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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 27 dicembre 2001 n. 6405 - Pres. De Lise, Est. Fera - Gesteco Spa (avv.ti Franco Gaetano Scoca e Bruno Barel) c. Comune di Premariacco, (avv.ti Stefano Placidi e Luciano Di Pasquale) - (annulla le sentenze del TAR Friuli - Venezia Giulia 18 febbraio 1998, nn. 315 e 316 )

Atto amministrativo - Procedimento amministrativo - Rinnovazione di un segmento procedimentale - Limite - Solo per quelle modifiche progettuali che incidano in senso peggiorativo rispetto allo specifico interesse già valutato.

Nell'ambito di procedimenti complessi che richiedono l'intervento di numerose autorità chiamate a pronunciarsi a tutela di interessi eterogenei (nella specie, per la valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 349 del 1986) laddove non vi siano strumenti di coordinamento che consentano di effettuare un esame contestuale degli interessi medesimi (cfr. l'articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241), una interpretazione rigida dei principi sullo svolgimento del procedimento porterebbe ad una ridondanza generatrice di una diseconomia interna. Pertanto, non tutte le modifiche progettuali, che via via vengono apportate nel corso del procedimento per soddisfare le esigenze di tutela prospettate dalle diverse autorità, comportano necessariamente un ritorno all'indietro ed un nuovo esame del progetto modificato, sicché la rinnovazione del momento procedimentale si giustifica solo per quelle modifiche progettuali che incidano in senso peggiorativo rispetto allo specifico interesse già valutato (1).

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(1) La sentenza si segnala perché precisa i limiti alla necessità di rinnovazione delle fasi del procedimento amministrativo, temperandola con il principio di celerità e di non aggravamento dell'azione amministrativa procedimentale.

 

 

FATTO

Con le sentenze appellate il TAR, in accoglimento di due ricorsi proposti rispettivamente dal Comune di Premariacco e da alcuni privati residenti nella frazione di Firmiano, ha annullato il decreto 6 ottobre 1995 n. 1237-UD/ESP/395 con il quale l'assessore regionale all'ambiente del Friuli - Venezia Giulia aveva approvato il progetto per la realizzazione di una discarica di seconda categoria, tipo B, del Comune di Cividale del Friuli, autorizzando nel contempo la società Gesteco alla costruzione delle prime due fasi funzionali dell'impianto. Il Tar ha ritenuto fondato il primo motivo di gravame, con il quale si sosteneva che il ministero dell'ambiente, intervenuto nel procedimento, si sarebbe espresso con un parere favorevole su di un progetto diverso da quello poi realizzato, mentre ha ritenuto infondati tutti gli altri motivi di ricorso.

La società Gesteco e le Regione Friuli - Venezia Giulia, con i ricorsi specificati in epigrafe, propongono appello contro le due sentenze, sostenendo l'infondatezza del motivo di ricorso accolto dal primo giudice. In via cautelativa ribadiscono l'infondatezza degli altri motivi contenuti nei ricorsi di primo grado. Concludono quindi chiedendo l'annullamento delle sentenze appellate.

Il Comune di Premariacco, costituito nel giudizio di appello, oltre a contestare le ragioni giuridiche esposte dalle controparti, ripropone, mediante appello incidentale, alcuni dei motivi del ricorso introduttivo respinti dal giudice di primo grado. Conclude quindi chiedendo il rigetto degli appelli principali e, in subordine, l'accoglimento di quello incidentale con l'annullamento del decreto dell'assessore regionale all'ambiente del 6 ottobre 1995.

DIRITTO

1. In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, in quanto diretti contro la medesima sentenza.

2. Gli appelli principali, proposti dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dalla società Gesteco, sono fondati.

Il Tar del Friuli Venezia Giulia ha annullato il decreto con il quale l'assessore regionale all'ambiente aveva approvato il progetto per la realizzazione di una discarica di seconda categoria nel Comune di Cividale del Friuli, basandosi unicamente sul primo motivo di gravame, con il quale si sosteneva che il ministero dell'ambiente, intervenuto nel procedimento ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 349 del 1986 per la valutazione di impatto ambientale, si sarebbe espresso con un parere favorevole su di un progetto diverso da quello poi realizzato. Diversità che, nella sostanza, avrebbe portato ad una variazione essenziale del progetto, considerato che ad una sensibile riduzione della superficie (da 41.000mq a 36.560mq) farebbe da contrappeso un aumento del materiale scaricabile (da 240.000mc a più di 275.000mc).

L'assunto non è esatto.

In primo luogo, l'affermazione è errata in punto di fatto, giacché risulta per tabulas ( art.1 del decreto impugnato) che è stato approvato il progetto " per la realizzazione di una discarica . del volume utile di circa mc. 223.500". Inoltre, la riduzione della superficie occupata dall'impianto, successivamente alla valutazione di impatto ambientale ha riguardato, come non è in contestazione tra le parti, solo l'area esterna all'invaso della discarica. Per cui, la modifica progettuale non ha affatto inciso in senso negativo sul rapporto tra la superficie del materiale da smaltire, ma si è tradotta in un ridimensionamento dell'impianto con riduzione dell'impatto sull'ambiente circostante.

