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Giurisprudenza
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 15 giugno 2001 n. 3178 - Pres. Quaranta, Est. Borea - Soc. Vassallo Pasquale e Figli e Novambiente s.r.l. f.lli Vassallo (avv.ti Valerio Barone e Luigi Rispoli) c. Prefetto della Provincia di Napoli (n.c.) e Consorzio dei Comuni del bacino NA1 (n.c.), Comune di Giugliano (n.c.), e Società I.B.I. s.r.l. (n.c.) - (conferma TAR Campania - Napoli - Sez. V, 21 novembre 1995, n. 368).

Ambiente - Rifiuti solidi urbani - Localizzazione di discarica in zona agricola - Preventiva variante - Non occorre - Ragioni.

Nessuna preventiva variante è necessaria per localizzare una discarica per rifiuti solidi urbani in zona agricola; nè occorre alcuna previa intesa con le amministrazioni locali. La destinazione a zona agricola di un'area, infatti, salva la previsione di particolari vincoli ambientali o paesistici, non impone, in positivo, un obbligo specifico di utilizzazione effettiva in tal senso, bensì, in negativo, ha lo scopo soltanto di evitare insediamenti residenziali, e quindi non costituisce ostacolo alla installazione di opere che non riguardino l'edilizia residenziale e che, per contro, si rivelino per ovvi motivi incompatibili con zone abitate e quindi necessariamente da realizzare in aperta campagna (1)

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(1) Come precisato nella motivazione nella sentenza in rassegna, in passato la giurisprudenza ha ritenuto via via compatibili, con zone agricole, gli impianti di derivazione di acque pubbliche (T.S.A.P., 18 febbraio 1991 n. 7), l'attività di cava (Cons. Stato., VI Sez., 19 febbraio 1993 n. 180), i depositi di esplosivi (V Sez., 28 settembre 1993 n. 968), e, infine, le discariche per rifiuti solidi urbani (V Sez., 26 gennaio 1996 n. 85).

 

 

FATTO

Con tre distinti ricorsi al TAR di Napoli le odierne appellanti impugnavano altrettanti provvedimenti (rispettivamente del 18 luglio 1994, del 29 ottobre 1994 e del 17 dicembre 1994) con i quali si era disposta l'approvazione, con conseguente occupazione d'urgenza, rispettivamente, a), di un progetto esecutivo per la realizzazione di una discarica in località "Schiavi" del comune di Giugliano, b), di un piano particellare di altri immobili da espropriare per la realizzazione della suddetta discarica, e infine, c), di un secondo piano particellare di ulteriori immobili da espropriare sempre agli stessi fini.

Avverso i suddetti provvedimenti gli interessati sollevavano in ciascuno dei tre ricorsi una serie articolata di censure, in parte distinte, in parte ripetute ed in parte in via di illegittimità derivata. I primi giudici, previa riunione, ritenevano tutte le censure inammissibili o infondate e respingevano i ricorsi.

Con l'atto di appello ora in esame le due società interessate denunciano l'erroneità delle conclusioni alle quali sono pervenuti i primi giudici e ribadiscono le censure dedotte in primo grado.

DIRITTO

I) Ai fini di una corretta ricostruzione della vicenda in esame, occorre premettere che con O.P.C.M. 11 febbraio 1994 e successive modifiche e integrazioni (adottate in forza del poteri di emanare ordinanze extra ordinem, così come previste, in presenza di situazioni di emergenza, previamente dichiarate dal Consiglio dei Ministri, per determinati periodi di tempo, dall'art. 5 L. 24 febbraio 1992 n. 225), si sono dettate le modalità per far fronte alla situazione di emergenza determinatasi nellla Regione Campania nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, affidandosi, per quel che qui interessa, al prefetto di Napoli, quale commissario del governo, la competenza, d'intesa con il Ministro dell'Ambiente e sentite le amministrazioni locali (art. 1 comma 2), ad approvare progetti di singoli interventi, aventi valore di dichiarazione di pubblica utilità ed indifferibilità ed urgenza, per la realizzazione di discariche, e ad adottare i conseguenti provvedimenti di occupazione d'urgenza (art. 2 comma 2), con la precisazione che tra le norme di legge derogabili dalle procedure affidate al commissario di governo sono comprese, oltre a quelle sugli appalti di lavori e sui contratti pubblici, anche quelle ".statali e regionali in materia di espropriazioni, salvaguardando il diritto di indennizzo dei soggetti espropriandi" (art. 2 comma 1 nel testo sostituito dall'O.P.C.M. 31 marzo 1994 e integrato dall'O.P.C.M. 23 giugno 1994).

