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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 22 maggio 2001 n. 2829 - Pres. Baccarini, Est. Borea - Impresa Manzo Costruzioni (Avv. Como) c. S.G. Costruzioni di C. De Vincentiis e c. s.a.s. (Avv.ti Magliocca e Tabarro) e Comune di Cercola (Avv. Laudadio) - (annulla TAR Campania-Napoli, Sez. I, 5 maggio 1997, n. 1169).

Contratti della P.A. - Aggiudicazione - Verbale di aggiudicazione - Forza e valore ex art. 2700 c.c. - Fa prova fino a querela di falso circa la verifica documentale che è stata eseguita nel corso delle operazioni di gara - Non fa fede circa le valutazioni compiute dal pubblico ufficiale sulla documentazione esaminata.

Contratti della P.A. - Aggiudicazione - Aggiudicazione provvisoria - Suo annullamento da parte della P.A. appaltante - A seguito della constatazione che non era stato prodotto un documenti prescritto a pena d'esclusione - Legittimità.

Il verbale di una gara di appalto, in base all'art. 2700 c.c. (secondo cui "l'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti"), fa fede fino a querela di falso circa la verifica documentale che è stata eseguita nel corso delle operazioni di gara, ma non fa anche fede delle valutazioni compiute dal pubblico ufficiale sulla documentazione esaminata e quindi neppure esclude la possibilità di errori commessi in tale valutazione.

Deve pertanto ritenersi che il verbale di gara non precluda all'Amministrazione l'esperimento di nuove verifiche ed in particolare di procedere, dopo la gara ed in sede di aggiudicazione definitiva, all'esclusione di una impresa per mancata produzione di un documento ritenuto essenziale, in precedenza non rilevata; sussiste infatti il potere dovere della P.A., in sede di autotutela, anche dopo l'aggiudicazione cosiddetta provvisoria, di intervenire al fine di modificare l'elenco degli aspiranti ammessi ad una gara, per riammettere un'impresa illegittimamente esclusa, ovvero, specularmente, per escludere un'impresa illegittimamente ammessa (1).

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29 maggio 1998 n. 900. 

Alla stregua del principio la Sez. V ha ritenuto legittimo l'operato della P.A. appaltante, la quale, a seguito di apposita segnalazione di una delle imprese che aveva partecipato alla gara, in sede di aggiudicazione definitiva dell'appalto, aveva rimesso la questione alla commissione; quest'ultima, rilevato il proprio errore, aveva disposto l'esclusione di una impresa (un consorzio di cooperative di produzione e lavoro) per mancata produzione di un documento ritenuto essenziale, in precedenza non rilevata. Ciò aveva comportato anche un mutamento della media delle offerte e l'aggiudicazione della gara ad impresa diversa da quella originariamente dichiarata aggiudicataria provvisoria.

 

 

FATTO

Con ricorso al TAR Campania la S.G. Costruzioni impugnava l'aggiudicazione a favore dell'Impresa Manzo di un appalto a licitazione privata, indetta col metodo del prezzo più basso previa esclusione automatica delle offerte anomale, per lavori di completamento di una scuola media, contestandone la legittimità sotto vari profili. I primi giudici accoglievano il ricorso e annullavano i provvedimenti impugnati.

Insorge ora in appello l'impresa Manzo, deducendone l'erroneità sotto vari profili.

DIRITTO

Va chiarito in fatto che la P.A., nel corso di una procedura per l'aggiudicazione, mediante licitazione privata di lavori di completamento di una scuola media, avvalendosi del metodo del prezzo più basso con esclusione automatica delle offerte anomale, dopo aver escluso varie offerte o per carenze documentali o per rilevata anomalia, aveva in un primo tempo ritenuta come la più vantaggiosa (verbale della commissione del 16 novembre 1995) l'offerta S.G. Costruzioni, salvo poi, a seguito di osservazioni dell'Impresa Manzo, previa richiesta di un parere legale, procedere all'esclusione di altra candidata (un consorzio di cooperative di produzione e lavoro) per mancata produzione di un documento ritenuto essenziale, in precedenza non rilevata, con conseguente individuazione come migliore, sulla base delle modificate medie delle offerte, dell'offerta Manzo, (verbale 18 gennaio 1996) seguita poi dall'aggiudicazione da parte della Giunta Comunale ( il 24 successivo).

Di qui il ricorso al TAR della S.G. Costruzioni, con il quale si deduceva da un lato che il verbale 16 novembre 1995, nella parte in cui attesta l'avvenuta verificazione della regolarità delle offerte (compresa quella poi esclusa a seguito delle osservazioni della Manzo) fa fede fino a querela di falso e quindi non si poteva legittimamente disporre una nuova verifica, e, dall'altro, che, una volta affidati i lavori alla S.G. Costruzioni con il verbale 16 novembre 1995, la P.A. non aveva alcun potere di riaprire la gara o di esperirne una nuova, spettando semmai soltanto alla Commissione di gara, fino all'aggiudicazione definitiva, verificare la legittimità del proprio operato.

