CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 27 novembre 2001 n. 5986 - Pres. Baccarini, Est. Pinto - Provincia di Napoli (Avv.ti Di Falco e Scetta) c. Librino e c.ti (Avv. D'Acunto) - (annulla T.A.R. Campania, sez. V, n. 322 del 1995).
1. Giustizia amministrativa - Termine per l'impugnazione - Decorrenza - Presupposti - Piena conoscenza - Semplice notizia del provvedimento - Insufficienza - Conoscenza degli elementi essenziali del provvedimento - Necessità.
2. Giustizia amministrativa - Termine per l'impugnazione - Decorrenza - Presupposti - Piena conoscenza - Impugnativa di provvedimento a distanza di molto tempo dalla sua adozione - Non è di per sé indice dell'acquisita conoscenza - Caso in cui il decorso del termine possa far presumere l'avvenuta conoscenza del provvedimento - Individuazione.
3. Giustizia amministrativa - Termine per l'impugnazione - Decorrenza - Presupposti - Piena conoscenza - Percezione di stipendi erogati in esecuzione di atti deliberativi - Costituisce indice presuntivo grave, preciso e concordante della piena conscenza di questi ultimi.
4. Pubblico impiego - Stipendi, assegni ed indennità - Termine di prescrizione - E' quinquennale - Distinzione tra crediti contestati e crediti non contestati - Impossibilità.
5. Giustizia amministrativa - Generalità - Domanda di arricchimento senza causa - Azionata da pubblici dipendenti - Termine di prescrizione - E' quinquennale - Ragioni.
1. Per aversi piena conoscenza, ai fini della decorrenza del termine d'impugnazione, non basta una semplice notizia dell'atto, costituita da una conoscenza vaga o imperfetta, ma occorre necessariamente che l'interessato abbia conosciuto gli elementi essenziali del provvedimento, idonei ad evidenziare l'avvenuta lesione della propria sfera giuridica.
2. In generale, il decorso del tempo dall'emanazione dell'atto non è di per sé indice dell'acquisita conoscenza, poiché non può escludersi che l'amministrazione per molto tempo non lo abbia eseguito o, addirittura, non l'abbia eseguito affatto. Tuttavia, in alcuni casi, il decorso del termine può far presumere la piena conoscenza dell'atto, così come avviene, in particolare, nelle ipotesi in cui il provvedimento ha portata generale, necessitando, per la sua effettiva operatività, l'adozione di un provvedimento concreto applicativo. In tali eventualità, la conoscenza si presume, qualora sia dimostrato che, per un lungo lasso di tempo, l'amministrazione abbia dato costante e continua applicazione all'atto generale, emanando tutti i consequenziali provvedimenti (1).
3. La percezione da parte di dipendenti delle retribuzioni senza contestazione di sorta per un periodo rilevante di anni (nella specie, per quasi dieci anni) costituisce indice presuntivo grave, preciso e concordante idoneo a dimostrare che, in un tempo largamente anteriore a quello di proposizione del ricorso, gli interessati conoscevano il contenuto lesivo di una deliberazione di inquadramento adottata dall'Ente in esecuzione di delibere generali di recepimento di accordi sindacali (2).
4. I crediti di lavoro dei pubblici dipendenti pagabili periodicamente soggiacciono alla prescrizione quinquennale e non già a quella decennale, dopo la modificazione dell'articolo 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, avvenuta con la legge 7 agosto 1985, n. 428, (3), senza che si possa fare in proposito alcuna distinzione tra crediti contestati e crediti non contestati (4).
5. La domanda con la quale alcuni pubblici dipendenti chiedono un indennizzo per ingiustificato arricchimento è soggetta al termine di prescrizione quinquennale, dato che tale domanda, per non esulare dalla giurisdizione amministrativa in materia di pubblico impiego, deve essere considerata come una richiesta di differenze retributive connesse all'esercizio di mansioni superiori.
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(1) Alla stregua del principio nella sepcie è stato ritenuto che, essendo trascorsi circa dieci anni tra l'adozione dei provvedimenti e la loro impugnativa, appare ragionevole la presunzione che gli interessati ne abbiano comunque acquisito la conoscenza in epoca largamente anteriore ai sessanta giorni precedenti la proposizione del ricorso.
(2) Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 1999, n. 1046; 9 ottobre 2000, n. 5365; 23 ottobre 2000, n. 5668.
(3) Cons. Stato, sez. V, 15 giugno 1998, n. 850; sez. Vi, 29 marzo 1999, n. 348; 22 aprile 1999, n. 511; sez. V, 12 novembre 1999, n. 1881.
