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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 3 gennaio 2001 n. 4 - Pres. Iannotta, Est. Allegretta - Manzi (avv. V. Spagnuolo Vigorita) c. D'Antonio, Di Nardo (avv. G. Palma e P. Kivel Mazuy), Provincia di Napoli, Romano, Bellerè (avv. V. Spagnuolo Vigorita) c. D'Antonio, Di Nardo.

Elezioni - Elezioni provinciali - Attribuzione di seggi - Liste collegate - Seggi di minoranza - Somma delle cifre elettorali dei gruppi collegati - Legittimità - Cifra elettorale di ciascun gruppo - Irrilevanza.

Nelle elezioni provinciali l'attribuzione dei seggi di consigliere alla minoranza, ai sensi dell'art. 9 della legge 25 marzo 1993 n. 81, va effettuata fra i gruppi di candidati secondo il loro collegamento e cioè prendendo a riferimento la somma delle cifre elettorali dei singoli gruppi di candidati facenti parte della medesima coalizione e non la cifra elettorale di ciascun gruppo (1).

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(1) Il problema affrontato dalla decisione deriva dall'uso di terminologie diverse nelle elezioni provinciali ed in quelle in comuni con più di 15.000 abitanti. Secondo la giurisprudenza, vi è fungibilità concettuale tra "lista comunale" e "gruppo di candidati al consiglio provinciale" da un lato, e tra "raggruppamento di liste comunali" e "coalizioni di gruppi di candidati al consiglio provinciale" dall'altro (Sez. V, 1416/1996). Anche perciò, i calcoli per attribuire i seggi di consigliere alla minoranza devono tener presenti la cifra elettorale dei singoli gruppi di candidati, che può essere diversa rispetto alla (e ciononostante prevale sulla) cifra elettorale di ciascun gruppo. L'alchimia cui il giudice è costretto deriva in gran parte dalla terminologia presente negli artt. 7 comma 7 e 9 comma 7 della legge 81/1993 in tema di elezioni, rispettivamente, nei Comuni con più di 15.000 abitanti e nelle Province. La differenza terminologica innanzi richiamata si trova ancora oggi nel T.U. sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000), che negli artt. 73 comma 11 (per i Comuni predetti) e 75 comma 10 (per l'ente sovracomunale) continua a contenere diversi riferimenti, al gruppo di candidati (alla Provincia) ed a ciascuna lista o gruppo di liste collegate (per le elezioni comunali). Di qui l'attualità della decisione pur nel mutato quadro normativo. (Guglielmo Saporito)

 

 

DIRITTO

1. Gli appelli sono rivolti contro la stessa sentenza e, pertanto, se ne deve disporre la riunione a norma dell'art. 335 cod. proc. civ.

2. Infondata è l'eccezione d'inammissibilità sollevata dagli appellati con la memoria di costituzione nel ricorso n. 436 del 2000.

Con essa si sostiene che il ricorso avrebbe dovuto essere notificato anche ai consiglieri Giovanni Bellerè ed Angelo Romano, costituiti in primo grado, ed al sig. Giacinto Russo, subentrato nel seggio occupato dal Di Nardo a seguito delle dimissioni di questo.

I consiglieri eletti Romano e Bellerè, infatti, nella presente sede d'appello assumono la veste di cointeressati alla conferma dell'atto impugnato in primo grado e, pertanto, non sussiste l'onere di notificare loro l'atto di appello.

Quanto al Russo, la sua posizione è meramente derivata da quella del Di Nardo, al quale l'impugnazione è stata regolarmente notificata.

3. Ancora in rito, va rilevata l'inammissibilità dell'appello contrassegnato con il n. 2229 del 2000 limitatamente al ricorrente Romano, atteso che, in mancanza di esplicita impugnazione del relativo capo di sentenza, risulta passata in giudicato la dichiarazione di nullità della sua costituzione in giudizio in primo grado, con la conseguente perdita della qualità di parte del processo.

