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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 28 agosto 2001 n. 4543 - Pres. Venturini, Est. Rulli - Società a r.l. Nuovo Poggione (Avv.ti Pasquale Russo, Franco Modena e Piero D'Amelio) c. Ministero dell'Interno ed il Ministero della Difesa (Avv.ra Gen. Stato) - (conferma TAR Toscana, Sezione 1, sentenza 21 ottobre 1999, n. 413).

1. Giustizia amministrativa - Ricorso giurisdizionale - Oggetto - Determinazione - Impugnazione di un provvedimento - Può desumersi dal contesto del ricorso.

2. Espropriazione per p.u. - Opere destinate alla difesa nazionale - Ampliamento di una caserma - Destinato alla realizzazione di alloggi per militari - E' da considerare infrastruttura militare.

3. Espropriazione per p.u. - Opere destinate alla difesa nazionale - Dichiarazione di p.u. - Motivazione sulla scelta operata - Non occorre.

4. Espropriazione per p.u. - Opere destinate alla difesa nazionale - Ampliamento di una caserma - Destinato alla realizzazione di alloggi per militari - Norme previste dall'art. 4 della L. 18 agosto 1978, n. 497 - Per la realizzazione di alloggi militari - Inapplicabilità.

5. Espropriazione per p.u. - Opere destinate alla difesa nazionale - Accertamento della conformità urbanistica delle opere - Non occorre ex 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

1. L'oggetto del ricorso giurisdizionale deve essere individuato in base a criteri sostanziali e non già avendo riguardo alle mere proposizioni formali, con la conseguenza che un provvedimento, ancorché non citato in tutti i suoi estremi nell'epigrafe dell'atto introduttivo del giudizio, è comunque identificabile nel contesto generale dell'atto risultando chiara la volontà del ricorrente di ottenerne l'annullamento.

2. Debbono considerarsi infrastutture militari e, di conseguenza, opere destinate alla difesa nazionale, le opere di ampliamento di una caserma per la realizzazione di alloggi destinati al personale militare ivi operante, trattandosi di opere destinate a diretto e funzionale servizio di installazioni militari (1).

3. L'Amministrazione militare, in sede di espropriazione di beni per assicurare le finalità della difesa militare, non è tenuta a fornire giustificazioni particolarmente approfondite sulla scelta operata, ragioni che sono implicite nella determinazione di realizzare l'opera militare (2) e rispetto alle quali emergono motivi evidenti di riservatezza.

4. Le norme di cui all'art. 4 della L. 18 agosto 1978, n. 497 (così come modificato dalla L. 28 febbraio 1981 n. 47, secondo cui ".il programma di esecuzione di esecuzione di alloggi da destinare al personale militare deve essere eseguito ..in conformità alle norme ed agli strumenti urbanistici vigenti ovvero anche in deroga ai sensi dell'art. 3 della L. 21.12. 1955 n. 1357."), hanno ad oggetto un programma specifico finalizzato alla realizzazione di alloggi per il personale militare e non possono essere invocate per disciplinare interventi da porre in essere in una struttura militare rispetto ai quali va fatta applicazione delle diverse norme relative alle opere attinenti alla difesa nazionale.

5. Le opere attinenti alla difesa nazionale richiedono, per loro natura, un regime urbanistico differenziato rispetto alla generalità delle opere pubbliche statali, così come peraltro previsto dal secondo comma dell'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il quale esclude le opere destinate alla difesa militare dall'accertamento di conformità alle previsioni urbanistiche.

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(1) Cfr. in termini, Cons. Stato, Sez. V, 23 settembre 1992, n. 870 ; id., 21 luglio 1995, n. 1112.

(2) Cfr. in termini, Cons. Stato, Sez. V, 7 marzo 1997, n. 214.

