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n. 12-2000 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 30 novembre 2000 n. 6353 - Pres. Paleologo, Est. Trovato - s.a.s. Sebel di Pedrotti Cesare & C. (avv.ti Bruno Piccarozzi e Alessio Pezcoller) c. Comune di Nomi (avv.ti Paolo Devigili e Enrico Romanelli) e Tecnofin strutture s.p.a. (n.c.) - (conferma Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino Alto Adige, Sede di Trento, sentenza 28 giugno 1993, n.251).

Giustizia amministrativa - Legittimazione attiva - Impugnativa di una delibera comunale che autorizza una società privata a partecipare ad una asta pubblica - Da parte di soggetto che non ha partecipato all'asta - Interesse ad agire - Non sussiste.

Non è ravvisabile un interesse ad agire, attuale e diretto, di un soggetto ad impugnare le delibere con la quale un Comune ha dato incarico ad una società privata di partecipare ad una procedura di vendita con incanto avanti al giudice delegato di una procedura fallimentare per l'acquisizione di un immobile al minor prezzo e con l'impegno di cederlo al Comune non appena approvato il bilancio di previsione, nel caso in cui il ricorrente non abbia partecipato all'incanto pubblico, così che, sul piano sostanziale, il suo interesse all'acquisto non appare differenziato e qualificato, ma di mero fatto, volto nella sostanza ad impedire puramente e semplicemente l'accrescimento dell'altrui sfera giuridica e, quindi, estraneo all'ambito di operatività della garanzia di tutela giurisdizionale posta dagli art. 24 de 113 Cost. (1).

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(1) Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 1993, n. 243.

 

 

FATTO

1.Con un primo ricorso, rubricato al n.252/1992, la Sebel s.a.s. impugnò avanti al Tribunale regionale di giustizia amministrativa, del Trentino Alto Adige, Sede di Trento, i seguenti atti del Comune di Nomi:

delibera giuntale n.24, in data 24 marzo 1992, con la quale si dava incarico alla Tecnofin Strutture s.p.a. di partecipare alla procedura di vendita con incanto, indetta per il giorno 30 marzo 1992 avanti al giudice delegato della procedura fallimentare della F.lli Pedrotti s.r.l. , del 1° lotto - P.M. 1 della p.ed. 345 in P.T. 861 C.C. Nomi, per l'acquisizione del medesimo al minor prezzo e fino a lire 450.000.000 oltre IVA e con l'impegno di cederlo al Comune non appena approvato il bilancio di previsione del 1992;

delibera consiliare n.25, in data 29 aprile 1992, con la quale si ratificava la citata delibera giuntale.

Quali motivi di gravame venne dedotto che, con violazione di legge e eccesso di potere sotto vari profili,:

- la delibera giuntale non era stata sottoposta a controllo di legittimità;

- la Giunta aveva impegnato l'amministrazione in materia di bilancio sostituendosi al Consiglio a cui unicamente spettava la competenza per le variazioni di bilancio e il conto consuntivo;

- la Giunta aveva operato un generico riferimento al bilancio 1992, anziché indicare la imputazione al bilancio della spesa.

2. Con un secondo ricorso (363/1992), sempre al T.R.G.A. di Trento, la Sebel impugnò altresì le seguenti ulteriori delibere consiliari in data 25 agosto 1992, riguardanti l'immobile di cui sopra:

n.45 ( approvazione del piano finanziario per l'acquisto) ;

n.46 (acquisto dell'immobile dalla Tecnofin con destinazione a magazzino comunale, magazzino dei Vigili del fuoco, sale per associazioni);

c) n.47 e 48 ( assunzione di mutui per l'acquisto).

Quali motivi di ricorso, venne dedotto:

1) quanto alla delibera n.46/1992, che non erano stati indicati in modo completo il prezzo d'acquisto del lotto, l'importo complessivo degli interessi e il relativo tasso percentuale; inoltre la trasformazione urbanistica preventivata per gli immobili da acquistare era del tutto insufficiente rispetto alle esigenze indicate dal Comune, nonché in contrasto con la normativa e la destinazione dello strumento urbanistico vigente;

2) quanto alle delibere n.45, 47 e 48/1992, che era contrario alle norme di contabilità il finanziamento dell'acquisto così come deliberato dalla Amministrazione comunale.

