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Giurisprudenza
n. 2-2001 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 31 gennaio 2001 n. 354 - Pres. Rosa, Est. Pinto - Comune di Terni (Avv. F. G. Scoca) c. Parcheggi Italia s.p.a. (Avv.ti M. Calò, S. Dragogna e S. Panunzio) - (annulla in parte T.A.R. Umbria, sent. n. 218 del 1999).

1. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva - In materia di servizi pubblici - Ex art. 33 comma 2, lett. d) del D.L.vo n. 80/1998 - Acquisizione della qualità di gestore di servizi pubblici - Sufficienza - Distinzione tra concessione di lavori e concessione di servizi - Non occorre.

2. Giurisdizione e competenza - Collegio arbitrale - Ambito di giurisdizione - Individuazione - Limiti.

3. Giustizia amministrativa - Ricorso incidentale - Natura e funzione - Esperibilità anche in sede di giurisdizione esclusiva - Sussiste - Ragioni.

4. Giustizia amministrativa - Sentenze di condanna - Al risarcimento del danno - Disciplina prevista dall'art. 35, 2° comma, del D.L.vo n. 80/1998 - Accertamento dell'inadempimento e della esistenza - E' riservato in via esclusiva al giudice - Liquidazione del danno - Può essere rimessa alla P.A., previa fissazione dei principi - Fattispecie.

1. Ai fini della giurisdizione esclusiva prevista articolo 33, comma 2, lettera d) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (che fa rientrare in tale giurisdizione le controversie "tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi") quel che rileva è la circostanza che, una volta realizzata l'opera pubblica, il costruttore il quale intraprenda l'attività di gestire il servizio cui è destinata l'opera assuma la qualità di "gestore di servizio pubblico", non essendo all'uopo necessario distinguere tra concessione di lavori pubblici (concessione di costruzione e gestione) e concessione di pubblici servizi.

2. Il potere giurisdizionale degli arbitri, in quanto trova fondamento nella volontà delle parti di derogare convenzionalmente alla competenza del giudice civile, sussiste solo nell'ambito della giurisdizione di quest'ultimo. Ne consegue che non possono essere deferite al giudice privato controversie che esorbitano dalla giurisdizione del giudice ordinario per essere la materia deferita al giudice amministrativo, sia come giurisdizione generale di legittimità, sia come giurisdizione esclusiva (1).

3. Nel processo amministrativo il ricorso incidentale è l'unico strumento mediante il quale i soggetti contro i quali si rivolge il ricorso di primo grado possono proporre domande con le quali ampliano l'oggetto del giudizio; la disciplina del ricorso incidentale, d'altra parte, è applicabile anche nella ipotesi in cui la controversia ricada nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, atteso che in nessun caso l'oggetto del giudizio può essere ampliato con atti che non vengano notificati alle altre parti.

4. Dalla disciplina prevista dall'articolo 35, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 80 del 1998 (il quale attribuisce al giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, il potere di disporre il risarcimento del danno ingiusto, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica e gli conferisce anche il potere di stabilire "i criteri in base ai quali l'amministrazione pubblica.[deve] proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma di denaro entro un congruo termine") discende che l'accertamento dell'inadempimento e della esistenza del danno resta un compito del giudice. Solo nella fase successiva della liquidazione del danno può farsi ricorso alla particolare procedura delineata dal predetto comma 2 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998.

In particolare non può ritenersi consentito al G.A. di attribuire ad una commissione tecnica da costituire presso un Comune anche il compito di individuare profili di inadempimento ulteriori rispetto a quelli già individuati nella sentenza, nonché l'incidenza che i fatti hanno avuto in ordine alla vicenda, atteso che tale compito deve ritenersi riservato al G.A.

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(1) Cassazione civile, Sez. Un., 12 luglio 1995, n. 7643. Alla stregua del principio nella specie la Sez. V ha ritenuto legittima la statuizione del giudice di primo grado, il quale, proprio per tale motivo, aveva dichiarato la nullità della relativa clausola compromissoria.

