CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 17 dicembre 2001 n. 6251 - Pres.ff. Allegretta, Est. De Ioanna - Delta Food S.r.l. (Avv C. De Bellis) c. Comune di San Ferdinando di Puglia (Avv. P. Di Benedetto), Ditta Ristor Sud di Bizzoca Domenico (n.c.) - (annulla in parte T.A.R. Puglia-Bari, Sez. I, 7 luglio 1999, n. 1606).
Contratti della P.A. - Bando - Annullamento in via di autotutela di una clausola illegittima - Conseguenze - Nel caso in cui l'annullamento stesso intervenga nel corso della gara - Possibilità per la P.A. appaltante di reindire una nuova gara - Sussiste - Fattispecie.
L'amministrazione appaltante, nel caso in cui - dopo aver ricevuto le offerte - abbia constatato la illegittimità di una clausola del bando di gara, nell'annullare d'ufficio la clausola stessa, può in via di autotutela valutare se sia più congruo, rispetto all'interesse pubblico, annullare l'intera procedura e rifare la gara, adottando regole del tutto conformi alla legge o alle specifiche prescrizioni dell'autorità giurisdizionale amministrativa (ove intervenute), ovvero procedere nella gara, facendo salvi gli atti che non risultano pregiudicati dalla clausola illegittima (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto legittimo, a seguito dell'annullamento d'ufficio di una clausola del bando, l'annullamento in via di autotutela dell'intera procedura di gara e la sua reindizione mediante l'emanazione di un bando emendato dalla clausola illegittima) (1).
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(1) Ha precisato la Sez. V in proposito che l'annullamento della clausola illegittima disposto nel corso dell'espletamento della gara di appalto determina, secondo i principi generali, invalidità necessaria di tutti gli atti a valle di tale clausola.
Tuttavia non si può configurare a carico dell'Amministrazione una radicale e non giustificata restrizione dei suoi poteri di autotutela, tale da impedire alla stessa di decidere il rinnovo di tutta la procedura, ove sorretto da motivi di pubblico interesse, quali sono quelli di aprire nuovamente la gara, su basi pienamente conformi alla legge, al maggior numero possibile di partecipanti.
Soprattutto quando si tratti di procedure di gara ad evidenza comunitaria, secondo la Sez. V, l'esercizio in via di autotutela del potere di disporre la integrale rinnovazione della procedura concorsuale, per adeguarla alle prescrizioni del giudice amministrativo, è una linea che l'Amministrazione deve tendenzialmente privilegiare, proprio per creare le condizioni della massima apertura e partecipazione alla gara, secondo un principio di fondo che conforma tutte le direttive comunitarie e le disposizioni interne di recepimento.
Ciò non esclude l'opzione, da valutare caso per caso, della conservazione degli atti non viziati; ma si tratta di una scelta da motivare in modo compiuto e specifico, anche nell'interesse della stessa amministrazione, e mai invece un comportamento dovuto.
Come risulta dalla motivazione della sentenza in rassegna, nella specie era stata annullata una clausola del bando che imponeva ai concorrenti la gestione di un centro di cottura dei pasti nel raggio di venti chilometri dalla città ovvero l'obbligo di allestire detto centro entro 60 giorni dall'aggiudicazione.
Tale clausola, che era stata impugnata da una delle ditte partecipanti, era stata poi annullata in via di autotutela nel corso della gara dall'Amministrazione comunale, anche in considerazione del fatto che essa aveva data ad un provvedimento di esclusione dalla gara che era stato sospeso dal TAR Puglia con una ordinanza cautelare.
Il Comune, nell'annullare la clausola in questione, aveva stabilito altresì di annullare l'intera procedura di gara e di disporre la rinnovazione la stessa.
L'annullamento dell'intera gara e la rinnovazione della stessa sono state ritenute legittime con la sentenza in rassegna, essendo stato rilevato che esse erano giustificate dalla esigenza di consentire la massima acquisizione possibile di offerte, coniugando così l'interesse pubblico e il principio comunitario della massima concorrenza.
L'esercizio dei poteri di autotutela è stato ritenuto pertanto, nel caso di specie, conforme all'interesse pubblico e non abnorme o sviato.
