CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Sentenza 21 gennaio 2002 n. 342 -
Pres. Quaranta, Est. Allegretta - Amministrazione Provinciale di Macerata (Avv. G. M. Perri) c. Toraldo ed altri (n.c.) - (annulla T.A.R. Marche, 25 febbraio 2000, n. 297).1. Concorso - Generalità - Regola dell'anonimato - Osservanza - Mancanza di collegamento tra candidati e prove sostenute - Sufficienza.
2. Contratti della P.A. - Concorso di progettazione - Apposizione di un motto nelle buste contenenti la documentazione attestante il possesso dei requisiti - In conformità a quanto previsto dall'art. 14 del D.P.R. 6 novembre 1962 n. 1930 - Esclusione per violazione della regola dell'anonimato - Non può essere disposta.
3. Contratti della P.A. - Concorso di progettazione - Valutazione dei progetti - Precisazione dell'ordine gerarchico da attribuire ai progetti - Effettuata prima dell'apertura delle offerte - Rientra nella discrezionalità della commissione giudicatrice ed è da ritenere legittima.
1. La regola dell'anonimato che si applica alle procedure concorsuali è da ritenere osservata quando sia mantenuto il segreto documentale, ossia quando manchi agli atti del concorso un elemento che possa oggettivamente consentire il collegamento tra candidati e prove sostenute (1).
2. Non può considerasi violato il principio dell'anonimato nel caso in cui, in un concorso di progettazione, sia stato apposto un motto sulle buste contenenti la documentazione attestante il possesso dei requisiti, così come previsto dal bando e così come stabilito dall'art. 14 del D.P.R. 6 novembre 1962 n. 1930 (che approva il regolamento per lo svolgimento dei concorsi per progetti di opere pubbliche di pertinenza dell'Amministrazione dei lavori pubblici), il quale dispone che: "gli elaborati non devono essere firmati dai concorrenti ma devono essere contraddistinti con un contrassegno o motto. I nomi, cognomi e indirizzi dei concorrenti sono scritti su di un foglio chiuso in una busta sigillata contenente pure .... (la documentazione richiesta). La busta sigillata deve essere distinta esternamente con lo stesso contrassegno apposto sugli elaborati". In tale sistema, il motto o segno distintivo ha infatti la funzione di consentire, al termine della valutazione degli elaborati, l'abbinamento di ciascun progetto ai rispettivi autori garantendo la impossibilità di errori di abbinamento.
3. La commissione giudicatrice è un organo dell'Amministrazione, ancorché straordinario e temporaneo, al quale è da riconoscere in particolare, nei concorsi di progettazione, il potere di attribuire, prima dell'apertura dei plichi sigillati contenenti gli elaborati progettuali, un ordine gerarchico ai criteri di valutazione dei progetti, secondo il valore od il peso attribuito a ciascuno di essi dal bando. Tale potere discrezionale di specificazione dei criteri che compete alla commissione giudicatrice non confligge con la normativa di cui all'art. 26 e all'allegato 6/A del D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 157.
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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 novembre 1996 n. 1394.
FATTO
L'Amministrazione Provinciale di Macerata ha indetto, con deliberazione n. 968 del 1996, un concorso di progettazione per la realizzazione della nuova sede dell'Istituto Tecnico Femminile di Macerata, in esito al quale, con deliberazione n. 315 del 1997 ha approvato i verbali della commissione giudicatrice e con deliberazione n. 345 del 1997 ha individuato il progetto vincitore e quelli meritevoli del previsto rimborso delle spese ed ha aggiudicato l'appalto, conferendo l'incarico per la progettazione esecutiva all'associazione temporanea di professionisti, contraddistinta dal motto "Evviva Margherita" ed avente come capogruppo l'ing. Giuseppe Oresti.
Questi atti, insieme alla nomina della commissione giudicatrice (deliberazione n. 225 del 1997) sono stati impugnati: con ricorso iscritto al n. 1035/97 dal gruppo di progettazione concorrente con il motto "Ritorno alla simmetria"; con ricorso n. 1036/97 dal gruppo "Mizar"; e con ricorso n. 1109/97 dall'arch. Cristiano Toraldo di Francia, il quale ha chiesto l'annullamento anche del provvedimento (n. 968/96) con cui l'Ente aveva disposto il concorso di progettazione ed approvato il bando relativo.
L'Amministrazione Provinciale di Macerata, con l'appello iscritto al n. 4580/99, ha impugnato la sentenza parziale n. 1261 del 6 novembre 1998 pronunciata nel giudizio di cui al ricorso n. 1109/97 e, con il secondo appello iscritto al n. 7654 del 2000, oltre alla già citata decisione. n. 1261/98, la sentenza anch'essa parziale n. 1259/98 relativa al ricorso n. 1035/97 e la n. 297 del 25 febbraio 2000.
Con quest'ultima pronuncia il Tribunale ha accolto il ricorso n. 1109/97 avanzato dall'arch. Toraldo di Francia, ha annullato tutti gli atti della gara ed ha dichiarato improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse gli altri due ricorsi.