 

 

FATTO

Con atto pubblico del 10 aprile 1992 il Comune di Terni e la s.p.a. Parcheggi Italia stipulavano una convenzione, da essi denominata "concessione-contratto per la costruzione e gestione di un parcheggio sotterraneo ed in superficie nell'area di proprietà comunale Largo Manni e via Castello sita o Terni".

Con ricorso al TAR per l'Umbria notificato il 12-14 agosto 1998 la società predetta chiedeva, per un verso, l'annullamento di tre ordinanze comunali aventi ad oggetto gli orari di apertura al traffico della zona a traffico limitato nel centro cittadino; per altro verso, in sede di giurisdizione esclusiva, l'accertamento delle inadempienze del Comune alla convenzione e, previa declaratoria della nullità della clausola compromissoria contenuta nella convenzione, la consequenziale condanna del Comune al corretto adempimento mediante l'immediata assunzione di tutti i provvedimenti necessari per l'esatta esecuzione degli obblighi nascenti dalla convenzione, nonché al risarcimento del danno ingiusto da determinarsi anche ai sensi degli articoli 34 e 35 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80. Il Comune di Terni, nel costituirsi, eccepiva il difetto di giurisdizione e chiedeva il rigetto del ricorso. Con memoria depositata il 3 ottobre 1998 formulava una domanda riconvenzionale avente ad oggetto il risarcimento di danni e l'applicazione di una penale.

L'adito Tribunale, con la sentenza in epigrafe indicata, dichiarava la nullità della clausola compromissoria, dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale, dichiarava irricevibile l'impugnazione di due ordinanze impugnate (quelle del 12 dicembre 1997 e del 27 marzo 1998), annullava la terza ordinanza (quella del 25 giugno 1998) e condannava il Comune resistente all'adempimento in forma specifica, nonché al risarcimento del danno, a norma dell'articolo 35, comma 2, del citato decreto legislativo n. 80 del 1998. In particolare, per quanto attiene a quest'ultimo profilo, il Tribunale si limitava a pronunciare la condanna generica dell'amministrazione, dettando criteri e termini per la liquidazione in via amministrativa. Sul piano procedimentale, imponeva al Comune la costituzione di una commissione tecnica con l'incarico (da svolgere in contraddittorio con la società), per un verso, di individuare i singoli punti del piano del traffico non adempiuti o adempiuti in ritardo; per altro verso, di valutare l'incidenza che tali inadempienze avevano avuto sugli afflussi. Al termine dei lavori la commissione avrebbe riferito all'amministrazione, affinchè questa formulasse la sua proposta di adempimento ai sensi dell'articolo 35, comma 2, del citato decreto legislativo n. 80 del 1998.

Le spese di lite venivano poste a carico del Comune.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello il Comune di Terni.

Si costituiva in giudizio la s.p.a. Parcheggi Italia, chiedendo il rigetto dell'appello e proponendo, a sua volta, appello incidentale.

DIRITTO

1. L'appello principale è fondato in parte.

2.1 Con il primo motivo si deduce il difetto di giurisdizione del giudice adito sotto due profili.

2.2 In primo luogo il giudice di primo grado avrebbe errato nel qualificare il rapporto tra le parti come concessione di servizio pubblico, mentre esso sarebbe una concessione di lavori pubblici, in quanto l'elemento prevalente sarebbe rappresentato dalla costruzione dell'opera, mentre la gestione della stessa - non essendo prevista la corresponsione di un prezzo - costituirebbe unicamente la prestazione corrispettiva.

La doglianza è infondata.

L'articolo 33, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi". In particolare, al comma 2, lettera b), tra le controversie devolute vengono indicate quelle "tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi".

Ai fini della risoluzione della presente controversia non occorre delineare i tratti distintivi tra concessione di lavori pubblici (concessione di costruzione e gestione) e concessione di pubblici servizi.

Quello che rileva è la circostanza che, una volta realizzata l'opera pubblica, il costruttore il quale intraprenda l'attività di gestire il servizio cui è destinata l'opera assume la qualità di "gestore di servizio pubblico".

La controversia che insorga tra il medesimo e l'amministrazione rientra, quindi, nel novero di quelle attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

2.3 Sotto altro profilo il Comune deduce la erroneità della pronuncia del TAR nella parte in cui ha per oggetto la declaratoria di nullità della clausola compromissoria. Sottolinea, a tale riguardo, che la controversia non rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e che, comunque, le sole controversie non suscettibili di arbitrato sono quelle che non possono essere oggetto di transazione.

