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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 2 aprile 2001 n. 1897 - Pres. Rosa , Est. Allegretta - Rinaldi e c.ti (avv.ti M. Marpillero e B. Caravita di Toritto) c. Machin (Avv.ti E. Bulfone e M. Ettore Verino), Comune di Prato Carnico (Avv.ti E. Bulfone e M. Ettore Verino), Crosilla (Avv. A. D'Alessio) - (annulla TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 17 dicembre 1999 n. 1275).

Giustizia amministrativa - Appello - Notifica - Ad una delle parti principali del giudizio di primo grado - Sufficienza - Ragioni.

Elezioni - Espressione del voto - Disciplina prevista dall'art. 64 del T.U. sulla elezione dei consigli comunali - Favor voti previsto dal primo comma dell'articolo - Costituisce principio generale - Nullità previste dal secondo comma - Sono di stretta interpretazione.

Elezioni - Espressione del voto - Disciplina prevista dall'art. 64 del T.U. sulla elezione dei consigli comunali - Cancellatura apposta nella scheda - Nel caso in cui risulti che non sia diretta a rendere riconoscibile il voto ma sia frutto di evidente errore dell'elettore - Determina irregolarità e non nullità del voto.

L'onere della notificazione dell'appello deve ritenersi correttamente adempiuto quando la notificazione si sia tempestivamente perfezionata nei confronti di una sola delle parti principali del giudizio di primo grado, non avendo la notificazione del gravame la funzione di instaurare un nuovo contraddittorio, bensì quella di riprendere la controversia già instaurata nella fase precedente (1).

L'art. 64 del T.U. sulla elezione dei consigli comunali, approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, contiene al 1° comma un principio generale secondo cui la validità del voto va sempre affermata quando sia possibile desumere dalla scheda la volontà dell'elettore e soltanto la ricorrenza delle ipotesi espressamente indicate nel comma successivo consente la dichiarazione di nullità del voto. Questa, pertanto, si configura come eccezione a detto principio (2).

Il voto espresso in modo irregolare, quindi, deve essere salvato tutte le volte che l'irregolarità nella sua espressione risulti logicamente spiegabile, come nel caso che sia dovuta ad errore scusabile dell'elettore (3), e non sussistano elementi dimostrativi della volontà di infrangere la regola della segretezza (4).

E' da ritenere irregolare e non nulla una scheda elettorale in cui è stata apposta una cancellatura, come comunemente si fa, coprendo con altri segni quelli ritenuti errati e che risulti marcata ed evidente; in tale ipotesi, quindi, la cancellatura si giustifica, non con il desiderio dell'elettore di rivelare la propria identità, sibbene con l'intento di renderne inequivoco il significato, in modo da far risultare certa la volontà di attribuire il suo voto al candidato di poi correttamente indicato ed alla relativa lista.

Nell'ipotesi in questione, quindi, essendo univoca la volontà dell'elettore di recedere dal precedente voto, segnato sulla medesima scheda e cancellato per errore o per resipiscenza, deve ritenersi valido, ai sensi dell'art. 64 D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, il voto espresso in sostituzione di quello precedente (5).

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(1) Cons. Stato, Ad. Plen., 14 novembre 1980 n. 50; id., Sez. V, 18 maggio 1998 n. 824 e, con specifico riguardo all'appello nel contenzioso elettorale, id. 17 dicembre 1996 n. 1141.

(2) Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 1985 n. 118.

Dispone il primo comma dell'art. 64 cit. infatti che: "La validità dei voti contenuti nella scheda deve essere ammessa ogni qualvolta se ne possa desumere la volontà effettiva dell'elettore, salvo il disposto dei commi seguenti".

Come si legge nella motivazione della sentenza in rassegna, tale comma contiene il principio generale del cosiddetto "favor voti", secondo cui la sanzione di nullità comminata dalla norma va correttamente riferita a quelle modalità espressive del voto talmente anomale che non possono essere spiegate se non con la volontà dell'elettore di farsi riconoscere.