3. In relazione ad entrambi i ricorsi si costituiva l'Amministrazione comunale, eccependo tra l'altro il difetto di legittimazione e di interesse ad agire da parte della socetà Sebel.

Con sentenza n.251, in data 28 giugno 1983, riuniti i ricorsi, li dichiarava inammissibili, ritenendo fondata la eccezione sollevata dal Comune resistente.

3. La sentenza è stata appellata dalla società Sebel, che ha censurato le argomentazioni del T.R.G.A. e ha riproposto i motivi di primo grado.

Si è costituito il Comune di Nomi, controdeducendo all'appello e prospettando anche profili di irricevibilità del ricorso n.252/1992 e conseguente improcedibilità del ricorso n.363/1992.

Alla pubblica udienza del 17 ottobre 2000, l'appello è passato in decisione.

DIRITTO

Il ricorso in appello è infondato.

Oggetto del contendere sono alcune delibere del Comune di Nomi, aventi ad oggetto:

- l'incarico alla Tecnofin Strutture s.p.a. di partecipare alla procedura di vendita con incanto (indetta per il giorno 30 marzo 1992 avanti al giudice delegato della procedura fallimentare della F.lli Pedrotti s.r.l. ) del 1° lotto - P.M. 1 della p.ed. 345 in P.T. 861 C.C. Nomi (delibera giuntale n.24, in data 24 marzo 1992 e delibera consiliare di ratifica n.25, in data 29 aprile 1992);

- l'acquisto dell'immobile dalla Tecnofin, aggiudicataria del pubblico incanto, e la sua destinazione a magazzino comunale, magazzino dei Vigili del fuoco e sale per associazioni (delibera consiliare n.46 del 25 agosto 1992);

- il finanziamento dell'acquisto (delibere n.45, 47 e 48 del 25 agosto 1992).

Nella sentenza appellata (n.251, in data 28 giugno 1993) il T.R.G.A. ha rilevato che la società ricorrente, negli atti introduttivi dei giudizi, non aveva indicato né la situazione giuridica sostanziale lesa dagli atti impugnati, né l'interesse ad agire ovvero l'utilità conseguibile con il ricorso.

Solo all'udienza di discussione (31 marzo 1993) - ha osservato il T.R.G.A. - il difensore della Sebel aveva fondato la legittimazione e l'interesse ad agire della società al fatto di essere locataria di un immobile contiguo a quello oggetto di vertenza. Il giudice di primo grado ha tuttavia ritenuto la circostanza non rilevante, "atteso che , da una parte, si tratta di immobili fisicamente separati e funzionalmente autonomi tra loro e perché inidonei, allo stato, a costituire occasione di contenzioso tra i rispettivi titolari, e, dall'altra parte, la posizione di interesse della ricorrente, non essendo in alcun modo pregiudicata dagli atti impugnati, non le conferisce alcuna legittimazione ad agire"

In appello (notificato il 23 ottobre 1993) la società ha dedotto che:

-come risultava dagli atti depositati in primo grado, essa "detiene parte degli immobili porzione materiale 1 della p.ed.345" ;

-"l'interesse deriva appunto dalla occupazione a titolo di comodato dell'immobile" (o comunque dalla occupazione in base ad accordo o dall'occupazione di fatto del medesimo) ed "è quello di acquistare dalla Tecnofin strutture l'immobile, mentre l'acquisizione dello stesso in capo al Comune pregiudica tale possibilità ed opportunità".

In memorie difensive (dd. 15 aprile 1999 e 19 settembre 2000), l'interesse sostanziale e l'interesse ad agire vengono poi correlati anche, rispettivamente, alla posizione di locataria dell'immobile contiguo e alla destinazione per la quale l'immobile in vertenza è stato acquistato dal Comune (asseritamente incompatibile, si afferma, con quella, produttiva, dell'immobile in locazione alla Sebel).