(4) Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 143; 18 marzo 1999, n. 307.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata il T.A.R. per la Campania, su ricorso proposto da alcuni dipendenti della Provincia di Napoli, annullava alcuni atti del comitato regionale di controllo e della Provincia stessa, in virtù dei quali la decorrenza giuridico-economica del loro inquadramento (disposto in base alla delibera consiliare n. 381 del 6 aprile 1977 di recepimento del contratto collettivo del 1974 e di quello integrativo regionale del 1975, il cui articolo 8 aveva stabilito la rilevanza delle mansioni di fatto svolte dal dipendente) era stata fissata al 14 novembre 1982 (data di approvazione, da parte della Commissione Centrale della Finanza Locale, della delibera n. 3336 del 14 luglio 1982).
Il Tribunale, dichiarata nulla la costituzione in giudizio della Provincia di Napoli in quanto fondata su un mandato generale anziché speciale, riteneva che la decorrenza economica dei predetti inquadramenti dovesse essere individuata nella data di adozione della deliberazione n. 1022 del 1979 (cioè il 25 giugno 1979) avente ad oggetto la riorganizzazione degli uffici.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello la Provincia di Napoli, deducendo la erroneità della declaratoria di nullità della sua costituzione in giudizio nonché la tardività del ricorso - in relazione sia al decorso del termine di sessanta giorni per la impugnazione dei singoli atti sia alla prescrizione delle pretese patrimoniali fatte valere- oltre che la sua infondatezza.
Al gravame resistevano gli originari ricorrenti, i quali proponevano appello incidentale deducendo che la decorrenza economica degli inquadramenti avrebbe dovuto essere stabilita al 1° gennaio 1975 o, quanto meno, al 1° gennaio 1978 e che, comunque, da tale data spettava loro l'indennizzo per ingiustificato arricchimento della pubblica amministrazione.
DIRITTO
L'appello della provincia di Napoli è fondato secondo quanto appresso indicato.
In primo luogo, ad avviso della Sezione, è infondato il motivo con il quale la Provincia si duole del fatto che il T.A.R. abbia dichiarato la nullità della sua costituzione in giudizio in primo grado.
Difatti, va condiviso il rilievo del T.A.R. in base al quale la costituzione avrebbe dovuto essere effettuata in virtù di procura speciale, e non di un mandato generale.
Per il resto, l'appello è fondato.
In linea di fatto va rilevato che il più recente degli atti impugnati in primo grado risale all'anno 1983.
Il ricorso di primo grado risulta notificato nel gennaio del 1993.
Il giudice di primo grado ha ritenuto il ricorso tempestivo sul presupposto che non era stata fornita la prova della piena conoscenza dell'atto da parte dei singoli ricorrenti.
Né, secondo gli appellati, sarebbe maturata la prescrizione, giacchè si applicherebbe il termine decennale, decorrente dagli ultimi atti applicativi della decorrenza economica degli inquadramenti.
3. La Sezione, invece, ritiene il ricorso tardivo.
4. In termini generali, occorre considerare che, per quanto riguarda il termine per proporre il ricorso giurisdizionale amministrativo avverso gli atti autoritativi, l'art. 21, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (nel testo previgente alle modifiche apportate dall'articolo 1 della legge 21 luglio 2000, n. 205), riproducendo, in sostanza, la previsione dell'art. 36, comma primo, del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, dispone che il ricorso deve essere notificato entro il termine di giorni sessanta da quello in cui l'interessato ne abbia avuto piena conoscenza.
La norma costituisce espressione del generale principio in forza del quale la decorrenza del termine per l'impugnazione e la conseguente inoppugnabilità del provvedimento, conseguono all'inerzia dell'interessato protrattasi per il tempo stabilito dalla legge, nei casi in cui il destinatario degli effetti dell'atto abbia potuto concretamente rendersi conto della lesività del provvedimento.
Peraltro, per aversi piena conoscenza, non basta una semplice notizia dell'atto, costituita da una conoscenza vaga o imperfetta: l'interessato deve almeno conoscere gli elementi essenziali del provvedimento, idonei ad evidenziare l'avvenuta lesione della propria sfera giuridica.
Il decorso del tempo dall'emanazione dell'atto non è di per sé indice dell'acquisita conoscenza, poiché non può escludersi che l'amministrazione per molto tempo non lo abbia eseguito o, addirittura, non l'abbia eseguito affatto.
5. Tuttavia, in alcuni casi, il decorso del termine può far presumere la piena conoscenza dell'atto. Ciò avviene, in particolare nelle ipotesi in cui il provvedimento ha natura regolamentare, o, comunque, portata generale, necessitando, per la sua effettiva operatività, l'adozione di un provvedimento concreto applicativo.