Il 2° comma dello stesso articolo 64 (il quale, con indicazione tassativa, stabilisce che "sono nulli i voti contenuti in schede: .. 2) che presentano scritture o segni tali da far ritenere, in modo inoppugnabile, che l'elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto"), dev'essere qualificato invece come una norma di stretta interpretazione, nel senso che il voto può essere dichiarato nullo, non in ogni caso d'inosservanza delle regole sulla votazione, sibbene quando la scheda rechi segni, scritte od espressioni che inoppugnabilmente ed inequivocabilmente siano idonei a palesare la volontà dell'elettore di far riconoscere la propria identità e tali possono considerarsi quei segni che, estranei alle esigenze di espressione del voto, non trovino altra ragionevole spiegazione (Cons. Stato, Sez. V, 22 giugno 1996, n. 790).

D'altra parte, quando si consideri che il corpo normativo, nel quale la disposizione dell'art. 64 del T.U. approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 s'inserisce, è ispirato alla rigidità delle forme degli atti e dei procedimenti da esso disciplinati, si comprende come essa sia intesa ad attenuare tale formalismo al fine primario di garantire il rispetto della volontà espressa dal corpo elettorale e, in questa prospettiva, di assicurare un valore alle scelte effettuate da tutti gli elettori, anche da coloro che non siano in grado di apprendere appieno e di osservare alla lettera le istruzioni per l'espressione del voto (Cons. Stato, Sez. V, 29 luglio 1997 n. 853).

(3) Cons. Stato, Sez.V, 9 dicembre 1986 n. 609.

(4) Cons. Stato, Sez. V, 15 giugno 1992 n. 560.

(5) Cons. Stato, Sez. V, 22 giugno 1996 n. 790.

 

 

F A T T O

E' impugnata la sentenza con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia ha accolto il ricorso proposto dal Sig. Machin Arrigo avverso i "verbali delle operazioni elettorali relativi alle elezioni del Sindaco e del Consiglio Comunale svoltesi in Prato Carnico in data 13 giugno 1999, con particolare riferimento alle sezioni n. 1 e n. 2, e dei provvedimenti con cui veniva indetto il ballottaggio tra i candidati Machin Arrigo e Rinaldi Gino, nonché degli atti di proclamazione degli eletti alla carica di Sindaco e di Consigliere comunale nel Comune di Prato Carnico, redatti in data 28 giugno 1999".

All'accoglimento è conseguito l'annullamento, da parte del Tribunale, di una scheda elettorale attribuita nel primo turno di votazione alla lista facente capo al candidato sindaco Rinaldi e, venuta meno in tal modo la parità dei voti tra i due candidati sindaco, l'inutilità del ballottaggio stesso, in quanto la maggioranza assoluta è stata riconosciuta in capo al Machin. Questi è stato, pertanto, proclamato eletto Sindaco dal T.A.R. e, congiuntamente, sono stati proclamati eletti consiglieri comunali, oltre ai sigg.ri Agostinis, Volpato e Casali (già in precedenza proclamati eletti, ancorché come consiglieri di minoranza), anche i sigg.ri Crosilla, Puntil, Cimenti, Solari e Mecchia.

Secondo gli appellanti (che hanno notificato l'appello al Machin, al Comune di Prato Carnico e ai predetti sigg.ri Agostinis, Volpato e Casali) la sentenza sarebbe erronea in quanto la scheda in questione non avrebbe dovuto essere annullata; deducono, in particolare, che l'irregolarità riscontrata nella stessa non avrebbe costituito indice di sicuro riconoscimento.

Il ricorrente in primo grado, sig. Machin, e il Comune di Prato Carnico, ritualmente costituitisi, eccepiscono l'inammissibilità dell'appello per omessa notificazione ai controinteressati necessari sigg.ri Crosilla, Puntil, Cimenti, Solari e Mecchia, a nulla rilevando, in contrario, che l'appello sia stato notificato ai sigg.ri Agostinis, Volpato e Casali; nel merito, insistono per il rigetto dell'appello e la conferma dell'impugnata sentenza.