Poste tali premesse in ordine alla mormativa da applicare, va altresì chiarito in fatto che in primo grado erano state impugnate con tre ricorsi altrettante procedure formalmente distinte: all'approvazione di un progetto, in data 18 luglio 1994, per la realizzazione di una discarica di prima categoria, con pedissequa autorizzazione all'occupazione d'urgenza in favore del Comune di Giugliano, avendo fatto seguito, in data 20 ottobre 1994 e 17 dicembre 1994, due nuovi atti di approvazione di elenchi ditte e dei relativi piani particellari ai fini dell'espropriazione di ulteriori porzioni di aree necessarie per la realizzazione dell'opera di cui al progetto originario, con contestuale adozione dei connessi atti di autorizzazione all'occupazione d'urgenza. Con la precisazione, da ultimo, che le due società ricorrenti agiscono l'una come proprietaria delle aree interessate dal progetto di cui si è detto, e, l'altra, come ex gestore di una analoga discarica in area limintrofa, discarica per quale inutilmente aveva chiesto la proroga di gestione nonché presentato una domanda di ampliamento concernente l'area ora oggetto di procedura espropriativa.

II) Tutto ciò premesso, possono in primo luogo essere esaminate e congiuntamente decise, in quanto connesse, le prime tre doglianze mosse in primo grado avverso l'originario progetto del 18 luglio 1994 e ripetute nell'atto d'appello, e aventi come presupposto comune il diniego della proroga di gestione della discarica della quale si è fatto cenno.

Determinante rilievo assume in proposito il fatto che tale diniego, adottato dal commissario delegato in data 14 maggio 1994, e cioè tre mesi prima dell'approvazione del progetto e della -prima- occupazione d'urgenza ora oggetto di contestazione, non risulta essere mai stata impugnato. Ciò posto, poiché il detto diniego di proroga, come appare evidente, implicitamente ma inequivocabilmente, mirava ad escludere qualsivoglia continuazione dell'attività di gestione della discarica sino a quel momento condotta, e quindi valeva anche (nel più sta il meno) come reiezione del richiesto ampliamento dell'area di esercizio della discarica in questione, appare vano in primo luogo lamentare la mancata adozione di un provvedimento di conclusione dell'avviato (con la domanda di proroga ed estensione su altra area) procedimento, dato che è stato appunto il diniego di proroga (non impugnato, si ripete) a concludere definitivamente il detto procedimento; in secondo luogo, neppure vale opporre il difetto di motivazione sul punto, dato che tale censura avrebbe dovuto essere propriamente diretta contro il diniego di proroga, e non già avverso il successivo atto di approvazione del progetto preordinato all'ablazione dell'area a favore del comune. In terzo luogo, infine, non ha pregio denunciare l'asserita irragionevolezza della scelta ora operata, data la rilevanza della spesa prevista, mentre l'accoglimento della domanda di estensione della discarica già in precedenza gestita avrebbe avuto un costo molto inferiore: a prescindere dal fatto, come rilevato dai primi giudici, che la censura impinge chiaramente nel merito della scelta "pubblicistica" operata dal commissario del governo, ed appare come tale inammissibile, risulta anche qui evidente, in assenza di una reazione giurisdizionale al diniego di proroga della pregressa gestione, da intendersi nel senso totalmente preclusivo che si è visto, la mancanza stessa del presupposto in base al quale far valere la censura, e cioè la valida esistenza di una domanda di gestione privata da offrire alla P.A. come alternativa ad una scelta di tipo pubblicistico.