In tali eventualità, la conoscenza si presume, qualora sia dimostrato che, per un lungo lasso di tempo, l'amministrazione abbia dato costante e continua applicazione all'atto generale, emanando tutti i consequenziali provvedimenti.
Ciò è avvenuto nella presente fattispecie: l'amministrazione ha dato attuazione alle delibere di recepimento dell'accordo nazionale di lavoro, provvedendo ad adeguare la posizione retributiva dei singoli dipendenti (e quindi anche degli attuali appellati) alla nuova disciplina di derivazione contrattuale.
6. Inoltre, a fronte del dato oggettivo dell'intervenuta pubblicazione delle delibere l'amministrazione non aveva alcun onere di dimostrare che i dipendenti avessero conseguito la conoscenza effettiva dei provvedimenti in epoca anteriore al sessantesimo giorno precedente la notifica del ricorso. Non si può trascurare, peraltro, che, essendo trascorsi circa dieci anni tra l'adozione dei provvedimenti e la loro impugnativa, appare ragionevole la presunzione che gli interessati ne abbiano comunque acquisito la conoscenza in epoca largamente anteriore ai sessanta giorni precedenti la proposizione del ricorso.
7. Va anche osservato che, trattandosi di atti generali, non soggetti a notifica individuale, il termine per la proposizione del ricorso decorre dalla loro pubblicazione e non dal momento, eventualmente successivo, in cui la parte interessata ne abbia acquisito l'effettiva conoscenza.
8. Pertanto, non assume rilievo, ai fini della valutazione della tempestività del ricorso di primo grado, la circostanza che le delibere di recepimento dell'accordo collettivo e dei conseguenti provvedimenti di inquadramento non siano state notificate agli interessati.
9. Inoltre, la percezione delle retribuzioni senza contestazione di sorta per un periodo rilevante di anni (quasi dieci anni, nel caso in esame) costituisce indice presuntivo grave, preciso e concordante idoneo a dimostrare che, in un tempo largamente anteriore a quello di proposizione del ricorso, gli interessati conoscevano il contenuto lesivo di una deliberazione di inquadramento adottata dall'Ente in esecuzione di delibere generali di recepimento di accordi sindacali (Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 1999, n. 1046; 9 ottobre 2000, n. 5365; 23 ottobre 2000, n. 5668).
10. Va anche considerato che a diverse conclusioni non si perviene ove si consideri che la domanda proposta davanti al Tribunale concerna anche la tutela di posizioni di diritto soggettivo e non di interesse legittimo.
In tale ipotesi, il termine di prescrizione andrebbe
determinato in cinque e non in dieci anni, in quanto dopo la modificazione
dell'articolo 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, avvenuta con la legge 7
agosto 1985, n. 428, i crediti di lavoro dei pubblici dipendenti pagabili
periodicamente soggiacciono in ogni caso alla prescrizione quinquennale (Cons.
Stato, sez. V, 15 giugno 1998, n. 850; sez. Vi, 29 marzo 1999, n. 348; 22 aprile
1999, n. 511; sez. V, 12 novembre 1999, n. 1881), senza che si possa fare alcuna
distinzione tra crediti contestati e crediti non contestati (sez. IV, 11
febbraio 1999, n. 143; 18 marzo 1999, n. 307).
11. Pare utile segnalare che la prescrizione osta, comunque, anche alla domanda
(inammissibilmente formulata per la prima volta nell'appello incidentale) con la
quale gli appellati hanno reclamato un indennizzo per ingiustificato
arricchimento. Tale domanda, difatti, per non esulare dalla giurisdizione
amministrativa in materia di pubblico impiego, deve infatti essere considerata
come una richiesta di differenze retributive connesse all'esercizio di mansioni
superiori. Cosicché ad essa si applica, per le ragioni anzidette, il termine di
prescrizione di cinque anni.
12. In conclusione, l'appello della Provincia di Napoli va accolto nei limiti anzidetti, mentre l'appello incidentale va rigettato.
13. Per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, il ricorso di primo grado va dichiarato irricevibile.
14. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, pronunciando sull'appello, così provvede:
accoglie l'appello principale della Provincia di Napoli;
rigetta l'appello incidentale;
per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado;
compensa tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 gennaio 2001, con l'intervento dei signori
Stefano Baccarini Presidente
Corrado Allegretta Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Filoreto D'Agostino Consigliere
Marco Pinto Consigliere estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F.F.
F.to Marco Pinto F.to Stefano Baccarini
Depositata il 27 novembre 2001.