Sono state in proposito richiamate le norme della L. 25 giugno 1865 n. 2359 - ad oggi ancora vigenti - che, nella parte in cui disciplinano le espropriazioni e le occupazioni di immobili per opere militari (artt. 11, 74 e 76) lasciano all'Autorità militare la più ampia libertà di valutazione in ordine sia al requisito della pubblica utilità delle opere da realizzare sia alla scelta dell'area da sottoporre ad esproprio. delle norme di cui all'art. 4 della L. 18 agosto 1978, n. 497 (così come modificato dalla L. 28 febbraio 1981 n. 47) , norme, tutte, che dispongono che ".il programma di esecuzione di esecuzione di alloggi da destinare al personale militare deve essere eseguito ..in conformità alle norme ed agli strumenti urbanistici vigenti ovvero anche in deroga ai sensi dell'art. 3 della L. 21.12. 1955 n. 1357.".

V. ora l'art. 51. (intitolato "espropriazione per opere militari") del recente T.U. sulle espropriazioni per p.u., approvato con D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, in questa rivista, pag. http://www.giustamm.it/leggi/dpr_2001-327.htm 

 

 

F A T T O

La Società "Nuovo Poggione", con ricorso depositato innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, impugnava il decreto del Ministro della Difesa (n. 784 del 30 ottobre 1991) con il quale veniva disposto l'esproprio di alcuni terreni di proprietà della stessa Società per asserito ampliamento della confinante caserma, unitamente ai conseguenti provvedimenti ablativi. In quella sede deduceva i seguenti motivi:

a) violazione dell'art. 3 della L. 7 agosto 1990 n. 241 ed eccesso di potere per difetto di motivazione;

b) violazione dell'art. 17 della legge 11 marzo 1988 n. 67, dell'art. 4 della legge 18 agosto 1978 n. 497 e dell'art. 1 della legge n. 1 del 1978 poiché il previsto ampliamento della caserma sulle aree oggetto del provvedimento espropriativo si pone in contrasto con le previsioni del P.R.G. del comune di Grosseto destinate attualmente a verde privato vincolato ed a zona agricola;

c) violazione dell'art. 3 della legge n. 866 del 1976 essendo mancata l'acquisizione del parere del Comitato misto Stato-Regione.

Il Tribunale adito, con la decisione in epigrafe, respingeva il gravame rilevando la infondatezza in fatto ed in diritto delle doglianze prospettate osservando in particolare:

1) la realizzazione di opere di difesa militare non richiede una motivazione particolarmente approfondita;

2) per tali opere non è richiesto l'accertamento di conformità agli strumenti urbanistici;

3) risulta essere stato acquisito il parere del Comitato misto paritetico;

4) genericità del profilo attinente ad una asserita eccessiva pressione edilizia.

Con atto notificato il 14 novembre 2000, la medesima Società ha proposto appello censurando la decisione del Tribunale regionale e ribadendo, in primo luogo, il difetto di motivazione che vizierebbe i provvedimenti censurati atteso che il principio di cui all'art. 3 della legge n. 241/90 è principio generale al cui rispetto l'Amministrazione non è sottratta e né sussistono motivi di segretezza, peraltro mai opposti.

Il contrasto con le previsioni del P.R.G. del Comune avrebbe potuto essere superato solo con l'acquisizione del nulla osta della sezione urbanistica regionale; né può essere richiamato l'art. 81 del D.P.R. 616 del 24 luglio 1977 che appare riferito alle sole opere destinate alla difesa militare e non alla costruzione di alloggi per il personale militare che trovano la propria disciplina nelle leggi n. 497/78 e n. 67/88.

La Società appellante conclude chiedendo l'accoglimento dell'appello con il conseguente annullamento della decisione impugnata.

Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate le quali, con memoria del 15 marzo 2001, eccepiscono preliminarmente la inammissibilità del ricorso proposto in primo grado sul rilievo della mancata impugnativa del D.M. n. 756 del 28 giugno 1991 che è quello che reca la dichiarazione di pubblica utilità delle opere da eseguire, decreto rispetto al quale quello censurato sarebbe atto meramente applicativo.

