddetta delibera (non a caso trascurata dal Comune nelle sue difese), non riguarda le zone di completamento in generale, ma soltanto la zona di completamento della località Tinchi, e non trova quindi applicazione nel caso di specie, dato che il manufatto qui contestato si trova in diversa località denominata Marconia.
L'accoglimento della radicale doglianza sin qui esaminata, con conseguente annullamento delle concessioni rilasciate alla controinteressata, comporta l'inammissibilità per carenza di interesse delle censure dirette contro la revoca della sospensione dei lavori a suo tempo disposta, ormai da considerarsi travolta.
Del resto la sospensione stessa, in base alla disposizione di cui all'art. 4 L. n. 47/85, era decaduto dopo 45 giorni, in mancanza di provedimenti repressivi, mai adottati.
Appare altresì inammissibile per carenza di interesse la censura con la quale l'appellante lamenta il fatto di essere stato condannato alle spese di primo grado: l'accoglimento dell'appello infatti comporta l'annullamento della sentenza di primo grado anche per ciò che attiene al capo accessorio relativo alle spese.
In conclusione, assorbita ogni altra doglianza, l'appello deve essere accolto per quanto di ragione, e vanno annullate le concessioni edilizie 11 novembre 1982 n. 236 e 31 dicembre 1982 n. 271 rilasciate dal Sindaco del Comune di Pisticci, come impugnate in primo grado. Dev'essere invece dichiarato inammissibile quanto all'impugntiva del provvedimento sindacale 16 marzo 1983 n. 10.
Le spese dei due gradi possono, come di regola, seguire la soccombenza nei confronti del Comune, e sono quantificate nel dispositivo. Possono invece essere compensate nei confronti delle controinteressate originarie.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), definitivamente pronunciando:
Accoglie l'appello per quanto di ragione, e per l'effetto, in riforma della appellata sentenza, annulla le concessioni edilizie 11 novembre 1982 n. 236 e 31 dicembre 1982 n. 271 a suo tempo rilasciate alle controinteressate dal Sindaco del Comune di Pisticci.
Condanna il comune di Pisticci a rifondere all'appellante le spese di entrambi i gradi di giudizio, spese che liquida nella somma complessiva di £. 8.000.000 (otto milioni). Compensa le spese dei due gradi nei confronti delle controinteressate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 30 maggio 2000, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Giovanni Paleologo - Presidente
Paolo Buonvino - Consigliere
Aldo Fera - Consigliere
Marco Lipari - Consigliere
Vincenzo Borea - Consigliere est.
Depositata il 30 novembre 2000.