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n. 1-2001 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 23 gennaio 2001 n. 196 - Pres. Paleologo, Est. Trovato - Comune di Acerra (Avv. M. Scudiero) c. Affinito e c.ti (Avv.ti G. Palma e A. D'Avino), Busiello ed altri (Avv. Palma), Adamo e c.ti (Avv. D'Avino) ed altri (n.c.) - (annulla TAR Campania, Napoli, sezione III, 8 luglio 1992 n. 157).

Pubblico impiego - Dipendenti enti locali - Trattamento economico - Principio dell'equa proporzione - Ex art. 228 del r.d. 3 marzo 1934 n. 383 - Soppressione a seguito dell'art. 6 comma 17, del d.l. 29 dicembre 1977 n. 946.

Pubblico impiego - Dipendenti enti locali - Trattamento economico - Principio dell'equa proporzione - Ex art. 228 del r.d. 3 marzo 1934 n. 383 - Pretese relative ad un periodo anteriore alla soppressione del principio - Non accoglibilità - Ragioni.

Il principio di equa proporzione ex art. 228 del r.d. 3 marzo 1934 n. 383 era stato previsto per determinare il giusto trattamento retributivo dei dipendenti degli enti locali, in un sistema ove ancora vigeva la tradizionale autonomia di ciascun ente nella fissazione dei compensi ai propri impiegati ed in relazione ad alcuni parametri di riferimento (per esempio, il trattamento dei segretari comunali e provinciali), ma è venuto meno per effetto dell'art. 6 comma 17, del d.l. 29 dicembre 1977 n. 946, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1978 n. 43, che ha soppresso ogni potestà degli enti in materia, demandando la stessa alla contrattazione collettiva, all'evidente scopo di razionalizzare la spesa pubblica nel settore mediante criteri d'omogeneizzazione (1).

Non può essere accolta una richiesta di rideterminazione del trattamento economico avanzata da alcuni dipendenti degli ee.ll. in base al principio dell'equa proporzione, anche se tale richiesta riguarda un periodo (nella specie, 1972 - 1974) anteriore alla vigenza del nuovo sistema retributivo (2), tenuto conto del fatto che il trattamento economico dei dipendenti in questione è stato nel frattempo più volte ridefinito sulla base delle normative e degli accordi nazionali succedutisi dal 1975 in poi e che gli stipendi dei pubblici impiegati servono per il loro mantenimento e vanno stabiliti in via di principio (derogabile solo in base ad esplicita previsione normativa) per il futuro e non per il passato (3).

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 1996, n. 610.

(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27 febbraio 1989, n. 116.

(3) Consiglio Stato, Sez. V, 26 maggio 1997, n. 555; cfr anche Consiglio Stato, IV, 27 febbraio 1989 n. 116.

 

 

FATTO

1. Con diffida notificata il 18 febbraio 1989, il sig. Geremia Adamo e litisconsorti, dipendenti del Comune di Acerra, chiesero all'Amministrazione di appartenenza la rideterminazione del trattamento economico per il periodo 1 gennaio 1972 - 1 dicembre 1974, ai sensi dell'art.228 t.u.l.c.p. 3 marzo 1934, n,383, allo scopo di ristabilire l'equa proporzione tra il trattamento economico loro spettante e quello attribuito al Segretario comunale per effetto del d.P.R. 26 giugno 1972, n.749.

Il Comune non dette alcun riscontro alla diffida e, allora, gli interessati notificarono ricorso (n.1016/1989) al TAR Campania, per l'annullamento del silenzio rifiuto e la declaratoria dell'obbligo del Comune di Acerra di pronunciarsi sull'istanza del 18 febbraio 1989.

Si costituì il Comune, eccependo tra l'altro la prescrizione delle pretese fatte valere dai ricorrenti.