Con decisione n. 5085 del 25 settembre 2000 è stata disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei predetti sigg.ri Crosilla, Puntil, Cimenti, Solari e Mecchia, i quali, ricevuta la notificazione dell'appello, si sono costituiti in giudizio, con esclusione dell'ultimo, avanzando, altresì, appello incidentale contro i capi della sentenza impugnata che respingono gli altri motivi del ricorso originario.

Di tale appello incidentale la difesa degli appellanti principali ha eccepito l'inammissibilità, contestando, ad ogni modo, la fondatezza dei motivi di censura con esso riproposti.

All'udienza pubblica del 30 gennaio 2001, sentiti i difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione.

D I R I T T O

1. Si osserva, preliminarmente, che l'integrazione del contraddittorio anche nei confronti dei candidati proclamati consiglieri comunali dalla sentenza gravata è stata disposta con la decisione n. 5085 del 25 settembre 2000 perché la Sezione ha ritenuto "utile" che l'appello fosse loro notificato.

Tale valutazione - che è presumibile sia scaturita dalla considerazione della singolarità della fattispecie, nella quale la validità, o meno, di un solo voto appare determinante - rappresenta tuttavia implicito rigetto dell'eccezione d'inammissibilità del gravame, sollevata dalla difesa dell'appellato Machin per omessa notificazione ad almeno uno dei suddetti consiglieri.

Costituisce principio ormai fermo, invero, quello secondo il quale, sotto il profilo dell'ammissibilità dell'impugnazione, "l'onere della notificazione dell'appello deve ritenersi correttamente adempiuto quando la notificazione si sia tempestivamente perfezionata nei confronti di una sola delle parti principali del giudizio di primo grado, non avendo la notificazione del gravame la funzione di instaurare un nuovo contraddittorio, bensì quella di riprendere la controversia già instaurata nella fase precedente" (Cons. Stato, Ad. Plen., 14 novembre 1980 n. 50; id., Sez. V, 18 maggio1998 n. 824 e, con specifico riguardo all'appello nel contenzioso elettorale, id. 17 dicembre 1996 n. 1141) e, dunque, escludendo che possa ipotizzarsi l'esistenza di parti processuali necessarie del giudizio d'appello, che tali già non fossero anche nel giudizio di primo grado.

In esecuzione della menzionata decisione interlocutoria, peraltro, i "nuovi controinteressati" hanno ricevuto la notificazione dell'appello e si sono costituiti in giudizio, avanzando anche ricorso incidentale; sicché può ben ritenersi in tal modo realizzata la pienezza del contraddittorio.

2. Nel merito, l'appello è fondato.

Con la sentenza impugnata il T.A.R. ha annullato gli atti relativi alle operazioni elettorali in questione, per la ritenuta nullità della scheda il cui voto era stato assegnato al candidato Rinaldi, rinvenuta in sede istruttoria presso la sezione elettorale n. 1 ed indicata come scheda n. 1, che presenta cancellature costituenti, ad avviso del giudice di primo grado, segno della volontà dell'elettore di farsi riconoscere.

La pronuncia, sostengono gli appellanti, è viziata da violazione e falsa applicazione dell'art. 64 del T.U. sulla elezione dei consigli comunali approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Essa, invero, per un verso si risolve in un'apodittica affermazione di "riconoscibilità" del voto, del quale è stata omessa ogni doverosa analisi alla stregua dei criteri enunciati dalla giurisprudenza per ritenere provato tale motivo di nullità, e, per altro verso, si basa su di un'erronea interpretazione del citato art. 64, la quale trascura del tutto il principio costantemente affermato del cosiddetto "favor voti", secondo cui la sanzione di nullità comminata dalla norma va correttamente riferita a quelle modalità espressive del voto talmente anomale che non possono essere spiegate se non con la volontà dell'elettore di farsi riconoscere.

La censura va condivisa.