FATTO
1. Il Comune di San Ferdinando di Puglia bandiva una gara comunitaria, ex d.lgs. n.358 del 1992, di recepimento delle Direttive CEE nn. 77/62, 80/767 e 88/295, per l'affidamento della fornitura del servizio di refezione scolastica per il triennio 1998-2001 (deliberazione n.192 del 27.2.1998): nel capitolato d'oneri veniva peraltro inserita una clausola (art.5, lett.a) e b), che imponeva ai concorrenti la gestione di un centro di cottura dei pasti nel raggio di venti chilometri dalla città ovvero l'obbligo di allestire detto centro entro 60 giorni dall'aggiudicazione.
2. Con un primo ricorso, la Delta Food S.r.l., società operante nel settore della ristorazione collettiva, partecipante alla gara indetta dal Comune di San Ferdinando di Puglia, ricorreva al TAR Puglia, deducendo l'illegittimità della clausola prima indicata. In via cautelare, il TAR-Puglia, in data 26 agosto 1998, sospendeva il bando di gara.
3. Con un secondo distinto ricorso, la Delta Food impugnava la determinazione assunta il 29 luglio 1998 dalla Commissione di gara, con la quale la stessa Delta Food veniva esclusa dalla gara, con aggiudicazione provvisoria del servizio di refezione a favore della contro interessata Ristor Sud, in ragione del mancato rispetto della clausola contestata con il primo ricorso.
4. Infine, con un terzo ricorso, la Delta Food impugnava la deliberazione comunale con la quale, in via di autotutela, veniva annullata la precedente deliberazione di indizione della gara e bandita una nuova gara, eliminando la clausola ritenuta illegittima.
5. Il TAR Puglia, riunisce i tre ricorsi e, in via pregiudiziale esamina e respinge il terzo ricorso; dichiara non procedibili il primo ed il secondo ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore sia del Comune di San Ferdinando di Puglia che della Ristor Sud, controinteressata, peraltro non costituita in giudizio.
6. La Delta Food propone appello contro la sentenza di primo grado, chiedendone la sospensione in via cautelare. Questa Sezione, nella Camera di Consiglio dell'11 luglio 2000, accoglie l'istanza cautelare, sospendendo l'esecuzione della "sentenza impugnata e, pertanto, i provvedimenti impugnati in primo grado". La successiva istanza in data 31 ottobre 2000, per l'ottemperanza alla pronuncia cautelare, tuttavia, viene dichiarata inammissibile con ordinanza n. 6271 del 5 dicembre 2000. Si costituisce in giudizio il Comune appellato, il quale controdeduce al gravame e ne chiede la reiezione perché infondato; con ogni conseguenza di legge in merito alle spese dei giudizi. Nell'udienza del 29 maggio 2001, l'appello è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Il punto centrale dell'appello è costituito dalla valutazione della conformità al diritto del provvedimento con il quale, in via di autotutela, il Comune di San Ferdinando di Puglia dopo aver ricevute le offerte e dopo aver constatato che una clausola, con effetti di esclusione dei partecipanti, era stata sospesa, in via cautelare, per manifesta illegittimità dal giudice amministrativo, abbia annullato l'intera procedura di gara e rinnovato la stessa, eliminando la clausola illegittima.
L'appellante ripropone una prima censura, già svolta in primo grado, fondata sulla asserita violazione del principio di continuità della gara, con riferimento alla normativa di cui agli articoli 69 e seguenti del r.d. 827 del 1924, all'art.2 della legge n.241 del 1990, nonché, sotto varie angolazioni, censure fondate sul vizio di eccesso di potere per sviamento, erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti e difetto di motivazione e per violazione dei principi di imparzialità dell'Amministrazione nello svolgimento della gara e della par condicio tra i concorrenti.
In sostanza, secondo l'appellante una volta eliminata la clausola illegittima, in applicazione del principio di continuità, l'ente locale doveva procedere nella comparazione delle due offerte ricevute entro i termini inizialmente previsti, ed aggiudicare il servizio al migliore offerente.
2. E' giurisprudenza consolidata che una Amministrazione, dopo aver ricevuto le offerte e dopo aver constatato la non legittimità di una clausola del bando, possa in via di autotutela valutare se sia più congruo, rispetto all'interesse pubblico, annullare l'intera procedura e rifare la gara, adottando regole del tutto conformi alla legge o alle specifiche prescrizioni dell'autorità giudiziaria amministrativa, ove intervenute, ovvero procedere nella gara facendo salvi gli atti che non risultano pregiudicati dalla clausola illegittima.
3. In altri termini, sulla base del principio della massima conservazione degli effetti, l'Amministrazione nelle procedure a struttura concorsuale, anche per tutelare al massimo gli interessi dei partecipanti alla gara, deve chiedersi se convenga mantenere integri gli atti del procedimento non viziati, rinnovando la procedura solo per la parte invalidata, in ragione degli effetti della clausola illegittima.