Il TAR Campania, con sentenza n.157, in data 8 luglio 1992, accolse il ricorso e, in particolare,:

dichiarò illegittimo e annullò il silenzio rifiuto tenuto dal Comune di Acerra sulla diffida del 18 febbraio 1989;

dichiarò l'obbligo per il Comune di rideterminare il trattamento economico dei propri dipendenti, con decorrenza dall'1 febbraio 1972, alla luce dei principi esposti nella motivazione della sentenza;

condannò il Comune al pagamento in favore dei ricorrenti delle differenze retributive come sopra individuate, con rivalutazione monetaria delle somme ed interessi con decorrenza dalla maturazione del singolo credito all'effettivo soddisfo;

compensò le spese di giudizio.

La sentenza è stata appellata dal Comune di Acerra, che, oltre a controdedurre nel merito, ha dedotto:

1) illegittimità della sentenza per ultrapetizione, relativamente ai punti b) e c) del dispositivo;

2) il difetto di legittimazione attiva di numerosi ricorrenti, in quanto non dipendenti dal Comune di Acerra nel periodo in contestazione;

3) la nullità della sentenza relativamente ai sigg.ri Domenico Patriciello, Ciro Picardi e Delia Cinchelli (erede di Amanda Pintus), in quanto gli stessi non risultano tra i sottoscrittori del ricorso avanti al TAR.

Si sono costituiti in giudizio, controdeducendo alle censure svolte nell'appello:

- con il patrocinio dell'avv.Giuseppe Palma, il sig. Nicola Proto e altri dipendenti comunali (o loro eredi);

- con il patrocinio dell'avv.Arcangelo D'Avino, il sig. Geremia Adamo e altri dipendenti comunali (o loro eredi), alcuni dei quali già rappresentati e difesi dall'avv.Palma.

In memoria difensiva, il Comune, oltre a riproporre in via gradata la eccezione di prescrizione, ha precisato che:

91 degli originari ricorrenti, alla data del 31 dicembre 1974, non erano ancora dipendenti del Comune di Acerra;

in 14 casi il mandato per il ricorso di primo grado era stato sottoscritto da persona diversa dal dipendente interessato;

nei tre casi citati (Patriciello, Picardi, Cinchelli) non era stata apposta la firma sul mandato.

In memorie i resistenti hanno ampiamente illustrato le proprie tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 17 ottobre 2000, il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Il ricorso in appello è fondato.

Oggetto della vertenza è l'accertamento di un preteso silenzio rifiuto opposto dal Comune di Acerra alla diffida notificata il 18 febbraio 1989 dal sig. Geremia Adamo e altri dipendenti del Comune.

Con detta istanza gli interessati chiedevano la rideterminazione (ai sensi dell'art.228 t.u.l.c.p. 3 marzo 1934, n,383) del proprio trattamento economico per il periodo 1 gennaio 1972 - 1 dicembre 1974, allo scopo di ristabilirne l'equa proporzione rispetto a quello attribuito al Segretario comunale per effetto del d.P.R. 26 giugno 1972, n.749.

Ritiene il Collegio che il Comune di Acerra non avesse alcun obbligo di provvedere su detta istanza, né tantomeno (come affermato invece dal giudice di primo grado) di provvedere in modo positivo.

Il principio di equa proporzione ex art. 228, r.d. 3 marzo 1934 n. 383 era stato infatti previsto per determinare il giusto trattamento retributivo dei dipendenti degli enti locali, in un sistema ove ancora vigeva la tradizionale autonomia di ciascun ente nella fissazione dei compensi ai propri impiegati ed in relazione ad alcuni parametri di riferimento (per esempio, appunto, il trattamento dei segretari comunali e provinciali). Ma e' venuto meno per effetto dell'art. 6 comma 17, d.l. 29 dicembre 1977 n. 946, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1978 n. 43, che ha soppresso ogni potesta' degli enti in materia, demandando la stessa alla contrattazione collettiva, all'evidente scopo di razionalizzare la spesa pubblica nel settore mediante criteri d'omogeneizzazione (cfr. Consiglio Stato sez. V, 3 giugno 1996, n. 610 ).