La citata disposizione afferma nel suo primo comma: "La validità dei voti contenuti nella scheda deve essere ammessa ogni qualvolta se ne possa desumere la volontà effettiva dell'elettore, salvo il disposto dei commi seguenti" e, con indicazione tassativa, stabilisce nel secondo comma che "sono nulli i voti contenuti in schede: .. 2) che presentano scritture o segni tali da far ritenere, in modo inoppugnabile, che l'elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto".

Appare evidente, allora, dalla stessa struttura dell'articolo come il principio generale sia quello contenuto nel primo comma, secondo cui la validità del voto va sempre affermata quando sia possibile desumere dalla scheda la volontà dell'elettore e soltanto la ricorrenza delle ipotesi espressamente indicate nel comma successivo consente la dichiarazione di nullità del voto. Questa, pertanto, si configura come eccezione a detto principio (Cons. Stato, Sez.V, 23 febbraio 1985 n. 118).

La norma che sancisce la nullità del voto per la presenza di segni di riconoscimento dev'essere qualificata, perciò, norma di stretta interpretazione, nel senso che il voto può essere dichiarato nullo, non in ogni caso d'inosservanza delle regole sulla votazione, sibbene quando la scheda rechi segni, scritte od espressioni che inoppugnabilmente ed inequivocabilmente siano idonei a palesare la volontà dell'elettore di far riconoscere la propria identità e tali possono considerarsi quei segni che, estranei alle esigenze di espressione del voto, non trovino altra ragionevole spiegazione (Cons. Stato, Sez. V, 22 giugno 1996, n. 790).

Il voto espresso in modo irregolare, quindi, deve essere salvato tutte le volte che l'irregolarità nella sua espressione risulti logicamente spiegabile, come nel caso che sia dovuta ad errore scusabile dell'elettore (Cons. Stato, Sez.V, 9 dicembre 1986 n. 609), e non sussistano elementi dimostrativi della volontà di infrangere la regola della segretezza (Cons. Stato, Sez.V, 15 giugno 1992 n. 560).

D'altra parte, quando si consideri che il corpo normativo, nel quale la disposizione dell'art. 64 del T.U. approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 s'inserisce, è ispirato alla rigidità delle forme degli atti e dei procedimenti da esso disciplinati, si comprende come essa sia intesa ad attenuare tale formalismo al fine primario di garantire il rispetto della volontà espressa dal corpo elettorale e, in questa prospettiva, di assicurare un valore alle scelte effettuate da tutti gli elettori, anche da coloro che non siano in grado di apprendere appieno e di osservare alla lettera le istruzioni per l'espressione del voto (Cons. Stato, Sez. V, 29 luglio 1997 n. 853).

Perde forza, pertanto, l'argomento addotto nella sentenza appellata, sia pure come rafforzativo, con riguardo alla possibilità che l'elettore avrebbe, in caso di errore, di chiedere la sostituzione della scheda.

Questa argomentazione, del resto, - fanno rilevare correttamente gli appellanti - conduce all'automatica dichiarazione di nullità in presenza di segni sulla scheda comunque diversi da quello descritto dalla norma per l'espressione del voto.

Nel caso in esame, la scheda reca un segno di voto sul simbolo della lista n. 2 collegata al candidato sindaco Rinaldi, con l'espressione della preferenza in favore di un candidato consigliere della stessa lista, nonché segni sullo spazio riservato all'altra lista, la n. 1, collegata al candidato sindaco Machin. In questo spazio, in effetti, risultano cancellati il crocesegno apposto sul simbolo della lista, il cognome e il nome del menzionato candidato consigliere della lista n. 2 erroneamente ivi inscritto.

E' agevole, allora, spiegare la funzione dei segni ulteriori rispetto all'espressione del voto. L'elettore, avvedutosi di aver errato nell'esprimere la preferenza per un candidato consigliere della lista n. 2 nello spazio riservato all'altra lista e nel contrassegnare il simbolo di questa, ha voluto cancellare tale manifestazione di voto ed ha espresso in maniera corretta il voto che intendeva dare.