Giustamente, quindi, i primi giudici hanno dichiarato infondate perché prive di presupposti o inammissibili le censure in esame, e vanamente, ora in appello si tenta di valorizzare il fatto che l'O.P.C.M. 31 marzo 1994 (integrativa della precedente ordinanza 11 febbraio 1994) preveda espressamente l'ampliamento di impianti già autorizzati (è sufficiente ricordare che tale più non poteva considerarsi l'impianto degli istanti), così come, altrettanto vanamente, si denuncia che l'istanza di proroga sarebbe stata respinta senza tener conto della contestuale richiesta di ampliamento (viceversa da intendersi, come si è visto, anch'essa esaminata e respinta, in modo ormai inopponibile). Infine non ha pregio affermare l'indagabilità nel merito da parte del giudice di legittimità di una censura volta a denunciare l'inefficienza e antieconomicità della scelta operata dalla P.A., una volta accertata, come si è detto, la mancanza del presupposto legittimante per far luogo alla censura stessa (l'esistenza ed esaminabilità di una valida offerta alternativa).

III) Venendo all'esame delle censure più propriamente attinenti alle procedure espropriative approvate, va in primo luogo esaminata quella relativa al mancato intervento nel procedimento delle amministrazioni locali e del Ministero dell'Ambiente.

I primi giudici respingevano la censura in fatto, richiamando due note, in atti, rispettivamente del sindaco di Giugliano (del 9 marzo 1994), con la quale si esprimeva disponibilità alla realizzazione di discariche sul territorio comunale, e del Ministero dell'Ambiente, a firma del direttore generale competente (del 30 dicembre 1994), con la quale si dava il nulla osta allo smaltimento RSU nell'impianto in questione.

Lamentano ora gli appellanti l'erroneità della pronuncia resa sul punto in primo grado, sotto tre distinti profili: in primo luogo denunciando l'incompetenza del sindaco in una materia da ritenersi propria, ex art. 32 L. 8 giugno 1990 n. 142, del Consiglio Comunale; in secondo luogo osservando che in base all'art. 1 comma 2 O.P.C.M. 11 febbraio 1994 con il Ministero dell'Ambiente è prevista un'intesa, ovviamente preventiva, a tanto non bastando quindi un nulla osta successivo all'approvazione del progetto (18 luglio 1994), tanto più se, come nella specie (qui introducendosi un ulteriore, distinto, se pur subordinato, profilo di doglianza), sottoscritto da un direttore generale, e non dal Ministro come vuole l'O.P.C.M cit.; in terzo luogo sottolineando che manca totalmente il parere della Regione Campania.

Quanto al primo punto, appare sufficiente richiamare la natura extra ordinem della procedura seguita, e cioè lo stato di emergenza e quindi di estrema urgenza sulla quale essa si fonda, per ritenere legittimo il parere reso dal sindaco in luogo del preteso organo collegiale: sintomatico ed inequivoco risulta in atti un telegramma del commissario del governo al sindaco datato 3 marzo 1994, con il quale si dà tempo sino al 5 dello stesso mese per esprimere il parere previsto, ciò che, si comprende, non avrebbe consentito di attendere le determinazioni del Consiglio comunale.

Quanto all'intesa con il Ministero dell'Ambiente, va in primo luogo sgomberato il campo dalla accennata incompetenza del direttore generale, essendo in proposito sufficiente ricordare che l'art. 45 D.Lvo 31 marzo 1998 n. 80 ha cura di precisare, in ossequio al criterio informatore del d.lvo 3 febbraio 1993 n. 29 sulla responsabilizzazione dei dirigenti, che "le disposizioni previgenti che conferiscono agli organi di governo l'adozione di provvedimenti amministrativi. si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti".

La tesi degli appellanti non può essere seguita neppure con riguardo alla questione relativa alla nulla osta reso ex post dal Ministero dell'Ambiente, se pur sia indubbio che la norma che disciplina la fattispecie prevede l'intesa preventiva. Due ordini di considerazioni inducono alla soluzione negativa: in primo luogo, sul piano sostanziale, si deve ritenere che, in base al generale principio di conservazione dei valori giuridici, il pur tardivo intervento riparatore operato dal Ministero dell'Ambiente mediante il rilascio del ricordato nulla osta valga a sanare, una volta comunque venuto in essere il consenso voluto dalla norma, la mancanza dell'atto presupposto di sua competenza; in secondo luogo, poi, sul piano processuale, non si vede quale sia in concreto l'interesse alla censura, posto che la voluta "intesa" risulta di fatto realizzata, e in sede di rinnovazione della procedura, in caso di accoglimento, si dovrebbe soltanto formalisticamente procedere ad una reiterazione dell'atto di questa conclusivo senza necessità di interpellare il Ministero dell'Ambiente per acquisire un'intesa già di fatto acquisita.