La richiesta rideterminazione , avuto riguardo all'epoca in cui è stata formulata (1989), era dunque in evidente contrasto con l'art. 6 citato, che riconosce, come unica disciplina normativa dello stato giuridico ed economico del personale degli enti locali, quella adottata attraverso la contrattazione collettiva.

Né ha rilievo la circostanza che la rideterminazione (ancorchè richiesta solo nel 1989) riguarda un periodo (1972 - 1974) anteriore alla vigenza del nuovo sistema retributivo (cfr. Consiglio di Stato, IV, 27 febbraio 1989, n.116).

Il lungo intervallo temporale intercorrente tra la diffida e il periodo di riferimento (15 anni) evidenzia se mai la intempestività della pretesa dei dipendenti comunali fatta valere nel 1989, dal momento che nel frattempo il loro trattamento economico era stato più volte ridefinito sulla base delle normative e degli accordi nazionali succedutisi dal 1975 in poi e che come già osservato da questa Sezione gli stipendi dei pubblici impiegati servono, per il loro mantenimento e vanno stabiliti in via di principio (derogabile solo in base ad esplicita previsione normativa) per il futuro e non per il passato ( Consiglio Stato, V, 26 maggio 1997, n. 555; cfr anche Consiglio Stato, IV, 27 febbraio 1989 n. 116).

La incongruenza delle istanze dei dipendenti consentiva dunque al Comune di non dare ad esse alcun riscontro

2. Per le ragioni che precedono, assorbita ogni ulteriore questione (in particolare quelle concernenti il vizio di ultrapetizione e la legittimazione dei dipendenti non ancora in servizio al 31 dicembre 1974), l'appello va accolto e, per l'effetto, va respinto il ricorso in primo grado del signor Geremia Adamo e litisconsorti.

Tra questi ultimi non può essere compreso il sig. Ciro Picardi, che è indicato come ricorrente nella sentenza appellata, ma che non risulta avere sottoscritto il mandato alla lite né in primo grado, né in appello.

Quanto ai 14 casi, in cui, come eccepito dal Comune, il mandato per il ricorso di primo grado era stato sottoscritto da persona diversa dal dipendente interessato, il Collegio rileva che, per quanto consta agli atti, si tratta di firma apposta dall'erede del dipendente (vedova o figli), come tale pienamente legittimato all'azione.

Infine, avuto riguardo alla reiezione nel merito della pretesa fatta valere dai dipendenti comunali (o loro eredi), si può prescindere dall'approfondimento, anche istruttorio, della situazione processuale di alcuni resistenti (sigg.ri Emilio Busiello, Umberto La Montagna, Domenico Patriciello, Delia Cinchelli, Tiziana Passaretti, Vanda Sorrentino, Giovanni Picardi), costituiti in appello, ma che allo stato degli atti non risultano tra i sottoscrittori del mandato per il ricorso in primo grado, né eredi di alcuni dei sottoscrittori.

Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza dei dipendenti comunali (o loro eredi) indicati in epigrafe, costituiti in primo grado e/o in appello. Esse sono quantificate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V), accoglie l'appello e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata respinge il ricorso di primo grado.

Condanna i dipendenti comunali (o loro eredi) indicati in epigrafe al pagamento in favore dell'appellante Comune di Acerra delle spese dei due gradi di giudizio, nella misura di lire 100.000 per ognuno dei detti dipendenti, senza vincolo di solidarietà tra loro.

Ordina che la suestesa decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V), addì 17 ottobre 2000, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori

Giovanni PALEOLOGO Presidente

Stefano BACCARINI Consigliere

Pier GiorgioTROVATO Consigliere estensore

Corrado ALLEGRETTA Consigliere

Marcello BORIONI Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Depositata in cancelleria il 23.01.2001.

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