Nel merito la difesa erariale sostiene la correttezza delle argomentazioni svolte da giudice di primo grado osservando come la disciplina attinente ad opere di difesa militare (rispetto alla quale quelle oggetto del progetto appaiono funzionali) è parzialmente diversa da quella relativa ad altre opere pubbliche e ciò sulla base di una gerarchia di valori tra differenti interessi pubblici. Conclude, quindi, per la reiezione dell'appello.

Alla pubblica udienza del 3 aprile 2001, su concorde richiesta delle parti, la controversia è stata spedita in decisione.

D I R I T T O

1. In via preliminare va esaminata l'eccezione di inammissibilità del gravame proposto in primo grado sollevata dalla difesa delle Amministrazioni intimate sul rilievo della mancata espressa impugnativa del D.M. n. 756 del 28 giugno 1991 con il quale era stata dichiarata la pubblica utilità dell'opera da realizzare e ne era stato approvato il progetto, decreto rispetto al quale quello formalmente impugnato appare mero atto applicativo.

L'eccezione non può essere condivisa.

In proposito il Collegio ricorda l'orientamento ormai consolidato in base al quale si è ritenuto che l'oggetto del ricorso giurisdizionale deve essere individuato in base a criteri sostanziali e non già avendo riguardo alle mere proposizioni formali, con la conseguenza che un provvedimento, ancorché non citato in tutti i suoi estremi nell'epigrafe dell'atto introduttivo del giudizio, è comunque identificabile nel contesto generale dell'atto risultando chiara la volontà del ricorrente di ottenerne l'annullamento.

E nella specie è indubbio che la Società originaria ricorrente, pur non avendo espressamente menzionato - nell'epigrafe del gravame - il citato decreto n. 756, abbia inteso sostanzialmente contestare il progetto nel suo complesso (la dichiarazione di p.u. dell'opera, la sua localizzazione, il contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico) unitamente ai provvedimenti attuativi così che l'impugnativa deve ritenersi pienamente ammissibile. Ed in punto di fatto va ancora precisato che non sussiste nemmeno la asserita tardività rispetto al detto decreto atteso che la Società interessata ne ha avuto notizia solo nel momento in cui le è stato notificato il provvedimento di determinazione, in via provvisoria, della indennità di espropriazione.

2. Nel merito l'appello è infondato essendo corrette e quindi da condividere le tesi argomentative sviluppate dal giudice di primo grado per giungere alla soluzione negativa ora qui contestata.

Ed invero le opposte conclusioni sviluppate dalla Società appellante non appaiono al Collegio convincenti non trovando conferma nella specifica normativa in materia.

In punto di fatto giova precisare che l'opera da realizzare consiste nell'ampliamento della confinante caserma per la realizzazione di alloggi destinati al personale militare ivi operante che, in quanto posti a diretto e funzionale servizio di installazioni militari, devono anch'essi considerarsi infrastutture militari e, di conseguenza, opere destinate alla difesa nazionale (cfr. in termini, V° Sez. decisione n. 870 del 23 settembre 1992; n. 1112 del 21 luglio 1995).

3. Ed è sulla base di siffatto rilievo fattuale che vanno esaminate e risolte alcune delle doglianza prospettate nell'atto di appello.

L'appellante insiste, in primo luogo, sull'asserito difetto di motivazione, sotto il profilo della violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990 che sarebbe espressione di un principio generale valido anche nei confronti dell'Amministrazione.