Infine, senza rilievo deve ritenersi il profilo di doglianza relativo alla asserita mancanza del parere della Regione Campania, dato che, come risulta dalle premesse dell'O.P.C.M. 11 febbraio 1994, era stata la stessa Regione, per voce del Presidente della Giunta, con nota del 10 novembre 1993, a chiedere all'autorità statale, con ciò chiaramente rimettendosi in toto alle determinazioni di questa, "l'adozione di provvedimenti straordinari ed urgenti ai sensi della L. 24 febbraio 1992 n. 225 per fronteggiare la situazione di grave rischio igienico-sanitario ed ambientale venutasi a determinare a seguito della chiusura o saturazione delle discariche esistenti sul territorio campano".

IV) La già sottolineata situazione di emergenza e di estrema urgenza che caratterizza la fattispecie induce poi a disattendere, conformemente a quanto ritenuto dai primi giudici, la censura relativa al mancato avvio in funzione partecipativa del procedimento espropriativo ex artt. 7 e 8 L. 7 agosto 1990 n. 241. Non vale opporre che le disposizioni ricordate non figurano fra quelle elencate, in via tassativa, come derogabili, dall'art. 2 O.P.C.M. 31 marzo 1994, dato che è lo stesso art. 7 invocato, a consentire alla P.A., con valutazione squisitamente discrezionale, di verificare, di volta in volta, la sussistenza o meno di quelle particolari esigenze di celerità del procedimento che esonerano dall'obbligo di preventiva partecipazione: e nella specie appare ictu oculi evidente, per le ragioni dette, l'esistenza di tali particolari esigenze, senza necessità, quindi, che l'O.P.C.M. in questione si premurasse di includere gli artt. 7 e 8 L. n. 241/90 cit. fra le norme derogabili. D'altra parte, appare utile ricordare, come si è accennato in precedenza, che tra le suddette norme derogabili nella procedura de qua figuano anche quelle relative alle espropriazioni, ivi comprese, quindi, le disposizioni che prevedono la pubblicità preventiva allo scopo di consentire agli interessati di presentare le loro osservazioni (artt. 10 e 11 L. 22 ottobre 1971 n. 865).

V) Lamentano ancora le società appellanti che la sentenza impugnata non avrebbe dato adeguata risposta alla censura relativa alla mancata previa intesa sulla localizzazione dell'opera da realizzare tra amministrazione statale ed amministrazioni locali ex art. 81 DPR 24 luglio 1977 n. 616 ed ex art. 3 DPR 18 aprile 1994 n. 383, intesa da ritenersi necessaria in quanto la destinazione a discarica costituisce variante urbanistica di un'area destinata a zona agricola.

Anche questa doglianza deve essere disattesa. Giova in proposito richiamare il costante principio giurisprudenziale in base al quale la destinazione a zona agricola di un'area, salva la previsione di particolari vincoli ambientali o paesistici (che nella specie non risultano), non impone, in positivo, un obbligo specifico di utlizzazione effettiva in tal senso, bensì, in negativo, ha lo scopo soltanto di evitare insediamenti residenziali, e quindi non costituisce ostacolo alla installazione di opere che non riguardino l'edilizia residenziale e che, per contro, si rivelino per ovvi motivi incompatibili con zone abitate e quindi necessariamente da realizzare in aperta campagna: così, ad esempio sono stati ritenuti via via compatibili, con zone agricole, impianti di derivazione di acque pubbliche (T.S.A.P., 18 febbraio 1991 n. 7), attività di cava (C.di S., VI Sez. 19 febbraio 1993 n. 180), depositi di esplosivi (V Sez., 28 settembre 1993 n. 968), e, infine, per ciò che più qui interessa, anche discariche per rifiuti solidi urbani, come nella fattispecie ora in esame (V Sez., 26 gennaio 1996 n. 85).