Anche tale censura è infondata.

Il potere giurisdizionale degli arbitri, in quanto trova fondamento nella volontà delle parti di derogare convenzionalmente alla competenza del giudice civile, sussiste solo nell'ambito della giurisdizione di quest'ultimo. Ne consegue che non possono essere deferite al giudice privato controversie che esorbitano dalla giurisdizione del giudice ordinario per essere la materia deferita al giudice amministrativo, sia come giurisdizione generale di legittimità, sia come giurisdizione esclusiva (Cassazione civile sez. un., 12 luglio 1995, n. 7643). Da ciò la nullità della relativa clausola compromissoria.

Con il secondo motivo il Comune appellante si duole del fatto che il Giudice di primo grado abbia dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale spiegata in primo grado. Il TAR avrebbe errato nel ritenere applicabile la disciplina del ricorso incidentale anche nella ipotesi in cui la controversia ricada nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso, si sarebbe dovuto concedere il beneficio dell'errore scusabile.

La doglianza è infondata.

Nel processo amministrativo il ricorso incidentale è l'unico strumento mediante il quale i soggetti contro i quali si rivolge il ricorso di primo grado possono proporre domande con le quali ampliano l'oggetto del giudizio.

D'altra parte il principio che regge il contraddittorio nel giudizio amministrativo è quello della notificazione degli atti: esso vale, infatti, per l'atto introduttivo del giudizio, per la proposizione di motivi aggiunti e, appunto, per il ricorso incidentale.

In nessun caso l'oggetto del giudizio può essere ampliato con atti che non vengano notificati alle altre parti.

Né della esistenza di questa regola si è dubitato in sede di giurisdizione esclusiva.

Con il terzo motivo si deduce l'improcedibilità della impugnazione dell'ordinanza comunale del 25 giugno 1998.

Tale motivo si basa sulla eccezione di difetto di giurisdizione, fatta valere con il primo motivo di gravame.

Poiché la stessa è, per le ragioni suesposte, priva di fondamento, anche il motivo in esame infondato.

5.Con il quarto motivo si deduce che erroneamente il TAR avrebbe ravvisato nelle pattuizioni delle condizioni insolitamente vantaggiose per il Comune; che l'impegno del Comune non poteva essere inquadrato nella fattispecie delineata dall'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241; che, comunque, non vi era stato alcun inadempimento del Comune; che, difatti, la variazione della zona a traffico limitato rappresenta un'attività ampiamente discrezionale da valutare in stretta relazione con gli interessi pubblici; che in tal senso avrebbe dovuto essere interpretata l'espressione contenuta nella convenzione secondo cui le modifiche alla predetta zona dovevano essere concordate con la società; che non vi sarebbe stata alcuna violazione del programma urbano dei parcheggi; che le ordinanze in questione non avevano modificato la superficie oggetto della limitazione del traffico, ma solo la fascia oraria della medesima; che, comunque, nella predetta zona non vi sono aree adibite alla sosta; che il TAR avrebbe errato anche nel demandare ad una commissione tecnica di indagine l'individuazione dei "singoli punti del piano del traffico P2a e dei connessi impegni contrattuali che risultino non adempiuti ovvero adempiuti in ritardo o in modo incompleto", attribuendo così alla stessa il compito di accertare l'esistenza dell'inadempimento e del danno, e non la semplice liquidazione dello stesso.

Il motivo è fondato in parte.

Giova premettere che l'articolo 35, comma 1, del decreto legislativo n. 80 del 1998 attribuisce al giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, il potere di disporre il risarcimento del danno ingiusto, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica. Il comma 2 del predetto articolo conferisce al giudice amministrativo il potere di stabilire "i criteri in base ai quali l'amministrazione pubblica.[deve] proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma di denaro entro un congruo termine".

Da ciò consegue che l'accertamento dell'inadempimento e della esistenza del danno resta un compito del giudice. Solo nella fase successiva della liquidazione del danno può farsi ricorso alla particolare procedura delineata dal predetto comma 2 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998.