4. Nel merito, gli appelli sono fondati.

La questione dedotta riguarda le modalità di assegnazione dei seggi di minoranza nelle elezioni provinciali a norma dell'articolo 9 della legge 25 marzo 1993 n. 81.

In proposito, non v'è motivo per discostarsi dall'orientamento ormai consolidato (Cons. St., Sez. V, 29 novembre 1995 n. 1657; id., 19 marzo 1996 n. 290; id., 17 maggio 1996 n. 576; id., 23 novembre 1996 n. 1416; id., 15 gennaio 1997 n. 47; id., 29 luglio 1997 n. 850) secondo il quale nelle elezioni provinciali l'attribuzione dei seggi di consigliere alla minoranza, ai sensi della disposizione sopra citata, va effettuata fra i gruppi di candidati secondo il loro collegamento e cioè prendendo a riferimento la somma delle cifre elettorali dei singoli gruppi di candidati facenti parte della medesima coalizione e non la cifra elettorale di ciascun gruppo.

Non è idoneo ad indurre ad una revisione di tale orientamento il rilievo dedotto dagli appellati, fondato sulla diversa formulazione letterale dell'articolo 9 rispetto all'articolo 7, relativo alle elezioni comunali, nel quale si fa espresso riferimento ai "gruppi di liste collegate"; riferimento che, invece, mancherebbe nell'articolo 9. La differenza, del resto, osservano gli appellati, è logica e razionale in quanto lì dove non sussiste più lo scopo di assicurare l'appoggio di una maggioranza consiliare al presidente della provincia, e quindi alla stabilità di indirizzo politico, ben può il legislatore prevedere che i gruppi procedano autonomamente.

L'argomento, però, non ha pregio.

Già sul piano letterale, invero, va osservato che, sebbene il comma 6 dell'art. 9 nel disciplinare l'assegnazione dei restanti seggi si riferisca esplicitamente "agli altri gruppi di candidati" senza alcuna ulteriore qualificazione, tuttavia la normativa del comma 3, al quale poi fa rinvio, ha per oggetto l'assegnazione dei seggi "a ciascun gruppo di candidati collegati", vale a dire tenendo conto dei collegamenti ai candidati alla carica di presidente.

L'apparentemente diverso tenore letterale delle disposizioni, peraltro, è superato dall'identico intento perseguito in entrambi i casi del legislatore, messo in evidenza nelle pronunce giurisprudenziali sopra citate.

Ed invero, in esse si è messo in evidenza che la legge n. 81 del 1993 persegue la stabilità del governo delle amministrazioni locali non solo attraverso l'attribuzione del c.d. premio di maggioranza alla lista o al raggruppamento delle liste collegate col candidato eletto a capo dell'Amministrazione, ma anche con disposizioni intese ad evitare la frantumazione delle minoranze in seno ai consigli, comunali e provinciali, in modo che la compattezza della minoranza si concretizzi in un proficuo contrappeso alla maggioranza, a beneficio del complessivo andamento dell'amministrazione locale.

Considerazione alla quale è stata aggiunta l'evidente constatazione della discrepanza che verrebbe ad aversi tra il collegamento delle liste vincenti e quello delle liste perdenti e, dunque, del diverso trattamento della maggioranza e della minoranza.

5. Per le considerazioni che precedono, gli appelli, nei limiti sopra detti, devono essere accolti e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accertato che il seggio in contestazione spetta al Manzi, va respinto il ricorso proposto in primo grado.

Sussistono giusti motivi per compensare spese e competenze di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, previa loro riunione, così provvede riguardo agli appelli in epigrafe indicati:

1) accoglie l'appello n. 436 del 2000;

2) accoglie l'appello n. 2229 del 2000 limitatamente al ricorrente Bellerè e lo dichiara inammissibile quanto all'appellante Romano;

3) in riforma della sentenza impugnata, accerta che l'ultimo seggio da attribuire alla minoranza spetta all'appellante Manzi e respinge il ricorso prodotto in primo grado.3

4) Compensa tra le parti spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Depositata il 3 gennaio 2001.

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