Di tutte l'appellante ha chiesto l'annullamento, con la reiezione dei ricorsi di primo grado ed in ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.
Nessuna delle parti appellate si è costituita.
La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 12 giugno 2001, sentito il difensore dell'Ente appellante.
DIRITTO
1. I due appelli in epigrafe hanno per oggetto le sentenze pronunciate nel corso di giudizi tutti concernenti la stessa procedura concorsuale. Per tale evidente profilo di connessione oggettiva e per la parziale connessione soggettiva tra di essi esistente, se ne dispone la riunione ai fini della loro decisione con unica sentenza.
2. La controversia riguarda gli atti del concorso di progettazione per la realizzazione della nuova sede di un Istituto scolastico, per l'annullamento dei quali sono stati proposti tre ricorsi, iscritti ai nn. 1109, 1035 e 1036 del 1997.
Con le sentenze parziali n. 1261, n. 1259 e n. 1260 tutte in data 6 novembre 1998, pronunciate in ciascuno dei giudizi, il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche ha respinto le eccezioni sollevate dall'Amministrazione in ordine alla ricevibilità ed ammissibilità dei ricorsi ed ha disposto l'integrazione del contraddittorio. Ha, poi, deciso definitivamente sui tre ricorsi pronunciando sul merito della controversia con sentenza n. 297 del 25 febbraio 2000, con la quale ha accolto il ricorso n. 1109/97 ed ha dichiarato improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse gli altri due ricorsi.
Tutte queste sentenze formano oggetto d'impugnazione. In particolare, mentre con l'appello iscritto al n. 4580/99 viene la sola sentenza parziale n. 1261/98, l'appello n. 7654 del 2000 le investe tutte.
Conviene, pertanto, procedere direttamente all'esame di quest'ultimo gravame.
3. L'appello è fondato.
3.1. E' fondata, invero, la censura con la quale l'appellante deduce che il Giudice di primo grado ha errato nel ritenere violato il principio dell'anonimato con la stessa apposizione di un motto sulle buste contenenti la documentazione attestante il possesso dei requisiti, in quanto idonea a consentire alla commissione giudicatrice di conoscere la paternità degli elaborati al momento della loro valutazione, e che "se si fosse voluto garantire effettivamente l'anonimato, sarebbe stato sufficiente avvalersi - ad esempio - del sistema della doppia busta, normalmente utilizzato nei concorsi pubblici, che non richiede l'apposizione di motti o segni distintivi".
La motivazione dei primi giudici, sostiene l'Amministrazione ricorrente, è illogica nella parte in cui si fa confusione tra l'abbinamento del motto al progetto e la possibilità, oggettivamente inesistente, di abbinare progetto o motto ai nominativi dei concorrenti, racchiusi in separata busta sigillata.
Al riguardo rilevano due disposizioni del bando di concorso: quella dettata al punto 13.1, secondo la quale la documentazione comprovante i requisiti per la partecipazione doveva essere allegata in apposita busta debitamente sigillata e contrassegnata all'esterno da un motto, uguale a quello usato per contrassegnare gli elaborati progettuali, i quali non dovevano essere firmati dai concorrenti; e la prescrizione di cui al punto 13.5, "Modalità di partecipazione", a norma della quale "entro il termine stabilito al punto 4, i concorrenti dovranno presentare in modo anonimo all'indirizzo di cui sopra, un plico sigillato con ceralacca indicante all'esterno il concorso cui si riferisce e contenente: A) busta sigillata e contrassegnata da un motto o altro segno distintivo in cui sarà racchiusa la documentazione o le dichiarazioni attestanti il possesso dei requisiti di cui al punto 13.1; B) elaborati progettuali contrassegnati dallo stesso motto o identico segno distintivo precisati al punto 13.3".
Il sistema adottato è, in sostanza, quello disciplinato dal D.P.R. 6 novembre 1962 n. 1930, che approva il regolamento per lo svolgimento dei concorsi per progetti di opere pubbliche di pertinenza dell'Amministrazione dei lavori pubblici, che all'art. 14 dispone: "gli elaborati non devono essere firmati dai concorrenti ma devono essere contraddistinti con un contrassegno o motto. I nomi, cognomi e indirizzi dei concorrenti sono scritti su di un foglio chiuso in una busta sigillata contenente pure .... (la documentazione richiesta). La busta sigillata deve essere distinta esternamente con lo stesso contrassegno apposto sugli elaborati".
In tale sistema, il motto o segno distintivo ha la funzione di consentire, al termine della valutazione degli elaborati, l'abbinamento di ciascun progetto ai rispettivi autori garantendo la impossibilità di errori di abbinamento.
La giurisprudenza, per altro, ha avuto modo di chiarire che "la regola dell'anonimato è osservata anche quando sia mantenuto il segreto documentale, ossia quando manchi agli atti del concorso un elemento che possa oggettivamente consentire il collegamento tra candidati e prove sostenute (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 novembre 1996 n. 1394).