In secondo luogo, in punto di diritto non può essere condivisa la conclusione cui è pervenuta la difesa del Comune di Premariacco, secondo la quale qualsiasi difformità del progetto esaminato dalla regione, rispetto a quello su quale si era espresso il ministero dell'ambiente, renderebbe illegittimo l'atto di approvazione, in quanto avrebbe richiesto la rinnovazione della valutazione di impatto ambientale. Infatti, nell'ambito di procedimenti complessi che richiedono l'intervento di numerose autorità chiamate a pronunciarsi a tutela di interessi eterogenei, laddove non vi siano strumenti di coordinamento che consentano di effettuare un esame contestuale degli interessi medesimi (vedi l'articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241), una interpretazione rigida dei principi sullo svolgimento del procedimento porterebbe ad una ridondanza generatrice di una diseconomia interna. Ciò vuol dire che non tutte le modifiche progettuali, che via via vengono apportate nel corso del procedimento per soddisfare le esigenze di tutela prospettate dalle diverse autorità, comportano necessariamente un ritorno all'indietro ed un nuovo esame del progetto modificato. Ma che la rinnovazione del momento procedimentale si giustifica solo per quelle modifiche progettuali che incidano in senso peggiorativo rispetto allo specifico interesse già valutato.

E questo sicuramente non è il caso di cui qui si discute, poiché come si è visto, sotto il profilo dell'impatto ambientale le modifiche progettuali richieste sia dal ministero che dalla regione hanno portato ad una minore incidenza sull'impatto ambientale.

3. La fondatezza degli appelli principali rende necessario l'esame degli altri motivi, già contenuti il ricorso di primo grado del Comune di Premariacco e qui riproposti con l'appello incidentale. Le questioni prospettate, tuttavia, sono prive di consistenza giuridica.

Con il primo motivo il comune denuncia la falsa applicazione dell'articolo 11 della legge regionale 7 settembre 1987, n. 30, che dà ingresso nel procedimento de quo al "parere obbligatorio del comune e della unità sanitaria locale competenti". Secondo l'appellante incidentale, la norma andrebbe letta come riferita non solo al comune sul cui territorio ricade la discarica ma anche a tutti gli enti locali comunque "interessati".

La lettura però è smentita non solo dal fatto che l'attuale formulazione della norma discende da una modifica apportata dalla successiva legge regionale n. 65 del 1988, che ha inteso circoscrivere il parere obbligatorio al comune in cui è ubicato l'impianto (nel caso di specie il Comune di Cividale del Friuli), ma anche da ragioni di ordine sistematico giacché l'art.3, comma 3, della legge regionale 7 settembre 1990, n. 43, da ingresso al parere dei comuni, diversi da quello nel cui territorio è prevista la collocazione dell'opera ma comunque interessati, in un altro momento procedimentale e cioè all'atto della valutazione di impatto ambientale.

Con il secondo motivo di appello, viene ribadito il vizio del procedimento sull'assunto che la regione non avrebbe condotto alcuna indagine diretta ad acquisire elementi per dimostrare "la sussistenza effettiva del fabbisogno di spazi di deposito in relazione alla quantità di rifiuti prodotti, la portata e gli ambiti territoriali serviti di pertinenza esclusivamente regionale" (articolo 15 della legge regionale n. 30 del 1987).

La norma, però, non configura una autonoma fase del procedimento caratterizzata da una sua distinta istruttoria, ma si limita ad indicare alcuni parametri, peraltro in termini estremamente generici, cui ancorare il potere di scelta dell'amministrazione regionale. Sotto tale aspetto, appare del tutto coerente il comportamento dell'amministrazione che ha inserito tale valutazione nell'ambito dell'istruttoria generale con apprezzamenti che attengono alla discrezionalità tecnica.

Con il terzo motivo di appello, viene riproposta la censura con la quale si sostiene che la regione non avrebbe rispettato la condizione apposta dal ministero dell'ambiente per quanto riguarda la preventiva verifica dell'esistenza "sul territorio di eventuali siti alternativi in grado di ridurre i rischi di contaminazione delle risorse idriche sottostanti".

Se non che, tale enunciato si colloca al di fuori dell'ambito coperto dal provvedimento adottato dal ministero dell'ambiente. Ciò risulta non solo dall'elemento letterale, poiché l'invito i soggetti pubblici a svolgere alcune attività è tenuto distinto dagli adempimenti imposti al soggetto attuatore dell'intervento quali clausole essenziali del provvedimento. Ma anche da una analisi logico-sistematica perché, sotto il profilo del contenuto, l'invito si pone come una esortazione rivolta a soggetti pubblici affinché questi pongano in essere attività connesse a competenze loro attribuite direttamente dalle leggi e non certo dal provvedimento ministeriale.

4. Per questi motivi gli appelli principali debbono essere accolti, mentre va respinto quello incidentale.

Appare tuttavia equo compensare tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, previa riunione dei ricorsi in epigrafe, accoglie gli appelli principali, proposti dalla Gesteco Spa e dalla Regione Friuli - Venezia Giulia, e respinge l'appello incidentale del Comune di Premariacco.

Compensa le spese dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 giugno 2001, con l'intervento dei signori:

Pasquale de Lise Presidente

Pier Giorgio Trovato Consigliere

Aldo Fera Consigliere est.

Filoreto D'Agostino Consigliere

Gerardo Mastrandrea Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Depositata in cancelleria il 27 dicembre 2001.

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