2. Emerge dai cennati riferimenti che nella sostanza la società Sebel fonda la sua legittimazione ad agire, principalmente, su due situazioni sostanziali (di comodataria di parte dell'immobile acquistato dal Comune e di locataria dell'immobile limitrofo).

Senonchè da un lato la prima situazione (oltre a non essere stata prospettata in primo grado) non trova alcun riscontro probatorio in atti, risultando piuttosto che la porzione in questione è stata occupata senza titolo dalla Sebel (in tal senso si è pronunciato anche il Tribunale di Rovereto sia pure con sentenza, in data 5 - 24 aprile 1998, non ancora passata in giudicato).

Nè è comprovata la ulteriore, per vero generica, affermazione contenuta nell'appello, secondo cui l'occupazione sarebbe avvenuta a seguito di "accordo" .

D'altro lato la posizione di locataria dell'immobile limitrofo non risulta lesa dagli atti in vertenza. L'acquisto da parte del Comune non è infatti di per sé suscettibile di comprimere il diritto vantato dall'odierna appellante sul predetto immobile.

Non è poi ravvisabile un interesse ad agire, attuale e diretto. L'appellante sostiene che, una volta annullate le delibere comunali in vertenza, si concreterebbe la possibilità di acquistare il bene dalla Tecnofin.

Da tale annullamento non discende tuttavia la cennata conseguenza. In ogni caso la Sebel non ha partecipato all'incanto pubblico, così che, sul piano sostanziale, il suo interesse all'acquisto non appare differenziato e qualificato, ma di mero fatto, volto nella sostanza ad impedire puramente e semplicemente l'accrescimento dell'altrui sfera giuridica e quindi estraneo all'ambito di operatività della garanzia di tutela giurisdizionale posta dagli art. 24 de 113 cost. (Consiglio Stato sez. VI, 12 marzo 1993, n. 243 ).

L'occupazione di mero fatto, senza titolo, non è poi direttamente incisa dalle vicende riguardanti le proprietà del bene. Incongruo è al riguardo il riferimento dell'appellante agli orientamenti giurisprudenziali che hanno riconosciuto l'interesse ad agire del destinatario di un ordine di restituzione di beni appartenenti al demanio civico, a prescindere dalla questione se egli possa definirsi titolare de jure oppure mero occupante sine titulo dell'immobile. Nella specie non vengono, infatti, in rilievo atti amministrativi che implichino o presuppongano direttamente una modifica della situazione di fatto esistente. Le azioni comunali per ottenere la restituzione del bene hanno trovato autonomo sviluppo avanti alla autorità giudiziaria e sono estranee al presente giudizio (riguardante l'acquisto della proprietà del bene e il relativo finanziamento)

Quanto alla preventivata destinazione a magazzino o a sede di associazioni dell'immobile in vertenza, per quanto consta agli atti (cfr.da ultimo relazione del geom. Vito Rosa in data 13 luglio 2000 prodotta dal Comune) essa non ha attitudine a concretare un interesse ad agire attuale da parte della società. Non risulta peraltro comprovato che, al di là delle interferenze operative conseguenti ad alcune parti comuni ai due immobili ( in particolare ingresso e cortile ad ovest) le predette destinazioni possano pregiudicare l'attività produttiva svolta dalla Sebel né che in concreto l'abbiano pregiudicata (dopo l'attivazione del magazzino comunale e degli altri locali ad uso pubblico intervenuta nelle more dell'odierno grado di giudizio).

3. Per le ragioni che precedono, assorbita ogni ulteriore questione, l'appello va respinto. Le spese di questo grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V), rigetta l'appello. Condanna la società appellante al pagamento in favore del Comune di Nomi delle spese del secondo grado di giudizio che liquida in complessive lire 7.000.000 (sette milioni).

Ordina che la suestesa decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V), addì 17 ottobre 2000, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori

Giovanni Paleologo Presidente

Stefano Baccarini Consigliere

Pier Giorgio Trovato Consigliere est.

Corrado Allegretta Consigliere

Marcello Borioni Consigliere

Depositata il 30 novembre 2000.

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