Il che è quanto è avvenuto nella specie. Come risulta, infatti, dal verbale n. 5 in data 10 giugno 1997, l'apertura delle buste sigillate, contenenti i nominativi dei progettisti e le dichiarazioni circa i loro requisiti, che sola poteva consentire l'abbinamento del singolo progetto ai rispettivi compilatori, è avvenuta dopo il completamento delle operazioni di valutazione da parte della Commissione, nel pieno rispetto del principio di anonimato previsto dal bando.
3.2. L'appellante contesta, altresì, la seconda affermazione sulla quale si fonda la sentenza impugnata, e cioè che nel caso in esame sia stato violato il principio della predeterminazione dei criteri di valutazione da parte dell'Amministrazione. La legge, si fa rilevare, si limita a disporre che l'Amministrazione detti i criteri, ma non vieta che essi possano essere graduati dalla commissione giudicatrice.
La doglianza è fondata.
Nel punto n. 7 del bando di gara, invero, sono chiaramente stabiliti i criteri di valutazione cui avrebbe dovuto attenersi la commissione giudicatrice (caratteristiche estetiche e funzionali, caratteristiche innovative, costo di realizzazione dei lavori, tempo necessario per la redazione del progetto esecutivo), precisando poi che "i criteri anzidetti saranno organizzati dalla commissione giudicatrice nella prima riunione in una struttura gerarchica con attribuzione a ciascuno di un peso rappresentativo della sua importanza".
Tale disciplina, però, diversamente da quanto opina il Giudice di primo grado, non confligge con la normativa di cui all'art. 26 e all'allegato 6/A del D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 157. La prima disposizione, infatti, si limita a prevedere che "le amministrazioni e soggetti aggiudicatori stabiliscono criteri selettivi chiari e non discriminatori" (comma 8) e che "la commissione giudicatrice è autonoma nelle sue decisioni e nei suoi pareri, che sono presi . solo in base ai criteri specificati nel bando di concorso di cui all'allegato 6/A" (comma 11). L'allegato, poi, indica tra gli elementi che costituiscono il contenuto minimo del bando e che, pertanto, non devono mai mancare, i "criteri che verranno applicati alla valutazione dei progetti" (punto n. 7).
Non può condividersi, d'altra parte, l'assunto esposto nella sentenza appellata, che ravvisa nell'affidamento della graduazione dei criteri alla commissione giudicatrice e nella ritenuta introduzione di ulteriori margini di discrezionalità nel procedimento, un'elusione dei principi costituzionali d'imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, sanciti dall'art. 97 Cost., e delle connesse esigenze di trasparenza.
E' sufficiente in proposito osservare che la commissione giudicatrice è pur sempre un organo dell'Amministrazione, ancorché straordinario e temporaneo; che l'attribuzione di un ordine gerarchico ai criteri, secondo il valore o il peso attribuito a ciascuno di essi, ne rappresenta una specificazione generalmente consentita all'organo giudicante, della cui autonomia e discrezionalità, semmai, costituisce un ulteriore delimitazione; ed infine che, come si dà conto nel verbale n. 1, la ponderazione dei criteri è avvenuta prima dell'apertura dei plichi sigillati contenenti gli elaborati progettuali, facendo così salvi sia il principio di predeterminazione sia quelli costituzionali citati.
4. La riconosciuta fondatezza nel merito dell'appello n. 7654 del 2000 fa venire meno nell'Amministrazione appellante ogni interesse alla decisione delle altre censure ed in particolare di quelle con le quali ripropone le eccezioni sollevate in primo grado in ordine alla ricevibilità ed ammissibilità dei singoli ricorsi.
5. Per le considerazioni tutte che precedono, l'appello n. 7654 del 2000 dev'essere accolto nella parte relativa all'impugnazione della sentenza definitiva n. 297 in data 25 febbraio 2000. Va, invece, dichiarato improcedibile, nella parte relativa all'impugnazione delle sentenze parziali n. 1259 e n. 1261 del 6 novembre 1998. Del pari improcedibile va dichiarato l'appello n. 4580 del 1999, diretto contro la sola sentenza n. 1261 del 6 novembre 1998.
Per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza n. 297 del 2000, i ricorsi proposti in primo grado vanno respinti.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, previa loro riunione, accoglie l'appello n. 7654 del 2000 nella parte relativa all'impugnazione della sentenza definitiva n. 297 del 25 febbraio 2000 e lo dichiara improcedibile quanto all'impugnazione delle sentenze parziali n. 1259 e n. 1261 del 6 novembre 1998; dichiara improcedibile l'appello n. 4580 del 1999; per l'effetto, in riforma della sentenza appellata n. 297 in data 25 febbraio 2000, respinge i ricorsi proposti in primo grado.
Compensa spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 giugno 2001 con l'intervento dei Signori:
Alfonso Quaranta Presidente
Corrado Allegretta Consigliere rel. est.
Paolo Buonvino Consigliere
Marzio Branca Consigliere
Aniello Cerreto Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Corrado Allegretta F.to Alfonso Quaranta
Depositata il 21 gennaio 2002.