Il giudice di primo grado, rilevato che "le cancellature sono marcate ed evidenti e coprono praticamente tutto lo spazio riservato al simbolo di lista e lo spazio riservato all'espressione del voto di preferenza", ha ritenuto che "la modalità espressiva del voto sia volutamente abnorme e perciò segno della volontà di farsi riconoscere"(cfr. pag. 8 della sentenza).

In realtà, la cancellatura è stata eseguita, come comunemente si fa, coprendo con altri segni quelli ritenuti errati ed il fatto che essa risulti marcata ed evidente si giustifica, non con il desiderio dell'elettore di rivelare la propria identità, sibbene con l'intento di renderne inequivoco il significato, in modo da far risultare certa la volontà di attribuire il suo voto al candidato di poi correttamente indicato ed alla relativa lista n. 2.

In conformità a specifico orientamento di questa Sezione (cfr. dec. 22 giugno 1996 n. 790), nella specie, essendo univoca la volontà dell'elettore di recedere dal precedente voto, segnato sulla medesima scheda e cancellato per errore o per resipiscenza, deve ritenersi valido, ai sensi dell'art. 64 D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, il voto espresso in sostituzione di quello precedente.

Ciò comporta l'assegnazione alla lista n. 2 del candidato sindaco Rinaldi del voto in questione, con il ripristino della parità di voti tra i due candidati sindaci e della legittimità delle operazioni di ballottaggio, dalle quali è uscito vincitore il Rinaldi.

3. Nella sentenza appellata sono state prese in esame altre due schede elettorali, indicate in sede istruttoria con i nn. 2 e 3, in ordine alle quali il Tribunale ha respinto i motivi d'impugnativa. Il ricorrente di primo grado ed il Comune ripropongono questi motivi con la memoria di costituzione in giudizio.

Rispetto a tali capi della sentenza, tuttavia, dette parti risultano essere soccombenti e, pertanto, avrebbero dovuto investirli con apposito gravame, onde è fondata l'eccezione sollevata in proposito dagli appellanti principali e va dichiarata inammissibile la riproposizione di quei motivi di ricorso, operata mediante semplice memoria non notificata.

Uguale sorte, sia pure per una ragione diversa, segue la rinnovazione degli stessi motivi di doglianza a mezzo dell'appello incidentale proposto dai sigg. Crosilla, Puntil, Cimenti e Solari, proclamati consiglieri comunali dalla sentenza impugnata.

Gli atti impugnati (verbali delle operazioni elettorali, indetto il ballottaggio e proclamazione degli eletti), invero, erano direttamente ed immediatamente lesivi delle loro situazioni giuridiche, quali candidati consiglieri comunali non risultati eletti.

Gli atti in questione, tuttavia, poiché non hanno formato oggetto di tempestiva impugnazione da parte degli attuali appellanti incidentali, sono divenuti inoppugnabili nei confronti di questi, i quali, perciò, non ne possono far valere per la prima volta in appello vizi, come quelli attinenti alle schede n. 2 e n. 3, da loro non rappresentati in tempo utile. Ove ciò si ammettesse, non si farebbe altro che consentire l'elusione dei termini di legge per la proposizione del ricorso giurisdizionale.

L'appello incidentale, pertanto, dev'essere anch'esso dichiarato inammissibile.

Essendo in tal modo precluso l'esame della legittimità delle menzionate schede n. 2 e n. 3, non può neppure essere accolta l'istanza istruttoria, avanzata dalle parti resistenti, volta alla loro acquisizione agli atti di causa.

In conclusione, l'appello principale va accolto e, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado. Per l'effetto, devono essere confermati i risultati elettorali scaturenti dagli atti impugnati e la conseguente proclamazione degli eletti.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa spese e competenze di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l'appello principale, dichiara inammissibile l'appello incidentale e, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti in causa spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30 gennaio 2001 con l'intervento dei Signori:

Salvatore Rosa Presidente

Andrea Camera Consigliere

Corrado Allegretta Consigliere rel. est.

Aldo Fera Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Corrado Allegretta F.to Salvatore Rosa

Depositata il 2 aprile 2001.

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