Il TAR accoglieva il ricorso, affermando che il verbale 16 novembre 1995 era assistito da privilegiata fede probatoria, che dopo l'apertura delle offerte non sono di regola consentite variazioni del numero degli originari partecipanti, salvo annullamento dell'intera procedura, e infine che l'ulteriore verifica nella specie era avvenuta senza le necessarie garanzie di custodia dei documenti tale da garantire la necessaria integrità e autenticità della documentazione.

Poste tali premesse, l'appello si appalesa fondato.

Appare innanzi tutto condivisibile la censura mossa dall'appellante alla tesi, affermata nel ricorso di primo grado e condivisa dai primi giudici, secondo la quale il verbale di gara del 16 novembre 1995, in quanto atto pubblico, farebbe fede fino a querela di falso della veridicità di quanto in esso dichiarato (e cioè che l'offerta del consorzio del quale si è fatto cenno era documentalmente regolare), con conseguente impossibilità di procedere a nuova verificazione. Giustamente si osserva in proposito che in base all'art. 2700 c.c. "l'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti", e quindi nella specie prova che la verifica documentale è stata eseguita, ma non anche fa fede delle valutazioni compiute dal pubblico ufficiale sulla documentazione esaminata e quindi neppure esclude la possibilità di errori commessi in tale valutazione: da ciò consegue che nessuna preclusione può derivare dal suddetto verbale, in quanto tale, all'esperimento di nuove verifiche.

Una volta chiarito che la P.A. poteva dar luogo alla disposta nuova verifica, si tratta di vedere se il procedimento seguito, alla luce delle censure dedotte in primo grado, sia o meno legittimo.

In proposito la ricorrente di primo grado, ora appellata, aveva sostenuto, come sopra ricordato, che la P.A. non aveva il potere di riaprire la gara o di esperirne una nuova, spettando semmai solo alla Commissione, fino alla aggiudicazione definitiva, il compito di verificare la regolarità dei documenti di gara.

Questa essendo la dedotta censura, ha buon gioco l'appellante a sostenere in primo luogo che nel caso in esame si è in presenza di un semplice verbale in cui la Commissione si era limitata a proporre l'offerta della S.G. Costruzioni come la più vantaggiosa, rimettendosi alla autorità comunale competente per i provvedimenti definitivi, con conseguente piena possibilità per la P.A., prima di procedere alla aggiudicazione, di dar luogo alla verifica dell'errore eventualmente commesso ripetendo le fasi della relativa procedura ( cfr., tra le tante, sul potere dovere della P.A., in sede di autotutela, anche dopo l'aggiudicazione cosiddetta provvisoria, di intervenire al fine di modificare l'elenco degli aspiranti ammessi ad una gara, per riammettere un'impresa illegittimamente esclusa, ovvero, specularmente, per escludere un'impresa illegittimamente ammessa, cfr. C.d.S., IV Sez., 29 maggio 1998 n. 900).

Erroneamente quindi i primi giudici, come pure si rileva, hanno ritenuto che la gara fosse già conclusa, da ciò traendone la conseguenza, in mancanza di annullamento d'ufficio, che la disposta riapertura della procedura di verifica fosse illegittima.

Con la precisazione poi, anche qui dovendosi condividere le argomentazioni svolte in appello, che le considerazioni svolte dai primi giudici sul fatto che la mancanza di un documento ritenuto essenziale in allegato all'offerta del consorzio del quale si è detto sarebbe stata rilevata al di fuori dei locali di svolgimento della gara, e sul fatto che la relativa documentazione, dopo il verbale 16 novembre 1995 e fino alla ulteriore verifica, non sarebbe stata custodita con modalità tali da assicurarne l'integrità ed autenticità, tanto da dubitare che il documento in questione, pur esistente, possa essere andato smarrito, appaiono del tutte ultronee, in quanto tali da dare corpo ad una autonoma censura che non risulta dedotta nel ricorso di primo grado, se pur frutto di argomentazioni svolte in memoria -non notificata- depositata in corso di giudizio.

Infine, quanto all'asserita incompetenza della P.A. a disporre la riapertura del procedimento, spettando semmai tale adempimento alla commissione di gara, anche qui giustamente né rileva l'appellante (pur dovendosi osservare che sulla relativa censura non si sono pronunciati i primi giudici, né la stessa risulta riproposta dalla parte appellata) l'infondatezza in fatto, giacchè la P.A., a seguito della segnalazione dell'impresa Manzo in ordine alla illegittima ammissione alla gara del succitato consorzio, aveva rimesso la questione alla commissione, la quale si era pronunciata, come accennato in precedenza, con verbale 18 gennaio 1996.

In conclusione, l'appello deve essere accolto.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio possono comunque essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), definitivamente pronunciando:

Accoglie l'appello proposto come in epigrafe dall'impresa Manzo, e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Compensate spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 23 gennaio 2001, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Stefano Baccarini - Presidente

Corrado Allegretta - Consigliere

Paolo Buonvino - Consigliere

Filoreto D'Agostino - Consigliere

Vincenzo Borea - Consigliere est.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE f.f.

F.to Vincenzo Borea F.to Stefano Baccarini

Depositata il 22 maggio 2001.

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