Cosicchè, la sentenza impugnata non può essere confermata nella parte in cui attribuisce alla commissione tecnica (la cui costituzione, come innanzi precisato, viene imposta al Comune dalla sentenza stessa) il compito di individuare profili di inadempimento ulteriori rispetto a quelli già individuati nella sentenza, nonché l'incidenza che tali fatti hanno avuto sull'afflusso al parcheggio.

Può, invece, condividersi la parte della sentenza che individua direttamente le inadempienze del Comune. Esse, così come ha ritenuto il primo Giudice, sono individuabili nella nota del 21 agosto 1997, a firma del vice sindaco, inviata dal Comune di Terni alla società appellata. La predetta nota costituisce elemento probatorio decisivo per l'accertamento dei ritardi e delle omissioni dell'amministrazione comunale.

Tali ritardi ed omissioni costituiscono inadempimento agli obblighi nascenti dalla convenzione ed idonei, alla pari del disposto annullamento dell'ordinanza del 25 giugno 1998, a ritenere fondata la domanda di risarcimento dei danni subiti, alla cui liquidazione si provvederà con le modalità delineate nella sentenza impugnata. Secondo quanto innanzi precisato, comunque, la commissione tecnica non potrà individuare profili di inadempimento ulteriori rispetto a quelli già individuati nella sentenza, né dovrà stabilire l'incidenza che tali inadempienze hanno avuto sull'afflusso al parcheggio

Per quanto attiene alla predetta ordinanza del 25 giugno 1998 pare utile ribadire che, come segnalato dal TAR, era stato proprio il Comune ad impegnarsi ad osservare il piano del traffico "salvo eccezioni da concordarsi", cosicchè la modifica delle fasce orarie della zona a traffico limitato effettuata in assenza di qualsiasi contraddittorio con la controparte del rapporto deve ritenersi senz'altro illegittima.

Deve ora procedersi all'esame dell'appello incidentale.

In primo luogo la società Parcheggi Italia lamenta l'erroneità della sentenza nella parte in cui non ravvisa una fonte di danno risarcibile nell'eccesso di rilascio di permessi in deroga per l'accesso alla zona a traffico limitato e nella trascuratezza della vigilanza comunale nel sanzionare le infrazioni ai divieti di accesso e di sosta nella predetta zona.

L'assunto è infondato.

Ritiene la Sezione che gli elementi probatori dedotti dalla società non siano sufficienti a comprovare quanto dedotto. La semplice flessione del numero degli accertamenti effettuati in ciascun anno, le fotografie raffiguranti autovetture in divieto, la circostanza che il numero dei permessi di accesso siano il doppio di quelli rilasciati a Perugia non sono elementi per ritenere che, sotto questo profilo, il Comune di Terni sia venuto meno ad obblighi assunti nella convenzione di cui trattasi.

In secondo luogo con l'appello incidentale si deduce che il piano finanziario doveva ritenersi parte integrante della convenzione.

Anche tale censura è infondata.

Il piano finanziario dell'impresa, anche se è stato visionato dal Comune, non è entrato in alcun modo nel contenuto della convenzione. Non può, quindi, ritenersi che il medesimo fosse vincolante ed impegnativo per l'amministrazione comunale.

In conclusione l'appello principale va accolto in parte; per il resto va rigettato. La sentenza impugnata, quindi, va confermata nei limiti indicati in motivazione.

L'appello incidentale va rigettato.

Le spese di lite dei due gradi di giudizio possono essere compensate per metà. Per la residua metà, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie in parte l'appello principale; per il resto lo rigetta. Rigetta l'appello incidentale.

Compensa tra le parti, per metà, le spese dei due lati di giudizio. Condanna il Comune di Terni al pagamento, in favore della società appellata, della metà delle spese dei due gradi di giudizio, spese che liquida -per tale quota- in complessive lire 20.000.000 (ventimilioni).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 25 gennaio 2000 e del 24 maggio 2000, con l'intervento dei signori

Salvatore Rosa Presidente

Corrado Allegretta Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere

Marco Pinto Consigliere estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Marco Pinto f.to Salvatore Rosa

Depositata il 31.01.2001.

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