Ne deriva che nessuna preventiva variante era necessaria per localizzare la discarica di cui si discute in zona agricola, e quindi viene meno, per carenza di presupposti, la necessità stessa della previa intesa con le amministrazioni locali. Non ha rilievo quindi denunciare l'errore in cui sarebbero incorsi i primi giudici ove questi avevano risolto la censura attribuendo valore di interpretazione autentica alla previsione ex post introdotta (O.P.C.M. 7 ottobre 1994, successiva all'approvazione del progetto originario, che risale, come si è visto, al 18 luglio 1994) secondo la quale l'approvazione dei progetti da parte del commissario delegato "sostituisce ad ogni effetto, visti, pareri.e costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico."

VI) Restano da esaminare alcune censure che riguardano soltanto i provvedimenti originariamente impugnati in primo grado con il secondo e il terzo ricorso, con i quali la procedura ablativa veniva estesa ad aree contigue a quella vincolata con il progetto originario. Si lamenta in primo luogo il fatto che i suddetti provvedimenti non approvino un progetto, come sarebbe stato necessario, dovendosi acquisire nuove aree (il che dimostrerebbe l'incompletezza del progetto orginario) bensì si limitino ad approvare nuovi elenchi ditte e nuovi piani particellari. Come esattamente rilevato dai primi giudici, si tratta nella specie di provvedimenti meramente integrativi di quello di approvazione del progetto, che riguardava il solo invaso della discarica, adottati allo scopo di acquisire aree pertinenziali necessarie al servizio dell'opera (depositi, uffici, strada di accesso). Non era perciò necessario approvare un nuovo progetto, restando valido quello originario, trattandosi di semplici variazioni dell'area ritenuta necessaria per servire meglio il progetto stesso, senza che il tutto configurasse, contrariamente a quanto si vorrebbe, un'opera nuova e sostanzialmente diversa. In ogni caso è da rilevare che la P.A. opportunamente non ha mancato di ribadire il richiamo all'art. 1 della L. 3 gennaio 1978 n. 1 (norma che quindi non si vede perché sarebbe stata violata) per legittimare l'estensione della procedura ablativa sulle nuove aree.

VII) Sempre con riguardo al secondo e terzo ricorso in primo grado, si deduceva, e ora si ribadisce in appello, la mancata fissazione dei termini di inizio e fine espropriazione e lavori (art. 13 L. 25 giugno 1865 n. 2359). La censura appare doppiamente infondata: innanzi tutto perché (e ciò appare chiaro dopo quanto si è appena detto) avrebbe semmai dovuto essere rivolta nei confronti dell'atto di approvazione del progetto, e cioè del provvedimento 18 luglio 1994 impugnato con il primo ricorso; in secondo e determinante luogo perché, come si è ricordato, le norme sulle procedure espropriative sono espressamente ricomprese tra quelle derogabili (O.P.C.M. 23 giugno 1994), in considerazione della situazione di emergenza ed urgenza che presenta il problema delle discariche nel territorio della Regione Campania.

VIII) Da disattendere infine è anche l'ultima censura dedotta avverso il terzo e ultimo dei provvedimenti impugnati in primo grado, relativa alla mancanza del termine finale della prevista occupazione. Premesso che nella specie, in mancanza dell'indicazione di un termine più breve, opera il termine di legge (di cinque anni ex art. 20 L. n. 865/71, ovvero, più ragionevolmente, di tre anni ex art. 1 L. n. 1/78 cit., disposizione nella specie richiamata nelle premesse), con la conseguenza che è da escludere che l'occupazione, in pregiudizio dei proprietari delle aree, si possa protrarre sine die, si deve condividere quanto affermato dai primi giudici in ordine alla irrilevanza della mancata espressa indicazione nell'atto impugnato del termine suddetto.

In conclusione, risultando infondate le censure dedotte, l'appello deve essere respinto.

Nulla sulle spese, non essendosi costituite le controparti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), definitivamente pronunciando:

Rigetta l'appello proposto come in epigrafe dalla Soc. Vassallo Pasquale e Figli e dalla soc. Novambiente f.lli Vassallo.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 9 gennaio 2001, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Alfonso Quaranta Presidente

Andrea Camera Consigliere

Pier Giorgio Trovato Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

Vincenzo Borea Consigliere est.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Vincenzo Borea F.to Alfonso Quaranta

F.to Pier Maria Costarelli

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 15/06/2001.

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