In proposito la Sezione ha già avuto modo di precisare come l'uso dello strumento espropriativo costituisce un mezzo non eccezionale per assicurare le finalità della difesa militare così che l'Amministrazione militare espropriante non è tenuta a fornire giustificazioni particolarmente approfondite sulla scelta operata, ragioni che sono implicite nella determinazione di realizzare l'opera militare (cfr., in termini, decisione n. 214 del 7 marzo 1997) e rispetto alle quali emergono motivi evidenti di riservatezza; vanno, poi, richiamate le norme della L. 25 giugno 1865 n. 2359 - ad oggi ancora vigenti - che, nella parte in cui disciplinano le espropriazioni e le occupazioni di immobili per opere militari (artt. 11, 74 e 76) lasciano all'Autorità militare la più ampia libertà di valutazione in ordine sia al requisito della pubblica utilità delle opere da realizzare sia alla scelta dell'area da sottoporre ad esproprio. In particolare l'art. 74 richiama la dichiarazione di pubblica utilità fatta con decreto reale (oggi decreto del Presidente della Repubblica) e sancisce il divieto di pubblicazione dei piani di massima e di esecuzione, limitazioni, queste, che non sono state ritenute in contrasto con i principi costituzionali.

4. Parimenti infondato deve ritenersi il secondo motivo di appello con il quale si ribadisce il contrasto delle strutture da realizzare con la destinazione impressa all'area da espropriare dallo strumento urbanistico del Comune e la conseguente violazione delle norme di cui all'art. 4 della L. 18 agosto 1978, n. 497 (così come modificato dalla L. 28 febbraio 1981 n. 47) , norme, tutte, che dispongono che ".il programma di esecuzione di esecuzione di alloggi da destinare al personale militare deve essere eseguito ..in conformità alle norme ed agli strumenti urbanistici vigenti ovvero anche in deroga ai sensi dell'art. 3 della L. 21.12. 1955 n. 1357.".

E' evidente che le disposizioni appena richiamate, che hanno ad oggetto un programma specifico finalizzato alla realizzazione di alloggi per il personale militare (trattandosi di normativa relativa ad "autorizzazione di spesa per la costruzione di alloggi di servizio per il personale militare e disciplina delle relative concessioni") non possono essere invocate per disciplinare interventi (come quello in esame) da porre in essere in una struttura militare rispetto ai quali va fatta applicazione delle diverse norme relative alle opere attinenti alla difesa nazionale.

Ed invero, non pare contestabile che queste ultime richiedano, per loro natura, un regime urbanistico differenziato rispetto alla generalità delle opere pubbliche statali. Ciò si dice non tanto con riferimento ad una gerarchia di valori fra diversi interessi pubblici: benché sembri tuttora sostenibile che l'interesse dello Stato a conservare l'integrità del territorio, la sovranità e l'indipendenza s'identifichi con l'interesse della comunità nazionale a sopravvivere come tale, e sia, pertanto, un interesse primario: primum vivere. Si dice piuttosto perché, secondo la comune esperienza, le esigenze connesse alla distribuzione territoriale delle opere di difesa ed alla loro progettazione trascendono le possibilità di apprezzamento delle autorità urbanistiche.

E ciò è tanto vero che il secondo comma dell'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 esclude le opere destinate alla difesa militare dall'accertamento di conformità alle previsioni urbanistiche.

Diventa, a questo punto, priva di rilievo, oltre che infondata, la circostanza, evidenziata da parte appellante, della mancata valutazione dell'impatto delle nuove strutture sul tessuto urbanistico esistente.

5. Per le ragioni fin qui esposte l'appello proposto dalla Società "Nuovo Poggione" non può trovare accoglimento e la decisione impugnata va confermata.

Le spese e gli onorari del grado di giudizio, che si liquidano in dispositivo, sono a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando respinge il ricorso in appello in epigrafe precisato e, per l'effetto, conferma la decisione impugnata.

Pone a carico della parte soccombente le spese e gli onorari della presente fase del giudizio, che liquida in complessive £. 5.000.000 (cinquemilioni).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 3 aprile 2001, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori:

Lucio Venturini Presidente

Domenico La Medica Consigliere

Anselmo Di Napoli Consigliere

Dedi Rulli Consigliere, estensore

Maria Grazia Cappugi Consigliere

Depositata il 28 agosto 2001.

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