Ma accedere a questa ragionevole ipotesi, secondo la quale l'Amministrazione, in particolare nelle procedure concorsuali, deve poter valutare discrezionalmente la linea d'azione più conforme all'interesse generale, cercando altresì di salvaguardare al massimo i criteri della concentrazione e della immediatezza della gara, è cosa ben diversa dal ritenere che esista comunque un inderogabile obbligo giuridico in testa all'Amministrazione stessa alla massima conservazione degli atti, obbligo che imporrebbe di utilizzare comunque tutti gli atti della procedura non viziati. Tutta l'impostazione dell'appello si fonda su questo assunto, che non può essere condiviso in quanto nel sistema non si rinviene alcuna disposizione che conduca a dette conclusioni.
4. Né ha pregio la tesi che tale obbligo si configurerebbe in ragione dell'avvio di una fase giudiziale che ha accertato, seppure in via cautelare, la illegittimità di una clausola, procedura nella quale le parti devono poter vedere soddisfatte le loro ragioni giuridiche. La ragione giuridica dell'appellante, nel caso in esame, si estende fino all'eliminazione della clausola illegittima ed alla invalidità necessaria di tutti gli atti a valle di tale clausola: ma non può configurare a carico dell'Amministrazione una radicale e non giustificata restrizione dei suoi poteri di autotutela, tale da impedire alla stessa Amministrazione di decidere il rinnovo di tutta la procedura, ove sorretto da motivi di pubblico interesse. E certamente è nell'interesse pubblico aprire nuovamente la gara, su basi pienamente conformi alla legge, al maggior numero possibile di partecipanti, così come del resto opinava il ricorrente di primo grado quando chiedeva la sospensione cautelare della gara, sospensione poi concessa, e l'eliminazione della clausola illegittima.
5. In conclusione, come questa Sezione ha più volte ricordato, soprattutto quando si tratti di procedure di gara ad evidenza comunitaria, l'esercizio in via di autotutela della integrale rinnovazione della procedura per adeguarla alle prescrizioni del giudice amministrativo, è una linea che l'Amministrazione deve tendenzialmente privilegiare, proprio per creare le condizioni della massima apertura e partecipazione alla gara, secondo un principio di fondo che conforma tutte le direttive comunitarie e le disposizioni interne di recepimento. Ciò non esclude l'opzione, da valutare caso per caso, della conservazione degli atti non viziati: ma si tratta di una scelta da motivare in modo compiuto e specifico, anche nell'interesse della stessa amministrazione, e mai invece un comportamento dovuto. Ora, nel caso in esame, il Comune di San Ferdinando di Puglia nell'adeguarsi alle prescrizioni del giudice amministrativo, ha realizzato le condizioni per consentire la massima acquisizione possibile di offerte, coniugando così l'interesse pubblico e il principio comunitario della massima concorrenza. L'esercizio dei poteri di autotutela è, nel caso di specie, conforme all'interesse pubblico e non finalizzato in modo abnorme o sviato.
6. Infine è opportuno sottolineare che la censura secondo la quale l'Amministrazione avrebbe comunque posto in essere un rinnovo tacito, vietato dalla legge, del contratto con Ristor Sud, contratto poi non aggiudicato, è priva di fondamento. L'ente locale, in pendenza dei ricorsi si è preoccupato solo di garantire comunque la continuità di un servizio essenziale per la collettività, per il tempo strettamente necessario alla definizione delle controversie in corso e fino allo svolgimento della nuova gara.
7. Queste considerazioni sono conclusive ed assorbenti per ritenere la non fondatezza dell'appello, che deve essere respinto, fatta eccezione per la parte della sentenza dove l'odierna appellante viene condannata al pagamento delle spese di giudizio infavore della controinteressata Ristor Sud, sebbene questa non si sia costituita in giudizio. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe
lo accoglie, limitatamente alla parte della sentenza che condanna alle spese di giudizio sostenute dalla controinteressata non costituita in primo grado; lo respinge per le restanti parti. Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguira dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 29 maggio 2001,con la partecipazione di:
Corrado Allegretta Presidente f./f.
Paolo Buonvino Consigliere
Filoreto D'Agostino Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere
Paolo De Ioanna Consigliere estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE f./f.
f.to Paolo De Ioanna f.to Corrado Allegretta
Depositata in cancelleria il 17 dicembre 2001.